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Autore: Tsukuyomi    09/06/2009    5 recensioni
Salve a tutti! Finalmente prendo coraggio e pubblico.
Questa fanfic mi ronza in testa da tanto di quel tempo che ormai si scrive da sola.
Per il momento avrete sotto agli occhi dei futuri Gold Saint, ancora bambini e innocenti (più o meno), alcuni ancora non si conoscono e altri sì, alcuni sono nati nel Santuario e altri no, alcuni dovranno imparare il greco e, di qualcuno, non si sa per quale recondito motivo, non si conosce il nome. Spero che apprezziate. La storia è ambientata ai nostri giorni, per cui, le vicende conosciute avranno luogo nel futuro.
Genere: Comico, Generale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo Personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 07 Tyko cominciò ad urlare spaventato e Shura lo seguiva nel coro dimenandosi e scalciando. Due braccia fasciate lo tenevano a mezz’aria.
«Non ti sei ancora calmato allora?» Shura riconobbe la voce.
«¡Dejame!»
«Lämna honom!!»
Le voci dei due bambini si univano nello spavento.
«Per colpa tua sono stato punito moccioso, non credere di passarla liscia. Ti faccio vedere io.»
«João!!! Kom!!» Tyko aveva capito che era il caso di chiamare il loro amico. Urlava il suo nome, mentre i presenti ridevano alla scena di Dioskoros che spaventava il bambino che già una volta lo aveva sconfitto. Nessuno mosse un dito per intervenire.
«Lascialo andare. Fai schifo. Arrivare prendersela con un bambino. Sei ridicolo.»
Tyko si voltò di scatto per vedere a chi apparteneva quella voce a lui sconosciuta. Era un ragazzo, non molto alto, con i capelli neri e gli occhi a mandorla.
«Leurak, non ti hanno insegnato a farti gli affari tuoi?» Dioskoros sfidava apertamente il giovane ragazzo mongolo. Sprezzante gli rise in faccia, ma il ragazzo lasciò cadere la provocazione.
«Dioskoros, se vuoi menare le mani abbi il coraggio di scegliere qualcuno che non sia un bambino di sei anni. Non so se mi fai più schifo o pena.»
«Vorresti sfidarmi nanerottolo?»
«Beh, se ti ha battuto lo scricciolo che tieni in aria posso batterti anche io. Non abbiamo mai avuto occasione di confrontarci. Potrebbe essere questa la volta buona. Ma forse hai paura di perdere con un tuo pari.»
«Pari? Posso batterti con gli occhi chiusi nanerottolo. Torna a casa ora. Ti risparmio una figuraccia.»
«Mi risparmi? A me? Secondo me sei tu che ti vuoi risparmiare l’ennesima figura di merda. Lascialo andare.»
«Neanche per sogno. Non ha capito la prima lezione. Capirà la seconda.»
Attorno ai due uomini e ai due bambini si era formato un muro di persone che seguiva divertito la scena. Shura continuava a dimenarsi come se fosse un pesce tirato fuori dall’acqua.
Leurak non era forte, ma riusciva a nascondere la paura e mostrare una faccia tanto spavalda in grado di intimorire per l’eccesso di sicurezza. In realtà era tutto meno che sicuro, soprattutto delle sue capacità.
«Lezione? Ti riferisci al viaggio che gli hai fatto fare? Neanche le bestie si trattano così Dioskoros. Molla la presa sul bambino e vieni fuori. Regoleremo i conti io e te.»
«L’unica persona al mondo con cui devo regolare i conti è questo moccioso.»    

Leurak decise che ne aveva abbastanza dei modi di fare di Dioskoros. Un soggetto del genere non era neanche degno di avvicinarsi al Santuario, figurarsi farne parte.
«Mi fai ribrezzo.» mentre pronunciava quelle parole cariche di disprezzo si mise in posizione di guardia e quasi si lanciò all’attacco. Venne preceduto da Tyko, che non sopportò oltre di vedere il suo nuovo amico maltrattato a quel modo.Prese una breve rincorsa di qualche passo e lanciò con tutta la forza che aveva la macchinina, diretta alla testa di quell’uomo che non conosceva e già detestava. Il lancio fu preciso e forte. Leurak sobbalzò nel vedere  la fluidità del movimento del piccolo, gli armoniosi movimenti del braccio stonavano con il ringhio di rabbia e paura disegnato sul volto.
Dioskoros evitò con difficoltà quell’oggetto e  allentò leggermente la presa su Shura. Cercò di avvicinarsi al bambino che aveva osato sfidarlo per assestargli un calcio ma non ci riuscì.
Shura, quasi libero di muoversi, riuscì a rigirarsi nella presa e a infilare un dito nell’occhio di colui che fu il suo accompagnatore.
I presenti rimasero di sasso. Nessuno aveva pensato minimamente che la vicenda avrebbe potuto prendere quella direzione. Il bambino spagnolo venne lanciato via da Dioskoros, in modo che il soldato potesse concentrarsi sull’occhio offeso.
«Non arriverai a vedere un altro compleanno moccioso. E’ la tua fine.»
Dioskoros aveva completamente perso la ragione, non solo era stato sfidato pubblicamente da un compagno, ma era stato sconfitto per due volte di seguito da un bambino.
Shura era caduto rovinosamente per terra sbattendo la gamba contro un tavolo. Si era fatto male, ma si rialzò tenendo la testa inclinata in avanti e fissando il suo avversario. Assunse una posizione di guardia che gli venne naturale e sibilò tra i denti :
«Dejalo en paz, asqueroso. Soy yo tu rival.»
Tyko si mise davanti all’amico e quasi si spaventò nel vederlo. Quello sguardo spensierato che aveva conosciuto era svanito. Aveva davanti un’altra persona. Lo sguardo di Shura era carico di rancore, odio e disgusto. Dioskoros non poteva tollerarlo. Si lanciò all’attacco. Si scagliò con tutta la sua forza contro un bambino.
La sua folle corsa venne fermata da Leurak che gli si parò davanti e gli assestò un gancio sotto al mento. Il colpo lo spiazzò facendolo cadere all'indietro, più per la sorpresa che per la forza effettiva del colpo.
« Non osare mai più levare il pugno su un bambino.» Il tono di voce  di Leurak era crudo e tagliente, non avrebbe permesso all’altro soldato di avvicinarsi nuovamente ai bambini, piuttosto sarebbe morto lì.
«Come ti permetti, mongolo del cazzo. Le vuoi prendere anche tu? Torna a giocare con i passerotti.»
Leurak non perse l’occasione. Gli era stata servita su un piatto d’argento.
«Prenderle? Io? Io sono amico del bambino, perché dovrebbe picchiarmi? - Oltre al danno la beffa. – Lascia perdere Dioskoros. Fatti un favore e vattene dal Santuario. Il Gran Sacerdote non te la farà passare liscia. Hai osato levare la mano contro un bambino … no, che dico … contro due bambini indifesi. Vattene e non tornare. Non abbiamo bisogno di te. E non sono passerotti ma falchi e corvi.»
Dioskoros non sopportò il discorso. Si rialzò e tentò un altro attacco, questa volta diretto a Leurak.

