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Autore: Anukis    07/05/2017    1 recensioni
Nessuno vorrebbe mai svegliarsi con un Hollow a torreggiare sopra di sé, per giunta dopo essere appena morto. Nel caso di Aomura Okumi, a complicare le cose ci sono uno strano kimono nero e una spada dal carattere volubile. Seguendo gli insegnamenti di un pigro Shinigami senza peli sulla lingua, la ragazza dovrà imparare a destreggiarsi in una situazione che diventa sempre più pericolosa e misteriosa...
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[*Nota: la dicitura Nuovo personaggio si riferisce a tutti gli OC presenti nella storia, ovvero l'intero cast*]
Genere: Azione, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Give me back boredom


















 
  Jukunemu Daisuke apprezzava molto i momenti morti che il lavoro di Shinigami assicurava. Non c’era niente di meglio che stendersi sulla cima dei tetti, nell’ozio totale, con la sola compagnia della sua Zanpakuto. Si ripeteva spesso che offrirsi in missione per andare nel mondo terreno era stata una delle migliori idee che avesse mai avuto, senza fastidiosi novellini attaccabrighe e capitani pronti a gridarti contro al primo capello fuori posto.
  Ma questo no, dannazione!
  Non tre interi giorni senza Hollow, senza uno straccio di anima da spedire alla Soul Society. Incredibile. Se c’era una certezza nel mestiere degli dei della morte, era che l’occupazione non mancava mai; questo aveva sempre pensato.
  Qualche viscido Hollow mi salvi, vi prego!
  Il desiderio, espresso per l’ennesima volta, era destinato ad essere esaudito con una fastidiosa musichetta proveniente dalla tasca dello shihakusho.
  Si fottano anche le suonerie preimpostate!
  Poi lo Shinigami si rese conto come quella fosse invece la sua salvezza. Controllò al volo il messaggio proveniente dall’Altra Parte, e subito si smosse dal tetto dov’era incollato da mezza giornata per dirigersi al luogo indicato. Saltava dalla cima di un’abitazione all’altra con agilità sorprendente per il suo fisico non proprio atletico.
  Man mano che si avvicinava alla meta, Daisuke iniziò a percepire la forza spirituale dell’Hollow. Un pesce piccolo, ordinaria amministrazione.
  Dopo poco avvertì anche qualcos’altro. Il reiatsu di uno Shinigami, non c’era dubbio, e nella sua zona d’influenza della città. A denti stretti, si augurò caldamente che non si trattasse di Zamuku Atsushi. Fare movimento andava bene, ma non aveva voglia di compiere un omicidio, oltre che una purificazione, nello stesso giorno. Ad ogni modo, scartò l’ipotesi quando fu ormai a pochissima distanza: si trattava di un collega sconosciuto e, a giudicare dall’aura emanata, era anche una vera e propria schiappa.
  La scena che si presentò agli occhi del dio della morte superato l’ultimo tetto era tragica, ma allo stesso tempo lo lasciò molto perplesso. Una giovane Shinigami era a terra, seduta in posa rigidissima, con la Zanpakuto tremante stesa davanti a sé. Quel ridicolo modo di tenere l’arma fece dubitare a Daisuke che la tipa avesse compreso il senso dell’avere una spada. Ovviamente, davanti a lei c’era l’Hollow, ma ciò che calamitò l’attenzione del nuovo arrivato fu il corpo di una ragazza, sanguinante e stesa immobile sull’asfalto.
  Era arrivato tardi. Due minuti troppo tardi. Ecco una cosa che aveva il potere di farlo incazzare in un tempo inferiore al secondo netto.
  La sua mano scivolò all’impugnatura della Zanpakuto.
  Si balla, piccola mia. Fallo a pezzi.
  Sfoderò nel momento stesso in cui balzò dall’alto, silenzioso e determinato, atterrando sulla schiena del mostro. Un colpo, deciso e veloce, recise quasi a metà il corpo dell’Hollow. Quando questo si dibatté convulsamente, emettendo uno strillo acuto, lo Shinigami aveva già compiuto una piroetta in aria, atterrando di fronte alla sprovveduta collega.
