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Autore: BrownRabbit    04/05/2017    5 recensioni
"Skinny love" viene usato per indicare un tipo di relazione fra due persone innamorate, o che hanno una cotta l'una per l'altra da tanto tempo, ma sono troppo imbarazzate per esprimere i propri sentimenti. La relazione è "skinny" perché devono ancora esternare e spiegare ciò che provano. Non vi è comunicazione, per questo non si può definire davvero come relazione.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Steve Rogers/Captain America, Tony Stark/Iron Man, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Era passata una settimana precisa dalla festa. Una settimana precisa che Tony non vedeva Steve. Il biondo era mancato all’uscita dei due gruppi quel Giovedì ed il moro aveva dovuto fare finta di niente, sperando che uno dei suoi amici avesse chiesto per conto suo, inutilmente. S’erano comportati come al solito, come se fossero tutti presenti. Lui, di conseguenza, aveva cercato di essere il più naturale possibile, ma due o tre gomitate da Clint gli erano arrivate. Zero battute da parte di Bucky, però, poteva essere una conquista.
Gli era balzata l’idea di scrivergli per chiedere come stava, idea scartata due secondi dopo. Aveva deciso di evitare qualsiasi cosa potesse venire fraintesa. Il problema era che per lui qualsiasi cosa poteva essere fraintesa. Almeno questo lo portava a starsene fermo nel suo angolino senza fare casini. Tanto avevano deciso di riprendere le lezioni di Sabato pomeriggio, quindi avrebbe chiesto lì.
- Ehi Tony, sono Steve. Oggi non posso proprio. Rimandiamo, okay?
Guardò la sua scrivania piena di fogli ben ordinati e divisi pronti per essere messi in cartella. No, non era “okay”.
- Grazie di avermi avvertito in tempo così da non averne perso nel trovare vecchi appunti e sistemare fogli.
Mancava un’ora e mezza a quella prestabilita. S’era preso così tanto d’anticipo rispetto al solito per non arrivare troppo tardi da Steve. Incredibile quanto velocemente era cambiato nei suoi confronti, fino a due settimane prima se ne sarebbe fregato altamente e avrebbe preparato tutto all’ultimo, arrivando con un ritardo imbarazzante. Il problema era che quando iniziava a tenerci tentava di non deludere la persona, anche in certe piccole cose.
Il risultato? Una bella, grandissima buca da parte del ragazzo. Perfetto, davvero.
- Figurati.
Tony roteò gli occhi dopo aver letto il messaggio con tanto di faccina sorridente.
- Era ironia, Steve. Spero qualsiasi cosa tu debba fare sia più importante dell’avere il diploma.
Era irritato e sapeva benissimo il perché: Rogers aveva disdetto la lezione con lui per una qualsiasi altra cosa. Continuava a preferire altro al passare il tempo con lui e questo gli dava un sacco fastidio. Gli dava ancora più fastidio il fatto che gli desse fastidio. Un fastidio unico.
- Metti gli appunti in parte, tienili ordinati, il prossimo Sabato recuperiamo l’ora. Non serve che ti alteri.
Sarebbe andata bene, proprio alla grande, se non avesse aggiunto la frase finale.
Era pronto per scrivere una risposta immediata quando sulla schermata del telefono apparve il faccione sorridente di Clint ed i simboli delle due cornette verde e rossa.
«Ehi Tì! Oggi che fai? Tu ed il tuo bello avete ripreso le lezioni o posso invaderti il Sabato pomeriggio?» Tony si porto il pollice e l’indice sugli occhi massaggiandoseli.
«Clint, non dovresti essere a lanciare frecce?» Sentì il silenzio dall’altra parte della cornetta e si lasciò andare con la schiena sulla sedia a poltroncina. «Tuo padre ti ha vietato di andare?»
«Per due settimane. A quanto pare ci teneva al completo.» Altri secondi di silenzio dove Clint rifletté. «Non è che il tuo ragazzo può restituirmelo? Se glielo porto questa settimana potrebbe lasciarmi andare il prossimo Sabato.» Tony rispose con un sospiro e si alzò dalla sedia.
«Se mi hai chiamato solo per questo sono abbastanza sicuro tu abbia il numero di Steve.»
«E’ più divertente chiamare te ed articolarlo come “il tuo ragazzo”.»
«Sarà ancora più divertente quando tornerai ad avere la maturità supposta per la tua età, sempre tu l’abbia mai avuta.» Sicuramente lui era uno degli ultimi a poter dire certe frasi, però quella storia stava diventando ancora più scocciante di prima, quando di fondato c’era ben poco.