-Sono morto. Addio mondo crudele. E’ stato bello ma è durato poco. Akylina ti voglio bene e so che non  sei brutta considerando che ti vedo in faccia ogni volta che usciamo da qui, bambini mi spiace non essere riuscito a giocare con voi, ci vediamo in un’altra vita.Galgo, João mi mancherete. Ciao mamma, ciao papà vi ho voluto bene. Ciao mie montagne adorate, mi mancate. Ciao miei fedeli falchi e addio miei fedeli corvi. Mongolia mia ti guarderò dall’alto.Ciao a tutti-

Parò i primi colpi infertigli da Dioskoros con facilità, quasi non si riconosceva. Non era mai stato un buon combattente. Si rimangiò il suo testamento. Non amava la prima linea e il combattimento, piuttosto che il palcoscenico preferiva stare dietro le quinte ad allestire la scenografia e assicurarsi che tutto filasse per il verso giusto. Riuscì a colpire l’avversario diverse volte. Fu semplice.
Dioskoros, totalmente annebbiato dall’ira, si lanciava all’attacco senza utilizzare un minimo di strategia. Non servivano berserker tra le schiere dei cavalieri di Atena ma uomini assennati, in grado di elaborare una strategia vincente in poco tempo. Servivano uomini come Leurak.
I colpi di Dioskoros si fecero sempre più forti e insistenti. L’adrenalina, scatenata dal dolore dei colpi di Leurak e dalla rabbia, contribuì a renderlo sempre più furioso. Cominciava ad avere la meglio.

«Che diavolo succede? Smettetela immediatamente.» un’altra voce sconosciuta ai bambini, che si voltarono a vedere a chi appartenesse.
Un uomo con lunghi capelli rossi si gettò nella mischia, cercando di fermare quella lotta.
«Galgo – disse Leurak – stanne fuori, per favore. E’ ora che qualcuno gli dia una lezione.»
«Leurak, non essere ridicolo. Esigo sapere cosa succede. Sono un tuo superiore, hai il dovere di rispondermi.» tuonò il rosso.
Dioskoros s’interruppe ed esortò lo sfidante:
 «Dai piccino, piangi col papà. Io ti aspetto qui, non me ne vado. Ti strapperò quella faccia che ti ritrovi mongolo. Torna tra le montagne.»
«Galgo, questo coglione ha levato la mano contro due dei nuovi arrivati poco fa. Inoltre ha portato uno di loro qui al Santuario trattandolo come una bestia. Dietro di te Galgo. Li vedi quei due bambini? Sono loro. Se l’è presa con loro, ti rendi conto? Voglio che tu mi dia il permesso di spaccare la faccia a questo schifoso, arrogante pezzo di merda. Voglio la tua approvazione come mio superiore e come mio amico. Concedimela Galgo!»
Dopo un attimo di esitazione e dopo aver rimuginato per qualche istante sulla richiesta appena fattagli  Galgo annuì. Capitava spesso qualche scazzottata tra i soldati, ma era la prima volta che Leurak si trovava in quella situazione.
«E sia Leurak. Agisci come credi più opportuno.» Galgo si spostò di lato, portando una mano sulla spalla del bambino che lo accompagnava.
Un soldato si avvicinò al'irlandese e gli fece il resoconto di tutta la vicenda, in modo poco dettagliato e poco accurato per poi tornare a godersi lo scontro.

«Angelo, stai per assistere ad uno scontro tra soldati. Non hanno un cosmo, per cui non sarà nulla di eclatante, ma osserva bene.»
«Sì, ma perché si picchiano? Cos’è successo?» chiese Angelo a braccia conserte, senza distogliere lo sguardo dai due guerrieri.
«Succede spesso che i soldati non vadano d’accordo tra loro e scatenino delle risse, ma vedi i due bambini accanto a te?»
«Sì, chi sono?»
«Anche loro sono arrivati oggi. Ci sono stati dei problemi con loro e il barbuto ha cercato di fargli del male, non conosco i dettagli, mi è stato fatto solo un breve riassunto per il momento. Quello si chiama Dioskoros ed è un poco di buono, il tipico rappresentante della categoria ‘tutto muscoli e niente cervello’, ha osato alzare la mano su quei bambini. Ma a quanto pare sono stati in grado di difendersi da soli.»
«Da soli? – era sbigottito – Ma … sono piccoli … come me …»
«Beh, sappi che anche tu sei fatto della loro stessa pasta. Saresti stato in grado anche tu di tenergli testa.»
«Dici sul serio?»
«Sì. Ora guarda.»

I due sfidanti non si erano ancora mossi. Si guardavano, si scrutavano, si studiavano. Leurak sapeva bene che non gli sarebbe convenuto attaccare per primo. Le capacità combattive di Dioskoros erano superiori alle sue. Aveva da sempre preferito seguire 'la via dell’acqua', optando per  le tecniche difensive e lasciando in secondo piano quelle offensive.
Il suo peso, inferiore a quello dell'avversario, era un punto a suo sfavore e sarebbe stato difficile contrattaccare con delle proiezioni. Ma assecondando i movimenti d’attacco dell’avversario, utilizzando a suo favore la forza sprigionatagli contro, avrebbe potuto vincere.
Leurak, per la prima volta in vita sua, desiderava la vittoria, schiacciare l’avversario. L’unica mossa che gli venne in mente fu quella di rimandare Dioskoros in "modalità berserk". Doveva farlo arrabbiare per evitare che riuscisse ad usare quel poco cervello che aveva.

