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Autore: Moon_Wolf    07/05/2017    1 recensioni
-È lui- mormora, forse senza fiato. In effetti è come se gli mancasse l’aria, sebbene razionalmente sia a conoscenza che è impossibile.
-Chi?- l’amico lo guarda come se gli fossero cresciute altre due teste, ma è abbastanza sicuro che quella mattina, quando si è guardato allo specchio, non aveva le sembianze di Cerbero.
-Lui… Virgilio-
Warning: Highschool!AU e oh, la storia contiene cliché. Siete stati avvertiti o voi che visualizzate. Enjoy
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri, Dante Alighieri, Virgilio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Canto II

 

La prima volta che aveva incontrato la sua Musa aveva solo nove anni.

L’incontro non era stato dei più romantici, visto che era ancora un bimbo che si nascondeva tra le pieghe della gonna di sua madre, fedele cristiana, mentre lei gli scompigliava i capelli, sempre il sorriso sul volto. Né il luogo, se era da considerare che si trovassero alla messa di Natale che si teneva ogni anno a Santa Maria del Fiore. L’aveva intravista da lontano, una ragazzina dalle guance un po' paffute e dai capelli biondi raccolti in una crocchia. Là il suo cuore aveva perso un battito per la prima volta.

Ma non era dove lo aveva capito.
 
 

A dodici anni le ragazze né tantomeno le relazioni facevano per lui.

Osservava tutti i suoi compagni di scuola, dall’ultimo banco dove era seduto solo, il cui cosiddetto amore della loro vita durava tre giorni. Un giorno per far sfilare il fidanzato di turno nei corridoi e farsi invidiare dalle amiche, il secondo per lasciarsi a causa di una discussione o un disguido irreparabile e piangere con le suddette amiche che solo un giorno prima parlavano male di lei, il terzo per tornare ad essere amici come prima sui social network. E poi il quarto, avrebbe aggiunto, in cui si innamoravano di nuovo per riprendere, seppur con un altro, lo stesso circolo vizioso di cui amava parlare Arnaud nelle sue critiche a Cartesio… in effetti paragonare la filosofia del seicento con il tempo delle mele non era il massimo, ma sempre di un continuo ripetersi di eventi si trattava in fondo. (1)

Tuttavia c’è n’era solo una, Beatrice… ogni tanto la guardava, ma ancora non capiva perché si sentisse nervoso in sua presenza e perdesse la facoltà di parlare, nonostante possedesse una discreta dialettica di cui andava fiero sia egli stesso che il suo maestro di italiano, Brunetto Latini. Era addirittura arrivato a ipotizzare che fosse affetto da qualche malattia rara.

Si era confidato con Jessica, una sedicenne dal viso sempre truccato e maglietta di qualche band famosa inclusa che capitava di essere anche sua cugina, che aveva riso, deridendolo perché non capiva le cose degli adulti. (2)
E lui in risposta aveva tirato fuori la lingua, in un gesto molto infantile lo sapeva, affermando che se gli adulti erano stupidi come lei preferiva rimanere così, grazie tante.  

 
 
Tuttavia solo verso i quindici anni aveva capito di provare qualcosa per lei, più di semplice affetto.

I sospiri trasognati sarebbero stati i suoi compagni per il resto della sua vita- “e la tua mano destra se non sei mancino” aveva aggiunto Ovidio, beccandosi un “hey” indignato da Dante, suscitando così più ilarità che senso di colpa nell’amico. Perché avesse raccontato ai suoi amici della sua cotta, quello era il vero mistero della fede.

C’era anche da aggiungere che Dante era purtroppo un romantico senza speranza. E come tutti i romantici credeva nel destino, per cui aveva costruito una elaborata teoria con tanto di calcoli matematici- e Dante il tuo attaccamento a Bea è preoccupante- che avrebbero fatto invidia a Gauss. Solo per dimostrare, forse più a sé stesso che agli altri, che l’incontro con Beatrice era stato per il volere del destino. Per cui lei doveva essere quella giusta.
Peccato che fosse irraggiungibile: era fidanzata.
 