«Ouch, questo fa male.» Tony scosse la testa e si sedette sul letto a gambe incrociate. «Coooomunque, ti andrebbe di accompagnarmi al centro commerciale?»
«Oh, certo tesoro! Andiamo a prendere l’abito della scorsa settimana?» Fece una voce acuta, causando la risata dell’altro.
«Poi sono io quello che deve maturare, eh? Devo prendere un regalo per mio cugino, sono l’unico libero.»
Ovviamente Stark accettò, non perché morisse dalla voglia di andare in un centro commerciale di Sabato pomeriggio, ma perché si sarebbe svagato un po’ ed avrebbe lasciato Steve in un angolo. Dopo avergli risposto, ovviamente.
- Non sei così importante da farmi alterare.
Si pentì di averlo mandato praticamente subito, soprattutto quando la risposta fu un pollice all’insù. Rispondere con “no, era una bugia, non odiarmi” sarebbe servito a ben poco, in più ne andava del suo orgoglio.
Stupido orgoglio, complicava sempre le cose.
 
 
 
Arrivarono a destinazione un’ora dopo la chiamata ed uscirono dal negozio di giocattoli nel giro di mezz’ora. Era l’unica cosa che dovevano fare, ma Clint aveva visto qualcosa di strano nell’amico ed aveva optato per mettere gli acquisti in macchina ed andarsi a prendere un gelato nel piano superiore. Una volta seduti da qualche parte sarebbe partito con le mille domande investigative per capire cos’avesse Tony, piano perfetto.
Certo, non calcolava di essere trascinato dentro un negozio di vestiti e rimanere nascosto dietro una fila di indumenti a guardare due biondi in cerca di qualcosa. Quello più basso dovette girarsi di profilo perché Clint capisse come mai Tony l’avesse tirato all’improvviso.
«Di solito si salutano le persone, non l…» Una mano di Stark andò a piazzarsi sulla bocca di Barton per farlo stare zitto mentre allungava l’orecchio in direzione dei due.
«Oh, signorina!» Fu lo sconosciuto ad aprire bocca. La voce era segno evidente di un’età ben al di sopra della loro, sulla venticinquina. «Staremmo cercando una maglietta che mi stia. Sa’, il mio Stewie qua mi ha riempito di tempera.» Si tirò Steve a sé facendo passare un braccio dietro le sue spalle. «E’ un artista, sa?!» La commessa sorrideva divertita più per l’imbarazzo del più basso –evidente dal colorito rosato- che per l’espansività dell’altro.
Dentro Tony stavano nascendo un sacco di emozioni. Rabbia, delusione, qualcosa che non sapeva decifrare, forse tristezza. Voleva seguirli e fermarli; voleva dire al biondo quanto fosse stronzo per essersi comportato come si era comportato ed averlo fatto bellamente infatuare dei suoi occhi e di quel sorriso perfetto. Sorriso ora rivolto al fustacchione alto davanti a lui.
Ecco perché Giovedì non era stato presente alla serata; ecco perché aveva rimandato la lezione. Lui, come uno stupido, si era anche preoccupato si fosse sentito male o fosse successo qualcosa. Invece no, era semplicemente in compagnia di qualcuno che trovava più piacevole di Tony.
Prima o poi doveva accadere, lo sapeva, solo non pensava così presto.
Strinse i pugni lunghi i fianchi e fece per muoversi, quando sentì le mani dell’amico tenerlo fermo.
Clint aveva gli occhi ridotti a due fessure mentre osservava i due ragazzi prendere un paio di magliette a quadri ed andarle a pagare. Stava cercando di capire qualcosa.
Era strano Natasha l’avesse tenuto all’oscuro di un papabile ragazzo per Steve, non tanto perché era curioso come pochi, ma per Stark e per tutto quello che girava intorno alla cotta dei due. Le cose non tornavano, doveva scoprire com’era davvero la situazione. Quindi prese un paio di berrettini con la visiera ed un paio di occhiali da sole, pagò il tutto e se ne uscì con l’amico, entrambi già in modalità “incognita”.
«Dimmi perché lo stiamo facendo.»
«Perché tu hai una cotta per Steve. E’ alla base pedinare la persona per cui si ha una cotta.» Detto quello lo spinse dietro un cespuglio messo al centro del corridoio per abbellire il palazzo. Almeno pensavano di averlo abbellito.