  La tizia in questione aveva gli occhi fuori dalle orbite per l’incredulità, ma Daisuke non badò affatto a lei. Stava pensando che non valeva la pena evocare lo shikai per abbattere un verme come quello che fronteggiava.
  L’Hollow ebbe un fremito, e la ferita sulla sua schiena sprizzò un liquido verdastro mentre la carne simile ad una corazza si rigenerava, chiudendo lo squarcio.
  Daisuke sogghignò. Rigenerazione, un classico. Era tempo di far vedere a quella spaurita novellina come prendersi cura dei clienti abituali.
  Lo Shinigami si gettò all’attacco a testa bassa. Il nemico sollevò una mano artigliata, sferrando una zampata che il suo avversario evitò facilmente chinandosi. Ormai penetrato nella guardia dell’Hollow, Daisuke spiccò un balzo che lo portò a guardare il mostro dritto nelle orbite vuote e scure della maschera. Un fendente della sua fedele Zanpakuto, e la testa dell’essere si librò in aria. Prima che questa ricadesse a terra, e prima ancora che l’enorme corpo si accasciasse al suolo, tutto ciò che l’Hollow era stato si ridusse in cenere.
  Daisuke si poggiò la spada in spalla con un ghigno soddisfatto.
  - Va’ e vivi felice, brutto bastardo. E porta i miei saluti al capitano Soi Fon. -
  Poi si voltò verso la terrorizzata Shinigami, che aveva abbassato la propria arma, ma la stringeva ancora con tanta forza da sbiancare le dita.
  - Beh, hai visto come si usa una Zanpakuto, novellina? -
  Quella aprì e chiuse la bocca senza emettere suono. Daisuke decise di prenderlo per un sì.
  Il viso dello Shinigami si fece serio spostando lo sguardo sul corpo della ragazza, giacente a faccia in giù appena una decina di metri più in là. Rinfoderando la spada, si avvicinò, sforzandosi di sperare che ci fosse qualcosa da fare per lei. Merda, sembrava il set di un film splatter. Allungò una mano per afferrarle una spalla e girarla.
  Solo allora l’altra Shinigami si riprese dal torpore. - Ehi, che fai? Non ti...! -
  Daisuke fissò il volto dell’umana. Seppure insanguinato e sfigurato dalla morte, gli parve piuttosto familiare. Giovane, abbastanza carina, con lunghi capelli neri...
  - Eeeeeh? Ma che cavolo...? -
  Si voltò di scatto verso la tizia, che appariva indecisa fra restare ferma dov’era o saltargli addosso e spingerlo via da quel cadavere.
  Identiche, non si poteva sbagliare. Ma quello steso a terra non era un gigai.
  D’un tratto, Daisuke avvertì di nuovo l’istinto di sfoderare la spada. C’erano un paio di cose che non quadravano. Perché una totale inetta come quella si trovava sulla Terra, tanto per cominciare?
  Il dio della morte si scansò dal corpo della ragazza come se all’improvviso scottasse.
  La sconosciuta si protese verso i resti senza vita con un’ansia indescrivibile sul viso. Era sbiancata e, dalla smorfia sulla sua faccia, doveva essere sul punto di vomitare. La mano allungata verso il cadavere tremava e si ritraeva e si tendeva di nuovo.
  - S…sono morta...? - disse infine, con un filo di voce.
  Bella scoperta, se sei una Shinigami…
  Però Daisuke non espresse questo pensiero. La questione sembrava un po’ più complicata, e pareva che nessuno dei due presenti l’avesse capita appieno.
  - Ehi, senti, devi spiegarmi cos’è successo prima che arrivassi. - si approcciò, nel tono più diplomatico possibile.
  L’attenzione dell’altra si rivolse solo in quel momento su di lui e, nella diffidenza che lasciò trasparire, recuperò un minimo di contegno.
  - Chi diavolo sei tu? -
  - Uh-hu, bel modo di rivolgerti a chi ti ha appena salvato la vita. Comunque, - il dio della morte raddrizzò la postura - io sarei Jukunemu Daisuke, Shinigami, al tuo servizio. -
  - ...Shinigami? -
 
 
 
