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Autore: IwonLyme    07/05/2017    1 recensioni
‘Il Principe’ è un racconto sulla libertà, sul significato che essa ha soprattutto per il giovane Nivek, protagonista e narratore, che verrà messo a confronto fin da subito con la bellezza di essa, la sua importanza e, almeno per lui, il suo difficile raggiungimento. Non è facile essere liberi e Nivek desidera talmente tanto esserlo che romperà ogni regola per raggiungere questo scopo.
Tuttavia ciò che inizia come un gesto ribelle e di rivalsa gli costerà proprio ciò che da principio inseguiva e si troverà catapultato in una realtà ed in un mondo molto più duro e severo di quanto non fosse suo nonno ed il villaggio in cui viveva da emarginato. Una guerra contro un re malvagio ed un padrone pronto a legarlo per sempre a se stesso saranno le cause delle sue vicissitudini che lo porteranno a riflettere sulla propria vita, sul vero scopo di essa e sulla sua nuova condizione: essere un Drago Domato.
“[…] tutto sta nel comprendere che qualcosa non ci è davvero tolto se noi non lo lasciamo andare via.”
Genere: Avventura, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Eccoci giunti al nuovo capitolo! Moltissime cose sono cambiate, ma cosa succederà adesso? La guerra deve ancora cominciare, ma ci sono molte cose che  sembrano necessitare risposte e chiarimenti.
Riusciranno i nostri personaggi ad ottenere quello che desiderano?

 
La Voce del Re - Parte V

Sedevo nel giardino di casa avvolto in una calda pelliccia e sonnecchiavo mentre il sole sorgeva. Avevano parlato tutta notte i Domatori e le discussioni si erano protratte fino a quell'ora ed ancora non davano segno di smettere. L'aria era divenuta pesante nella cucina di casa mia e così ero uscito per prendere un po' di fresco. Il gelo mi solleticava il viso e ne venivo rinfrancato. In lontananza sentivo le voci di Nowell e Wardell che facevano piani e discutevano con mio padre. Il sonno tentava di cogliermi con insistenza eppure non desideravo cedere.
La porta si aprì e da essa uscì un tepore che quasi mi vinse. Poi Ishmael si sedette accanto a me e così rinvigorii del tutto. – Quante cose hai scoperto, eh? – Mi disse sospirando.
– Sì, molte e tutte così bizzarre. – Gli sorrisi e lui ricambiò. – Tu e Wardell siete di nuovo uniti, mi rende felice, Ishmael. – Arrossì.
– Quasi più di prima a dire il vero. – Confessò. – Ho parlato con lui a cuore aperto e gli ho detto che quando la pace giungerà risponderò nuovamente alla sua domanda. – Gli afferrai il braccio e lui mi guardò commosso.
– Quel momento sarà il migliore per te. – Il suo sorriso divenne radioso e rise sottile.
– Non attendo altro. – Prese un profondo respiro ed osservò il cielo che tornava chiaro e splendente. – Com'è non avere più il cuore, Nivek? E davvero non è stato Nowell a costringerti?
– No di certo, lui anzi si infuriò quando lo seppe. Non avrebbe desiderato questo destino per noi, ma esso è giunto, così come tutti gli altri eventi della nostra vita. – Sospirai. – Pensavo che senza cuore ci si sentisse vuoti, eppure esso mi parla dal petto di Nowell e porta con sé le sensazioni del mio padrone. È un miscuglio magnifico ciò che provo tanto che ogni sentimento mi sembra essere nuovo e tutto è vissuto con il doppio dell'intensità. Dovevo fare ciò che ho fatto, ma è stata una scelta fortunata.
– Perché dovevi? Se lui fosse morto tu saresti tornato libero. Avresti potuto volare solo per la prima volta nella tua vita.
– Volare senza Nowell non significherebbe nulla. Senza di lui non avrei mai potuto volare. Inoltre non scambierei con nulla il nostro legame. – Strinsi le mani. – Egli moriva e non potevo fare altro se non donargli il mio cuore e, se non fossi riuscito a salvarlo, almeno morire con lui.
– Non ne eri sicuro?
– No di certo, mi sono basato su una leggenda che mi piaceva da piccolo non di certo un trattato medico! – Risi. – Eppure ha funzionato piuttosto bene. – Anche Ishmael scoppiò a ridere e fui così lieto di essere ancora con lui che il mio cuore sussultò nel petto del mio padrone.
– Mi hanno detto che il tuo proposito ha funzionato e che i Draghi Liberi ti seguono, è fantastico, non credi?
– Lo è di certo. Ma non tutti hanno deciso di seguirmi. Per ora i Draghi di Fuoco e dell'Aria si uniranno a noi, ma quelli dell'Acqua non verranno e quelli della Terra in questi giorni ascolteranno la voce dei miei messaggeri. Spero infine che ci siano anche loro. – Osservai le nuvole tinte di rosa ed il mio animo si scosse dall'agitazione. – Sono Re, lo sai? Il Re che doveva fare ritorno, così dicono in molti e tanti mi seguiranno e moriranno per me. Non so se posso davvero sostenere questa eventualità.