 
A diciassette anni Dante aveva capito e quasi accettato di poterla solo guardare da lontano, amandola in silenzio.
 
 
*
 
 
A parte la sua attuale situazione sentimentale disastrosa, Dante conduceva la vita di qualsiasi altro studente della sua età.
 
Era un mercoledì e Dante era quello lì, in mezzo a un altro paio di persone che vedeva ogni giorno ma a cui non aveva mai rivolto la parola. Mordicchiava le cuffie rosse, con indosso una felpa un poco logora del medesimo colore, ma più grande di una taglia. Una mano infilata nella tasca dei jeans e l’altra che sorreggeva lo zaino, il cappuccio in testa da cui solo qualche ciocca nera sfuggiva, e lo sguardo un po' assente.

Anche quella mattina aspettava sul ciglio del marciapiede l’autobus 117, osservando il cielo plumbeo di settembre e il sole far capolino di tanto in tanto tra le nubi, per illuminare gli edifici della periferia.  Lui, immobile in mezzo al rombo dei motori e alla confusione che già andava a crearsi, nonostante fossero le sette e mezzo del mattino, e un po' assonnato ancora lo fosse per prestarvi alcuna attenzione.

Pochi minuti dopo, il pullman di un giallo canarino entrò nella sua visuale. Salì in fretta, preferendo trovare quatto quatto un angolino e sedersi, senza disturbare il guidatore con più caffeina che sangue nelle vene, se erano da indicare i bicchieroni semi-vuoti dell’Indipendent State of Coffee che immancabilmente appoggiava qua e là.

L’autista -Caronte, il cognome non era specificato dal tesserino- era un uomo di mezz’età dalla lunga barba grigia e consunta, perennemente incazzato con il mondo intero, il perché non si sapeva, diventato “famoso” per il suo pessimo carattere. Ma dopotutto Dante non poteva di certo essere schizzinoso, essendo quello l’unico pullman che giungeva al liceo passando dal suo quartiere. Di sicuro Caronte aveva un sacco di difetti, come l’essere eccessivamente irascibile, ma bisognava ammettere che era anche estremamente puntuale- come la morte, aveva scherzato una volta con i suoi amici.  
Ricordava di quando il suo primo giorno di scuola aveva tardato di solo due minuti, riuscendo a salire sul mezzo che stava per ripartire ma subendo anche il rimprovero di colui che per lui era uno sconosciuto ancora. Caronte teneva una serrata tabella di marcia e su questo, come avrebbe imparato molto presto, era intransigente.

E chissà, forse era per quello, ossia essere un ritardatario cronico, che Caronte mal lo sopportava, perché non ricordava di aver fatto altro per meritarsi le occhiatacce da parte dell’autista a parte… essere vivo?

Ma non era colpa sua. Il fatto è che avendo la testa fra le nuvole o immerso com’era nel chiedersi i “perché” della vita, tendeva a non tenere conto dell’orario, e così capitavano giorni come “ommidio sono già le sette e venti, sono in ritardo! Dovrò farmela a piedi se non mi sbrigo!”, e altri dove la sfortuna lo perseguitava già dalla mattina. Come quel giorno.

Non solo si era bagnato come un pulcino, perché era scoppiato un acquazzone estivo all’improvviso e aveva dimenticato l’ombrello: si era perso. Nel liceo. Sì, proprio quello che frequentava da ormai cinque anni.

Aveva già detto di avere anche un pessimo senso dell’orientamento e che in geografia era una schiappa?

A sua difesa la struttura si ergeva in altezza, con scale e corridoi che erano tutti uguali, stretti e dal soffitto alto, oltre ad essere perlopiù spogli, crepe qua e là incluse. Se avesse dovuto fare un parallelismo, li avrebbe paragonati al labirinto di Minosse… Peccato solo che egli non avesse un filo per orientarsi come Teseo o delle ali di cera per volare via (Da bambino aveva provato a bere la Red Bull, convinto che lo spot pubblicitario fosse vero, ma a niente era servito imitare Superman… uno dei tanti episodi imbarazzanti della sua infanzia, stendiamo un velo pietoso); era solo un mortale, e come tutti i mortali doveva farsela a piedi.
Guardò il display del cellulare. La campanella era già suonata da cinque minuti, notò, maledicendo i suoi amici per essere entrati prima senza aspettarlo. Ovvio che i corridoi fossero senza un’anima in giro, dovevano essere già tutti in classe con il diluvio che c’era fuori, mentre lui vagava come un idiota senza meta. Di sicuro il prof di inglese lo avrebbe rimproverat-

