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Autore: Aliaaara    02/05/2017    1 recensioni
Un dottore enigmatico che non va d’accordo con i tornadi.
Il secondo uomo di un Imperatore che schiaccia pisolini ovunque.
Una bizzarra attrazione.
E una convivenza forzata per una settimana sulla stessa nave.
Cosa porterà tutto questo?
________
Sorrisi soddisfatto “A quanto pare sarò in debito con te Portuguese-ya” dissi.
“Puoi sempre pagarlo in natura se vuoi” mi propose lui, voltando il viso per lanciarmi un sorrisetto malizioso.
“Con tutto il rispetto, ma non me la faccio con i ragazzini” ribattei.
“Ah no? Eppure la faccia da psicopatico ce l’hai” mi contraddisse “Hai pure le occhiaie”
Sbuffai una risata “Almeno io non vado in giro a torso nudo sventolando la mia ninfomania in faccia a chiunque”
Sul suo viso si formò un caloroso sorriso “Un vero peccato, lo apprezzerei” affermò prima di ridarmi le spalle ed uscire.
Che tipo. Ma davvero un soggetto simile era il secondo uomo più fidato di un Imperatore?
Genere: Avventura, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Portuguese D. Ace, Trafalgar Law
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Fire Of The Sea



 
Quarto Giorno


















 
 
Dire che non riuscii a chiudere occhio è un eufemismo.
Ero andato a letto presto e nonostante la voglia che avessi di dormire non ci riuscii. Non sapevo neppure dire per cosa mi fu dovuto, d’altra parte non era la prima volta e probabilmente non sarebbe stata l’ultima. Ero abituato a non dormire la notte, avevo preso la consuetudine da piccolo dopo avere perso i miei, neanche prima ero un gran dormiglione ma avevo completamente smesso una volta che dovetti iniziare a cavarmela da solo per sopravvivere con le mie sole forze. Le uniche volte che riuscivo a dormire, quelle rare, erano per lo più tempestate da incubi. Come quella notte.
Immagini infinite mi passarono per la testa mentre mi svegliavo con il fiatone e mi mettevo seduto sul lettino dell’infermeria cercando di calmarmi. Continuavo a vedere il sangue, sentire le urla, quegli spari continuavano a ripetersi nelle mie orecchie all’infinito. Chiusi gli occhi, inspirai forte per calmarmi.
Avevo bisogno di dormire, così riprovai più volte a chiudere gli occhi per provarci ma era inutile, i miei pensieri erano stati invasi dai ricordi del passato e mi stavano risucchiando in quel vortice oscuro di rancore che continuava mostrarmi quei momenti davanti agli occhi, sia felici che tristi che avevo vissuto, non lasciandomi più rilassare abbastanza per cadere ancora nel sonno.
Così lasciai perdere. Era una sfida persa in partenza e feci quello che facevo di solito, mi alzai e andai sul ponte, appoggiandomi a un parapetto coi gomiti e fissare il mare, lasciando che il vento freddo mi soffiasse addosso penetrandomi tra i vestiti e che i ricordi mi avvolgessero completamente lasciandomi in balia di quelle sensazioni a me ormai conosciute.
 