– Non per te muoiono, Nivek, ma per la pace che porterai. Il Re ha fatto ritorno ed il Lungo Sguardo li condurrà alla pace. Abbi fiducia e nessuno morirà invano. La prova più difficile però sarai tu a doverla superare. I Draghi del Buco di Eran sono crudeli e senza pietà, non parlano come noi ed i loro poteri sono temibili.
– Ne ho avuto un assaggio.
– Lo comprendo, ma se sei ancora vivo per raccontarlo esso non fu altro che un semplice assaggio. – Mi guardò con gravità. – Io sarò al tuo fianco e ti aiuterò, ma li temo e non lo nego. Combatterò e sarò all'altezza di essere tuo amico, in alto nel Cielo porterò la mia forza lasciando a terra le paure e con il mio padrone uccideremo quanti più nemici ci sarà possibile. A te toccherà il compito di puntare al Re Orrendo ed egli è il nostro unico obiettivo. Morto lui nessun altro proseguirà la battaglia.
– Sarò all'altezza di tale compito oppure morirò provando ad esserlo. – Dissi e promisi a lui come a me stesso.
La porta si aprì ancora e Nowell sbucò fuori. – Sembra che non si giunga ad una decisione, quando saremo uniti con Ormond ed i Domatori decideremo cosa fare. – Sussurrò ed io annuii.
– Va bene. – Risposi. Lui guardò il Drago seduto accanto a me.
– Ishmael, grazie per la tua pazienza. – E silenzioso rientrò facendomi sorridere per la sua gentilezza.
– Anche lui sa … – Mormorò il mio amico in imbarazzo.
– Be', mi dispiace, ma ha il mio cuore e molto ormai intuisce senza che io dica. – Con piglio Ishmael si alzò.
– Allora non parleremo mai più di argomenti spinosi! – Decretò ed io sapevo fin troppo bene che al primo cambiamento sarebbe venuto a parlarmi. Si allontanò ed andò a fare due passi intorno alla casa lasciandomi solo e nuovamente soggetto del sonno.
Ancora i miei occhi si fecero pesanti e cominciai ad avvolgermi di più nella pelliccia. Il freddo ormai non poteva più niente e non c'era quasi verso di stare sveglio. A penzoloni la testa cadeva sul petto e gli occhi si chiudevano alla luce brillante del sole del mattino. Poi però la porta si spalancò ed allora mi tirai diritto in piedi. Wardell uscì con al seguito Shiloh e si fermò a metà giardino. Si rivolse a me. – Ishmael?
– Fa il giro della casa. – Risposi e lui annuì. Dopo aver preso due profonde boccate d'aria andò alla sua ricerca.
Jethro uscì con Wren ed entrambi erano stanchi e provati, eppure sentir parlare Yorick li aveva ringiovaniti e aveva fatto ricordare loro dei tempi in cui volavano alti nel Cielo. – Ciao, soffio di fumo, immagino che tu sia molto stanco, mi ha detto Nowell che hai affrontato duri allenamenti. – Disse lei sbadigliando rumorosamente.
– Sì, piuttosto stanco, ma voi sembrate nella mia stessa situazione. – Ridacchiò senza smettere di sbadigliare.
Murray, Yorick e Nowell uscirono e tutti ripresero aria nei polmoni e freddo sul viso. – Se lo desiderate potete dormire sul pavimento o dove trovate posto, in realtà non ho molto da offrirvi. – Li invitò mio nonno che era il meno stanco di tutti sebbene fosse sicuramente il più anziano. Forse solo Shiloh poteva tenergli testa, anche lui sembrava altrettanto fresco e riposato.
– Accettiamo con riconoscenza! – Esclamò Wardell sbucando dall'angolo sulla mia destra e trascinando dietro di sé Ishmael.
– Allora sarà meglio aprire le finestre. – Continuò Murray e rientrò per far cambiare aria alla casa.
– Ma una folata di vento controllata non sarebbe un modo più facile e più veloce? – Borbottò Wardell sbadigliando al pari solo di Wren.
– Anche io sono distrutto. – Mormorò Nowell avvicinandosi e poggiandosi addosso a me che ormai dormivo in piedi. Già dovevo sopportarlo tutta la notte perché Murray non aveva un letto in più da darci e lui si muoveva sempre! Pure quando aveva un intero stuolo di persone veniva a cercarmi per disturbarmi nel sonno? – Sento il tuo disappunto fin nelle budella. – Biascicò mentre chiudeva gli occhi ed ebbi paura si addormentasse profondamente addosso a me.
– Direi che sarà meglio riposare tutti quanti. – Concluse Yorick guardando dentro per vedere se Murray avesse dato il via libera. Mio nonno uscì e ci esortò ad entrare ed a metterci comodi, così, veloce, portai Nowell nella nostra stanza e lo sdraiai a letto. Probabilmente lui aveva fatto meno di tutti eppure era crollato come se avesse volato per spazi interminabili. Sospirai.
– Yorick … – Sentii dire a mio nonno fuori dalla porta chiusa della mia stanza vicino alla quale vi era quella di mia madre.
– Desideri dirmi qualcosa? – Domandò il Cacciatore.
