Film > Le 5 Leggende
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Autore: Roiben    03/05/2017    1 recensioni
Ancora poco, solo qualche metro, e infine sarà libero.
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«Tu chi sei?»
«Boogeyman, e tu?»
«Katherine»
Genere: Angst, Fantasy, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Emily Jane Pitchiner, Kozmotis 'Pitch' Pitchiner, Nuovo personaggio, Pitch
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'La Strada Verso Casa'
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capitolo 69 – Altrove




«Papà!».


Pitch, con un poco di affanno, risolleva il volto e sposta lo sguardo sulla figlia, abbozzando un sorriso tremolante.


«Sì» soffia appena.


Lei si inginocchia al suo fianco e posa un bacio sulla sua tempia.


«Sei tornato davvero» mormora, ancora incredula.


«Mh… Si direbbe, dopo tutto, che trattenermi in un unico luogo sia più arduo di quanto sia lecito aspettarsi» scherza, con il suo solito macabro senso dell’umorismo.


«Tsk!» borbotta contrariato Akh. «Sei sempre il solito bastardo borioso».


«È vero» ammette Pitch, senza alcuna traccia di sarcasmo nella sua voce.


Abbassa lo sguardo sulla bambina ancora fra le sue braccia e, tristemente, si accorge che i suoi occhi sono chiusi. Cerca di alzarsi, ma le gambe non lo reggono e torna ad affannare al suolo.


«Papà?» si fa avanti Emily Jane, preoccupata. «Stai bene?».


«Non esattamente» replica Pitch, continuando ostinatamente a stringere le braccia attorno al corpo caldo di Katherine.


«Andiamo» si intromette Akh. «Ti riporto in camera, così forse domani riuscirai anche a camminare sulle tue gambe».


Tuttavia Pitch non sembra intenzionato a dar retta allo spirito della Luce. L’idea di doversi separare dalla bambina lo atterrisce; sente di avere bisogno della sua vicinanza per scongiurare la possibilità di andare in pezzi definitivamente. Quando Akh tenta di trarlo a sé per ricondurlo alla dimora della figlia, un senso di panico lo aggredisce prepotentemente.


«No!» grida, divincolandosi e affondando febbrilmente le unghie nel cappotto di Katherine.


Emily Jane posa una mano sulla spalla di Akh e, a un suo sguardo dubbioso, scuote la testa.


«Porta con te entrambi» gli suggerisce, gentile. «Non credo sia una buona idea allontanarlo da lei, in questo momento».


Akh sposta lo sguardo su Pitch e annuisce.


«Immagino tu abbia ragione. Probabilmente sono entrambi traumatizzati». I suoi occhi blu si posano su Emily Jane; sembra prendersi un momento per ponderare una decisione, infine tenta «Stringiti a lui e alla bambina. Li terrai uniti mentre sposto tutti nella camera che hai dato a tuo padre».


Così Emily Jane si aggrappa con una mano alle spalle del padre e con l’altra ai fianchi della bambina, mentre Akh afferra saldamente un braccio della donna e, con un lampo abbagliante quanto una stella, trasferisce il piccolo gruppo compatto di nuovo al sicuro all’interno degli appartamenti di Madre Natura.


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Quando Akh ed Emily Jane adagiano Pitch e Katherine sull’unico letto all’interno della camera che ha precedentemente ospitato l’ex Nightmare King, si rendono conto che le condizioni dei due sono peggiori di quanto apparissero a un primo esame superficiale; perfino la bambina, ora, ha un aspetto spettrale quasi quanto quello dello spirito con il quale divide una parte di anima.


«Perché sono in questo stato?» si domanda Emily Jane, ben oltre la normale preoccupazione.


Akh, senza smettere di esaminare l’improbabile coppia, sospira e scuote la testa.


«Su tuo padre ho ben pochi dubbi. Gli ultimi giorni hanno sistematicamente prosciugato le sue già scarne riserve di energia. Non mi sarei aspettato nulla di diverso. Se devo essere sincero, non faccio che stupirmi che esista ancora».


La donna trae un brusco respiro e Akh solleva appena gli occhi su di lei, per distoglierli quasi immediatamente e tornare sullo spirito.


«Perdonami. So che non deve farti piacere sentirlo».


«No» ammette lei. «Ma, dopo tutto, è la verità. So che non c’è molto che io possa fare per cambiarla».


«Non sei l’unica» replica Akh, abbattuto.


Lei lo scruta, impensierita ma anche in parte incuriosita.


«E la bambina?» torna a informarsi.


Gli occhi blu si spostano sulla piccola figura trattenuta dalle ostinate braccia di Pitch.


