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Autore: usotsuki_pierrot    07/05/2017    1 recensioni
Dal capitolo due:
«Yami-san». Il corvino rimase a guardarla silenziosamente per qualche attimo, ma non riuscendo a calmare la curiosità che lo divorava si avvicinò lentamente alla più piccola.
«Posso chiederti una cosa?».
«Mh?». La kunoichi rivolse lo sguardo confuso verso la maschera in quel momento più vicina del ragazzo.
«A cosa ti servono quelle?». Tobi alzò una mano, e sollevò l'indice a specificare quale fosse il soggetto della sua domanda.
Yami restò qualche istante immobile, quasi come se quella richiesta l'avesse messa in difficoltà. Abbassò nuovamente gli occhi verdi sul contento del sacco che aveva tra le mani, e si morse lievemente il labbro, indecisa sul da farsi.
Optò infine per un discorso più ampio, che esordì con un:
«Tobi, sai mantenere un segreto?».
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Deidara, Nuovo Personaggio, Tobi
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Naruto Shippuuden
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Sabaku no Yami'
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PREMESSA
Ecco il secondo ed ultimo capitolo di questa piccola storia incentrata su Yami, Deidara e Tobi! In particolare questo vi fornirà dettagli molto importanti sull'azzurrina, sui motivi per cui si comporta in un certo modo e quali sono le sue "preoccupazioni attuali".
Non ho nient'altro da dire se non che questo capitolo è stato una fatica immane, non tanto per la trama in sé, ma perché sono stata costretta a rivedermi chissà quante volte le parti dell'anime di questi due e, credetemi, non è per niente una passeggiata!
Comunque! Spero che vi piaccia anche questo capitolo e che vi abbia aiutati ad avvicinarvi di più a questo mio oc! Alla prossima e grazie per la lettura :3



Era passata all'incirca mezz'ora se non di più nell'istante in cui Yami riaprì gli occhi. Si era davvero addormentata alla fine, pensò, mentre si portava una mano all'occhio destro per stropicciarlo. Si accorse fin da subito che qualcosa non andava: il legno era pericolosamente vicino.
Sospirò. Da quando Sasori era morto tempo prima non era più riuscita a controllare quel rapido espandersi del ruvido materiale sul suo corpo, ma solo da poco aveva iniziato a prendere il posto della pelle addirittura mentre dormiva.
Perlomeno, si disse, riusciva a muoversi, a respirare, a vedere. Era evidente - e non avrebbe più avuto nemmeno il coraggio di negarlo - che persino gli organi interni non potevano più considerarsi estranei a quel pericoloso processo.
Riuscì sorprendentemente senza alcuna fatica a stiracchiarsi e ad allungare le braccia che parevano fatte di cemento fino a qualche istante prima.
«Ti sei svegliata, Yami-san!». La voce del corvino seduto poco lontano da lei la risvegliò dai suoi pensieri, costringendola a voltarsi verso di lui.
In quel momento si accorse che pur non essendo stata, quella, la prima crisi che aveva subito, mai le era successo di fronte a Tobi. Si chiese cosa mai avrebbe potuto pensare di quanto accaduto, di quante domande l'avrebbero sommersa di lì a poco e alle quali non sarebbe stata in grado di rispondere. Non riuscì nemmeno ad osservare la maschera arancione per più di un minuto.
«Va tutto bene ora?». Il tono del compagno era talmente calmo e fuori dall'ordinario, che per poco Yami non si domandò se quello fosse un impostore. Se proprio lui non avesse ripreso il discorso con un "Yami-san, dovresti smetterla di farmi preoccupare così!!" ad alta voce dopo la manciata di secondi di silenzio che seguì, l'azzurrina si sarebbe quasi spaventata.
Si lasciò al contrario sfuggire un piccolo sorriso, nonostante trovasse eseguire quel minimo gesto quasi faticoso.
«Dov'è Deidara..?».