– Non ho mai, nella mia intera vita, pensato che un Domatore potesse essere una brava persona, ma ora che vedo tutti questi uomini ho idee molto diverse e mi sono trovato a chiedermi se forse questo non sia il destino che dovrebbe spettare ad ogni Drago. – Confessò Murray. – Ma non so darmi una risposta e forse, come non per tutti vi è la stessa via per giungere ad un luogo, così forse non per tutti è questo tipo di vita. Per mia figlia, per lei fu tale la strada. E devo dire che sono contento che tu l'abbia percorsa con lei. – Fuori si fece silenzioso ed io sorrisi colmo di gioia e di commozione dentro di me. Infine ciò che mai avrei immaginato stava avvenendo ed i cuori più irriducibili mutavano e vedevano il bene, l'amore e la gioia che c'era nel vivere con il proprio Domatore.
– Le tue parole mi toccano profondamente il cuore, Murray, mai avrei sperato di udirle nella mia intera vita. Sono felice che lei avesse una famiglia tanto meravigliosa ed ancora una volta le devo molto poiché mi sembra che anche questo mi abbia donato. – Nowell mi guardò e seppi che faceva finta di dormire.
– Non sei più stanco? – Chiese.
– Il sonno mi è passato all'improvviso. – Risposi sospirando di felicità.
– Allora andresti a prendermi un bicchiere d'acqua, sto morendo di sete, ho parlato tutto il tempo. – Alzai un sopracciglio. – Ho davvero molta sete.
– Ordinamelo se proprio ne senti la necessità. – Obiettai e mi stesi a letto e lui sospirò.
– E se morissi di sete allora moriresti anche tu … – Mormorò fingendo di avere la voce roca.
– Sento che correrò il rischio. – Così, senza più resistere, mi addormentai.
 
Il mattino giunse in fretta anche quel giorno. In cima alle montagne che avevano visto lo scorrere dei miei primi anni di vita il tempo non era mai trascorso così veloce. Tutto mi era sempre sembrato statico e fin troppo stabile. Mai avevo pensato a come quel cielo azzurro ed immenso poteva mutare le vite degli uomini.
Il sole sembra distante, la luna quasi assente immersa nel proprio candore e nella propria immortalità. Eterna, come i secoli e le ere che si sarebbero susseguiti avanti al piccolo lasso di tempo nel quale io avrei vissuto, così eterna era la luna e le sue amate stelle tanto che non potevo pensare ad altro che tale distanza, tale immensa strada impercorribile che mi conduceva a volermi sempre spingere più in alto. Il Cielo, come noi Domatori e Draghi lo intendiamo, ha sempre condizionato enormemente le vite della mia gente, entrambe le metà. Non ci sarebbe stata cattiveria o giogo se i Domatori non avessero desiderato toccare, colmare la distanza eterna di anni che li divideva dalla luna e dal cielo che così crudelmente chiamavano gli animi al di loro raggiungimento. Non ci sarebbe stata violenza senza ardore, passione per ciò che oltre va rispetto alla dura terra ed alla fredda acqua. Pensare che per voler volare in alto, in questo loro desiderio oscuro hanno infine realizzato ciò che li avrebbe condotti ancor più lontani da esso. Morte. Morte ed odio che la causa essi avevano donato al mondo. Avevano ridotto la loro vita ancor più brevemente di quanto sarebbe stata ed ancora più lontana dall'eternità della luna. Per un momento avevano pensato che con la carneficina, il contrario di una vita eterna, avrebbero ottenuto l'immortalità.
Avevo compreso che ciò che un ragazzo aveva lasciato che sognassi, ciò che credevo fosse il mio destino in realtà non lo era. Avevo realizzato che mai avrei potuto colmare la distanza che mi divideva dal sogno assoluto, dal Cielo più immenso, brillante e grandioso. Non sarei mai potuto essere eterno e ciò, credetemi, mi aveva spaventato molto. Pensavo, sapete, che i Domatori, quali sapevano la loro estrema caducità e debolezza, compivano un enorme errore nel credere che nella guerra, nella distruzione, nel restringimento dei sogni di coloro che li avevano simili ai loro, in questi atti terribilmente comuni essi avrebbero realizzato le loro ambizioni ottenendo infine l'opposto rispetto a ciò che si prefiggevano. La paura di essere dimenticati è la più terribile. La paura di essere dimenticati è così terribile che spinge ai peggiori degli atti e la delusione di non essere eterni costringe in fondo al buio più oscuro.
Comprendevo il Re Orrendo. Sfiorato dai venti profumati di pino e solleticato ancora da quel desiderio abbandonato, comprendevo il Re Orrendo e sapevo che tutti noi, perfino Nowell, Yorick e Wardell, potevamo essere esattamente come lui. Mi spaventò pensare che non ci fosse altra via d'uscita alla condizione in cui eravamo se non quella scelta da colui che combattevamo. Nell'oppressione aveva trovato la propria importanza. Comprendevo come ciò ai suoi occhi potesse somigliare a venerazione, rispetto, gloria e perfino immortalità. Comprendevo che spesso si ricorda con più assiduità chi ci fa del male piuttosto che chi ci compie del bene e che nei cuori di coloro che abitavano il mio mondo la figura del Re Orrendo sarebbe stata ben più persistente delle nostre che forse sarebbero riuscite nell'impresa di spodestarlo. Ciò però non mi rattristava, piuttosto mi faceva riflettere sulla vera natura del mio e dell'animo altrui. Pensai che se gli uomini fossero stati più avvezzi ad avere memoria delle buone cose allora quelle negative sarebbero diminuite sensibilmente poiché molti cercano soprattutto nel ricordo di se stessi di colmare la distanza tra la caducità e l'eternità, cosa che comunque resta incolmabile.
