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Autore: Bruschii    06/05/2017    0 recensioni
"Il sangue sulle mie mani mi spaventa a morte."
Basata su the 100.
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bellamy Blake, Clarke Griffin, Nuovo personaggio, Octavia Blake, Un po' tutti
Note: AU, OOC, Otherverse | Avvertimenti: Spoiler!
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Mount Weather.​

Sull'arca tutto era più facile. Il mio non essere nessuno di importante aveva i suoi vantaggi, come il fatto che ero costretta a nascondere la verità a metà dei pazienti che sceglievano di farsi visitare dalla sottoscritta. Quando ero sull'arca non avevo di sicuro il compito di distruggere la felicità delle persone, non avevo il compito di comunicare i problemi. Invece, sulla terra, quel compito mi era stato affidato. Il compito più difficile, quello di sbattere i guai in faccia a gente che per tutta la vita non ha fatto altro che immischiarsi in problemi più grandi di loro.
Passai una mano tra i miei capelli neri, voltandomi e dando le spalle a Mount Weather. Clarke era andata a tracciare la rotta che dovevamo percorrere sulla mappa, Finn era scomparso non so dove ed io ero rimasta ferma a pensare alla soluzione meno rischiosa per arrivare alla nostra prossima meta, ma l'unica alternativa era di portare il minimo numero di persone sufficienti per trasportare abbastanza cibo per tutti. Mi incamminai verso la navicella, alla quale Clarke si era appoggiata per studiare meglio la mappa e il percorso da intraprendere. Mi avvicinai a lei, affiancandola e guardando la cartina assieme a lei.

"Non fare la linea dritta. Per calcolare quanto tempo ci metteremo devi contare che dobbiamo percorrere due monti in salita." Clarke si voltò verso di me, sorridendomi, per poi tracciare un'altra volta il percorso leggermente scosceso. Il figlio del cancelliere si avvicinò a noi, i suoi occhi fissi su Clarke, sembrava che non mi avessero neanche vista quando iniziò a parlare.

"Il sistema di comunicazione è andato. Sono andato sù e mancano una decina di pannelli. Il calore ha fuso i pannelli." Ancora non si era accorto di me quando abbassò gli occhi verso la mappa che Clarke teneva stretta sotto i suoi palmi. 

"La nostra priorità adesso è raggiungere Mount Weather, sempre se vogliamo sopravvivere." Con il sistema di comunicazione morto, i bracciali erano l'unica cosa che ci tenevano in contatto con l'arca.

"Chi ti ha insegnato?" Si riferiva naturalmente al piccolo grafico che Clarke stava facendo su un lato della mappa per calcolare dopo quante ore saremmo tornati alla navicella con i viveri.

"Sono stata io." Presi la mappa da sotto le mani di Clarke dopo aver risposto a Wells con un tono autoritario, salendo poi sul portellone, ormai a terra, della navicella. 

"Ascoltatemi, tutti." La mia voce uscì più forte e decisa di quanto avevo immaginato e il fatto che si fossero tutti voltati verso di me mi fece provare un sentimento di realizzazione improvvisa. Non avevo mai avuto più di tre persone che mi ascoltavano allo stesso tempo prima di quel momento. Centinaia di occhi si posarono sulla mia figura leggermente rialzata rispetto alle altre. Non mi sentii in imbarazzo come avevo pensato, forse per l'adrenalina che mi scorreva nelle vene o forse perché tutte queste persone aspettavano solamente una guida da seguire e io gliela stavo offrendo.

"Non siamo su Mount Weather, il che significa che dobbiamo arrivarci prima di iniziare a morire di fame, cioè tra due giorni." Octavia si fece spazio tra la piccola folla che si era creata attorno a me, guardandomi dall'alto in basso. Il suo sguardo non mi intimoriva, contrariamente alle sue aspettative, rimasi indifferente alle sue occhiatacce.

"Pensi di comandare, qui? Te e la piccola principessa?" Il suo sguardo si spostò su Clarke, che fece due passi avanti in risposta. Non aspettò una mia risposta alla provocazione indirizzata ad entrambe.