«Oh!!». Tobi si portò l'indice davanti alla maschera, presumibilmente dove si trovava la bocca, e con l'altra mano indicò un punto alle spalle della ragazza. Yami si voltò seguendo la traiettoria con gli occhi verdi, che trovarono improvvisamente la figura del biondino: seduto qualche albero più lontano con la schiena contro il tronco e le braccia incrociate al petto, era caduto anch'egli in un sonno profondo. Le palpebre erano chiuse, il viso era affondato dal naso in giù nel collo nella divisa.
L'azzurrina sorrise più genuinamente a quella vista. Raramente aveva potuto osservare Deidara così tranquillo.
Tornò a guardare Tobi, imitandolo e portandosi l'indice davanti alla bocca i cui angoli erano ancora curvati all'insù.
Qualche istante più tardi, la ragazza si abbandonò ad un lieve sospiro, mentre con la mano cercava il sacco che portava sempre con sé. Lo aprì, sbirciandovi all'interno, sollevata nel constatare che le teste raccolte tempo prima erano ancora presenti, ma delusa dal fatto che ancora non le erano state di alcuna utilità.
«Yami-san». Il corvino rimase a guardarla silenziosamente per qualche attimo, ma, non riuscendo a calmare la curiosità che lo divorava, si avvicinò lentamente alla più piccola.
«Posso chiederti una cosa?».
«Mh?». La kunoichi rivolse lo sguardo confuso verso la maschera (in quel momento più vicina) del ragazzo.
«A cosa ti servono quelle?». Tobi alzò una mano, e sollevò l'indice a specificare quale fosse il soggetto della sua domanda.
Yami restò qualche istante immobile, quasi come se quella richiesta l'avesse messa in difficoltà. Abbassò nuovamente gli occhi verdi sul contenuto del sacco che aveva tra le mani, e si morse lievemente il labbro, indecisa sul da farsi.
Optò infine per un discorso più ampio, che esordì con un:
«Tobi, sai mantenere un segreto? È una cosa che non ho mai detto a nessuno».
«Nemmeno a Sasori-san e Itachi-san??»
La maschera arancione sembrò illuminarsi non appena ottenne una risposta negativa, tanto sperata, da parte della kunoichi. Il pensiero di essere il primo ad ascoltare ciò che la ragazza aveva da dire accompagnò con allegria e convinzione il cenno affermativo del capo.
La più piccola prese fiato chiudendo gli occhi e si portò la sacca tra le gambe richiudendola.
«Io ho... ho ucciso mio padre».
Lo sguardo della marionettista era basso e fisso sulle dita strette al tessuto del contenitore. Prese il rigido silenzio del suo interlocutore come un segno per poter proseguire con il racconto, e riprese a parlare poco dopo, agitandosi e senza nemmeno alzare lo sguardo.
«C-Cioè, a dir la verità non ne sono sicura, insomma, questo è quello che mi ha sempre detto mia madre dopo che è morto, io non..!». La mano del ragazzo di fronte a lei si pose d'istinto sulla sua spalla, e il fiume di parole che aveva colto di sorpresa la kunoichi e che sembrava impedirle di prendere anche solo un attimo di respiro si fermò improvvisamente. L'azzurrina alzò lo sguardo fino ad incrociare quello coperto dalla maschera; il corvino la invitò a proseguire con un lieve cenno del capo.
La ragazza fece un respiro profondo prima di abbassare una seconda volta la testa e aprire la bocca.
«Il fatto è che io... io non ho ricordi di quella sera... Quella donna, quella che ho sempre considerato mia madre, non ha mai smesso di ripetermi che l'unica colpevole della sua morte fossi io...». Il tono di voce di lei si fece man mano più alto.
«"Sei un'assassina!", continuava a dirmi... "Sei stata tu!"».
Gli occhi verdi si chiusero lievemente, cominciando ad inumidirsi.
«Io non...». Si prese una piccola pausa, come se facesse fatica a trovare le parole. «Come... Come potrei essere stata io ad uccidere il mio stesso padre?! Io gli volevo così bene!!». La più piccola portò le mani davanti a sé, i palmi coperti di legno aperti, le lacrime che iniziavano a scendere a piccole gocce sui polsi.