Non so dire con precisione perché in un momento in cui mi accingevo a compiere sì azioni per il bene e a spingermi infine contro il più grande male questi pensieri giunsero alla mia mente. Riflettendo che stavo per intraprendere io stesso una guerra in cui amici e nemici sarebbero morti per mia mano o mano altrui non potei fare altro che rattristarmi: il male, e ciò fu duro da accettare, può essere combattuto solo con altro male. Perfino il fine, che era alto e stupendo, non giustificava le mie future azioni.
Il mio cuore si indurì in cima a quelle montagne. Divenne di pietra e pesò nel petto di un altro. Avevo preparato il mio corpo a ciò che ero pronto a fare e con esso anche il mio spirito. Il male che avrei compiuto certamente sarebbe stato crudele e terribile, certamente sarebbe stato orrendamente temibile, per questo non vi erano scuse, la costrizione ad un mezzo che non potevo accettare come mio era infine la condizione primaria affinché il male che affliggeva altri e che avrebbe afflitto molti si estinguesse, e per questo non cercavo giustificazioni. Avevo accettato di impugnare il dolore come arma e di volgerla verso colui che l'aveva usata fin troppo. In un mondo perfetto, se esso mai potesse esistere, il Re Orrendo non sarebbe mai cresciuto ed i Domatori e i Draghi sarebbero stati uniti solo dall'amore e dall'affetto, ma non era ciò che era infine destinato. Ero nato, e lo capii sulle stesse montagne che da ragazzo avevano ispirato in me un'ambizione lontana e distante dal mio fato, ero nato esattamente per quel momento, per quella singola minuscola speranza che avrei potuto dare al mondo, la speranza di poter essere più vicino alla perfezione, più vicino al Cielo che tanto amavamo.
La determinazione prese il posto della scontentezza per i miei futuri atti. Abbandonai il pentimento, per quello ci sarebbe stato molto tempo, impugnai la rabbia, la furia e la certezza di poter compiere con le mie mani qualcosa di orribile … la speranza soprattutto che questo portasse ad una vittoria.
Ero Nivek, puro delle regioni dell'aria, Re di tutti i Draghi, Signore del Vento e Re del Cielo, Lungo Sguardo, Mezzo Drago e Drago Consacrato. Ero Nivek … ed ero pronto ad esserlo.
 
L'aria vorticava forte in alto e da est proveniva una grossa nube nera. Il cielo ne veniva invaso ed essa avvolgeva l'azzurro luminoso per soffocare lo sguardo. Era ancora molto lontana rispetto al luogo in cui noi ci trovavamo, eppure era troppo vicina, tanto da essere vista e temuta. Chiunque alzando gli occhi e non vedendo il sole sorgere avrebbe saputo che qualcosa si stava apparecchiando, qualcosa stava per compiersi ed io e Nowell ne eravamo le cause. La punizione del Re Orrendo si sarebbe abbattuta sui seguaci del figlio che aveva tentato di spodestarlo, essi ormai egli credeva fossero privi di condottiero. Sperava che vedendo la sua ira molti si sarebbero allontanati dal proposito soprattutto avendo perduto una guida, ma così non sarebbe mai stato.
Wardell era ripartito per congiungersi al fratello Ormond e per stringere coloro che si erano riuniti in una morsa di fiducia. Avrebbe annunciato il vero portando con sé anche la mia parola. Mio nonno aveva cominciato a preparare ogni cosa per la partenza e soprattutto per la battaglia. Molte Tribù dell'Aria avevano già risposto all'appello ed alcuni erano giunti sulla nostra montagna per vedermi. Dalle Regioni della Terra non giungevano ancora notizie. Nel mio cuore però giaceva la convinzione che nel momento del bisogno i Draghi Liberi si sarebbero riuniti sotto le mie ali.
Yorick aveva avuto un mutamento repentino ed ogni giorno più profondamente comprendevo in che modo aveva affascinato coloro che l'avevano seguito. Sebbene Nowell fosse colui che ai miei occhi si avvicinava maggiormente all'idea di regalità, Yorick la incarnava quasi perfettamente. Vi era uno spiccato portamento in lui, portamento che era rimasto nascosto sotto gli abiti di Cacciatore, il suo volto era duro e clemente quando occorreva l'uno o l'altro e, sebbene fosse attraversato da rughe e cicatrici, sembrava quello di un giovane, con la medesima forza e la medesima convinzione. Nowell certamente possedeva un fascino molto simile, affievolito forse dai dolori che aveva vissuto soprattutto da bambino e dalle colpe che oscuravano il suo animo e la sua sicurezza. Yorick era sempre stato nel giusto ed il suo dolore lo rendeva ancora più nobile, ancora più coerente. Mi stupii di come un uomo potesse sembrare immensamente solido, tutto d'un pezzo, di come emanasse saggezza e dolcezza senza però scadere nella più completa impotenza. Yorick era senza alcun dubbio figlio di un re. Sapevo che con il suo aiuto e la sua guida ogni cosa si sarebbe ristabilita nel modo più corretto.