Guardarono Steve e l’altro tipo prendere una bibita a testa. Pagata da Steve. Altro colpo a Tony, che voleva sempre di più tornarsene a casa e chiudersi in camera. I sentimenti sono una brutta cosa, ne era sempre stato convinto.
«Come ti sembra New York?» Per strana fortuna i due si posizionarono nella panchina posizionata davanti al cespuglio. Perfetto per non fraintendere niente o perdersi parole a cavolo.
«Bah, non male.» Il biondone fece spallucce, per poi girarsi verso Steve e dargli una pacca sulla schiena. «Ma con te è tutto più bello e divertente!» Attirò l’attenzione di un paio di passanti, facendo imbarazzare nuovamente Rogers che si passò una mano dietro la testa.
«Thor abbassa la voce. Ci guardano tutti.»
Clint guardò l’amico in parte a lui mimando con la bocca il nome dell’altro con aria esterrefatta. Chi cavolo poteva chiamare il proprio figlio come un dio della mitologia nordica?
Tony non era tanto attento a quello. Era attento a Steve, a quante volte diventava rosso. Come poteva stare con qualcuno che lo metteva così tanto in imbarazzo?
«Ma no, Stewie! Ci guardano perché siamo piacevoli per gli occhi!» Tony roteò gli occhi ancora prima di sentire la risata proveniente da Steve.
Una risata di quel tipo non gliel’aveva mai sentita. Era liberatoria, al cento per cento senza freni. Una di quelle che fai quando sei in piena sintonia con tutto, quando stai bene dove e con chi sei. Lui una risata così non era ancora riuscito a strappargliela e dubitava ce l’avrebbe fatta. Quello era il segno evidente. Meglio andarsene.
Spostò lo sguardo verso Barton, il quale sobbalzò nel vedere l’amico togliersi gli occhiali e scoprire gli occhi lucidi. Aveva esagerato. Avrebbe dovuto mandare un messaggio a Natasha così da avere la risposta nel giro di due minuti, invece aveva deciso di seguire il suo istinto e mettersi ad origliare i due ragazzi, causando un malessere interiore a Tony.
I due amici indietreggiarono sempre accucciati fino ad arrivare all’entrata di un negozio. Si tirarono su e posizionarono cappelli e occhiali alla cavolo su un davanzale, per poi sgattaiolare fuori.
 
 
 
Thor Odinson si era preso una settimana di vacanza dal suo ranch in piena campagna per andare a trovare Steve e sua madre. Era una vita che non li vedeva, dà ancora prima si trasferissero nella Grande Mela. Ricordava sempre con piacere quando andavano a trovare la sua famiglia durante le vacanze estive, quasi per rifugiarsi dal caldo afoso di Luglio. Lui e Steve trovavano sempre un gioco nuovo da fare, a seconda della loro età, poi il 4 Luglio festeggiavano con grigliata e torta. Già, perché oltre che essere vacanza era anche il compleanno del biondo.
Aveva lasciato le redini della sua preziosa casa a sua sorella, l’unica della quale si fidava, ed era partito per New York senza avvertire i Rogers. Era riuscito a trovare sistemazione in un Hotel abbastanza carino, sempre grazie a lei, e Giovedì sera si era presentato a casa dei due per fare una sorpresa.
A Steve erano crollati tutti i piani. Odiava dare buca alla gente all’ultimo, ma Thor era lì e –al diavolo- per una volta si può anche fare. Si propose di portarlo a vedere la città fino a quando sarebbe ripartito senza pensarci troppo. Senza pensare al fatto fosse Giovedì sera e quindi sarebbe rimasto in circolazione almeno fino a Lunedì. Il che includeva il Venerdì –ma era sicuro non sarebbe stato un problema per i genitori di Wanda, avrebbero capito- ed il Sabato, punto un po’ critico.
Ciò che fece innervosire Rogers fu la risposta di Stark al suo messaggio. Il diploma l’avrebbe ottenuto anche senza l’aiuto del moro, non era così stupido, doveva solo impegnarsi di più su certe materie. Avrebbe chiesto aiuto a Natasha, poco ma sicuro.
Poi, dopo essere sceso dalla macchina nel parcheggio del centro commerciale, aveva visto l’ultimo messaggio. “non sei così importante”. Gli si strinse lo stomaco nel leggere la frase e se non fosse stato per la mano di Thor sulla sua spalla sarebbe rimasto a fissarla un’altra quindicina di minuti per imprimersela bene in testa.