«Ho il tuo permesso Galgo. Grazie per la fiducia. – disse Leurak, abbandonando la posizione di guardia – certo, non c’è onore nella vittoria contro un uomo già sconfitto da un bambino. Come va l’occhio, Dioskoros, brucia tanto?»
«Leurak, rimpiangerai queste parole.» Dioskoros concluse la frase gettandosi all’attacco, indirizzando il pugno destro contro il volto del ragazzo che lo guardava e rideva, con le braccia mollemente abbandonate lungo i fianchi. Era sicuro che l’avrebbe colpito. Sbagliava. All’ultimo istante, Leurak schivò il colpo con un movimento tanto fluido e naturale che per un istante sembrò essere davvero fatto d’acqua. Il primo punto era suo.

«Angelo, Leurak ha usato una tecnica appartenente alla “via dell’acqua”. Si tratta di tecniche difensive. Usa la forza dell’avversario a suo favore. Le imparerai. Non perdere un istante di questo scontro.» Il bambino si limitò ad annuire, rapito dai movimenti del ragazzo.

Dioskoros cominciava a perdere la lucidità e la calma che aveva riacquistato nella breve pausa di poco prima. Attaccava come un forsennato, senza indirizzare i colpi in nessun punto. Si ritrovò a colpire l’aria. Aveva il fiatone, gli occhi che bruciavano per il sudore e la rabbia. Stava perdendo. Leurak al contrario era rilassato, calmo e tranquillo come un fiume in quiete. Non vedeva nessuno eccetto Dioskoros che continuava ad infuriarsi.
Dopo un istante di esitazione, Dioskoros tornò all’attacco. Eseguì una serie di calci diretti alle gambe del mongolo. La fortuna gli sorrise. Nel lanciarsi totalmente sullo sfidante, riuscì ad assestargli un calcio all’altezza della bocca dello stomaco facendolo vacillare all’indietro,  colse il momento propizio e cominciò a colpire, alla cieca.
«Ma che – si ritrovò ad urlare Angelo – diavolo succede? Stava vincendo. Come ha fatto quello a colpirlo?»
«Angelo, ci sono tante cose che influiscono sull’esito di una battaglia. Tra queste anche la fortuna. Dioskoros ha avuto fortuna riuscendo ad assestare un colpo su tanti tirati a caso. Leurak è molto più bravo di lui. Ma lo scontro non è finito. Guarda, la situazione si sta capovolgendo di nuovo.»

Leurak riuscì a riprendere calma ed equilibrio. Si rialzò dopo aver atterrato Dioskoros con una spazzata.
Mentre il greco si rialzava cercando di seguire lo stesso tempismo dell’altro ricevette un calcio sotto il mento. Cadde e rimase per terra, intontito dal colpo. Il mongolo si allontanò aspettando che l’avversario si rialzasse, ma  non accadde. Aveva vinto.

«E’ finita Angelo. Leurak ha vinto. Ha usato il cervello, non si è fatto prendere dalla paura. E’ rimasto lucido ed è riuscito a sfruttare il primo  momento propizio per riprendere il controllo dello scontro.»
Galgo tirò a se il discepolo e lo cinse con un braccio.
«Vieni ora. Andiamo a prendere da mangiare. Poi potrai fare amicizia con gli altri due.»
«Va bene, ho fame. Bello scontro. Non c’ho capito tanto ma m’è piaciuto.»
Si allontanarono assieme, fianco a fianco, continuando a discutere di quell’incontro appena finito, diretti verso un bancone carico di cibo.

Leurak tremava. L’adrenalina cominciava a scemare e il dolore cominciava invece a farsi sentire. Dioskoros rimase coricato sul pavimento bianco, circondato dai suoi amici che cercavano di farlo riprendere.
«Ehi Leurak, complimenti. Gli hai spento la luce.» ghignava uno degli altri soldati. Leurak in risposta annui rapidamente e cercò di allontanarsi dalla mensa per riprendersi. Non gli era mai piaciuto combattere, ma quello scontro se l’era davvero goduto.

Tyko e Shura, che nel frattempo era tornato un bambino tranquillo, si guardavano intorno alla ricerca di João. Erano passati poco più di dieci  minuti da quando si era allontanato, non avrebbe tardato ancora. Tyko cominciava a rendersi conto che se non fosse intervenuto quel ragazzo, si sarebbero potuti fare molto male. Lo vide allontanarsi barcollante e gli corse incontro, lasciando Shura dove si trovava.
Lo fermò tirandogli i pantaloni. Leurak si voltò e lo vide.
-Cazzo. E’ vero. Mi sono messo in mezzo per salvarli. Me ne stavo andando senza curarmi di loro. Mi faccio schifo da solo.-
Leurak si chinò con fatica all’altezza del bambino che lo abbracciò. Lo prese poi per mano e lo condusse nel punto dov’era rimasto Shura. Scompigliò i capelli del bambino che già conosceva e tentò di riportarli al tavolo dove sedevano quando tutto era iniziato e li fece sedere, prendendo posto, a sua volta, accanto a Tyko che cominciò a piangere, sconsolato.
Non capiva il motivo di quello che era accaduto. Aveva avuto una paura folle di quell’uomo, ma ancor di più aveva temuto per l’incolumità del bambino che conosceva da poche ore. Perché quel tizio ce l’aveva con lui? Shura cercò di consolarlo tenendogli prima la spalla, poi il braccio e poi la mano. Non sapeva come confortarlo. Si avvicinò al volto del biondo e cominciò parlargli con un tono di voce dolce e consolatorio.

Tyko parve calmarsi nell’udire l’altro, ma durò poco.
Dioskoros si era ripreso. Incitato dagli amici si diresse verso Leurak deciso a fargliela pagare.
«Leurak, brutto schifoso, sei morto. Recita le tue ultime preghiere.»
«Basta Dioskoros. Hai perso. Non è il caso di continuare la lotta.»
«Te la fai sotto ora che non c’è più il tuo amichetto? Sei solo un vigliacco Leurak. Sei tu quello che dovrebbe andarsene da questo posto, non io. Io sarò cavaliere d’oro.»
«Non hai ancora capito che non puoi diventare un cavaliere d’oro? Mi fai pena Dioskoros. Se vuoi un’altra lezione ti accontento.»
Leurak si alzò, fece una carezza ai bambini per tranquillizzarli e claudicante si avviò verso il nemico.
Gli faceva male un ginocchio. L’effetto antidolorifico dell’adrenalina era finito. Non sarebbe stato in grado di sostenere il combattimento.
«Eccomi Dioskoros. Continua a dimostrare a tutti la tua stupidità. Non è colpa mia se ce l’hai piccolo, ma è stupido sfogarsi sugli altri – Leurak ricominciò a provocarlo,sicuro che non sarebbe ricascato nel tranello – finalmente capisco il motivo di tanta insicurezza. Ma le dimensioni non sono importanti!»
Dioskoros cadde come una pera matura nella rete. Si lanciò all’attacco. Tyko e Shura corsero nel punto della lotta. Erano stanchi di quella storia ormai.