«Katherine… Io non lo so. Ho un’ipotesi, ma non è molto. Parliamo di una situazione del tutto nuova e senza precedenti, dopo tutto. C’è questa possibilità… Il piccolo nucleo di Luce che abbiamo creato per lei potrebbe averla aiutata a recuperare tuo padre ma, nel farlo, potrebbe a sua volta aver richiesto un tributo».


Emily Jane aggrotta le sopracciglia, interdetta.


«Di che genere?».


«Un favore per un altro» prova a spiegare Akh. «Un prestito di potere in cambio di un po’ di energia giovane e fresca, diciamo» ipotizza.


Lei spalanca gli occhi, sorpresa e inquietata.


«Voi, questo, lo sapevate?» indaga a quel punto.


Akh scuote la testa. «Ovvio che no. Pensi seriamente che, avendolo saputo, tuo padre avrebbe permesso una cosa del genere?».


«No, non lo credo» ammette. «Ma le Ombre dentro di lei, allora? Non c’è il rischio che possano farle del male, mentre lei si trova a corto di forze?».


Lui si mordicchia, pensieroso, un labbro e, titubante, annuisce.


«Sì, immagino ci sia questo rischio».


«E allora?» esclama lei, agitata. «Che cosa possiamo fare?».


«Noi?» soffia Akh, insicuro. «Francamente, non credo ci sia realmente qualcosa che sia in nostro potere fare, né per Katherine né per Pitch».


«Questo è… inaccettabile!» si inalbera Emily Jane, scattando in piedi. «A che diavolo serve essere spiriti immortali dai grandi poteri, se quando c’è bisogno noi siamo perfettamente inutili?».


Akh stiracchia uno stentato sorriso addolorato e la guarda con quella che appare, a tutti gli effetti, pietà.


«Beh, benvenuta nel mondo reale, Madre Natura».



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Grigio. Di nuovo. Un ansito terrorizzato abbandona le sue labbra secche. Cerca di muoversi, ma sente il proprio corpo rigido come marmo. Sta per aprire la bocca e urlare tutto il raccapriccio che prova, quando qualcosa di tiepido si posa delicatamente sul suo braccio.


«Non temere, non sei in pericolo» mormora una voce conosciuta appena fuori dal suo campo visivo.


Emily Jane. Se lei è lì, allora forse c’è anche Akh e, soprattutto, Katherine. Ancora prova a spostarsi, e ancora il suo corpo non gli risponde. Perché tutto è così difficile? Perché sente freddo, ancora una volta, e non è in grado di scorgere nulla che non sia il grigio monotono e inquietante? Perché esiste ancora, se non c’è assolutamente nulla che possa fare?


«Nh» prova a esporre, con davvero scarsi risultati.


«Stai tranquillo, ti prego. Hai bisogno di riposo» lo prega la voce preoccupata della figlia.


Tranquillo? Come può pensare che possa rimanere tranquillo, se non ha neppure la possibilità di capire ciò che gli sta accadendo? Se solo i suoi occhi riuscissero a vedere qualcosa, se solo le sue mani potessero sentire dove poggiano.


Prima che i suoi dubbi trovino una risoluzione, il grigio torna a essere il solito, infinito nero, mentre la sua coscienza viene nuovamente trascinata alla deriva da un sonno pesante e senza sogni.


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«Come sta?» giunge, improvviso ma rispettoso, il mormorio di Akh.


«Non bene» replica Emily Jane, sospirando. «Poco fa si è risvegliato. Non sono nemmeno certa che mi abbia riconosciuta, a mala pena sembrava presente. Era… molto agitato. Ho provato a calmarlo, ma…».


«Non ti ha dato ascolto» termina per lei lo spirito della Luce.


«No, non lo ha fatto» si rammarica. «Alla fine ha perso di nuovo i sensi. Credi…». Emily Jane solleva lo sguardo verde su Akh e lo fissa, incerta e spaventata. «C-credi che tornerà mai cosciente?».


Akh storce le labbra in una smorfia addolorata e scuote la testa.


«Non abbiamo modo di saperlo, purtroppo».


«Aspettiamo?» chiede lei, sconfortata.


«Sì, aspettiamo» conferma Akh, che a quella prospettiva non si sente affatto di umore migliore rispetto a lei.


È già trascorso un intero giorno da quando hanno recuperato Pitch e Katherine dalla foresta e li hanno ricondotti alla dimora di Madre Natura. Da quel momento, nulla sembra cambiato: Pitch, di tanto in tanto, si ridesta per qualche attimo, tornando fin troppo presto nell’incoscienza; Katherine, al contrario, è sempre rimasta addormentata in un sonno tanto profondo quanto impenetrabile.