Passò diverso tempo, non lo seppi con certezza, sapevo solo che ad un certo punto il sole era alto sul mare che ancora fissavo e attorno a me c’erano voci e suoni di lavori, con uomini che giravano da una parte all’altra del ponte per svolgere le loro mansioni. Ma non mi mossi mai di lì, non ne avevo la forza ne emotiva ne fisica, ed ero ancora avvolto da tutte quelle emozioni per riuscire a risalire a galla.
I miei sottoposti c’erano abituati, lo sapevano bene, quando ero così mi lasciavano stare, nessuno mi veniva a chiamare o provava a parlarmi perché sapevano che era inutile. Una volta preso dai ricordi ero in totale balia di me stesso.
“Hai intenzione di stare lì ancora per molto?” sentii dire alle mie spalle.
Lo riconobbi dalla voce, dalla sua presenza,  sapevo che era lui ma non mi poteva importare. Ero distante con la testa e desideravo restarci, perché quei ricordi erano tutto ciò che mi rimaneva della mia vecchia vita e non riuscivo a farne a meno.
Non distolsi lo sguardo dal mare ma risposi lo stesso “Non avrei molto da fare in ogni caso, quindi perché no” con tono freddo, piatto, distaccato, lontano. Volevo chiudere subito il discorso.
D’un tratto sentii come se parole di undici anni prima mi rimbombassero nell’orecchie, facendomi riflettere sul perché io fossi finito lì, proprio su quella nave. Era davvero il caso?
“L’uomo di vedetta ha detto che sei qui da stanotte” lo sentii insistere, forse non accettando il fatto che volessi stare per conto mio.
“Mi ha tenuto d’occhio bene” feci con fiacco sarcasmo “Sperava che ponessi fine alla mia vita?” continuai.
“Mi sembra eccessivo” replicò lui.
“Non sarebbe il primo e probabilmente neppure l’ultimo” mi ritrovai ad affermare, con voce più bassa.
Sentii un rumore, come se si fosse spostato appena con i piedi “Ha solo visto un uomo fissare il mare per ore e me lo ha riferito, tutto qui” cercò di dire, sembrava volesse evidenziare l’ovvio e mi diede fastidio, ero io l’uomo di logica lì, ero io che evidenziavo l’ovvio, nessuno poteva ribeccarmi.
“Avrà fatto bene il suo lavoro allora se ha tenuto d’occhio me per tutto il tempo” commentai acido.
“Fa sempre parte del suo compito” insistette e poi lo sentii sospirare appena “Comunque non hai ancora risposto alla mia domanda” mi volle far notare, irritandomi.
“Devo riferirti ogni mio spostamento ora?” chiesi.
“No ma…”
Lo interruppi “Allora non dovrebbe interessarti”
Davvero non comprendevo che strano gioco stesse giocando il destino con me. Sembravo una pallina nella mani di qualcuno più grande di me che si divertiva a farmi cozzare da tutte le parti a suo piacimento. Mi sembrava una presa in giro. Prima i miei, poi Doflamingo, Corazon e adesso… lui.
Cosa avevo fatto di male?
“Ma che hai oggi?” mi domandò, mi parve di sentire una punta di esasperazione ma ero concentrato su altro per rispondergli “Ehi” insistette ma non mi mossi “Ehi Water” mi richiamò e sentii una mano posarsi sulla mia spalla che mi spinse in modo tale da farmi girare verso di lui.
Notai la sua espressione farsi seria, serrare leggermente la mascella nello scrutarmi, come se avesse visto chissà cosa, cose se avesse capito tutto. Ma non aveva capito nulla.
Lo guardavo impassibile, facendomi domande sul perché di quella scelta, perché proprio tra tutti i posti del mondo fossi finito proprio lì, su quella nave, da quell’uomo. Perché lui.
Era una presa in giro, più lo guardavo più ne ero sicuro, mentre immagini infinite di quel giorno di tanti anni fa mi tornavano alla mente, stordendomi con quelle parole che ancora mi rimbombavano nelle orecchie “Portuguese D Ace” sussurrai calcando tra le labbra quella D che aveva anche lui.