Leurak era sicuro che la sua vita sarebbe finita lì, in quell’istante. Tenne la posizione di guardia per pararsi il viso e chiuse gli occhi, aspettando di ricevere i colpi che lo avrebbero ucciso. Rifece mentalmente lo stesso testamento fatto solo pochi minuti prima. Non aveva la forza e tantomeno la salute per un nuovo incontro.
 
Non successe nulla. Nessun pugno gli fracassò la testa, nessun calcio gli tolse il respiro, nessuna testata gli devastò il naso.

Con lentezza aprì gli occhi e spostò le mani dal viso. Una schiena muscolosa e dritta si ergeva davanti a lui come una montagna.
«João – esclamò – grazie al cielo. Ma dove accidenti eri finito?»
João teneva un vassoio carico di cibo in una mano e con l’altra cingeva il collo di Dioskoros. Lo aveva fermato con una mano sola.
Tyko e Shura urlarono a gran voce il nome del portoghese, contenti del suo ritorno e del suo intervento. Leurak si riprese dallo spavento e si rimangiò nuovamente le sue ultime volontà. Mise le mani sulle spalle dei bambini e li ricondusse al tavolo dove erano seduti  dieci secondi prima. Una volta fatti sedere si recò a prendere il vassoio che João teneva in mano e cominciò a dividere il cibo per i bambini. Nessuno dei due pargoli accennò a voler mangiare. Fissavano la scena.
João col braccio teso davanti a se teneva inchiodato l’altro, continuando a cingerlo per il collo.
«Beh, che aspetti João? Hai paura ad uccidermi?»
«Dioskoros, stasera stessa richiederò personalmente al Gran Sacerdote la tua espulsione dal Santuario. Sarai bandito e tacciato di tradimento. Hai osato levare la mano su due creature indifese. Su due prescelti.» Il tono di João era fermo e severo. Stava emettendo una condanna.
«Prescelti?» fece eco l’altro con un filo di voce. La stretta non era forte, non voleva uccidere ma solo rendere vano ogni tentativo di attacco o ribellione.
«Sì Dioskoros, non lo avevi capito? Hai alzato la mano su due bambini che potrebbero diventare cavalieri d’oro. Renditene conto.»
«Non raccontarmi cazzate João, non ci credi neanche tu. Sono solo sue mocciosi che hanno bisogno di imparare qualche lezione e prendere qualche calcio in culo.»
«Dioskoros, - intervenne Leurak -  non per sottolinearti l’ovvio, ma l’unico che ha preso calci in culo sei stato tu. Uno ti ha quasi sfregiato con un giocattolo, l’altro ti ha prima ricoperto di morsi e poi ti ha quasi cavato un occhio. Non mi sembrano due bambini normali.»
«Fatti i cazzi tuoi nanerottolo, abbiamo un conto in sospeso» ringhiò Dioskoros, mentre soffocava le ultime sillabe in un rantolo dovuto alla stretta di João che si faceva più forte.
«Questa non la passerai liscia – tuonò il gigante – Dioskoros. Il Gran Sacerdote sta arrivando.»

João non finì la frase. Il Gran Sacerdote si dirigeva a passo svelto verso i due guerrieri.
«Dioskoros, ti dichiaro ufficialmente bandito dal Santuario. Ti verrà cancellata la memoria e verrai spedito il più lontano possibile da qui. Non so cosa mi blocchi dal condannarti a morte, ma ringrazia gli dei. – Sion si rivolse ad altri soldati – Conducetelo nelle prigioni di Capo Sounion. Resterà lì per una settimana. E poi esiliato.»
I soldati obbedirono e trascinarono via il loro compagno che si dimenava. Non riusciva a credere a quello che stava succedendo.
«Mi dispiace Sommo Sion, non avrei dovuto lasciarli da soli. Accetterò qualunque punizione vogliate darmi.» João abbassò la testa in segno di totale sottomissione.
«Va’ da loro João, saranno spaventati. Cerca di tranquillizzarli e di far mangiare loro qualcosa. Non dispiacerti, non si può prevedere la stupidità umana.» Sion si voltò e se ne andò.

Il gigante soffocò uno scatto d’ira colpendo una colonna, l’avrebbe ammazzato se non ci fossero stati i bambini. Prese posto al tavolo.  
Tyko piangeva di nuovo  e Shura tentava ancora di calmarlo. Più li guardava e più si sentiva colpevole. Incrociò lo sguardo con il bambino spagnolo.
«Lo siento Shura. Perdóname»
«No te preocupes, pero Tyko no deja de llorar y no tiene su coche»
«Tranquilo chico» disse accarezzando la testa al bambino.

«Leurak, per favore, potresti cercare la macchinina che aveva Tyko, magari si calma un po’ se la troviamo.»
«Certo João, lascia fare a me.»
«Aspetta Leurak, perché zoppichi?»
«Perché oggi ho massacrato Dioskoros. Ti sei perso il mio epico combattimento. Poi ti racconto tutto. Avresti dovuto vedere quei due. Si sono difesi meglio di me.»
Leurak si alzò dal tavolo e cominciò a guardarsi intorno. Doveva ritrovare quel giocattolo a tutti i costi.
S’inginocchiò sul pavimento continuando la ricerca quando una voce femminile, a lui ben nota, lo punzecchiò:
«Cerchi la tua autostima?»
«Eh?»
«Buongiorno, ben svegliato.»
«Tu non stai bene.»
«Perché, tu si?»
«Molto. Ho appena salvato il tuo fidanzatino da Dioskoros. Avresti dovuto vedere la lotta. Calci, pugni, sberle, testate, sputi, elefanti, insulti, giocattoli … »
«Giocattoli?» Akylina ripeté poco convinta.
«Sì, c’è stata una lotta non indifferente da queste parti. Io mi son sentito in dovere di proteggere l’amore della tua vita per rispetto nei tuoi confronti e …»
«Leurak, che è successo?»
Raccontò all’amica tutta la vicenda, non omise nessun dettaglio. Le raccontò di Galgo, che era tornato con un bambino, dello scontro e della sua vittoria. Ma soprattutto le disse della posizione di guardia assunta da Shura.
«Ti giuro Akylina, non ho mai visto una guardia così … perfetta. Era composto, calmo, freddo … sembrava che avesse calcolato anche i suoi respiri. Ho visto un guerriero, un guerriero vero, non un bambino. Credo che tu ci abbia visto giusto questo pomeriggio. Diventerà sicuramente un cavaliere.»
«Già … ma dov’è ora?»
«Ma ci vedi razza di rincoglionita? Lo vedi? Dietro João, accanto al bambolotto. Anche il bambolotto poi ha spirito combattivo da vendere. Avresti dovuto vedere con quale tecnica ha scagliato la macchinina. Avrebbe fatto di tutto per salvare il tuo fidanzato.»