-Oh-

Inciampò mettendo il piede in fallo, forse perché stava correndo- si diede del genio da solo-, e si preparò in meno di un secondo all’inevitabile collisione con il pavimento polveroso.

Che non accadde.

Al posto del dolore infatti la prima cosa che avvertì fu una lieve pressione, accorgendosi un attimo dopo che un paio di braccia lo stavano sostenendo, impedendo la sua rovinosa caduta.

Non sapeva quando aveva chiuso gli occhi, probabilmente era stato un gesto istintivo, ma per fortuna i fogli non era caduti a terra, li teneva ancora stretti a sé. Dopo essersi accertato della sua incolumità, il tutto nel giro di pochi secondi, alzò il viso per guardare il suo “salvatore”, perché le mani che lo stavano trattenendo non potevano appartenere a una ragazza di certo.

Era bello. Il primo pensiero che la sua mente riuscì a scaturire fu quello.

Capelli castani color della quercia e due occhi ambrati che lo scrutavano a loro volta con quella che sembrava sorpresa, incorniciavano un viso dai tratti maturi ma delicati al tempo stesso. Indossava una camicia azzurra e dei jeans blu scuro. Sicuramente il tipo di ragazzo per cui le studentesse stravedevano.

Si guardarono a vicenda, prima che Dante facesse un passo indietro imbarazzato, gli appunti tenuti ancora saldamente al petto. Non sapeva che dire, gli era praticamente caduto addosso- Io… mi dispiace, stavo camminando senza guardare intorno perché ero sovrappensiero, non trovavo più la mia classe e poi…-

-Tu… ti sei perso? -

-Si, dovevo andare nella 5 B, e sarei anche in ritardo, quindi se non ti dispiace...- mormorò imbarazzato, che bella figura che aveva fatto di fronte a questo sconosciuto. Sperava solo che Catullo, o peggio ancora Ovidio, non lo venissero a sapere o lo avrebbero preso in giro fino alla fine dei suoi giorni… certe volte si chiedeva anche lui come diavolo fossero amici- I corridoi possono essere una vera giungla-

-Più una selva...-mormorò- Non sai chi sono?- chiese interdetto lui, con una ruga che gli increspava la fronte, come se trovasse impossibile che Dante non sapesse chi fosse. Forse era famoso, uno di quegli youtuber o qualcosa del genere?

-Dovrei saperlo?- chiese allora Dante confuso, non ricordando di averci mai parlato -Non mi sembra di averti mai visto in giro prima-

-Non frequentiamo gli stessi luoghi- sospirò il ragazzo senza nome. Sembrava aver esitato per un istante nel parlare- Se vuoi ti accompagno io, so dove
si trova la tua classe- propose comprensivo, iniziando a camminare senza aspettare una risposta.

Dante si affrettò a seguirlo. Per il resto non avevano parlato molto, ma si era accorto che di tanto in tanto il ragazzo gli lanciava qualche occhiata perplessa prima di proseguire con più grinta di prima, quando si accorgeva che il suo sguardo lo notava, o forse era solo la sua immaginazione.

Poco dopo arrivarono in aula, ma prima di entrare Dante si voltò- Grazie… non so come avrei fatto senza di te, sei un’ottima guida- ammise grattandosi la nuca, e chiedendosi mentalmente perché avesse appena detto una simile sciocchezza.