Non è un caso, mi dissi con certezza. Nulla lo era e nulla lo dimostrava ma in ogni caso in quella scacchiera in cui tutti partecipavamo nella mani di chissà chi, io e lui eravamo legati in qualche modo.
Chissà se era questo quello a cui si riferiva Corazon, chissà a cosa alludeva e chissà se avesse avuto ragione cosa sarebbe successo.
“Water… hey, Wate…” la voce mi arrivò alle orecchie e sentì la mia spalla esser scossa “Hey, mi ascolti?” chiedeva il moro davanti a me e mi sentii come se lo avessi solo in quel momento visualizzato di fronte a me.
Sbattei le palpebre e mi scrostai dal suo tocco, sentendo bruciare la spalla nel punto in cui mi aveva tenuto “Hai detto qualcosa?” domandai calmo, non guardandolo direttamente e spostando spesso lo sguardo attorno a me mentre cercavo di tornare in me, di riprendermi.
Lo vidi di striscio stringere appena le labbra tra loro “Dovresti riposare, hai una faccia” affermò.
Mi passai una mano tra i capelli, togliendomi un attimo il cappello per poi rimetterlo “Sto bene” replicai.
“Perché non provi ad andare a riposarti un po’?” insistette lui lo stesso.
Lo guardai in faccia, mi sembrava preoccupato dallo sguardo ma non avrei potuto dirlo con certezza “Non riuscirei a chiudere occhio lo stesso” affermai allora, sentivo in parte di doverglielo “Soffro d’insonnia”
“Da quanto?” mi chiese.
Ripensai al me bambino che si trascinava tra le macerie “Anni” risposi “Da sempre praticamente”
“Questo spiega le occhiaie” commentò solo e apprezzai che non indagò più affondo alla cosa “Hai anche degli incubi?” mi domandò invece.
Strinsi appena le braccia mentre voltavo lo sguardo di nuovo verso l’acqua del mare “A volte”
“Tipo stanotte” fece lui.
Mi sentii infastidito, mi sentivo come se si fosse avvicinato troppo a me nonostante fosse rimasto fermo “A che punto siamo con la navigazione?” domandai allora, rendendo chiaro il mio intento di cambiare discorso e non voler approfondire la questione.
Lo guardai di sottecchi, sembrò rimanerci male, non mi importò “Domani dovremmo arrivare su un isola. Devo svolgere un compito per il babbo, ci fermeremo solo per qualche ora” spiegò cercando di sembrare tranquillo.
“Il magnetismo?” chiesi allora.
“Non ne possiede uno” mi spiegò lui “Non appena avrò svolto il compito ripartiremo subito” affermò con certezza.
Mi rassicurò la cosa ed annuii “Bene, buono a sapersi” feci e esitai prima di continuare “Avrei bisogno di contattare i miei… compagni. Per sapere se sta andando tutto bene”
Annuì, lo sguardo basso a terra “Certo” affermò “Vuoi pranzare prima?” mi chiese poi tornando a guardarmi “Non hai ancora mangiato”
“Non ho fame” risposi, ed era vero “È ancora presto” aggiunsi.
“Water, sono le due di pomeriggio” fece lui d’un tratto a voce bassa, lo sguardo serio mentre stingeva la mascella e mi guadava.
Non me n’ero accorto e dovette vedersi perché lo guardai stranito, non mi ero affatto reso conto di come il tempo fosse passato in fretta “Prima non ti ho voluto disturbare ma ho detto di lasciarti qualcosa nel caso…” continuò a dire, non finì la frase forse per come mi vide perso nei miei pensieri, non volendo infierire “Ho iniziato a preoccuparmi e sono venuto a vedere cosa avessi. Ron minacciava di intervenire lui se non ti fossi schiodato di qui” continuò a riferirmi, lasciandomi sempre più confuso.
Questa volta ero stato risucchiato davvero a fondo, tanto da non accorgermi per nulla di quello che mi succedeva attorno “Non ho fame comunque” decisi di dire solo, la voce bassa e piatta, calma.
Lo vidi annuire anche se non sembrava convinto “Vieni, ti do il lumacofono” affermò e mi fece strada.