Akylina non lo ascoltava più, si era diretta verso il tavolo al quale erano seduti João e i bambini.
Si lanciò ad abbracciare il bambino spagnolo che  non ricambiò il suo abbraccio come nel pomeriggio. Doveva consolare Tyko. Gli interessava solo quello.
«João – disse Akylina con tono preoccupato – stanno bene?»
«Sì, il piccolo Tyko è un po’ scosso, - rivolse una tenera carezza al bambino -  ma adesso passa»
«Tyko, è così che si chiama?»
«Sì.»
«Tyko?» – Akylina si rivolse direttamente al bambino e gli sollevò il viso con una mano. Il bambino si fece tirare su il viso e tirò su col naso. S’era spaventato da morire.
«Shhh, non piangere.» sussurrò Akylina e lo abbracciò forte.
Tyko apprezzò il gesto e lo ricambiò aggrappandosi al collo della donna. Dopo qualche minuto di coccole, la donna cercò di allontanare il bambino con dolcezza, era il caso che mangiasse e con lui Shura.
Il biondino non aveva alcuna intenzione di staccarsi e lei fu costretta a fargli un po’ di solletico, al quale il bambino si ritrasse ridendo. Nel vederlo sorridere Shura si consolò e rise anche lui. Akylina prese una sedia e si accomodò tra i due bambini, che in contemporanea le si gettarono addosso.

«Ma possibile che ogni volta che ti vedo sei abbracciata a qualcuno?» Leurak poggiò la macchinina miracolosamente illesa sul tavolo accanto a Tyko.
«Geloso, Leurak?»
«Abbastanza, va bene competere con Zorro qui, ma anche con Siegfried. Almeno un eroe alla volta se non ti dispiace. »
«Leurak, io e te siamo troppo brutti per competere con questi teneri virgulti» anche João si era calmato nel rivedere il sorriso sui volti dei suoi discepoli e cominciò a scherzare.

Akylina portò la cena per lei e Leurak che si lamentava come un bambino per i dolori.
«Ehi ragazzi, ma dobbiamo aspettare Galgo con il bambino?»
«Perché – disse João – è tornato? Strano, non ne ho avvertito il cosmo.»
«Sì, ha cercato di interrompere il combattimento tra me e il coglione, ma l’ho praticamente supplicato di farmelo picchiare. Poi si è allontanato poco prima che arrivassi tu, appena finito lo scontro.»
«Lo aspetterei, ma credo ai bambini sia tornato l’appetito. Bastava qualche coccola.»
«Voi uomini  - disse la donna – non vi preoccupate mai dei risvolti psicologico-sentimentali delle cose. Siete sempre troppo occuparti a misurarvi tra di voi.»
«Hai ragione, hai ragione.» sospirò il gigante.
«Parla per te tesoro – intervenne Leurak con la voce in falsetto – io sono donna quanto te. Solo che sono rinchiusa nell’orribile corpo di un uomo.»
Scoppiarono tutti in una fragorosa risata mentre Leurak continuava la sceneggiata cercando di far fuoriuscire l’uomo che si nascondeva dentro Akylina.
«Leurak datti un contegno, suvvia!» Galgo gli mise una mano sulla spalla e affidò il vassoio con le vivande ad Angelo.
«Ammmore mio! – urlò Leurak e saltò al collo di Galgo – Baciami ora!»
Galgo fu costretto ad un precario casquet dall’irruenza dell’amico, che mise una mano tra le loro bocche e vi stampò un caldo bacio. Subito dopo si ritrasse e fingendosi imbarazzato continuò nella scenetta.
«Galgo! Non così davanti a tutti! Cosa penserà la gente di me?»
«Che sei totalmente scemo. Ma ora basta con le pagliacciate. Ragazzi, vi presento Angelo.»
Angelo che aveva osservato tutta la scena interdetto chiedendosi in che razza di luogo fosse capitato. Non credeva neanche che potesse esistere un posto dove prima si picchiavano a sangue e poi giocavano così. Quando si rese conto che l’amico lo stava presentando, si ricordò il saluto che gli aveva insegnato Galgo poco tempo prima.
«Yàsu» disse tranquillamente. Il suo saluto venne ricambiato in coro dai presenti, eccetto che da Tyko. Lui non aveva ancora imparato a salutare in greco.
«Allora Angelo, quest’idiota è Leurak, la montagna di muscoli e lardo è João, la gentil signorina è Akylina e loro sono … ?»
«Il biondo Tyko e il moro Shura.» disse João, comprendendo cosa servisse all’amico.
«Grazie, allora, il bambino biondo è Tyko e quello moro Shura.»

«Shura,ese chico se llama Angelo. ¿Puede decir su nombre a Tyko tambien?»
«Seguro.» Shura si alzò dalla sedia, sotto gli occhi di Tyko, e si mise accanto ad Angelo. Lo toccò e disse il suo nome, in modo che l’altro potesse capire.
Tyko annuì, fece un cenno con la mano e indicandolo disse «Angelo». L'italiano in tutta risposta fece un cenno con la testa e si voltò perplesso a guardare Galgo, che a sua volta chiedeva spiegazioni con lo sguardo a João.
«Comunicano così.» fu la risposta.
«Bene. Dai Angelo, prendiamo posto e mangiamo!»
«Si, ho fame.»
Angelo e Galgo presero posto allo stesso tavolo. Galgo fece in modo che Angelo si sedesse accanto a Shura, mentre lui si sedette accanto a Leurak.