Ma egli non parve farci caso, anzi rise di gusto, mostrando così una linea perfetta di denti bianchi- Potrei mettere la referenza come cicerone nel mio curriculum, grazie del consiglio-

Quando fece come per andarsene, Dante spinto da non sapeva nemmeno lui cosa chiese- Ma non so nemmeno come ti chiami!-

​Si fermò, ma ciò nonostante gli dava ancora le spalle, la postura irrigidita. Forse aveva sbagliato a... -Virgilio-

-Io sono Dante-

-Piacere di conoscerti Dante- disse il suo nome, come se stesse provando il suono sulla lingua- Sono sicuro che i nostri cammini si incroceranno di nuovo- disse facendo un saluto con la mano, prima di scomparire nell’ombra, o meglio svoltare un angolo.

-Ok...- Dante rimase un po' spiazzato sull’uscio della porta, indeciso se entrare o seguire quello strano ragazzo, per domandargli il significato di quell’enigmatica affermazione. Cioè poteva trattarsi di un semplice ci vediamo, ma era il modo in cui lo aveva detto a renderlo quasi inquietante.

-Finally Alighieri!- o almeno finché il prof di letteratura anglofona non lo richiamò, sentiva di aver dimenticato qualcosa.

-Sorry Mr. Shakespeare- disse in un inglese stentato. Infatti sebbene si impegnasse non era portato per quella materia, anche se era migliorato grazie alla Dickinson che gli aveva fatto da tutor, una ragazza dolcissima che componeva poesie in quella lingua che per lui era ostrogoto, peccato solo si assentasse spesso a causa della sua cagionevole salute.

Dante entrò e per un istante si sentì a disagio, poiché aveva addosso gli occhi di tutti gli studenti, che annoiati in mancanza di altro, fissavano lui.
Tirò un sospiro di sollievo solo quando si sedette accanto a Catullo, dimenticando così per il resto della giornata lo strano incontro con quello dello sconosciuto dall’accento romano leggermente marcato.

E quando qualche ora dopo Saffo gli chiese come mai imitasse il punk del biennio, quel tal Giacomo, nel fissare al di fuori della finestra come se i suoi pensieri sfiorassero le nuvole -non era l’esatto modo in cui l’aveva detto ok, ma si poteva un po' romanzare no?-, Dante si riscosse. Perché in effetti non aveva dimenticato il ragazzo, ma continuava a pensare a quel nome, che gli pareva familiare.

Virgilio…

Eppure doveva essere la prima volta che lo vedeva, un volto così non lo avrebbe dimenticato, pensava masticando una matita per il nervosismo al posto degli auricolari.
 


E poi erano iniziati i sogni.
 
 
 
 


 

1. Se non conoscete “Il tempo delle mele” forse è perché siete molto giovani, ma i vostri genitori lo conosceranno sicuramente o coloro che come me, amano i film vintage anche se in realtà non è così vecchio.  In ogni caso nel testo era una metafora per indicare i primi amori e cotte, e in effetti si tratta di un film francese del 1980, cui protagonista è proprio una tredicenne. Vi consiglio di ascoltare Reality di Richard Sanderson, perché è meravigliosa e si adatta perfettamente a questo capitolo.
2. Inizialmente l'ho identificata con Tana (Gaetana), sorellastra di Dante, ma ho modificato il testo in seguito, creando questo personaggio originale. In seguito spiegherò le vicende della famiglia Alighieri.

 
 
Note dell’autrice
Salve gente, vi sono mancata? Scommetto di no.
In ogni caso, perdonate l’assenza di circa tre settimane ma è un periodo stancante, e francamente non vedo l’ora giungano le vacanze così potrò dedicarmi di più alla scrittura, avendo più tempo libero.
Come ho forse già accennato in precedenza sto facendo tantissime ricerche, e ho anche riletto il primo e il terzo canto dell’inferno per trovare spunti, quindi se qualcuno di voi è di Firenze, gli sarei grata se mi comunicasse attraverso una recensione o privatamente se sbaglio qualcosa parlando delle vie e piazze. Perché per ora sto utilizzando Google Maps, lo ammetto.
E così eccoci già al secondo capitolo di questa long, ora le cose iniziano a farsi un po' più interessanti… o forse no, chissà.
Come al solito ringrazio tutti, anche i lettori silenziosi.
Alla prossima
   
 
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