  Il racconto che fece la giovane Shinigami, seduti su un tetto nelle vicinanze, ebbe l’effetto di calmare lei quanto di agitare Daisuke.
  - Mi prendi in giro? - sbottò al termine.
  Da quello che Daisuke aveva capito dalla narrazione, quella tipa era entrata nel proprio mondo interiore e aveva incontrato una sua amica, o quel che era, e poi... poi non ne aveva idea. Per ciò che sapeva lui, per diventare Shinigami erano necessari due requisiti: essere morti ed avere una grande forza spirituale. Sulla prima non era molto convinto, dato che a quanto pareva la ragazza si era ritrovata con poteri di dea della morte appena dopo essersi risvegliata come anima. Secondo, aveva uno dei reiatsu più bassi che lui avesse mai sentito. Assurdo, davvero.
  - Hai chiesto tu di raccontare ciò che è successo, e l’ho fatto. Ora voglio io delle spiegazioni. Cos’era quel coso laggiù? Tu che cosa sei? -
  - Io volevo la verità, non una favola! Che cavolo, uno non diventa Shinigami così dal nulla! -
  - Non l’ho mica deciso io, e nemmeno lo so come ho fatto... a diventare una Shinigami, qualsiasi cosa sia. -
  - E va bene, apri bene le orecchie... -
  Daisuke cercò di sintetizzare al massimo l’intera spiegazione sugli dei della morte, il mondo degli spiriti e gli Hollow. Non serviva un rapporto completo, bastava solo che lei capisse la situazione nella quale era invischiata. Nonostante la ragazza spalancasse sempre più gli occhi ad ogni parola, non ebbe problemi ad interromperlo molte volte per tempestarlo di domande.
  Comunque, una volta che Daisuke pose fine al suo discorso, la tizia dava l’impressione di avere le idee alquanto chiare.
  La stessa cosa non si poteva dire dello Shinigami. Si era chiesto se magari l’altra stesse mentendo, ma in quel caso, avrebbe potuto trovare migliaia di storielle molto più credibili di quella che gli aveva propinato.
  A mente fredda, l’unica cosa da fare era trascinarla nel mondo degli spiriti e smollarla davanti al consiglio del Gotei 13. Non spettava a lui prendere decisioni, lo sapeva.
  Cosa poi le sarebbe successo alla Soul Society, era facile immaginarlo. Non erano più così intransigenti riguardo agli Shinigami anomali, a causa di precedenti di un certo peso, ma lasciare in giro una debole ragazzina con poteri che evidentemente neanche desiderava, sarebbe stato impensabile. Un colpo alla saketsu, un altro all’hakusui, ed era fatta, sarebbe stata un’anima come tutte le altre. Dopotutto quella tipa era morta, poco da fare, il suo destino sarebbe stato comunque nel regno dei trapassati.
  In tutto questo c’era solo un piccolo problema, però.
  La sua Zanpakuto verrà distrutta.
  Daisuke sentì la propria compagna nel fodero fremere, letteralmente.
  Dannazione. Perché dovevano essere così sensibili all’argomento?
  Ora c’era da stabilire se uno scrupolo del genere potesse davvero fermarlo dal fare il proprio dovere. E poteva? Sì, purtroppo. Mille volte sì.
  Ma così non andava. Il suo lato sentimentale si era bello che impuntato, va bene, tuttavia ora restava da convincere il buonsenso, impresa molto meno facile.
  Beh, c’era da dire che nel peggiore dei casi forse la storia della ragazza avrebbe attirato l’attenzione delle persone sbagliate, facendola finire alla mercé del Dipartimento di Ricerca. Un pensiero non molto piacevole, benché lui non avrebbe avuto alcuna colpa, nell’ipotesi. Ma almeno aveva la parvenza di una motivazione decente.
  Sebbene un vero e proprio motivo razionale per opporsi al fatto di toglierle i poteri da Shinigami, continuava a non sussistere. Perciò, magari al contrario ci poteva essere qualche beneficio nel lasciarla allo stato attuale?
  Solo uno, guarda caso nemmeno troppo convincente. Eppure ora poteva spingere a mille solamente su quello.
  Daisuke era sul punto di fare la più grande cazzata della propria vita.
  - Beh, non c’è altra maniera, mi pare! - proruppe alla fine.
  - Di che parli? -
  - Mi sa che ti dovrò insegnare il mestiere di Shinigami. -
  La tizia emise un verso di scherno e lo squadrò come se fosse impazzito. - Che cosa? A me non me ne importa niente di fare la Shinigami, non voglio saperne nulla di mosti, spade e qualsiasi altra cosa. -
  - Invece ti conviene accettare, stupida, perché è la tua unica chance di restare viva. -
  A Daisuke parve quasi di vedere le orecchie della tipa rizzarsi di colpo. - Nel senso che se diventassi una Shinigami, tornerei in vita? -
  - Cosa? No, non si può mica fare una cosa del genere! -
  - Ma è quello che hai detto tu! -
  Daisuke si grattò la testa, in difficoltà. - Diciamo che... come semplice anima non avresti modo di rimanere nel mondo terreno. Se però utilizzassi i tuoi poteri per fare la Shinigami, allora magari dimostreresti di essere utile alla Soul Society e potrebbero decidere di tenerti come sostituta dea della morte. A quel punto, potresti restare qua e assolvere giusto qualche missione ogni tanto. -
  - E andrà davvero come dici tu? -
  La ragazza doveva essersi accorta che quel piano era stato inventato su due piedi.
  - Ehi, mi pare comunque meglio di niente. - replicò sfuggente lui.
  La caduta nel mutismo da parte dell’altra fece tirare a Daisuke un sospiro di sollievo.
  Sono troppo buono, eh, piccola?
  Lo Shinigami dette distrattamente una piccola pacca sul fodero della sua Zanpakuto.
  - Va bene, allora. Farò la dea della morte. -
  Daisuke fissò negli occhi colei che aveva dinanzi e, dall’espressione di malcelato scontento che vide, realizzò che la vera difficoltà nell’impegno di allenarla non sarebbe stata insegnarle come reggere una spada.
  - Perfetto... uhm, come hai detto che ti chiami? -
 