Un sorriso amaro e poco convinto comparve sul suo viso, mentre le labbra sussurravano un "del resto, ho persino ammazzato Gaara...".
Le dita del corvino erano ancorate alla spalla della più bassa, che dopo qualche singhiozzo silenzioso si portò la manica della divisa sugli occhi per poter asciugare e bloccare per tempo quei rivoli che di lì a poco sarebbero inesorabilmente scesi sulle sue guance. Passarono minuti interminabili di silenzio, prima che la ragazza riuscì finalmente a parlare di nuovo.
Deidara intanto aveva aperto di poco gli occhi, e dopo essersi parzialmente ripreso dal sonno improvviso che l'aveva colto, riuscì a sentire frasi sconnesse del discorso della compagna.
«Ma non è questo che volevi sapere, non è così?».
Senza lasciare al ragazzo nemmeno il tempo di aprire bocca, l'azzurrina infilò un braccio nel sacco, estraendo una delle teste raccolte. Le pupille umide presero ad osservare distrattamente il viso cadaverico, gli occhi e la bocca spalancati, e per qualche istante la marionettista sembrò - incredibile ma vero - ritrovare la calma.
«C'è un'altra cosa... che riguarda quella notte». La mano della ragazza prese ad accarezzare senza troppa delicatezza i capelli del malcapitato, mentre il petto le si alzava a seguito di un lungo sospiro. Nessuno dei due si accorse della presenza del biondo, che si era nascosto dietro uno degli alberi poco lontani. Il silenzio più completo precedette la successiva frase di lei.
«Non ricordo com'era fatto mio padre».
Tobi rimase ad ascoltarla, in silenzio, senza dire nemmeno una parola, constatando che le braccia e le dita della più piccola avevano iniziato a tremare.
«Non riesco a ricordare che aspetto avesse, la sua voce, le sue espressioni... È come se il suo viso fosse stato cancellato dalla mia mente...».
Yami osservò la testa che aveva tra le mani così a lungo che parve quasi esser stata risucchiata da una strana forza.
«Quando uccido, ho come l'impressione che raccogliere queste teste mi dia lo stimolo giusto per riottenere quei ricordi...».
Il suo tono dapprima serio, deciso, fermo, in quel momento cominciò a traballare, a perdere di fiducia.
«Ma più ne prendo, più sento di essere lontana dal sapere come fosse fatto...».
Il mascherato ebbe l'impressione che non fosse più lui, il suo interlocutore. Che fosse stato sostituito da quella testa senza vita.

Tentò di abbassare lo sguardo sul contenitore dalle apparenze così normali e tranquille che riposava sulle gambe della kunoichi, ma fu preceduto da un rapido gesto proprio da parte di quest'ultima, che alzò gli occhi fissandoli sulla maschera arancione. Fu allora, che Tobi le vide. Piccole lacrime avevano ricominciato proprio in quell'istante a scendere sulle guance della ragazza, percorrendo i pochi frammenti di pelle che separavano i suoi occhi umidi e socchiusi dal legno, scorrendo sul materiale scuro, e finendo quasi per accarezzarle le labbra forzatamente curvate all'insù.
«Sai, Tobi... Non vivrò ancora a lungo». La voce rotta a tratti dal pianto dell'azzurrina giunse dritta alle orecchie ben protratte e all'ascolto di Deidara, che, dal suo "nascondiglio" riusciva ormai a sentire tutto. Ma non si mosse. Si limitò a rimanere immobile, con le braccia lungo i fianchi.
Non che ne fosse all'oscuro, era diventato piuttosto evidente, tuttavia sentire quelle stesse labbra che aveva tempo prima baciato per la prima volta e che parevano sempre così innocenti e genuine proferire delle parole così dure e difficili da comprendere appieno aveva sortito un potente effetto dentro di lui.
Il corvino, dal canto suo, aveva in quel momento allentato la presa delle dita alla sua spalla, riportando la mano a terra, come per lasciarle lo spazio e la libertà per poter proseguire.