Non era così importante per Stark. Già, altrimenti gli avrebbe scritto in settimana, o almeno non vedendolo il Giovedì sera. Se fosse stato un minimo importante gli avrebbe chiesto se si fosse sentito male, si sarebbe preoccupato un minimo. Le parole di Natasha erano state solo quello, parole. Forse non sapevano nemmeno gli altri ragazzi che diavolo passasse per la testa di Tony. Evidentemente, solo Tony passava per la testa di Tony. Non c’era posto per nessun altro, men che meno per Steve, doveva tornare a farsene una ragione.
Si concentrò sul fatto che doveva trovare un paio di magliette all’altro biondo perché era venuto con i cambi contati e si era avvicinato troppo a Steve mentre dipingeva, spaventandolo quasi a morte. Risultato: maglietta irrecuperabilmente sporca di tempera. Per scusarsi si era proposto di comprargliene almeno due e per quanto Thor avesse provato a dissuaderlo non c’era stato modo. Beh, avrebbe visto un centro commerciale per la prima volta, poteva farla andare.
Passare il tempo con Odinson lo distraeva un sacco da tutti i suoi problemi fin da quando era piccolo. Peccava un po’ di intelligenza, però lo faceva ridere come nessuno mai. Il che era un bene vista la situazione morale in cui si era ritrovato all’improvviso, fosse stato qualcun altro si sarebbe ritrovato a dover sforzare sorrisi per tutto il giorno.
«Che vuoi vedere, ora?» I due avevano finito le bibite ed avevano buttato i contenitori vuoti nel cestino più vicino.
«L’empire? Sif ha detto che devo assolutamente salirci!» Si muoveva sempre troppo ed all’improvviso, quindi non stupì Steve il vedere qualcuno preso in pieno dalla schiena di Thor. Il più basso sospirò, mentre il colpevole stava chiedendo scusa.
«Non sei in campagna, Thor, devi stare attento.»
«Oh, nessun problema Steve! Nat ci va giù peggio, a volte.» Steve spalancò gli occhi nel vedere Clint rialzarsi grazie all’aiuto del biondone.
«Clint! Non dovresti essere al poligono con lei?» Questo fece spallucce. Ne avrebbe parlato poi, era lì per altro.
«Storia lunga.» Si voltò verso colui che l’aveva fatto diventare un birillo. «Chi ho il piacere di conoscere?»
Thor allungò la mano verso Barton, il quale si sentiva più piccolo del solito. «Piacere, Thor Odinson.» Sì, i suoi genitori erano davvero stati crudeli nello scegliere il nome.
«E’ mio cugino.» La voce di Steve lo fece bloccare.
Lo sapeva doveva esserci una spiegazione ed eccola lì. Il cugino, la cosa più vicina ad un fratello che il figlio unico ha. Okay, ora doveva solo trovare il modo di dirlo a Tony, lasciato giù di sotto ad aspettare. Gli aveva detto di aver perso il cellulare quando si erano accucciati dietro la siepe, voleva provare ad investigare ancora un po’.
«Tuo cugino? Fantastico!» Lasciò la mano a Thor e si voltò verso l’altro biondo. «Oh, sai dov’è il negozio giocattoli? Dovrei prendere un regalo per il mio, invece.»
Steve fece spallucce. «E’ giù. Io e Thor stiamo andando via, ti possiamo accompagnare.»
Barton annuì contento di vedere almeno una cosa andare come voleva lui. Fece passare avanti Rogers cercando di tenere il più indietro possibile il cugino, che non capiva lo strano comportamento di quel ragazzo. Gli aveva detto un “fai come ti dico, ti prego” a bassa voce e si era fidato solo perché era amico di Steve.
Solo una volta sceso dalle scale, Rogers si rese conto di non avere i due ragazzi alle spalle e decise di indietreggiare per vedere se riusciva ad avere una visuale migliore così da capire a che punto fossero, andando sbattere la schiena contro una persona. Prima diceva a Thor, poi lui faceva la stessa cosa, diamine.
«Scusami, non volevo.»
«Ci mancherebbe. Avresti un po’ di problemi, altrimenti.» A Steve venne automatico sorridere nel sentire la voce del moro, il quale si stava strofinando gli occhi con i dorsi delle mani e non aveva minimamente messo a fuoco la persona davanti a lui. Si era dimenticato all’improvviso del messaggio, come se avesse avuto nessun peso.
«Meno di chi sta per sradicarsi gli occhi a forza di grattarli.» La frase più lunga concesse a Tony di riconoscere la voce e si voltò di scatto verso il biondo senza pensarci due volte.
