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Autore: emmegili    03/05/2017    1 recensioni
- Hai intenzione almeno di dirmi come ti chiami o dovrò tirare ad indovinare?
- Hai intenzione di smettere di interrompermi mentre leggo o devo imbavagliarti?
- D’accordo, tirerò ad indovinare.
- D’accordo, mi toccherà imbavagliarti.
- Sei davvero adorabile, te l’hanno mai detto?
- Sei davvero un rompipalle, te l’hanno mai detto?
--
Ma Oliver... Oliver non muove un muscolo, nemmeno gli occhi. Mantiene lo sguardo fisso nel mio, come un salvagente nel mare in tempesta. Ogni volta che sto per affogare, mi aggrappo alla sua sicurezza.
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Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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57.
 
Arianna
Sono passati tre giorni, cinque ore e ventidue minuti.
Sono passati tre giorni da quando quella che era la mia migliore amica ha avuto la brillante, grandiosa idea di farsi prendere sotto da un’auto.
Tiro su con il naso, asciugandomi una guancia. Le dita mi si macchiano di nero.
A dirla tutta, non so nemmeno perché continui a truccarmi. Forse è una delle poche piccole cose che mi impediscono di perdere la testa.
Seduta sul dondolo del portico della casa sulla spiaggia, stringo al petto una maglietta che Rachele mi aveva prestato la settimana scorsa. Ha ancora il suo odore.
La porta della casa è chiusa a chiave. Il padre di Oliver è venuto a prendere Blue, il cane, e poi ha chiuso tutto. Come se un pezzo di lei fosse ancora intrappolato lì dentro e, entrando, si corresse il rischio di farlo andare via.
Così mi accontento del dondolo. Lei lo amava.
- Ehi.
Alzo lo sguardo.
Sui gradini di legno, esitante, cercando di sorridere dolcemente, Jay mi guarda. Accenna al dondolo, come a chiedere il permesso.
Mi rannicchio in un angolo e annuisco. Lui mi raggiunge con un sospiro, poi appoggia i gomiti alle ginocchia e si passa le mani sul volto stanco.
Ora che è più vicino, noto che non si fa la barba da qualche giorno.
Scommetto che sono tre giorni, cinque ore e ventiquattro minuti.
- Come stai? –mi chiede, premuroso
Scrollo le spalle.
- Di merda. Mi pare ovvio. –mormoro.
- Hai ragione. Scusa. Ma ho bisogno di parlare con qualcuno, altrimenti impazzisco.
I suoi occhi scuri sono spenti, tristi, vuoti.
- Scusami, non volevo essere maleducata. –faccio una smorfia –E’ solo che... fa male. Parecchio.
- Già. Credo di saperne qualcosa.
- Come sta Oliver? –domando, guardando le onde infrangersi sulla sabbia.
Lui sospira.
- Non l’ho ancora visto. Stanno faticando per convincerlo a lasciare l’ospedale. Il padre di Rachele ci ha procurato un appartamento in cui stare momentaneamente, qui a Miami. Ci sono parecchie cose da decidere. –mormora sottovoce.
- Come quando e dove fare il... –la voce mi si spezza.
- Sì. –mi rassicura.
E poi Jay fa qualcosa che non mi aspetto. Mi prende la mano e la stringe.
Il calore che sprigiona mi tranquillizza all’istante e mi dona forza, una forza che prima non avevo.
Lo guardo negli occhi, stupita. Lui abbozza un piccolo sorriso.
 
Allison
Se c’è una cosa che fa ancora più male della scomparsa di Rachele, è vedere gli uomini della mia vita letteralmente distrutti, a pezzi.
L’appartamento che ci ha messo a disposizione il padre di Rachele è enorme. Riusciamo a starci tutti: mamma, papà, Scott, Jay, Camilla, Edgardo, Arianna. Persino Oliver.
Almeno, fisicamente parlando. Perché mio fratello ha un peso, un dolore talmente grande da non riuscire a sopportare di stare qui con noi.
- Sofia. Ciao. –sento mamma telefonare alla zia, nella stanza accanto. E’ dovuta partire all’improvviso qualche giorno fa per un impegno di lavoro, non lo sa ancora.
Mia madre è un’eroina. E’ riuscita a non crollare. E’ l’unica ad avere la forza di comunicare la notizia alla zia.
Seduto nervosamente sull’altra sponda del divano, Scott non muove un muscolo.
Gli lancio un’occhiata, nervosa. Di notte lo sento piangere. Non sono ancora riuscita a parlargli. Deglutisco il magone che ho in gola e mi faccio coraggio.
- Scott? –lo chiamo.
Si volta di scatto nella mia direzione, come se lo avessi strappato a chissà quale sogno.
Mi alzo e mi avvicino a lui, cauta.
- Penso che dovremmo parlarne. –esordisco, cercando di decifrare il suo volto.
Scott si rabbuia e scatta in piedi.
- Di cosa dovremmo parlare, Allison? Uh? –sibila.
Mi ritraggo istintivamente, ferita.
- Di Rachele. –aggiungo in un soffio, fissandolo imbambolata.
- E perché? –ribatte, contorcendo il viso in una smorfia triste che preannuncia le lacrime –Ormai lei è morta. Morta, Allison. Capisci?
Come mi alzo e gli poso le dita su una guancia, lui inizia a piangere. In silenzio, pregandomi con gli occhi di aiutarlo. Chiedendomi scusa con lo sguardo. Supplicandomi di diventare il suo salvagente.
- E’ morta. –ripete.
Le sue sono parole pesanti come macigni che ci trascineranno giù tutti quanti.
Annuisco, mentre le lacrime bagnano anche il mio viso. Gli carezzo la nuca, lo abbraccio.
- E’ morta. Morta. Morta. Lei è morta. Morta, morta, morta. Lei è morta.
Continua a ripeterlo fino a quando la parola non ha più senso, fino a ridurla ad un ammasso di lettere messe lì a caso.
   
 
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