 



Contattai Bepo e mi assicurai che stessero seguendo la rotta correttamente seguendo la Vivre Card senza avere avuto intoppi. Sentii una strana sensazione di mancanza nel risentire la sua voce con quell’inconfondibile suono di sottofondo della sala macchine del mio sottomarino. Ne avevo la nostalgia, lo ammetto, e in quel momento avevo desiderato essere lì. Risentire una voce a me cara mi aveva fatto riemergere da tutti quei ricordi che mi avevano assalito dalla sera prima e finalmente mi potei sentire più libero, rilassato quasi dopo una tranquilla discussione con il mio orso.
Riposi a posto l’oggetto e rimasi in silenzio mentre pensavo a come dovessero essere in giro per il sottomarino a fare gli scalmanati sentendosi persi senza il sottoscritto. Ci avrei scommesso che al mio ritorno avrei trovato cartacce ovunque.
“Come ti troveranno?” sentii chiedere alle mie spalle.
“Ascolti le mie conversazioni, Portuguese-ya?” domandai di rimando.
“Sei sempre sulla mia nave” mi fece notare lui “Nella mia cabina” aggiunse. Il tono era piatto, praticamente quieto, quasi distaccato, e potei benissimo capire il perché dato il mio comportamento di prima. Non ero stato Mister Simpatia, lo ammetto, a volte parevo essere insopportabile, ma non gli avrei dato spiegazioni o chiesto scusa, no, non era nella mia natura. Al contrario essere freddo lo era perfettamente, quindi non ce n’era neppure bisogno.
Decisi di comportarmi come al solito “Hanno una mia Vivre Card” gli concedetti.
“Capisco…” affermò e voltando il viso in sua direzione lo trovai a scrutarmi con assoluta pacatezza, tanto che per un attimo non mi sembrò più lui “E la tua ciurma riesce lo stesso a navigare senza un capitano?” mi domandò.
Inarcai un sopracciglio “Cosa ti fa pensare che sia io il capitano?” provai a stuzzicarlo, per vedere la sua reazione.
Sorrise, come volevo “Non mi sembri il tipo che sottosta agli ordini degli altri” affermò in tono provocatorio “Mi sbaglio?” domandò retoricamente.
Gli diedi comunque la risposta “No” risposi “Non sbagli”
“Immagino quindi che tu abbia fretta di tornare sulla tua nave” continuò lui.
Rimasi un attimo ad osservarlo, l’espressione tranquilla e la mascella tesa che stonava, cercando di capire cosa stesse pensando “Sembra che la cosa ti dispiaccia” buttai lì, provando a indovinare.
Sbuffò una risata e si tolse il cappello per passare una mano tra i capelli prima di rimetterselo “In un certo senso, sì” ammise, sorprendendomi ma non lo diedi a vedere.
“Come mai?” indagai, e lo chiesi solo per vedere la sua reazione.
Mi guardò intensamente “Me lo stai davvero chiedendo?” domandò, la voce bassa mentre faceva pochi passi avanti, raggiungendomi e finendo di fronte a me “Hai bisogno che ti risponda per capirlo?” insistette nel volere una risposta. Era più basso di me di qualche centimetro eppure fronteggiarmi non recava il minimo timore, neppure la più piccola esitazione.
Non staccai gli occhi dai suoi, non spezzai neppure per un attimo il contatto visivo “No” risposi.
Quando sentii le sue mani su di me non mi mossi, non mi opposi neppure. Non sapevo come ma ero arrivato ad un certo punto che quel contatto che lui cercava con cotanta insistenza, lo volevo anch’io. Non si trattava più di lavorarmelo per mantenere una certa garanzia di stare su quella nave, c’era qualcosa che mi attirava verso quel ragazzino ma non sapevo cosa potesse essere. Forse il suo nome, forse il suo calore, forse però era semplice attrazione.
Quindi trovai snervante la lentezza con cui percepii le sue dita accarezzarmi la pelle del viso, mi sentivo perforare da parte a parte mentre passava la mano dietro la mia testa e mi accarezzasse i capelli prima di unire le nostra labbra in un bacio lento, ad occhi socchiusi, come se fossimo incerti entrambi su quello che stessimo facendo e ci aspettassimo che uno dei due si tirasse indietro, che ci aspettassimo entrambi che io mi tirassi indietro.