«Mi ero illusa», riprese lei tra i singhiozzi, senza più prestare veramente attenzione alla maschera. Le labbra si curvarono di nuovo verso il basso. «Mi ero illusa di poter ricordare almeno qualcosa, quando ho visto Pain per la prima volta. Giuro, giuro su tutto ciò che mi è rimasto, che avevo sentito qualcosa! Avevo iniziato a sperare di avere una possibilità!!».
La marionettista afferrò la testa per una ciocca di capelli e la gettò con violenza lontano da sé, facendola finire contro il tronco di un albero distante. Caduto a terra, il capo iniziò a rotolare finché non si fermò, lievemente inclinato e rivolto verso i rami.
La kunoichi si portò le mani sul viso, bloccando le orecchie con i palmi e serrando le palpebre.
«Io devo ricordare!! Devo sapere cos'è successo, devo sapere che aspetto avesse, voglio vederlo ancora una volta prima che sia troppo tardi..!!». Fiumi di lacrime scorrevano senza fine, cambiavano traiettoria a causa dei rapidi e improvvisi movimenti della ragazza, inumidivano le guance alle quali piccole ciocche di capelli avevano iniziato ad attaccarsi, e bagnavano il terreno sotto forma di gocce sempre più grandi e frequenti.
L'azzurrina non sembrava tener più conto della presenza del mascherato, che dal canto suo non sapeva nemmeno come reagire. Il biondo non aveva il coraggio di voltarsi a guardarla, e continuava a rimanere nella medesima posizione, mordendosi il labbro e socchiudendo gli occhi posati a terra.
Per due minuti buoni l'unico rumore che riempì il silenzio e colmò il vuoto dell'aria fu quello prodotto dai singhiozzi decisamente più forti e incontrollati di Yami. Finché le mani guantate del più grande non raggiunsero i suoi polsi, raccogliendoli in una morsa delicata e gentile, che bloccò all'istante i singhiozzi della marionettista. Quest'ultima alzò lentamente lo sguardo, e gli occhi verdi si posarono ancora una volta sulla figura del corvino.
«Yami-san, il tuo segreto con me è al sicuro!».
La più piccola si prese alcuni secondi per poter analizzare nel modo più completo quella frase così semplice eppure così attesa.
«Davvero..?».
Prima ci fu un cenno deciso del capo da parte del ninja, al quale seguì un'affermazione che fu in grado di illuminare parzialmente il viso – fattosi fin troppo buio - di lei.
«Puoi fidarti di Tobi, Tobi è un bravo ragazzo!».
Le labbra della compagna iniziarono a tremare leggermente, prese alla sprovvista; gli occhi ancora umidi si socchiusero, arrendendosi al fatto che si sarebbero appannati sempre più. Un nuovo potente pianto liberatorio si librò nell'aria, e l'azzurrina si spostò quel tanto che le permise di avvicinarsi maggiormente al mascherato e di affondare il viso nel tessuto della divisa nera.
Le mani del più alto si posarono sulla sua testa, e presero a muoversi lentamente, accarezzando le lunghe ciocche chiare della kunoichi.
Solo in quel momento, il corvino notò la figura del ninja amante delle esplosioni dietro lo stesso albero che aveva utilizzato come nascondiglio per tutto il tempo, in quanto proprio il biondo si era sporto quel tanto che gli sarebbe bastato per poter osservare cosa stesse effettivamente accadendo.
Il più grande non disse nulla, si limitò a posare il palmo della mano sul capo della ragazza, portandosi l'indice alzato dell'altra di fronte alla maschera in direzione del compagno. Quest'ultimo annuì lievemente, un cenno estremamente piccolo ma che fu sufficiente per far intuire al corvino che non avrebbe interrotto quel momento.



«Le tue informazioni erano errate, mh».
Nonostante tutto, i tre erano riusciti ben presto a riprendere il cammino, e sebbene Deidara avesse ascoltato il racconto dell'azzurrina, non ne fece parola e finse di non sapere cosa fosse successo poco prima tra lei e il corvino. Yami si sentì estremamente sollevata, ma non capiva come mai il biondo fosse così tranquillo rispetto a prima nei confronti del mascherato, e – dettaglio ancora più insolito -, come mai si scambiassero addirittura delle occhiate quasi complici.