"Pensi che ci interessi qualcosa su chi sia a comandare? Dobbiamo arrivare a Mount Weather." Il caos tornò a regnare dopo l'affermazione di Clarke. Octavia stava per ribattere quando saltai giù dalla navicella, facendo zittire tutti. Bellamy si trovava dietro Octavia e il suo sguardo, assieme a quello di Octavia, bruciava la mia pelle come se mi fossi esposta troppo alle fiamme di un fuoco. 

"Non dobbiamo arrivarci perché l'ha detto il cancelliere, ma perché più aspettiamo e più avremo fame e, a quel punto, sarà molto più difficile arrivarci tutti. Dobbiamo partire adesso se vogliamo arrivare lì entro domani mattina." Urlai per farmi sentire da tutti nonostante la mia posizione fosse cambiata. Mentre parlavo, la mappa oscillava al soffiare del vento, ma la mia mano la teneva stretta, impedendole di volare via. Clarke sorrise leggermente quando Octavia non rispose, rimanendo senza parole e capendo che avevo ragione.

"Ho un'idea migliore. Che ne dici se tu e la principessina lo trovate per noi? Perché non lasciamo fare il lavoro duro ai privilegiati, per una volta?" Mi portai una mano tra i capelli mossi, lasciando uscire un sospiro quando tutti gridarono un 'sì' alle parole di Bellamy, il quale si fece spazio vicino a sua sorella. Mi presi il ponte del naso tra le dita, chiudendo gli occhi per ritrovare la pazienza che mi caratterizzava ma che, stranamente, stavo perdendo troppo velocemente.

"Non capisci, dobbiamo andare tutti." Non necessariamente. Non avrei fatto un viaggio di una giornata con persone che non riuscivo a sopportare. Con gente che mi vedeva come una privilegiata, persone che mi giudicarono ancora prima di sapere la mia storia. Non ero assolutamente d'accordo con le parole di Wells, il figlio del cancelliere Jaha.

"Guardatelo, il cancelliere della terra." Un ragazzo dai lineamenti puliti spinse Wells a terra. Sentì subito l'osso della gamba torcersi sotto al peso del suo intero corpo, che tornò in piedi come se non fosse niente. 

"Credi che sia divertente?" Il ragazzo dalla carnagione chiara spinse ancora una volta Wells, il quale si teneva in piedi su di una gamba sola. La folla iniziò ad esultare al pensiero di un combattimento, portato ad un livello superiore dato che uno dei due 'sfidanti' era proprio il figlio del cancelliere. Feci un movimento in avanti per raggiungerli e mettere fine a quella stupida sfida tra i due, quando le mie spalle furono trattenute da due grosse mani. Guardai prima le mani posate sulle mie spalle in una presa stretta, per poi spostare lo sguardo sul ragazzo che mi teneva contro di lui. Alzai velocemente il gomito, prendendolo pienamente in faccia e facendo uscire del sangue dal suo naso già storto. Il ragazzo si portò entrambi le mani sul punto da me colpito, dandomi la possibilità di andarmene.

"Non toccarmi, ragazzino." Mi liberai dalla sua presa, voltandomi verso il centro dell'attenzione, notando con piacere che Finn aveva fermato quei due. Clarke era tenuta ferma ma, appena posai uno sguardo sul ragazzo scuro che la teneva, la presa sul suo corpo venne allentata, dandole l'opportunità di liberarsi.

"...battiti alla pari." Non avevo ascoltato cos'altro aveva detto Finn ma, a quanto pare, quello che disse bastò affinché il ragazzo di cui non conoscevo l'identità si allontanasse dall'attenzione generale. Octavia si avvicinò a Finn, mentre la folla ancora non aveva deciso a disperdersi nel bosco. Non mi interessai di quello che Octavia disse a Finn, ma mi voltai verso i cento ragazzi che ancora ci guardavano.

"Andremo io e Clarke. Andatevene adesso." Come se fosse un ordine divino, in pochi secondi rimanemmo in cinque. Mi voltai verso il resto del gruppo ristretto, il quale si stava organizzando per andare. Monty e il suo amico erano stati coinvolti, il che non mi dispiaceva. Meno tempo i bravi ragazzi stavano con quei criminali spietati e meglio era. Io mi accovacciai vicino a Wells, cercando di aiutarlo con la sua gamba. Gli chiesi di dirmi quando li avrebbe fatto male la pressione che stavo esercitando sul suo piede.