 
 
  Tutto sommato, si poteva dire che Okumi non fosse rimasta troppo sconvolta, nell’istante in cui Jukunemu raccontava, dal sapere dell’esistenza di Shinigami e Soul Society varie. Un mondo invisibile all’occhio umano. Bene, poteva ancora accettarlo, sarebbe bastato che niente di tutto ciò interferisse mai con la sua vita. Cosa che purtroppo era appena successa.
  Di sicuro non avrebbe mai detto che il tizio che era comparso frapponendosi fra lei ed il mostro avesse il physique du rôle da dio della morte: più basso di lei di un paio di centimetri, in carne, con corti capelli castani, viso spruzzato di lentiggini ed un’aria perennemente imbronciata. Il suo combattimento contro l’essere, l’Hollow, aveva avuto un risultato del tutto imprevedibile dal punto di vista della ragazza. Anche se l’esito non l’aveva salvata, non nel vero senso della parola.
  Già, perché c’era quel piccolo dettaglio consistente nell’essere appena stata uccisa. Lo aveva saputo dal momento in cui aveva riaperto gli occhi su di un cadavere uguale a lei, coperto di sangue. Era stata quasi una fortuna venire distratta dall’Hollow.
  Eppure, poteva farsi forza anche per quello. Di sicuro, lei non si sentiva morta, il che la rincuorava molto. Una semplice illusione, forse, ma sufficiente a darle la forza per reagire con la dovuta lucidità.
  Tutto ciò che contava ora era riappropriarsi della sua vita e, se per riuscirci avrebbe dovuto fare la dea della morte, allora avrebbe fatto la dea della morte. Tutto ciò che poteva, per non lasciare la sua famiglia, per non abbandonare Kei alla compagnia di nuovo alberello da accudire ed Etsuko all’ultimo banco, sola, che scrutava silenziosa fuori dalla finestra.
  Okumi odiava non avere il quadro completo, e dover essere vincolata alle supposizioni - perché questo erano, supposizioni -, di un perfetto sconosciuto non le piaceva per niente. Tanto più se il perfetto sconosciuto in questione stava evidentemente infrangendo delle regole per aiutarla. La ragazza se n’era resa conto, come nonostante l’apparente leggerezza con la quale Jukunemu le aveva fatto la sua proposta e l’aver sottolineato che in ogni caso la Soul Society sarebbe un giorno venuta a conoscenza di tutto, l’intera faccenda aveva l’aria di qualcosa che gli avrebbe fatto passare un bel po’ di guai.
  E lei si sarebbe guardata bene dal chiedergli conferma di queste impressioni. Okumi non era granché brava a capire le persone. Ma sapeva che, a meno di un evidente e comprensibile motivo per le loro azioni, allora probabilmente esse si stavano appellando a ragioni più confuse e indefinite, che avevano poco di logico. Motivazioni del genere potevano apparire valide nella mente di chi l’aveva formulate, ma perdevano di consistenza una volta espresse a parole. In questi casi, cercare chiarimenti avrebbe potuto mettere l’altro in una posizione di imbarazzo tale da farlo rinsavire, e anche portarlo a ritornare sulla proprie decisioni.
  Così, per il momento Okumi aveva deciso di fidarsi della stima che Jukunemu aveva fatto del suo caso. La soluzione trovata non le piaceva affatto, specie perché a quanto sembrava comprendeva il lottare contro i mostri dalle maschere di teschio. Non rinunciava a trovare un modo per trarsi d’impaccio, ma ora aveva bisogno di fermarsi e riflettere attentamente sulla propria situazione. Avrebbe considerato l’impegno di essere una Shinigami un modo temporaneo di ingannare la morte, in attesa di escogitare qualcosa di definitivo.
  Compì queste riflessioni mentre camminava al seguito di Jukunemu per le strade di Tokyo. Si sarebbe sentita ridicola a girare in città vestita di un antiquato kimono nero e per giunta con una spada al fianco, se il suo accompagnatore non le avesse assicurato che nessuno poteva vederli, il che era la verità.
  I due si appiattirono contro un muro per lasciar passare una carovana di turisti. Quando il nugolo di gente fu passato oltre, Okumi vide sul marciapiede opposto un uomo con delle buste della spesa in mano, fermo a fissare nella loro direzione. La ragazza si bloccò, chiedendosi se fosse stato qualcos’altro ad attirare lo sguardo dell’estraneo.
  - Ehi tu, ci sei? - la richiamò Jukunemu.
  Okumi indicò l’uomo dall’altra parte della strada, giusto in tempo per vederlo distogliere gli occhi e riprendere a camminare.
  - Quello ci stava fissando. -
  - Ti ho già detto che siamo invisibili per le persone comuni. -
  Okumi non lo contraddisse. Di solito non l’avrebbe data vinta, ma le parve tutto sommato inopportuno mettersi a discutere in una circostanza simile.
 