Il ninja aveva appena fatto saltare in aria due anbu che si erano appostati da poco su uno dei rami di un albero nelle vicinanze del lago in cui avrebbero dovuto poter trovare il tre-code. Non appena si accertò che i due fossero morti, il biondo era sceso a terra accanto al compagno e a Yami, che aveva bloccato i due malcapitati con i fili di chakra prima che esplodessero, per facilitare il compito a Deidara.
«Ma in effetti era così... Che strano!». Tobi intanto aveva risposto in modo piuttosto vago all'affermazione del ninja, portandosi una mano dietro la testa e agitandola arruffando i capelli neri. «Però è un bene che ci siamo sbarazzati di quelli che si sono messi sulla nostra strada! Prepariamo la nostra strategia finché siamo in tempo!!».
L'azzurrina, che era rimasta di fianco al mascherato, aveva iniziato ad esplorare con gli occhi chiari la superficie nebbiosa del grande lago a pochi passi da loro.
«Sei cent'anni troppo giovane per potermi dare degli ordini! Mh».
Il biondo frugò nella borsa contenente la sua preziosa argilla, la modellò fino a formare la creatura alata che utilizzava qualora ne avesse bisogno, e con il solito gesto delle dita la rese grande abbastanza da poterlo trasportare.
«Yami». Deidara si voltò di poco verso la ragazza che distolse solo in quel momento lo sguardo dall'acqua. «Sali, mh».
L'azzurrina sospirò lievemente nel colletto della divisa. Odiava l'acqua, non la poteva sopportare, soprattutto se si trattava di laghi, fiumi o mari. E in particolar modo, quando questi ultimi erano immensi, come in quel caso.
A malincuore accettò l'invito – che in realtà aveva tutto l'aspetto di essere più un ordine – di Deidara, e in un batter d'occhio i due furono ad un'altezza sufficiente che la nebbia non fu più un problema.
«Questo lago è troppo grande per metterci a cercare il tre-code», proferì il ninja, mentre già estraeva dalle borse una manciata piuttosto grande dei suoi insetti di argilla. «Sarà molto più veloce se salterà fuori di suo».
Aprì le mani, lasciando cadere le decine di animaletti bianchi nel lago, e in quello stesso momento Yami si aggrappò istintivamente alla divisa scura del ragazzo.
Quest'ultimo, qualche secondo dopo, fece saltare in aria tutti gli esplosivi contemporaneamente, provocando forti getti d'acqua. Il sorriso compiaciuto sul volto del più alto preannunciò l'arrivo del tre-code, proprio al centro del lago.
«Ooh! Da vicino sembra più un'enorme tartaruga! Una molto potente!». La voce di Tobi giunse alle orecchie dei due, che abbassarono lo sguardo trovandolo in piedi sull'acqua poco distante dall'immensa creatura.
«Quindi questo è il tre-code», proferì Deidara, osservandola nuovamente.
«Credo che lo lascerò a voi, Deidara-senpai, Yami-senpai!».
«Eeeh?! Tobi, non osare svignartela!». L'azzurrina mise il broncio guardando il mascherato.
«Tobi, sei diventato ufficialmente un membro dell'Akatsuki, giusto? Occupatene tu, mh!», si limitò a dire Deidara, per poi aumentare la distanza dal tre-code insieme a Yami, rimanendo sulla creatura fatta di argilla.
«Cos-». Tobi non riuscì nemmeno a finire la frase. Con un gesto lento ma molto potente, il tre-code tentò di colpirlo, senza tuttavia riuscirci. Il corvino si allontanò rapidamente iniziando ad urlare, sotto lo sguardo colmo di disappunto di Deidara e quello divertito di Yami.
«Se è una creatura acquatica, non avremmo dovuto lasciarla a Kisame-san?! Direi che hanno scelto la persona sbagliata per la missione!!».
Non appena pronunciò quelle parole, Tobi venne raggiunto dalla bestia codata, che riuscì a portarlo al di sotto della superficie del lago.