"Allora, quando partiamo?" La voce di Finn si rivolse a me, facendomi smettere di controllare la gamba di Wells. Il ragazzo di colore mi lanciò un'occhiata in cerca di spiegazioni, di una diagnosi, che io però non gli diedi.

"Subito." Mi alzai e mi voltai verso il piccolo gruppo di esplorazione che avevamo creato. Non potevo fare niente per la gamba di Wells, non senza strumentazioni mediche, che naturalmente mancavano. Credo che anche lui l'avesse capito, dato che si mise a sedere in modo più comodo, senza neanche cercare di alzarsi. Era arrivato da solo alla conclusione che doveva riposare.

"Torneremo domani con il cibo." Clarke si rivolse a Wells con un tono di riluttanza. Si avvicinò anche Bellamy per cercare di dissuadere sua sorella dall'idea pericolosa di seguirci nella nostra spedizione. Io abbassai lo sguardo, notando il polso di Finn.

"Hai cercato di togliertelo?" Afferrai il braccialetto di Finn, portandomelo sotto agli occhi e notando ancora meglio le scheggiature su di esso. Lui ritirò bruscamente il suo polso dalla mia presa, guardandomi con confusione.

"Si. E allora?"

"E allora, questo bracciale trasmette le tue funzioni vitali all'arca. Toglilo e penseranno che sei morto. Vuoi che i tuoi cari ti raggiungano qui fra due mesi? Perché non lo faranno se penseranno che stiamo morendo." L'espressione di Bellamy fece trapelare il suo alto livello di interesse mentre parlavo con Finn. Spostava ripetutamente lo sguardo dal bracciale di Finn alla mia faccia e viceversa. Era fin troppo attento a quello che stavo dicendo, il che fece salire alcuni sospetti dentro di me.

"Andiamo." Presi un piccolo zainetto e, con la mappa stretta tra le mani, mi incamminai verso la foresta, seguendo il percorso che Clarke aveva disegnato, quando Finn smise di guardarmi con lo sguardo di un cucciolo ferito. Sentii le altre cinque persone seguire i miei passi, avventurandosi dopo di me nel fitto bosco. Il terreno sotto i nostri piedi mandava una sensazione strana su per tutto il mio corpo, essendo estremamente morbido. 

"E tu chi ti credi di essere per poter dare tutti questi ordini?" Mi fermai per poi voltarmi verso il ragazzo con l'uniforme. I suoi occhi scuri erano fissi su di me, aspettando una risposta. I miei occhi celesti, invece, si ridussero a due fessure mentre ricambiavo lo sguardo intenso. Nessuno dei due aveva intenzione di perdere quella piccola sfida che gli eravamo lanciati, perciò nessuno dei due voleva distogliere lo sguardo. Dopo pochi secondi vinsi, dato che i suoi occhi si posarono per un attimo sul terriccio sotto ai suoi scarponi, per poi tornare a focalizzarsi sul mio sguardo.

"Se mai me lo chiederanno, io sono la persona che vi ha salvato il culo." Tornai sui miei passi, addentrandomi tra la distesa infinita di alberi, dopo aver lasciato Bellamy Blake senza parole per la prima volta.
Camminammo in silenzio per almeno un ora dentro il bosco, con il fruscio dell'acqua di un fiume sempre più intenso ad ogni nuovo passo, quando la voce di Finn si fece spazio tra la calma che ci circondava.

"Mi domando cosa abbiate fatto voi due per finire al fresco." Mi voltai per vedere Finn intento a parlare con Monty e il suo amico, Jasper. Continuai a camminare facendo finta di niente, ascoltando però le loro parole. Non volevo farmi gli affari degli altri, ma era la prima conversazione che riuscimmo a tirare fuori in un ora e più di tempo passato assieme, quindi mi accontentai di quello che ottenni.

"Ci sono tante erbe nel giardino, non so se mi spiego." Oh, ti spieghi benissimo Monty. 

"Qualcuno ha dimenticato di restituire ciò che ha preso. E tu, Athena? Perché ti hanno sbattuta dentro?" Scansai un albero per poi guardare verso Jasper, che aveva raggiunto il mio fianco. Il suo sguardo amichevole mi fece quasi provare compassione per lui. Dai suoi occhi trapelava la paura di essere così esposto, di essere in pericolo ogni secondo, mentre io avevo scelto di essere dove lui aveva il terrore di camminare.