Cominciarono a mangiare tutti insieme. Gli adulti, tra un boccone e l’altro si raccontavano la giornata e commentavano il comportamento di Dioskoros. I bambini, in silenzio, mangiavano e si lanciavano qualche occhiata. Erano affamati. Angelo e Tyko non avevano più toccato cibo dal pranzo, mentre Shura aveva messo sotto i denti solamente un po’ di pane e delle pesche, dopo due giorni di digiuno.
I cuochi avevano preparato un po’ di tutto, ma quella sera prevalevano i piatti di origine greca: moussaka, gyros, spanakopita e kalamaki. Al Santuario si mangiava tanta carne, fondamentale per i guerrieri che dovevano mantenere una muscolatura forte.
Tyko sembrò apprezzare particolarmente il gyros. Non poteva comunicare il suo apprezzamento per quel piatto all’amico con le parole. Con la forchetta prese una piccola quantità di cibo e aspettò che lo spagnolo avesse la bocca vuota. Lo chiamò dandogli un colpetto sulla mano. Quando Shura si voltò, si ritrovò la forchetta del biondo in bocca. Arrossì per quel gesto. Masticò il cibo lentamente evitando di distogliere lo sguardo da Tyko che lo fissava in trepida attesa di un commento. Quando Shura si accinse a deglutire il bimbo svedese si portò l’indice destro alla guancia e cominciò a ruotarlo avanti e indietro. Shura annuì. Era buono.
Gli adulti smisero di parlare per osservare meglio i bambini.
«Certo che il biondino è proprio carino – disse Galgo – sembra finto. Ed è anche dolce. »
« Sì, è puccioso e coccoloso. – si abbracciò da solo Leurak mentre parlava con gli occhi semichiusi – Sai che sono i fidanzati di Akylina? Però il primo nel suo cuore è lo spagnolo, che ha dimostrato chiaramente di apprezzare le attenzioni femminili. Poi anche lui – indicò Tyko – ha ceduto ai corteggiamenti di Akylina. Non voleva smettere di abbracciarla.»
« Leurak, sei un’idiota. Per quanto tempo andrai avanti con questa storia?» Akylina cominciava ad essere un po’ infastidita dai commenti dell’amico.
« Dai piccina, lo sai che ti voglio benissimissimo. E poi che male c’è? Devi ancora farti cadere ai piedi il terzo. Così potrai dire di essere fidanzata con Zorro, Siegfried e Giulio Cesare. Mica è da tutti.»
«Akylina – s’intromise Galgo – fagliela qualche coccola ogni tanto. Non vedi che ti sta pregando in ginocchio di concedere qualche attenzione anche a lui? »
Leurak divenne rosso in volto e gli amici scoppiarono a ridere. Nel frattempo Shura ricambiò le attenzioni di Tyko con un boccone di moussaka. Leurak nonostante l’imbarazzo continuò a prendere in giro l’amica:
«Credo che ti stiano già mettendo le corna. Sono chiaramente innamorati. Desisti dalla tua impresa donna!»
Ricevette in tutta risposta due scappellotti, uno da Akylina e uno da Galgo. João si dispiacque di essere seduto troppo lontano.
«Scherzavo! Scherzavo! Non picchiatemi, sono fragile e bellino! E sono malconcio, un incontro al giorno basta e avanza per tutta la vita!»
Nel vedere gli adulti giocare tra loro, Tyko e Shura si misero a ridere di gusto e cominciarono a parlare tra di loro, imitando il comportamento tenuto poco prima dai grandi. Solo Angelo restava tranquillo osservando, con una certa diffidenza, il comportamento delle persone sedute vicino a lui.

Tyko e Shura, dopo aver chiacchierato abbondantemente e senza aver capito una sola parola pronunciata dall'altro, si ritrovarono a guardare Angelo che mangiava lentamente. Tyko cercò lo sguardo di Shura e quando lo trovò rimase inchiodato in quelle iridi nere. Si fissarono qualche istante e poi annuirono insieme. Entrambi prepararono un boccone del cibo che si erano scambiati.
Tyko si mise in piedi sulla sedia e si sporse in avanti in modo che la forchetta arrivasse fino al naso del bambino italiano. Shura fece meno scena allungando un braccio.
Angelo rimase bloccato come un sasso. Non si aspettava quel gesto. Si erano appena conosciuti. Fu totalmente spiazzato da quel comportamento. Si voltò a cercare lo sguardo di Galgo che aveva seguito tutta la scena. Quando si rese conto che Angelo non sapeva come comportarsi gli parlò.
« Io accetterei. E’ un gesto carino.»
« … » fu la risposta di Angelo, rimasto per la prima volta senza parole.

Accettò i due bocconi e ringraziò.
«Grazie»
«De nada » fu la risposta di Shura e un sorriso la risposta di Tyko.
«Fermi tutti. Si sono capiti. - esplose Leurak  -  Non c’è dubbio.»
«Grazie a cavolo Leurak. L’italiano e lo spagnolo hanno origine comune. E’ normale che un italiano capisca qualche parola di spagnolo e viceversa » gli spiegò Galgo.

Il gruppo finì di mangiare. João e Galgo uscirono dalla mensa con i bambini mentre Akylina e Leurak si offrirono di sbaraccare il tavolo per tutti. Molti soldati e cavalieri vestivano abiti civili, pronti a trascorrere la serata in città. Il Santuario si svuotava rapidamente.
«Galgo – parlò João – non ho sentito il tuo cosmo quando sei rientrato, come mai?»
«L’ho tenuto azzerato. Non so perché.»
«Com’è stato il viaggio?»
«Bello. Ho fatto amicizia col bambino. Non ho il cuore di portarlo nel dormitorio. Non parla greco, ho paura che si senta isolato, sapessi quante ne ha già passate. Chiederò al Gran Sacerdote che mi venga affidato.»
« Il Gran Sacerdote l’ha già affidato a me, perché non ci prendiamo cura insieme di tutti e tre?»
«Perfetto. Sarà divertente. Sembra che stiano legando in qualche modo.»
«Sembra. Ah, prima che me ne dimentichi. Abbiamo degli ospiti per questa notte.»
«Chi? E me lo dici così? E poi dove vuoi metterli questi ospiti? Stiamo stretti in due.»
«Gli ospiti li hai tutti e tre davanti. Non sono carini? Poi son piccini, dormiranno nel mio letto e io dormirò per terra accanto al tuo.»
«Davvero? Dormiranno con noi? Poveri bambini. »
«Perché poveri?»
«João … russi come un trattore ingolfato.»
«Non è vero!»
«Sì che è vero. Ma stai tranquillo, dormiranno un sonno pesante. Devono essere distrutti. Guarda lo spagnolo … sta crollando. »
«Povero bambino. E’ appena arrivato e ha già combattuto. Perché non gli facciamo fare una passeggiata? Appena digeriscono bagno e nanna. Che ne dici? »
«Dico che dici bene.»
«Ottimo »