Akh ha ipotizzato che il loro stato venga influenzato reciprocamente e che, se nulla accadrà per spezzare quella fase di stallo, potrebbe volerci ben più di qualche giorno perché uno dei due (o entrambi) tornino svegli e coscienti. Nel frattempo, se le Ombre dovessero tornare all’attacco, né Akh né Emily Jane saprebbero in che modo proteggere i due dormienti.


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Nuotare è divertente, ma quello non sembra proprio un mare normale: non si vedono spiagge, da nessuna parte; il cielo è chiaro, ma non scorge il sole a illuminarlo; e quell’acqua è stranamente calda, come quella della vasca da bagno, ma più profonda e cristallina. E poi non ci sono pesci, solo acqua, tanta, che a tratti scintilla che se sul fondo fossero posati dei diamanti; ma il fondo non si vede, e neppure i diamanti.


Comincia a essere stanca di nuotare. Ma che cosa succederà, quando non avrà più le forze per andare avanti, per tenersi a galla? Trema. Non è molto sicura di voler pensare a questo, ora. Fa un po’ paura.


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Deve svegliarsi.


Sa bene che non è quello il mondo reale, e non può proprio perdere del tempo prezioso dormendo e facendo sogni assurdi.


Sì, deve assolutamente svegliarsi.


Katherine è là fuori, da qualche parte, e ha bisogno di lui. Le ha promesso che non l’avrebbe lasciata sola, eppure lo ha fatto, già troppe volte.


Deve svegliarsi, lo deve fare.


Non può arrendersi in quel modo. Non è ancora finita. C’è ancora un intero pianeta che ha giurato di liberare dalle Ombre che non gli appartengono.


È necessario che si svegli, se ha intenzione di mantenere la parola, almeno questa volta.


Deve proprio svegliarsi.


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«Pitch» sussurra al suo orecchio, guardandosi fugacemente attorno per accertarsi di essere il solo cosciente nella stanza. «Avanti, gran bastardo, torna tra noi e fammi vedere quello che sai fare».


Gli occhi blu di Akh scrutano attentamente il viso immobile dell’altro spirito. Sospira e abbassa un momento le palpebre, amareggiato e un po’ deluso. Che cosa pensava, che lo avrebbe accontentato, solo perché a chiederglielo era stato lui? Non che ci credesse realmente, ben inteso, ma in fondo, molto in fondo, un pochino ci aveva sperato.


«Sei un maledetto…».


Sta per inveirgli contro ma, prima che riesca a trovare l’insulto più adatto all’occasione, si arresta e solleva un sopracciglio, interdetto. Ha notato, in effetti, che qualcosa di diverso sta accadendo: Pitch non è più immobile come è stato nelle ultime ore. Ora ha ripiegato leggermente indietro la testa e le sue dita sono flesse contro la pesante coperta.


«Pitch» soffia, incredulo ed eccitato.


Si inginocchia al suo fianco e posa cautamente una mano sulla sua fronte.


«Torna indietro. Ci sei vicino, lo sento. Io sono qui, vedi? Puoi sentirmi, lo so che puoi farlo. Segui me, Pitch, come io ho fatto con te. Torna indietro, Pitch. Torna indietro» lo esorta, questa volta ben deciso a credere in ogni singola parola.


Le labbra di Pitch si dischiudono piano e lo spirito trae un faticoso respiro. Le sue dita si contraggono rigidamente, artigliando la coperta. Un rauco borbottio scivola lungo la sua gola bianca. Le sue ciglia nere sfarfallano febbrilmente e, infine, permettono ai suoi occhi dorati di mettere a fuoco l’elaborato soffitto ad archi sopra la sua testa.


«Akh?» rantola, confuso.


«Sì» ringhia lo spirito della Luce, esultante. «Sono qui» soffia, concedendo a Pitch un lieve sorriso di bentornato in risposta al suo sguardo incerto. «E lo sei anche tu» conferma, scostando appena la mano dalla sua fronte. «Era ora che ti decidessi a tornare» fa presente, allargando il suo sorriso.


«Idiota» bercia Pitch, con un soffio appena.



Accade facilmente, a chi ha perso tutto, di perdere se stesso.” (Primo Levi)


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"La mente, messa davanti a ogni specie di ostacolo, può trovare una scappatoia ideale nell’assurdo. L’indulgenza verso l’assurdo riapre all’uomo il regno misterioso abitato dai bambini." (Andrè Breton)






  
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