 
 
  I due Shinigami si trovarono infine di fronte ad un vecchio capannone industriale di cemento, dal tetto di lamiera ondulata, circondato da una palizzata di assi legno su cui erano stati affissi dei cartelli di divieto d’ingresso.
  - Benvenuta al quartier generale, novellina. -
  - Non chiamarmi in quel modo. - si affettò a fulminarlo l’altra - Comunque, sarebbe questo? -
  - Te lo concedo, non è una reggia, ma di solito si cerca di scegliere un posto abbastanza isolato e anonimo per piazzarci l’attrezzatura. Intorno c’è una barriera per impedire a chiunque di entrare. -
  Passarono in una fessura fra le tavole della recinzione. Una volta fatta da parte la cigolante porta scorrevole della costruzione, si ritrovarono immersi nella penombra del deposito.
  Oltre a travi d’acciaio appoggiate al muro e pile di scatole di legno coperte da drappi di tela cerata, il posto non pareva contenere oggetti troppo strani o fuori dall’ordinario. Nel mezzo dell’ambiente, un paio di impolverati divani erano messi uno di fronte all’altro, con un tavolino al centro, come a voler simulare un salotto. Sulla parete di sinistra era stato installato un’enorme schermo di quattro metri per quattro, circondato da ammassi di cavi che all’improvviso si interrompevano senza finire da nessuna parte.
  - Vediamo, dovrei averlo messo qui, da qualche parte... - borbottò Jukunemu, cominciando a frugare fra la roba ammassata da tutte le parti.
  Okumi si avvicinò ad uno dei divani, facendo per sedersi. Quando però vide una mano sbucare da sotto il sofà, si ritrasse con un piccolo grido di sorpresa.
  - Eh? Che c’è? -
  - C-C’è qualcuno sotto il divano! -
  - Qualcuno? -
  Jukunemu abbassò lo sguardo e si illuminò. Lasciò cadere lo scatolone che stava spostando e afferrò la mano che faceva capolino. Trascinò fuori quello che sembrava un manichino, ma incredibilmente snodato e privo di cuciture.
  - Stavo proprio cercando questo. -
  - E che cosa sarebbe? -
  - Un gigai, un corpo finto, che talvolta noi Shinigami usiamo per confonderci con gli umani. Potrai usarlo per continuare la tua vita in modo più o meno normale. -
  - Non mi pare che mi somigli così tanto da poterlo fare. -
  - Scema, naturalmente prende le sembianze dell’anima che ci entra! -
  - Potevi anche dirlo prima! -
  - Beh, mi pareva ovvio! -
  - Esattamente, cosa in tutta questa storia è ovvio? -
  - Piantala di lamentarti e vedi di provarlo! -
  Detto ciò, Jukunemu poggiò il gigai sul divano e chiarì ad Okumi che le sarebbe bastato toccarlo per far avvenire il trasferimento dell’anima all’interno.
  La ragazza allungò una mano a sfiorare la spalla del corpo finto. Per un secondo, rabbrividì nel sentire la superficie talmente simile alla pelle umana.
  Non ci fu alcuna sensazione sgradevole: semplicemente per un istante vide nero e poi d’un tratto si sentì distesa su una superficie cedevole e ruvida.
  - Vedi, è come ti avevo detto. - sentì la voce di Jukunemu canzonarla.
  Okumi si mise a sedere con cautela. C’era qualcosa di strano. Abbassò lo sguardo sul proprio corpo.
  - Waaaaaaarghhh! -
  - Si può sapere che c’è adesso? -
  - Voltati, razza di depravato, voltati! -
  - Cretina, era scontato  che i vestiti non... -
  - Voltatiiiii! -








