Pessima cosa. Si ricordò di avere gli occhi rossi e liquidi appena vide il volto di Steve aprirsi in un’espressione assai preoccupata.
«Che è successo?» D’istinto gli prese il volto tra le mani e lo avvicinò al suo per essere sicuro di aver visto bene.
Stark si sentì il cuore scoppiare in petto nell’averlo così vicino dopo tanto tempo. Mentre gli occhi di Steve indagavano il suo volto, lui stava cercando di ricordarsi del ragazzo alto e biondo con il quale Rogers era. Doveva aggrapparsi a quello, a Steve e Thor insieme.
Poggiò le sue mani su quelle di Steve e se le allontanò in un gesto veloce. «Non sono affari tuoi.»
«Oh già…» L’altro inserì le mani nelle tasche dei pantaloni, ricordandosi all’improvviso del messaggio che gli aveva quasi distrutto la giornata e di quanto doveva essere sembrato stupido in quel momento. «…non sono abbastanza importante.» Fece un occhiolino a Tony con tanto di sorriso forzato, mentre l’altro aveva gli occhi sbarrati.
Perché non rifletteva, certe volte? Perché era negato per le relazioni umani? Perché Steve se la prendeva tanto con lui, poi? E dove diavolo era il suo bel fustone con tanti muscoli e poco cervello? Evidentemente li preferiva così, magari voleva sentirsi il più intelligente della coppia.
«Stewie! Non mi presenti il tuo ragazzo?» Altro colpo al cuore di Tony nel veder scendere il famigerato Thor in quel modo, con le braccia aperte verso Steve e Clint al suo fianco tutto sorridente e vittorioso.
«Non è il mio ragazzo, è un amico di Clint.» Calò il silenzio. Il sorriso di Barton si spense all’istante e cercò di decifrare lo sguardo vitreo di Tony puntato sul terreno.
Il moro sentiva i due occhi azzurri addosso che lo scrutavano, cercavano di captare qualche movimento, ma non ne fece alcuno. Era tutto inutile e lo sarebbe sempre stato. Decise di salutare Clint con un gesto della mano e di fare segno a Thor di seguirlo, perché se avesse aperto bocca era convinto si sarebbe tradito. Sarebbe uscita una voce incrinata se non tremolante, e davanti a Stark non gli sembrava il caso.
«Che diavolo hai fatto, Tony?» L’interpellato alzò il volto verso un Clint appannato.
«Un casino.» L’amico sospirò e si avvicinò per abbracciarlo, dandogli poi due colpetti sulla spalla.
«Vedrai che si risolverà.»
«Gli ho detto che non è abbastanza importante per influire sul mio umore.» Barton sciolse l’abbraccio e lo guardò stupefatto.
«Okay, dammi un secondo che chiamo Nat.» Fece per tirare fuori il telefono, ma venne fermato dall’amico.
«No. Devo sistemare io.» 
 
 
 
«Steve?» Il viso sorridente di Peggy sbucò dalla porta della camera dove Steve si era appena infilato il maglione.
«Sono pronto, ma non è un po’ presto?» Mancava ancora una mezz’oretta prima dell’arrivo di Thor sotto l’appartamento, quindi non capiva il perché fosse già lì a chiamarlo.
«C’è Tony. Se volevi invitarlo potevi chiedere.» La madre si era appoggiata allo stipite della porta con le mani incrociate e lo sguardo di chi aveva capito tutto. Come prima risposta ebbe un sospiro.
«Fallo venire qui, per favore. E non origliare.» Margaret alzò le mani in segno di resa e fece come le era stato chiesto.
Steve sentì Tony ringraziare sua madre fuori dalla porta della camera mentre si stava allacciando la scarpa destra. In quel momento ricordò cosa volesse dire avere l’ansia, chissà perché si dimenticava sempre come ci si sentiva.
«Permesso?» Fece segno di entrare ed il moro ubbidì, chiudendosi la porta alle spalle.
Nessuno dei due parlò per primo. Il biondo aveva tutte le ragioni del mondo per rimanersene zitto, sicuramente non avrebbe chiesto a Stark perché diavolo aveva deciso di andare lì a quell’ora di Sabato sera. No, non avrebbe più chiesto spiegazioni a nessuno.