Murray era stupito non solo dalla normalità dei Domatori, ma in modo più acceso dalla forza di essi e soprattutto dalla bontà di Nowell e Yorick verso i Draghi. Il mio padrone, come già aveva dimostrato nelle Regioni del Fuoco, era molto popolare tra i bambini. Forse attirati dal suo aspetto bizzarro e dai suoi capelli di un colore così particolare, si divertivano a tormentarlo al punto che se io fossi stato al suo posto non avrei saputo resistere. Yorick invece era più occupato a dare ordini ed a preparare provviste e dirigere i vari gruppi che giungevano da fuori. In lui certo mio nonno vide con chiarezza l'ombra della propria figlia e la gentilezza che lei aveva lui insegnato. Il cuore muto di mia madre giaceva ancora nel petto di mio padre ed, ogni qualvolta ci pensavo, sentivo forte nel mio animo la convinzione che infine l'amore non si era mai spezzato. Sorridevo a Yorick e lui, solo guardandomi, poteva comprendere dove si stavano rivolgendo i miei pensieri ed, alzando gli occhi su Principe, vedeva ancora la neve soffice ed il viso chiaro e luminoso di Naisse la Bella che gli sorrideva.
Wren si occupava con cura delle faccende che interessavano anche le donne Drago e lei era in assoluto quella guardata con più stupore. Lei era una Domatrice ma non una comune, bensì Consacrata, innamorata del proprio Drago e soprattutto una delle più importanti figure della rivolta presente e, in modo più pratico, anche di quella passata. Il suo Drago poi incuteva molto timore in quelli di Aria che per molto tempo erano rimasti distanti dal mondo e dai loro simili. Murray non aveva compreso subito l'animo gentile di Wren, sebbene gli stesse molto simpatico Jethro e desiderasse diventare un suo amico, tuttavia, con il trascorrere dei giorni, vide ciò che tutti potevano vedere nei due amanti: la loro intimità velata dal tempo trascorso insieme, l'amore solido e la gentilezza verso coloro che li circondavano, imparata dalla poca dolcezza ricevuta per la loro condizione. Divennero amati molto più di altri poiché la nobiltà delle loro azioni, infine, fu compresa.
Mi ritiravo spesso in cima al picco su cui mi ero allenato, soprattutto quando molta gente giungeva alla montagna o quando si richiedeva più la mia attenzione che il mio aiuto. Non ero ancora abituato ad essere ricercato come un Re. La calma ed il silenzio di quel luogo riempivano il mio cuore di speranza e felicità, lì avevo ritrovato mio nonno, lì avevo compreso la mia stessa natura e la mia forza. Presto sarebbe giunto il giorno in cui essa sarebbe stata necessaria.
Sospirando Jethro si sedette accanto a me. – Sei sempre più pensieroso, vedo la preoccupazione nel tuo sguardo quando ti rivolgi ai tuoi sudditi.
– Che strano modo per definirli … sudditi.
– Loro si rattristerebbero sentendotelo dire. – Mi riprese. – Per loro essere tuoi sudditi è un grande privilegio, il più grande che potrebbe capitar loro. – Restai in silenzio poiché sapevo che pensavano questo. Rispettavo enormemente la loro fiducia e fedeltà tanto che spesso ne venivo schiacciato. – Cosa ti preoccupa? – Domandò con voce calda e dolce.
– Non è preoccupazione. Impazienza. Sono dannatamente impaziente di sapere come andrà a finire e … vorrei evitare la guerra e giungere direttamente alla vittoria. – Sorrise.
– Sarebbe certamente più facile per tutti noi, mio Re, ma questo non è il nostro destino e nemmeno quello del Re Orrendo. Egli si prepara ed anche noi facciamo lo stesso. – Mi posò una mano sulla spalla e fu rincuorante sentirlo così vicino ai miei sentimenti come sempre era stato. – Mi hanno detto che ti sei addestrato con tuo nonno …
– Ti dispiace? – Domandai e lui scoppiò a ridere.
– No di certo! Sono io che ho rubato lui il posto, non il contrario! Anche se sono felice davvero di averlo fatto. – Nei suoi occhi vedevo per me qualcosa che andava oltre il sangue ed il rispetto, qualcosa che mi aveva sempre rivolto ed io ne venivo avvolto, custodito, ero felice come il primo giorno in cui lui mi aveva dimostrato amore e dolcezza. – Sei diventato più forte immagino.
– Sì, sicuramente … hai visto anche tu mentre arrivavi, no? Volgermi contro il Re Orrendo non mi spaventa, piuttosto, pensando a voi, spero di essere in grado di proteggervi.