Ma non lo feci. Quando ci staccammo lasciai che le nostre labbra si cercassero ancora per un bacio più spinto, più desideroso. Mi afferrò i fianchi mentre mi teneva contro di lui, tanto che posai una mano sul suo petto d’istinto, per accarezzarlo, toccarlo, provocarlo. I movimenti si fecero più veloci, i baci più violenti mentre andavo ad incastrare le dita tra quei capelli ondulati e tirarli solo per prendere il controllo sul bacio e prendere il sopravvento. Gli solleticai con la lingua il palato facendo poi scontrare le nostre lingue dopo quel continuo cercarsi. Sentii il suo bacino scontrarsi col mio e percepii chiaramente l’erezione che pulsava anche con sopra i pantaloni, mi sentii un idiota in quel momento perché mi resi conto che anch’io iniziavo a presentare lo stesso problema tra le gambe.
Il ragazzino mi eccitava, e tanto. E nonostante continuassi a pensare che fosse meglio fermarsi prima di provocare qualcosa di irreparabile, il mio cervello sembrava spento e non riuscii ad evitare di assecondare i movimenti di Ace quando posando le mani sul mio fondoschiena mi alzò per farmi sedere sopra il tavolo alle mie spalle, allargando le mie gambe per posizionarsi tra di esse per poter approfondire ancor di più il bacio.
Si staccò dalla sua bocca sotto mia protesta data da un suono soffocato quando iniziò a succhiare con forza il mio collo. Arrivò perfino a morderlo e quando aprii bocca per fare un verso mi trattenni per non far uscire un suono, per non dargli la soddisfazione di avermi in pugno. Doveva essere il contrario e dovevo dimostrarglielo, tanto che gli afferrai i capelli e lo tirai indietro per farlo staccare da me solo per baciarlo con forza, mordendogli il labbro inferiore con i denti nel gesto facendogli uscire un verso basso e roco.  Non seppi se apprezzò o meno la cosa, dato che fece scontrare i nostri bacini tra loro facendomi staccare da lui quando non riuscii a trattenere un gemito, permettendogli così di tornare a baciare il mio collo fino alla mia clavicola e morderla.
Sentii la sua risata roca contro la pelle “Certo che per essere un taciturno, fai dei suoni parecchio interessanti” affermò rialzando il viso per mostrarmi il sorrisetto compiaciuto sulle labbra.
Lo baciai, solo per togliergli quell’espressione di trionfo dalla faccia, e ci misi così tanta pressione con la lingua che ad un certo punto si staccò per primo lui da me non riuscendo più a trattenere il fiato “Non fare tanto il presuntuoso con me, sei solo un ragazzino” lo provocai “Finirai per pentirtene” aggiunsi.
Legai le mie gambe attorno alla sua schiena, obbligandolo ad avvicinarsi a me e facendo sbattere ancora i nostri bacini e non riuscì a trattenersi dal gemere visto la sorpresa del mio gesto.
“Davvero?” mi domandò lui, lasciandosi andare in un ghigno mentre mi sfilava la maglia e io lo lasciai fare, mi guardò il petto e notai ancora quello strano luccichio passargli negli occhi prima di rialzarli e posarli su di me “Sicuro di voler andare fino in fondo?” mi domandò, cercò di farlo sembrare una domanda presuntuosa ma capii lo stesso che voleva che fossi accondiscendente per davvero.
Ghignai “Sicuro di non venire subito, ragazzino?” lo sfottei di rimando calcando l’ultima parola.
Per tutta risposta mi alzò di peso dal tavolo e si incamminò verso il letto senza staccarsi di un millimetro da me “Adesso sei tu che ti pentirai delle tue parole” minacciò.
E non potei trattenermi dal ridere, per la prima volta dopo anni, mentre mi stendeva sul letto seguendomi e concludemmo quello che avevamo iniziato e che, per motivi ovvi e personali, non mi sbilancio a  raccontare. Non vorrei mettere in imbarazzo Portuguese-ya nel farlo.