Spiegarono ai piccoli come meglio poterono le loro intenzioni e i bambini furono contenti di stare ancora un po’ insieme. Non gli avevano detto che avrebbero dormito tutti e tre assieme. Mentre gli adulti passeggiavano misurando i passi con estrema lentezza i tre bambini davano sfogo alle loro ultime energie. Saltavano,  correvano e  inseguivano le lucciole tentando di acchiapparle. Solo Angelo riusciva a prenderle. Decise di ringraziare del cibo gli altri due, dando loro una lucciola ciascuno.

Prese due insetti e avvicinandosi a Tyko e Shura, fece intender loro di mettere le mani a coppa. Rovesciò in ogni coppa uno di quei particolari coleotteri. Erano già una squadra.
Sembrava che i due avessero ricevuto oro. Rimasero a bocca aperta. Quanto erano belli quegli insetti luminosi! Shura le conosceva già, il padre ne prendeva sempre qualcuna per lui in un barattolo, in modo che lui le potesse guardare per addormentarsi. Tyko invece non ne aveva mai viste. Gli facevano un po’ schifo, aveva paura degli insetti … piccole creature tutte deformi con sei zampe. Ma quella che Angelo gli mise in mano non lo fece rabbrividire, anzi, lo incuriosì.

« Varför denna sak lysa?»
« No entiendo lo que dices.
Te gustan las luciérnagas?»
«
Jag gillar. Angelo, gillar du? Jag vill veta varför lyser. Vet du det?»
« Sono le anime dei morti. Non uccidetele o le anime non vi lasceranno più in pace.»
«Tu idioma se asemeja a mis.»

I bambini parlavano.

«Ehi João – disse Galgo – non immagini neanche lontanamente quanto mi facciamo paura questi bambini. Sembra che si capiscano. Si parlano, si rispondono, commentano in tre lingue diverse. Mi sembra di essere finito in una commedia di Ionesco.»
«A chi lo dici. Sono un po’ inquietanti. Che ore sono?»
«Le undici. Direi che possiamo andare a gettarli in acqua e poi a infilarli a letto. Sono stanchino.»
«Anche io, non vedo l’ora di dormire e credo che i bambini la pensino come noi. Guarda lo spagnolo, non si sa quale forza gli faccia tenere gli occhi aperti. Sta crollando dal sonno.»

 I bambini continuavano imperterriti nel loro discorso senza senso. Galgo e João attirarono la loro attenzione con un fischio e fecero segno di avvicinarsi.  Tyko aprì le mani e fece volar via la sua lucciola, Shura e Angelo fecero lo stesso, poi tutti e tre, fianco fianco si diressero verso gli adulti.
«Ehi Galgo
– disse Angelo – avevi ragione. Sono simpatici. Mi dispiace non capire cosa dicono anche se alcune cose che dice Shura mi sembra di capirle.»
Galgo allungò una mano a scompigliargli i capelli, poi si chinò e lo caricò sulle spalle.

«Io ho sempre ragione ragazzino! Devi imparare ad avere fiducia in me, sono il tuo maestro.»
Angelo  si mise a ridere, si trovava a quasi due metri da terra e vedeva il suolo spostarsi. Era bella quella prospettiva ed era bello quel contatto.
«Hai visto quanto sono forte? – disse Galgo al discepolo – ti sollevo come se fossi una piuma!»
«Per forza – rispose il discepolo – sono piccolo.»
«Non diciamo fesserie. Sei piccolo ma sei pesantissimo – strizzò gli occhi in una smorfia di fatica e cominciò a camminare come se trasportasse duecento chili sulle spalle – guarda che fatica che faccio.»
Angelo era divertito dalla stupidità dell’adulto.

« Vediamo se João vi tiene tutti e tre?»
«Sì! Sì! Dai.»

 Galgo si fermò e scaricò Angelo nelle braccia dell’amico portoghese come se fosse un sacco di patate. Poi sollevò il piccolo svedese e lo mise sulla spalla dell’omone. Infine fece la stessa cosa con Shura.
João fece finta di faticare, provocando le risate dei bambini, che si fidarono del gigante, nonostante la vertiginosa altezza.
«Peccato che siamo già arrivati. – disse l’irlandese – Si stavano divertendo, ma vedrai come li lancio dentro l’acqua ora. Muhauhaua.»
«Facciamo anche noi il bagno con loro? Magari possiamo iniziare ad insegnargli qualche parola di greco.»
«Meglio iniziare domani. Sono stanchi, non si ricorderebbero nulla. Credo…»
«Forse hai ragione. Dai, entriamo.»

Entrarono in un tempio dalle dimensioni straordinarie. Non si respirava bene dentro, il vapore caldo dell’acqua rendeva l’atmosfera asfissiante. Tyko ebbe quasi un mancamento, ma venne sorretto con solerzia da Galgo, che lo prese tra le braccia e lo strinse a se, facendogli intendere di stare tranquillo. Shura e Angelo si guardavano attorno incuriositi da quel luogo. Era pieno di vasconi enormi, colmi d’acqua fumante.
«Pronto per il bagno, Angelo?» disse Galgo al discepolo ancora appollaiato sulla spalla del gigante.
«Bagno? Certo!»

Entrarono in una stanza con delle panche e armadietti di legno, nascosta da alcune colonne larghissime.
«Forza bimbi! Tutti nudi ora.»
Misero i bambini seduti e cominciarono a spogliarsi. Non era un problema farsi capire da Angelo e Shura. Tyko imitò i due bambini e gli adulti, guadagnandosi una carezza.