– Non devi pensare a questo, è sciocco distrarre la tua attenzione dal grande nemico, egli è furbo, abile e comanda molti Draghi da molto prima della tua nascita, devi concentrarti su di lui. Chiunque di noi dovesse morire sarà felice di farlo sapendo che lui è sconfitto.
– Ma io voglio che nessuno di voi muoia.
– Questo è un desiderio davvero ambizioso, mio Re. – Sorrise. – Se dovessimo morire speriamo di farlo per una vittoria. – Abbassai lo sguardo e mi strinsi in me stesso. Sapevo che aveva ragione eppure avrei voluto essere molto più forte di quel che ero così da non permettere loro di soffrire o di abbandonarmi. Era egoistico il mio pensiero, ma loro erano la famiglia, gli amici che tanto a lungo avevo desiderato, cercato e che infine mi ero costruito, avevo trovato. Alcuni mi amavano indipendentemente da chi o cosa fossi e Jethro era il primo di costoro. Altri mi amavano avendo conosciuto il sangue che scorreva nelle mie vene, il destino che avevo davanti o la spettacolarità della mia nascita. Uno mi amava profondamente ed inscindibile era il nostro animo.
– Sai mi fa strano sentirmi chiamare “mio Re” da te, non lo apprezzo proprio. – Borbottai intrecciando le dita e guardandolo di sottecchi. Rise ed il suo viso fu luminoso e la sua voce ardente e calda come fuoco d'inverno.
– Forse non dovrei chiamarti così? Sono lieto di essere sotto il tuo comando.
– Ma per me non sei un semplice suddito, Jethro. – Restò in silenzio e mi guardò a metà tra il rattristato ed il felice.
– E tu per me non sei un semplice Re, figliolo. – Le sue parole corsero dentro e fuori di me più volte e come una scossa di gioia mi invase il petto tanto che pensai che se il mio cuore fosse stato lì per essere colpito da quella freccia allora sarei morto di felicità. Tutto non perché mi avesse chiamato Re, ma figlio per la prima volta.
Pensate forse che dimenticavo che mio padre era Yorick, il Domatore e non Jethro, il Drago gentile? No, non lo dimenticavo. Ma l'affetto che nutrivo per lui era al pari di quello che dovevo nutrire per mio padre e sapevo che il rapporto che avrei avuto con Yorick non sarebbe mai stato simile a quello con Jethro. Non che esso non sarebbe stato pieno di amore in egual misura, ma in modo totalmente diverso. Il Cacciatore non avrebbe mai letto il mio animo così come un Drago poteva fare e non avrebbe mai compreso veramente i miei sentimenti per Nowell, la mia devozione, la mia silenziosa accettazione di essere da lui comandato. Non avrebbe mai compreso il peso di perdere il proprio cuore e di avere un padrone: queste erano cose che solo un Drago poteva capire, che solo Jethro poteva condividere con me. L'amore tra me e Nowell era completamente diverso da quello che il mio maestro nutriva per Wren, ma la fonte e le conseguenze erano assai simili. Yorick non avrebbe mai potuto comprendere cosa un Drago perde volando solo per il proprio Domatore e cosa guadagna ricevendo una vita di obbedienza. Yorick non avrebbe mai capito la dipendenza e nemmeno avrebbe provato un amore di Drago per me che, sebbene fossi per metà un Domatore, ero tale, ero Drago e così il mio cuore ragionava. Mio padre era Yorick, il Domatore, e per sua natura gli era difficile comprendere il mondo dei Draghi. Perfino il più buono di tutti i Domatori non l'avrebbe mai compreso. Mio padre era Yorick ed egli era il padre del mio corpo, della mia mente, ma Jethro era il padre del mio animo di Drago, dei miei sentimenti, lui li aveva creati in me ed a lui erano rivolti come tale. Diverso era l'amore che nutrivo per entrambi: uguale in misura, differente in modo ed in espressione.
– Jethro … – Mormorai.
– Non dovrei chiamarti così … lo so. Perdonami, Nivek, sarai molto confuso ed il mio egoismo mi porta su strade che dovrebbero essere proibite anche solo al mio pensiero. – Sussurrò chinando il capo e facendo scivolare via la sua mano da me.
– Jethro, per me tu sarai sempre come un padre, tale il mio cuore parla chiaramente e tale sempre parlerà. Non temo di ferire Yorick e non dovresti temerlo nemmeno tu. – Mi guardò dritto negli occhi e la tristezza divenne forte in essi.
– E come potrei non temerlo? Egli salvò la mia vita, quella di Wren e tua madre … tua madre mi portò via dalla battaglia. – Prese un respiro profondo. – Ero ferito, gravemente ferito. Non riuscivo ad alzarmi in volo ed anche Wren soffriva per me. Vennero Yorick e tua madre, ormai tutto era perduto. Mi presero e mi condussero via sulla groppa di Naisse. Insieme con lei avevo vissuto ogni passo … l'innamoramento, la fedeltà, il giogo del Domatore durante il volo, la consacrazione. Insieme a lei avevo vissuto la mia vita di Drago Domato ed ella mi stava salvando. Atterrammo dopo due ore di volo e Wren mi ordinò di trasformarmi in Drago. La mia prima ala sinistra era spezzata alla radice. Yorick riuscì a tagliarmela mentre Wren mi intimava di stare fermo e con insistenza chiamava il mio nome. Poi la nebbia giunse da est. Il nero invase il cielo e Naisse esortò Yorick affinché gli andassero incontro così che io e Wren avessimo avuto una possibilità. Si sacrificarono per noi e fu colpa mia ciò che passò tua madre. Mai riuscirò a perdonarmi la sua morte. – Deglutì. – Non posso intromettermi ancora … non posso arrogarmi un diritto che non ho su di te. Yorick è tuo padre e lo merita.