Deidara intanto lo seguiva insieme all'azzurrina, che tentava di scovare la figura del ragazzo sfruttando l'ombra lasciata dal bijuu.
«Patetico...».
In pochi secondi, il biondo lanciò un altro animale simile ad un pesce, che iniziò a nuotare non appena si trovò in acqua e che esplose nel momento in cui fu abbastanza vicino al tre-code.
«Yami! Mh». L'azzurrina annuì, facendo immediatamente partire i fili di chakra dalle dita per afferrare il corpo del corvino che a seguito dell'esplosione si era ritrovato in un batter d'occhio a mezz'aria.


«Ce l'ho fatta! Banzai!! Banzai!!». Il mascherato era da poco salito sull'immensa pancia della bestia codata ormai morta, e aveva cominciato ad esultare agitando le braccia e alzandole al cielo.
«Deidara-san, Yami-san, avete visto il mio jutsu?? È bastato un colpo e BAM!!».
Lo sguardo del biondo si fece sempre più buio e colmo di rabbia ad ogni parola proferita dal compagno.
«Ora capirai perché mi hanno affidato questo compito importante poco dopo essere diventato un membro dell'Akatsuki, vero Deidara-san??».
«No, probabilmente è stata la mia bomba d'argilla a fare quel capolavoro. Devi ringraziare la mia arte, mh».
Yami tirò un lieve sospiro sconfortato di fronte alla solita lite tra i due, ma ciò non poté fermare Deidara dal continuare quel suo discorso.
«Se sei un membro dell'Akatsuki, taci e sii più cool. In altre parole, cool è uguale ad arte».
Un rigido silenzio seguì l'affermazione del biondo, che tuttavia non colse l'imbarazzo generale che era calato da poco.
«Ascolta, l'arte è un momento di passione, che arriva da emozioni fantastic-».
«Senpai, certo che parli un sacco».
A quel punto, una grossa risata da parte dell'azzurrina ruppe la pesante calma che aleggiava intorno a loro; calma che non sarebbe in ogni caso durata, dato che pochi istanti più tardi il ninja lanciò una delle sue solite occhiate indirizzate al corvino (che cominciò a ripetere un “stavo scherzando!!”), e con un'ulteriore esplosione lo fece saltare nuovamente in aria.


«Ascolta, Tobi».
Era arrivato il tramonto ormai, e i tre avevano appena iniziato il viaggio di ritorno, dopo aver legato il bijuu con delle corde sufficientemente resistenti annodate all'altra estremità alle code delle due creazioni alate del biondo.
«Non bisogna sfidare la sorte».
Deidara aveva iniziato a parlare, seduto a gambe incrociate sul grande animale bianco. Yami intanto aveva iniziato a sbadigliare, seduta sull'altro volatile d'argilla, mentre Tobi era rimasto steso sulla pancia del tre-code, stranamente calmo.
«Il tre-code era indebolito perché non aveva un Jinchuuriki ad ospitarlo, mh. Non aveva una mente che controllasse il suo potere».
Ci furono attimi di silenzio che portarono l'azzurrina e il biondo a guardarsi per qualche istante, per poi osservare la figura del mascherato. Dopo un piccolo sospiro, il ninja ricominciò a parlare.
«Ohi, Tobi! Cool non significa smettere completamente di parlare! Almeno rispondimi».
«Senpai..?». La voce di Yami attirò l'attenzione del più alto, che riprese a guardarla. «Credo si sia... Ahem, addormentato...».
Un leggero borbottio da parte del corvino giunse alle orecchie di entrambi, e fece sorridere quasi teneramente la ragazza. Al contrario del compagno, che non appena realizzò la situazione scoccò un'altra feroce e potente occhiata al più grande, urlando un “questo è il risveglio perfetto per te, idiota!!», tra le mille esplosioni che seguirono e le conseguenti grida del mascherato.
L'azzurrina sospirò, tornando ad aggrapparsi alla creatura d'argilla su cui stavano viaggiando, e posando lo sguardo avanti a lei, fissandolo all'orizzonte.
Una giornata quasi normale per quel gruppo che di ordinario non aveva praticamente nulla.

   
 
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