 
  Angolo Autrice
 
  Puff, che fatica, ‘sto capitolo! Io odio scrivere i momenti delle spiegazioni, per quanto siano indispensabili. Infatti, se avete notato, ho evitato in modo accurato le parti in cui si raccontano le proprie vicende reciprocamente, sia per non tediare voi, sia per impedirmi di perdere la presa sulla scrittura. Perché questo capitolo era di fatto l’unico vero scoglio nella storia, il punto in cui, se questa fanfiction fosse rimasta sul mio computer, avrei di certo mollato. Dunque vi ringrazio: anche se non lo sapevate, mi avete dato la forza per completare questo snervante passaggio. Non me la merito una recensioncina? Eh? Eh? ;)
  Btw, ho introdotto il mio personaggio preferito in assoluto della storia: Daisuke. Spero che nessuno si sia scandalizzato per i suoi pensieri “senza filtri”. Oh, lui nella mia testa pensa così u.u  Spero avrete notato che sta nascondendo più di una cosetta su di sé... adoro i personaggi che fanno i misteriosi. Poi, immagino che tutti voi vi aspettaste un figone con inclusa love story con Okumi, ma mi spiace, non voglio essere così prevedibile.
  Ultima ma non ultima, proprio la nostra Okumi ho dimostrato di saper affrontare e razionalizzare una situazione di sicuro non facile, dal momento che per ora non si vede molto coinvolta... Povera anima candida... Coffcoff l’autrice sa cosa succede dopo.
  Ok, vedo di levarmi dai piedi e lasciarvi all’Angolo del Titekubismo.
  Salutoni,
 
  Anukis
 
  P.S. Ho trovato una theme music per Etsuko: per la cronaca, si tratta di “To France” di Mike Oldfield. L’ho già aggiunta anche all’Angolo del Titekubismo del capitolo scorso.



 
ANGOLO DEL TITEKUBISMO


          Jukunemu Daisuke (ジュクネム  大輔)
Daisuke significa “grande aiutante”.
Il cognome viene da 熟睡 “jukusui”, letteralmente “sonno profondo”; il gioco di parole deriva dal secondo segno, che può essere letto anche “nemu”. Inoltre, per fargli perdere del tutto di significato, al fine di scansare doppi sensi, ho dovuto scriverlo in caratteri fonetici katakana, anziché in hiragana.
(Lo ammetto, il nome per lui lo scelsi quando il personaggio era un po’ diverso. Già l’appellativo “grande aiutante” lasciava presagire un ruolo non proprio centrale nella storia, in più il cognome doveva rispecchiare un modo di fare molto più indolente e pigro. Quando però rivoluzionai il suo carattere, mi sembrava ancora un nome che quanto a sonorità gli si addiceva perfettamente, oltre al fatto che non riuscivo a immaginarmi di chiamarlo in un altro modo.)
Data di nascita: 17 Agosto.
Segno zodiacale: Leone.
Theme music: "Rusted Railway" dei Dirtwire.

 




 
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(Chiunque voglia aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio crede)
   
 
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