– Egli è mio padre! Non nego la sua importanza e nemmeno un affetto che nasce spontaneo dentro di me per lui. Tuttavia, per quanto tu possa essere debitore a Yorick ed a Naisse, io non ho nulla a che fare con tale debito ed il mio cuore parla con sincerità quando in te vede la figura di un padre. Mi hai protetto fin dove hai potuto e con il massimo delle tue capacità, mi hai condotto sul giusto cammino per diventare un Drago e mi hai amato indipendentemente da tutto ciò che potevo essere. – Gli posai una mano sulla spalla. – Non potrei mai sperare anche io di prendere il posto del figlio che tu e Wren avete perduto e nemmeno, Jethro, desidero tale ruolo, così come tu non potrai mai essere mio padre per sangue. Ma se in questo oceano di Draghi io ho scoperto nel tuo sguardo, per la prima volta, l'amore di un padre e la sua devozione, l'orgoglio e la bontà, non posso, ora che uno con il mio stesso sangue si presenta, rinnegare ciò che fu e ciò che sempre sarà. Un padre Drago desideravo da bambino ed esso è giunto a me senza ragione o legame e forte si è imposto come tale nel mio animo. – Si sollevò e mi abbracciò con forza immergendo le mani tra i miei capelli e per la prima volta avvertì il vero fuoco che un Drago delle Terre dei Vulcani possiede. Lo strinsi anch'io e così saldo si ricamò tale sentimento nella trama dei nostri animi e nulla più l'avrebbe distrutto.
Yorick era mio padre. Jethro era il padre che mi era stato mandato.
– Non avrei potuto sperare nemmeno nei più dorati dei miei sogni che un giorno avrei azzittito il dolore che perforava il mio petto di padre e che esso avrebbe accolto un figlio tanto nobile e tanto saggio. Non dimenticherò mai il figlio che ho perduto, ma il Cielo mi ha benedetto con il tuo amore e la gioia è identica. – Mi diede un bacio sulla fronte. – Non temo di ferire Yorick sebbene so che egli potrebbe non comprendere.
– Egli non è un Drago. – Risposi. – Ma crederà ciò che il mio cuore dice ed a lui non rivolgerò mai odio o sfiducia.
– Sarà ciò che il Cielo vuole.
– Così come sempre è. – Sorrise. Qualunque Drago che si fosse trovato in una situazione simile alla nostra, sebbene stentavo a credere potesse capitare nuovamente, non avrebbe mai e poi mai contrariato un Domatore. Di per sé andare contro la volontà di Yorick era ritenuto un'orrenda colpa tra i Draghi Domati. Entrambi noi eravamo Consacrati ed i nostri cuori appartenevano, così come le nostre vite ed i nostri corpi, ai nostri Domatori. È buffo pensare che infine, nella condizione più costrittiva in cui potevamo trovarci, possedessimo ancora la forza di compiere atti che seguissero i nostri sentimenti. Non desidero essere drastico, ma se i nostri Domatori avessero deciso diversamente allora io e Jethro saremmo diventati completamente estranei da un momento all'altro. Ciò che potrebbe sembrare comune, una scelta ovvia, per noi non lo era affatto. Prima della nostra volontà, e questo è sempre da tener presente, veniva quella del nostro Domatore e che ciò nella nostra vita non avvenisse era semplicemente una enorme concessione che ci era stata fatta.
Scegliere infine di esprimere, sebbene solo nel privato, l'affetto sicuramente particolare e profondo che provavamo l'uno verso l'altro era una scelta coraggiosa, ma che non poteva non essere compiuta. Sarebbe stato impossibile, se non obbligati, smettere di provare quel forte sentimento ed ero immensamente grato a Jethro per il suo coraggio. Il suo viso era disteso e sereno, in pace sembrava il suo cuore e tale era il mio ora che infine, così come eravamo stati condotti l'uno nelle braccia dell'altro, avevamo compreso ed accettato la condizione ed il ruolo che il Cielo aveva preparato per noi. Così esso aveva deciso e così noi ci comportavamo.
Ci sdraiammo su quella grande roccia e cominciammo ad osservare il cielo brillante e luminoso. – Pensavo la notte in cui hai rivelato di essere un Mezzo Drago ed i miei ricordi sono giunti al momento subito dopo che Nowell ti domò. – Confessò ad un certo punto come se si fosse ricordato il motivo per cui si era arrampicato in cima al picco.
– E perché ci pensavi? – Domandai.
– Ricordi che ti doleva la schiena e che su essa si erano formati profondi tagli? Io dissi che non sapevo cosa pensare e nella mia mente attribuii tutto al fatto che tu fossi un Indomabile. Ma non vi è Drago che rivela le proprie ali in forma umana, tuttavia potrebbe …
– … un Mezzo Drago. – Completai. – Certo avrebbe un senso.