Tony non aveva pensato a cosa dire, invece, ed era lì davanti ad uno Steve in procinto di essere pronto ad uscire senza riuscire ad aprire bocca. Di modi per dirlo ce n’erano tanti, ovvio, solo non voleva sembrare un emerito deficiente e rischiare di sbandierare a Steve la sua cotta. Intanto, sotto i suoi occhi, Rogers stava facendo tutto quello che doveva fare come se non ci fosse nessun altro in quella stanza.
Mentre si passava le mani sulla chioma bionda per sistemarsela, Steve riusciva a vedere dallo specchio l’altro ragazzo aprire e chiudere la bocca senza farne uscire alcun suono. Era abbastanza divertente come scena, soprattutto perché il moro non si era reso conto di essere visto e stava continuando a cercare qualcosa da dire.
Per quanto Rogers ci fosse rimasto male per quel messaggio e per come Tony aveva reagito quello stesso pomeriggio, se era lì a cercare faticosamente di parlare un motivo c’era. La decisione di non chiedere più alcuna spiegazione era nata principalmente da tre fatti: tutti i ragazzi del gruppo potevano aver frainteso ogni singola cosa; se avesse chiesto al diretto interessato probabilmente avrebbe risposto divagando o mentendo spudoratamente ed infine Stark faceva delle cose capaci di rendere palese le sue intenzioni. Probabilmente non se ne rendeva conto, ma anche solo il fatto fosse lì in quel momento voleva dire qualcosa. Stava cercando di scusarsi nel modo migliore che conosceva senza buoni risultati.
Steve sapeva quanto potesse essere difficile per Tony chiedere scusa, per questo apprezzò il tutto e gli sorrise attraverso lo specchio non appena il moro incrociò il suo riflesso.
Stark rimase a fissarlo con la bocca socchiusa. In quel momento capì che con il biondo non avrebbe mai dovuto sforzarsi troppo e diventare qualcos’altro. Poteva essere sé stesso, con i suoi limiti ed i suoi difetti, lui avrebbe colto le sue intenzioni, come in quel momento.
Nel mentre Steve si era girato ed era arrivato davanti all’altro, sempre con quel sorriso capace di togliere il fiato a chiunque.
«Ti andrebbe di venire a cena con noi?» Tony si immobilizzò di colpo.
Okay, che faccio? Sì, no? Qual è la risposta giusta? Posso chiamare qualcuno? AIUTO. CLINT PERCHE’ MI HAI FATTO VENIRE DA SOLO. Lo sai che quando dico “faccio io” devi seguirmi per evitare altri casini. LO SAI.
Aveva spalancato gli occhi senza nemmeno rendersene conto e Steve si sentì un completo idiota per averglielo chiesto. Chissà cosa stava andando a pensare in quel momento. Probabilmente aveva capito provasse qualcosa nei suoi confronti, perché chi inviti a cena con una parte di famiglia? Idiota.
«Lascia stare, non so perché te l’ho chiesto.» Rogers spostò lo sguardo verso la porta dalla quale giunse la voce della madre che li rendeva partecipi dell’arrivo di Thor. «E’ ora di andare.» Fece un paio di passi sorpassando Tony, il quale comprese di avere solo quella possibilità per riprendersi dal suo attacco isterico mentale.
«Vengo volentieri.» Il biondo si bloccò a pochi passi dalla porta e si voltò verso il moro. «Se sono ben accetto, ovviamente.» Ci fu uno scambio di sorrisi prima di avviarsi verso la cucina, insieme.
 
 
 
Stark non era abituato a quei tipo di ristoranti caserecci con camerieri aperti e pronti a scherzare con i clienti. Suo padre l’aveva sempre portato in posti ben diversi e con i suoi amici ordinava solo a domicilio, se non andavano ad un fast food. Steve era perfettamente a suo agio, lo sentiva scherzare con la cameriera mentre lui teneva il volto fisso sul menù. Si sentiva terribilmente fuori luogo, grazie al cielo aveva su ancora la maglietta dei “Black Sabbath” ed i jeans.
I suoi pensieri vennero interrotti dalla mano di Steve appena appoggiata al suo avambraccio. Alzò lo sguardo verso i due occhi azzurri e riuscì a dire solo un “mh?” mentre pregava di non diventare rosso almeno quella volta.
«Manchi solo tu, cosa prendi?»
Problema: Tony non aveva minimamente letto il menù. Era rimasto a fissarlo ragionando su quanto quel posto fosse diverso da ciò a cui era abituato e quando si sentisse a disagio. Quello era uno dei momenti in cui Stark riusciva sempre a tirarsi fuori dai guai, evitando una figura penosa, ma se avesse continuato a tenere gli occhi su Rogers gli sarebbe venuto difficile, quindi spostò lo sguardo sulla cameriera ancora sorridente.