"Non l'hanno fatto. Potrebbe sembrare strano, ma sono qui di mia spontanea volontà." La mia bocca si allargò, mostrando un piccolo sorriso a Jasper, mentre Octavia alzava un sopracciglio nella mia direzione. Ma, anche se non avevo commesso nessun crimine, non mi credevo superiore a loro. Ognuno nella sua vita ha degli alti e bassi, esistono solamente persone che non sanno come comportarsi quando arrivano le situazioni più tragiche.

"Athena è l'assistente di mia madre." Lo ero sull'arca, si. Ma in quel momento ci trovavamo sulla terra, dove non importava il grado a cui appartenevi, l'uniche cose importanti erano le probabilità di sopravvivere a tutto ciò a cui andammo incontro.

"Quindi la regina sa fare anche qualcos'altro oltre che dare ordini." Rimasi abbastanza male all'udire delle sue parole piene di odio. Regina? Avevo solamente avvertito tutti della situazione che stavamo vivendo, non volevo prendermi la responsabilità di un fardello così pesante come quello del comando. Quando finalmente trovai le parole per rispondere alla provocazione di Octavia, lei mi sorpassò, correndo verso la direzione dalla quale arrivava il rumore dell'acqua, ormai troppo vicino per ignorarlo.

"Adoro la terra." Il commento di Jasper in merito alla visione di Octavia mentre si levava i pantaloni non fu dei migliori, ma è stato comunque migliore dei quello che trapelava dai suoi occhi. Si voltò verso di noi prima di tuffarsi in acqua. In pochi secondi, tutti e cinque eravamo sul bordo di quella specie di scogliera che ci divideva dall'acqua del fiume.

"Octavia, non sappiamo nuotare." Monty aveva ragione, di sicuro a bordo dell'arca non c'erano piscine dentro alle quali fare corsi avanzati di nuoto, quindi nessuno ci aveva mai insegnato a nuotare. Octavia era completamente immersa nell'acqua, lasciando fuori solamente i suoi occhi azzurri, puntati su di noi.

"Giusto, ma posso stare in piedi." Una risata uscì da ognuna delle nostre bocche. Octavia ci fece segno con la mano di seguirla in acqua. La sua maglietta bagnata lasciava poco all'immaginazione, ma non ci facevo nemmeno caso. Presi la cartina mentre gli altri si stavano già spogliando per entrare nel fiume.

"Aspettate. Non ci dovrebbe essere un fiume qui." Il mio tono preoccupato non intimidì nessuno, anzi, l'unico che mi sentì probabilmente è stato Finn, cioè l'unico che mi ha risposto.

"Beh, c'è. Quindi togliti i vestiti."