 



Aprii gli occhi stupendomi di essere riuscito ad addormentarmi. Li richiusi un attimo, sentendo ancora la stanchezza addosso e finendo in uno stato di dormiveglia in cui ero certo di essere sveglio ma continuavo ad insistere nel voler tornare a dormire data la piacevole sensazione di tempore che provavo.
Provai a riaprire gli occhi, chissà quanti minuti dopo, notando che fossi steso su un fianco, nudo, sotto una coperta, una mia mano era appoggiata sul cuscino e divideva me e il moro dall’altra parte del letto, anche lui su un fianco ma sveglio, concentrato ad osservare il mio tatuaggio sul dorso della mano e a tracciarne i contorni con le dita.
Inspirai a fondo, mi sentivo piacevolmente rilassato, ancora stanco e assonnato ma tranquillo e la sensazione di quelle dita che si muovevano sulla mia mano chissà come mi rasserenavano “Quanti ne hai?” sentii chiedere in un sussurro dal ragazzo accanto a me.
Chiusi un attimo gli occhi “Nove” risposi a bassa voce “Quanto ho dormito?” domandai.
“Abbastanza” mi rispose Ace “Hai recuperato un po’ di sonno arretrato. È sera” mi informò.
Aprii gli occhi ed incrociai i suoi che mi osservavano nonostante non si fosse fermato dall’accarezzarmi la mano. Avevo dormito bene infatti e mi chiesi come mai, forse era dovuto alla stanchezza, ore di insonnia e il sesso mi avevano sfinito.
“Non hai ancora mangiato oggi” affermò lui di colpo, e intesi la domanda indiretta che mi aveva posto.
“Non ho fame” risposi, chiusi ancora gli occhi, sentendo le palpebre pesanti, ero ancora assonnato e desideravo non uscire da quello stato “E sto bene qui, non voglio alzarmi”
Dal suono che sentii dovette aver sorriso, infatti riaprii un attimo gli occhi per vederlo divertito osservarmi “Non dobbiamo per forza” fece, e non mi sorpresi che avesse usato il plurale con un certo compiacimento.
Richiusi gli occhi, sentendo la stanchezza avvolgermi, sentii uno spostamento e un calore, comprendendo che dovette essersi avvicinato di più a me.
Le dita sul palmo della mia mano non c’erano più, al suo posto aveva iniziato ad accarezzarmi il fianco “Possiamo rimanere qui” mi rassicurò, la voce più bassa.
Cercai di sopraffare il sonno e di rimanere sveglio e socchiusi gli occhi, trovandolo vicinissimo a me “Faranno domande” gli feci notare.
“Che le facciano” rispose tranquillo.
Sentii una mano che mi stava accarezzando i capelli e cercai di resistere alla tentazione di lasciarmi cadere nel sonno per tenere la conversazione “Gireranno delle voci” insistetti, la mia voce era stanca.
“Lasciali parlare” mi contraddette.
Non avevo neppure più la forza per controbatterlo, chiusi gli occhi “Sono stanco” ammisi alla fine.
“Dormi” lo sentii replicare.
“E lasciarmi in balia di un pervertito?” riuscii a trovare la forza di stuzzicarlo.
Lo feci ridere “Smettila di lamentarti e fallo” mi ordinò, e per la prima volta in vita mia fui contento che mi fosse stato impartito un ordine.
Decisi di fregarmene almeno per il momento, di non fare a caso alla strana situazione creatosi, di fare finta di nulla, dato che per una volta tanto sarei riuscito a dormire come si deve.
Mi lasciai cadere nel sonno e, probabilmente mi sbaglio e me lo immaginai solo ma, mi sembrò di sentirlo parlare con tono dolce poco prima di addormentarmi “Tranquillo, gli incubi questa volta non ti tormenteranno”.















 
 
Note dell’Autrice:

Daaadaaannn! Come è stato? Troppo? Vi prego, ditemi se sono uscita troppo dal personaggio e mi sono sbilanciata, ne ho bisogno. Questa è la parte in cui neppure l’autore sa più cosa sta scrivendo quindi ho bisogno di sostegno morale! Non ho idea cosa ho scritto, ma spero vada bene.
Per me Law è un personaggio abbastanza complesso, per quanto lo ami, è difficile da comprendere anche per se stesso, perché è buono, buonissimo, ha un cuore d’oro, ma non lo vuol dare a vedere a nessuno, è stato ferito troppe volte in passato e si è creato una corazza indistruttibile (posso perfettamente capirlo, forse per questo sono così legata a lui) che anche se a volte cede, rimane sempre in guardia.
Qui ad esempio ho rappresentato quanto può essere freddo e cerchi di tagliare ogni singolo rapporto sociale, butto sempre ricordi del passato per far capire che mentalmente Law è fragile anche se vuole dimostrarsi sempre forte, Ace si preoccupa per lui, alla fine Law cede e… beh, avete letto.
Io sono del parere che Law abbia scoperto in tutto questo tempo in cui ha pianificato la sua vendetta qualcosa riguardo la storia della D, un po’ avrà indagato in giro, infatti ne è abbastanza ossessionato nella saga di Dressrosa e mi piace pensare che se si fosse incontrato davvero con Ace una volta, abbia pensato fosse stato destino, almeno un po’.
Fatemi sapere che ne pensate, se vi è piaciuto, se non siate d’accordo oppure sì, come volete, accetto tutto.

Grazie infinite per tutto e ci vediamo la prossima volta, a presto.
Bye-bye













 
  
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