«So che non è una tra le domande preferite dei camerieri, ma non sono abituato a certi ristoranti, quindi: che mi consiglia?» Steve spalancò gli occhi e si scambiò uno sguardo con sua madre, la quale si coprì la bocca per non far vedere il sorriso divertito nato per le parole di Tony. Tale e uguale al padre, decisamente.
«Cosa intende per “certi ristoranti”?» Lo sguardo della ragazza con in mano il blocchetto lasciava pochi fraintendimenti, era pronta a conficcargli la biro nella glottide nel caso avesse risposto nel modo errato.
«Caserecci, possiamo dire.» La frase era uscita in un modo bruttissimo, non voleva essere offensivo ma il tono di voce aveva dato quella sensazione agli altri quattro presenti.
«Fai la stessa cosa che ho ordinato per me, okay?» Steve guardò la cameriera che guardava Tony in cagnesco mentre aggiungeva una stanghetta in parte all’ordine del biondo. Sarebbe scoppiata nel giro di tre secondi, contati mentalmente dal biondo mentre si sistemava il tovagliolo sulle braghe.
«Sa’ cosa, mister Stark? La prossima volta porti il suo ragazzo in uno dei suoi sciccosissimi ristoranti.» Il moro la guardò con aria stupefatta mentre raccoglieva i menù e Steve sbuffò lasciandosi andare allo schienale della sedia.
«Non sono il suo ragazzo, Maria.» Gli occhi di Tony passarono al ragazzo messo di fianco a lui.
«Spero davvero, perché con un tipo del genere saresti sprecato.»
Certe frasi colpivano Stark dritto nello stomaco. Forse perché lo riportavano alla realtà in momenti come quelli, dove poteva essere tutto frainteso. La verità era quella, palese palese. Steve era troppo per poter stare con qualcuno come lui.
Steve aveva preso un pacco di grissini dal centro tavola senza dire una parola perché non pensava all’altro importassero certe frasi, probabilmente gli era scivolata addosso. Già tanto non avesse risposto con un “sarebbe solo fortunato a stare con uno come me”.
Però Peggy aveva notato come lo sguardo di Tony era diventato assente spostandosi sul piatto. Non voleva dire una stronzata, ma probabilmente a quel moretto piaceva suo figlio. 
«Maria ha un bel caratterino, vero?» I tre paia di occhi andarono sulla donna della tavola, la quale stava guardando Stark con un sorriso gentile in volto. «E’ una compagna di classe di Steve, peccato tu l’abbia conosciuta in tale situazione.»
«Sì, solitamente è simpatica.» Steve si chiuse nelle spalle e morsicò un grissino.
«Non è colpa della ragazza. Stark non è stato carino.» Thor ricevette due occhiatacce da parte dei suoi famigliari ed aggrottò le sopracciglia per capire cosa avesse detto. «E’ la verità!»
Tony si lasciò andare alla sedia facendosi scappare uno sbuffò non ignorato dal suo vicino. Forse Steve si era sbagliato a pensare non gli importasse di quella frase e forse doveva tornare a cercare di unire i puntini per capire cosa passasse nella testa del moro.
Mentre Peggy articolava Thor cercando di fargli intendere indirettamente quanto ci fosse rimasto male il ragazzo senza ottimi risultati, Steve aveva optato per allungare un grissino in direzione del ragazzo, il quale alzò lo sguardo verso il biondo sorridente.
Altra cosa di cui si rese conto: Steve ed i suoi piccoli gesti lo tranquillizzavano e lo facevano sentire come se fosse nel posto giusto, anche lì.
Ricambiò il sorriso dopo aver preso in mano il grissino sotto gli occhi di Peggy, che aveva smesso di discutere con il nipote gustandosi la scena. Forse il gossip un fondo di verità ce l’aveva.  
«Siete sicuri di non piacervi?» Alla scena aveva assistito anche Thor, purtroppo, ed aveva appena rovinato tutta l’atmosfera facendo quasi strozzare Stark con un pezzo di grissino e trasformando Steve in un pomodoro con gli occhi.
«Che diavolo di domanda è?» Steve cercò di riprendersi e diede un paio di pacche sulla schiena a Tony per aiutarlo a togliere il tocco incastrato.