Era sera. Ci eravamo accampati vicino al fiume che avevamo trovato poche ore prima. Avremmo proseguito il nostro cammino, se solo Octavia non fosse stata ferita da un gigantesco animale acquatico. Non avevo mai letto di un animale del genere, un serpente marino lungo tre metri con delle zanne affilate, e tutti deducemmo che l'animale che aveva attaccato era solamente frutto di cento anni di radiazioni. Non ci sono state ferite gravi, ma Octavia era stata morsa, perciò la mattina seguente lei sarebbe forse tornata all'accampamento, ma ancora non avevamo deciso niente. Mi trovavo distesa a terra accanto ad un albero, posta tra Monty e Jasper, il quale stava già russando. Fu Jasper a salvare Octavia quel giorno. Io le fasciai la gamba e cercai di disinfettarla il più possibile, ma non avevo fatto niente in confronto a Jasper, il quale si era buttato in acqua rischiando la sua stessa vita per salvare quella della ragazza dai capelli neri. Io e Monty stavamo guardando le stelle in silenzio, ognuno perso nei propri pensieri. Ed io, in quel momento, non potevo far altro che ripensare alle parole di Octavia, le quali non erano state sicuramente scelte a caso. Il fatto che considerassero me, Clarke e Wells dei 'privilegiati' non aveva molto senso, dato che eravamo stati lanciati sulla terra a morire proprio come tutti gli altri. Non importava proprio di chi fossimo i figli o delle scelte che avevamo fatto per arrivare dove eravamo in quel momento, eravamo lì e basta, tutti insieme e tutti con uno scopo comune; sopravvivere.
Le stelle sopra di noi erano così belle osservate da quel punto di vista, dalla terra. Per quanto fosse pericolosa, e lo era, dovevamo tutti ammettere che era comunque lo spettacolo più bello che avevamo mai visto in vita nostra. Lo spazio in quel momento sembrava così distante, l'arca sembrava lontana mille e mille miglia, come se fosse qualcosa di irraggiungibile, quando, in realtà, ognuna delle nostre vite era stata vissuta lì dentro. Iniziai a canticchiare una vecchia ninna nanna che mia madre era solita cantarmi anni prima, facendo voltare Monty verso di me. Sentì il suo sguardo sulla mia pelle pallida, ma continuai a canticchiare come se non fosse niente. Pensando in quel momento alle parole di quella canzoncina, mi accorsi che non era proprio adatta a dei bambini, dato che il testo era basato su un albero da impiccagione. Monty iniziò a canticchiare assieme a me, continuando comunque a tenere lo sguardo fisso sopra l'infinito cielo scuro sopra di noi. Quella ninna nanna non era sicuramente la migliore al mondo, ma era l'unica di cui ero a conoscenza, ed era anche abbastanza sinistra. Jasper si svegliò al suono delle nostre voci rauche contro il gelo della notte terrestre. Mentre cantavamo, delle nuvolette di aria condensata uscivano dalle nostre bocche proprio per dimostrare quanto fosse bassa la temperatura esterna. Quando finimmo di cantare la canzoncina, la solita sensazione di angoscia era già presente tra i miei sentimenti. Non mi ero accorta che Jasper aveva un orologio al polso fino a quel momento, perciò gli chiesi cortesemente di informarmi sull' orario. Mi alzai dal suolo quando mi venne comunicato che le luci del giorno erano vicine, iniziando a pensare ad una soluzione che ci permettesse di superare il fiume senza rischiare la vita di qualcuno. Camminare fino ad arrivare al fiume, dove mi guardai attentamente attorno, studiando la vegetazione.

"Non capisco perché sei venuta con noi." Clarke mi si affiancò, il suo sguardo fisso sul sole che si stava levando sopra Mount Weather, mentre io ancora stavo pensando ad una soluzione ai nostri problemi. 

"Per lo stesso motivo per cui Bellamy è venuto con noi. Devo proteggerti." Il riferimento al ragazzo mi fece tornare in mente il fatto che il campo era stato lasciato in mano ad uno scellerato assetato di potere. Dovevo tornare indietro il prima possibile, dato che Bellamy non si sarebbe fatto problemi a lasciare in modo che i ragazzi si uccidessero tra di loro. Mentre stavo per comunicarlo a Clarke, però, si avvicinò il resto del gruppo di ricerca. Finn aveva appena tirato una liana da un'albero, facendola scendere fino a toccare terra. Mentre Clarke e Finn portavano avanti una discussione inutile su chi dei due sarebbe dovuto arrivare prima dall'altro lato, io, con l'aiuto di Jasper, mi assicuravo che la liana trovata da Finn fosse abbastanza resistente.

"Lo faccio io. Ce la posso fare." Annuii sorridendo nella direzione di Jasper, lasciando la pianta e appoggiandomi ad un albero lì vicino. Jasper strinse la liana fra le mani, la tensione visibile nei suoi movimenti insicuri. 

"È normale avere paura. Il segreto è assecondarla." Si lanciò subito dopo aver ascoltato le mie parole, urlando a squarciagola finché non toccò terra dall'altra parte del fiume. Finn corse a prendere la liana prima che potessimo perderla, mentre noi corremmo verso la riva del fiume. Jasper si guardò attorno, le nostre esultanze di sottofondo, raccogliendo qualcosa da terra.

"Ce l'abbiamo fatta." Alzò il cartello di metallo sopra alla sua testa, mostrandoci delle lettere incomprensibili, scritte con una vernice sbiadita dal tempo. "Mount Weather."

"Jasper!" Stavo per esultare ancora, come tutti, quando una lancia venne scagliata verso di lui dal bosco dietro di noi, conficcandogli il petto. Urlai il suo nome invano, dato che ormai non poteva più rispondermi. Sentii una mano tirarmi per la spalla e seguii Clarke dietro a delle rocce, assieme agli altri.

"Non siamo soli."

  
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