Una volta nudi si diressero verso una delle vasche più piccole. Raramente venivano utilizzate dai grandi, per cui non avrebbero trovato nessuno. Pensarono male. Una delle vasche era occupata.
«Leurak, ma possibile che sei sempre in mezzo ai piedi?»
«Ciao Galgo – biascicò – sto per morire. Lasciatemi qui.»
«E smettila. Cosa mai sarà.»
«Guarda qua!» Leurak si alzò in piedi mostrando in tutto il suo splendore un corpo scolpito. I fasci muscolari erano di dimensioni ridotte ma compatti. Il fisico era asciutto e nervoso. Indicò un grosso livido sugli addominali.
«Non immagini che male faccia.»
«Povero piccolo – lo prese in giro Galgo – ti sei fatto la bua!»
«Anche se mi prendi in giro fa male. Ho pensato che un bel bagno  mi avrebbe fatto bene e mi avrebbe aiutato a rilassare i muscoli, ma ora che ci siete voi mi tocca litigare. – si avvicinò al gruppo che ancora non era entrato in acqua e tese le braccia – Su, forza!»

Galgo gli passò uno ad uno i bambini che vennero immersi fino al collo e poi entrò a sua volta assieme a João.

Si sedettero lasciandosi cullare dal dolce massaggio dell’acqua calda. Che bella sensazione. Mentre João e Galgo si rilassavano, Leurak giocava con i bambini, schizzandoli e ricevendo a sua volta schiaffi d’acqua calda. Dopo qualche minuto di giochi, Leurak prese un flacone di sapone e ne mise un po’ in ogni mano ai piccoli e agli adulti, in modo che i bambini capissero che avrebbero dovuto fare tutti come lui.

Si insaponò la testa e il corpo e i bambini fecero lo stesso, sotto lo sguardo divertito degli altri due. Una volta insaponato aiutò i bambini lavando loro la schiena, poi si fermò e aspettò di avere la loro attenzione.
«Ena, dhio kai tria!» disse, contando sulle dita. Poi si tappò il naso e si  immerse totalmente in acqua per sciacquarsi.
I bambini divertiti lo imitarono, contando anche loro, ognuno nella propria lingua.

«Uno, due e tre!»
«Un, dos y tres!»
«En, två och tre!»

Una volta che si furono tolti il sapone i bambini continuarono a ridere e schizzarsi.
«Beh, voi che aspettate? Dai!» disse Leurak.
«Dai cosa?» rispose João guardando Galgo, intento ad insaponarsi i capelli.
«Contate e fate quello che abbiamo fatto noi. Nelle vostre lingue.»
«Tu mica hai contato in mongolo. – sbottò Galgo cercando di disincastrare le dita dalla folta chioma  – Perché dovrei contare in inglese?»
«Fallo e non rompere Galgo, dai.»
«Va bene, va bene.»

«Um, dois e três!»
«One, two and three!»

Aveva ragione Leurak. Dovevano farlo. I bambini si divertivano da matti.

Gli adulti uscirono dalla vasca e tirarono fuori i bambini che accettarono l’interruzione del gioco di buon grado, immaginando che presto avrebbero dormito un po'. Erano distrutti.

João aiutò Tyko ad asciugarsi, Galgo fece la stessa cosa con Angelo e Leurak con Shura. 
Si diressero verso l’abitazione che avrebbe ospitato anche i bambini per qualche tempo. Leurak li salutò all’entrata, dirigendosi verso la casa adiacente, che occupava assieme ad Akylina.
I bambini entrarono tranquilli in quella casetta: piccola, accogliente e un po’spartana. 
Vi era un piccolo soggiorno con angolo cottura, una camera da letto e un bagnetto.

Galgo e João infilarono tutti e tre i bambini nel letto del portoghese, che era un po’ più grande di quello di Galgo. Nessuno fece storie. Chiusero gli occhi immediatamente e si addormentarono con la voce del piccolo svedese che si cantava una ninna nanna. Un rituale che aveva imparato a seguire da quando era rimasto solo. L’ora di dormire era sempre la più triste. Gli altri due bambini si lasciarono trasportare nel sonno cullati dalle dolci, incomprensibili parole.

Sov gått, vackra delfin.
Sov gått, jag vita varg...

*¡Dejame!= Lasciami!
*Lämna honom!!= Lascialo andare!
*João!!! Kom!!= Joã!!! Vieni!!
*Dejalo en paz, asqueroso. Soy yo tu rival.= Lascialo in pace, schifoso. Sono io il tuo rivale.
*Lo siento Shura. Perdóname. = Mi dispiace Shura, Perdonami.
*No te preocupes, pero Tyko no deja de llorar y ya no tiene su cochecillo= Non preoccuparti, ma Tyko non smette di piangere e non ha più  la macchinina.
*Tranquilo chico= Tranquillo piccolo.
*Shura,ese chico se llama Angelo. ¿Puede decir su nombre a Tyko tambien?= Shura, questo bambini si chiama Angelo. Puoi dire il suo nome anche a Tyko?
* Varför denna sak lysa?= Perchè brilla?
* No entiendo lo que dices. Te gustan las luciérnagas?= Non ti capisco. Ti piacciono le lucciole?
*Jag gillar. Angelo, gillar du? Jag vill veta varför lyser, vet du det?= Mi piace. Angelo, ti piacciono? Voglio sapere perchè brilla,tu lo sai?
*Tu idioma se asemeja a mis.= La tua lingua si assomiglia alla mia.
*Sov gått, vackra delfin. / Sov gått, jag vita varg... = Dormi bene bellissimo delfino. / Dormi bene bianco lupo...

Con questo capitolo si conclude l'arrivo al Santuario di Tyko, Shura e Angelo ^_^
Grazie a tutti coloro che seguono la storia, in particolar modo a Saruwatari_Asuka che ha aggiunto la fic tra le seguite, a Recchan che l'ha aggiunta tra le preferite e a:
Saruwatari_Asuka. Mi son fatta perdonare per aver interrotto il capitolo precedente in modo brusco? Spero di sì ^_^ e spero anche che questo capitolo ti abbia fatto sorridere come il precedente e che ti abbia fatto tifare per i piccoli guerrieri ^_^ Che ne pensi? Un bacio.
RedStar12. Carissima, grazie per l'aiuto datomi con il francese, tra non molto potrai leggere di Milo e Camus e sarai ripagata totalmente! Bacioni!
whitesary. Ecco il primo incontro tra i tre e non solo! Che ne pensi? Sono felicissima che la storia ti piaccia, davvero, ero sicura che sarebbe passata inosservata invece mi ricredo piacevolmente ^_^  Besitos



   
 
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