«Beh, oggi pomeriggio sembrava non vi conosceste ed ora sembrate intendervi solo a sguardi.» Tony fece segno a Steve di fermare le manate sulla schiena e prese in mano il bicchiere bevendo tutta l’acqua versata poco prima. «La mia conclusione è che prima Stewie era stato probabilmente offeso da qualcosa fatta o detta da Stark, poi lui ha chiesto scusa ed ora è tutto tornato come prima.» Il moro fece un bel respiro a pieni polmoni provando la gioia di non avere più la gola bloccata. «Come una coppia, in pratica.»
Peggy si godette la scena con la schiena appoggiata alla sedia ed un sorriso stampato in volto. La settimana prima aveva visto un po’ di interesse nei confronti di Tony, in suo figlio, ma aveva pensato a qualcosa di più inerente alla possibile amicizia, non a quel tipo di interesse. Era ancora meglio.
I due ragazzi ringraziarono silenziosamente Maria arrivata con il cibo, l’unica cosa in grado di far distrarre Thor.
Steve aveva deciso di cambiare discorso appena possibile, riuscendo a non far tornare il cugino su loro due. Però aveva visto anche l’effetto che quella frase aveva fatto su Tony, il quale non aveva smentito comunque. Più collegava i puntini, più il quadro diventava abbastanza chiaro.
La cena passò via abbastanza veloce fino al momento del dolce dove Thor ricevette una chiamata dalla sorella e Peggy decise che andare in bagno e lasciare soli i due ragazzi era la cosa giusta da fare.
«Direi che la prossima volta tocca a me.» Il silenzio che si era formato venne spezzato da Tony, il quale optò per scherzare un po’. Per tutta risposta ebbe un sopracciglio alzato di Steve. «Spero ti piaccia il sushi.»
Il biondo sorrise appena capì il gioco messo in atto. Scherzare in quel modo con lui stava diventando fin troppo piacevole. «Mai mangiato, quindi vedi di portarmi in un ottimo posto.»
«Ah-» Tony alzò le sopracciglia. «Pure pretenzioso.»
Steve fece spallucce. «Beh, dipende come vuoi far finire la serata.» La frase venne seguita da un occhiolino che mandò il moro in palla completa. Doveva rispondere. Doveva riprendersi e continuare il gioco, ma la sua espressione divenne impassibile.
«Questa come va a finire, invece?» Incastrò i suoi occhi nocciola nelle due pozze azzurre di Rogers, il quale strinse le labbra.
Cosa voleva Stark da lui, davvero? Fino a pochi minuti prima stava mettendo insieme dei punti per capire quanta verità c’era nelle parole di Natasha, riuscendo anche abbastanza bene. In quel momento, invece, la frase a doppio senso inequivocabile fatta dal moro in quel modo fin troppo serio l’aveva fatto tornare alla sua idea iniziale: non avrebbe avuto altro di più che una semplice nottata.
Voleva scomparire all’istante. Si era illuso talmente tanto del contrario che il ritorno a quella convinzione lo colpì in pieno stomaco. Fortunatamente Thor tornò due secondi dopo, seguito subito da Peggy.
Il ristorante era poco lontano dall’appartamento, quindi ci erano arrivati a piedi ed a piedi dovevano tornare indietro.
Tony si era reso conto di un cambiamento nell’umore di Steve dopo la sua ultima frase. Forse l’aveva detta un po’ troppo seriamente ed aveva capito tutto. Ora stava cercando di stargli il più lontano possibile per non illuderlo. Era sempre stato così bravo a rovinare tutte le cose belle che gli capitavano, perché questa volta doveva essere diverso?
«Nat mi ha chiesto se vogliamo raggiungerli da Bucky.» Stark sobbalzò nel sentire la voce di Rogers così vicina rispetto a dove se lo ricordava poco prima. «Ha invitato anche Thor.» Gli fece un sorriso divertito, come se si stesse già immaginando suo cugino in mezzo ai loro amici.
Niente, ogni volta che pensava il biondo ce l’avesse con lui veniva smentito bellamente.
«Sì, ci sto. Prendiamo la mia macchina.» Tony tirò fuori le chiavi e fece scattare le luci di una Audi poco distante. 









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Note dell'autrice: E' arrivato Thor! (Per Loki ho altri piani, sorry sorry.)
A parte questo, ora l'hanno capito proprio tutti tranne i due. Non è bellissimo? 
Comunque, grazie a chi ha commentato, a chi segue e mette tra i preferiti ed ovviamente a chi legge. Siete tanto pasticcini. 

Un bacio, 
BR.
   
 
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