– Penso che quando Nowell tentò di domarti le tue parti entrarono in forte conflitto: la tua metà di Domatore reagiva e si opponeva con forza, mentre quella di Drago era calma e tentava di azzittire l'altra. Forse proprio questa battaglia interiore spinsero le tue ali a voler emergere dal corpo di Domatore, di umano. Penso che quelle ferite fossero il simbolo della vittoria del Lungo Sguardo. Se tu non fossi stato tale, d'altronde, non credo proprio che saresti sopravvissuto, no?
– Sì, così infatti è.
– Così come non saresti sopravvissuto alla privazione del cuore. – Annuii. – Fu un gesto folle, sai?
– Lo so ora, in quel momento mi sembrò piuttosto sensato.
– Nowell come l'ha presa? – Chiese. Conosceva bene l'animo mio e del Domatore tanto che sapeva con precisione quali domande rivolgermi per scoprire la verità.
– Non fu felice. – Dissi. – Mi diede dello stupido e si arrabbiò molto, ma la distanza dei nostri cuori faceva soffrire entrambi, così il litigio non durò granché …
– Soffrire entrambi? – Ripeté stupito.
– Sì, entrambi.
– Solitamente un Domatore non soffre per la lontananza del corpo del Drago, altrimenti è chiaro che tuo padre avrebbe compreso che Naisse era viva, no? Il dolore che provano i Domatori è avvertibile solo quando quello che provano i Draghi è eccezionalmente forte, come ad esempio la mia ala spezzata, e soprattutto il dolore non deve derivare dalla lontananza dei corpi. Mi domando come sia possibile che Nowell soffrisse per la vostra distanza …
– Fu solo una mia congettura, forse voleva semplicemente scusarsi … – Confessai.
– Non vi sono congetture quando i cuori sono uniti. Conosci i suoi sentimenti prima che lui li provi no? – Annuii.
– Sì, come lui conosce profondamente i miei. – Lui restò pensieroso.
– Mi domando se infine donare il cuore sia identico al venirne privato. – Mormorò.
– Cosa intendi dire? Quali sono i tuoi dubbi? – Gli domandai cominciando ad avvicinarmi ai suoi pensieri.
– Immaginavo che forse succedono cose diverse ad un Domatore che riceve in dono il cuore di un Drago rispetto a quando lo prende, ed allo stesso modo cose diverse succedono al Drago. Ma forse è solo una mia impressione … Forse Nowell, essendo per metà Drago, è semplicemente più sensibile.
– Se così fosse vero, allora viceversa io dovrei aver posseduto più controllo di me stesso se la parte di noi a cui abbiamo deciso di non dare ascolto influenza l'altra, no? In fondo un Drago comune non può nulla su un Solitario, così come un Domatore comune non può nulla su un Lungo Sguardo, se fosse altrimenti io sarei morto. – Dissi.
– Ma se diverso fosse il vostro legame mi chiedo cosa è mutato. – Sospirò. – Potrebbe essere ben più pericoloso. Dovresti indagare su questo. – Sussultò. – Da quando lui ha il tuo cuore avete più volato?
– No, non è mai successo … – Risposi timoroso della sua reazione, ma lui non ne sembrò eccessivamente allarmato.
– Quando un Drago è Consacrato egli è fortemente assoggettato nel momento del volo, mentre quando è in forma umana il sentimento si affievolisce ed egli risponde solo agli ordini detti con il nome. Un Drago Consacrato a differenza di uno Domato non ha nessuna libertà in volo, sebbene anche quella del Domato sia minima, e soprattutto i comandi sono molto più facili da scambiare. È come se in quella precisa condizione i corpi dei due divengano una cosa sola ed una sola è la volontà. – Spiegò.
– Dici dunque che, se mai potesse esserci qualcosa di diverso, allora sarebbe chiaro una volta che io e lui compiamo il primo volo da Consacrati, o sbaglio?
– No, è proprio quello che intendo. – Sospirò. – Pensavo di averle viste tutte, sai? Con te ho dovuto ricredermi fin troppe volte. – Ridacchiai.
– Mi dispiace distruggere così le tue certezze. – Mi sfiorò il capo e sorrise dolcemente.
– È davvero impressionante quanto ogni cosa fin dall'inizio abbia spinto tutti noi a questo punto, non credi? La Ribellione di Yorick, la crudeltà del Re Orrendo, la nascita di Nowell … ogni cosa sembra aver condotto a questo. – Guardò le nuvole. – Hai mai pensato che se il Re Orrendo non avesse voluto spingersi oltre la crudeltà che già aveva prodotto egli non ci avrebbe contro?
– In effetti se non avesse presunto di aver messo incinta mia madre, non l'avesse lasciata qui e se non avesse tormentato Nowell conducendolo a cercare un modo per porre fine al suo odio, egli probabilmente governerebbe incontrastato. Ma il Re Orrendo non si sarebbe accontentato di un male a metà. Egli ha costruito la propria condanna e la propria caduta. – Annuì.
– È vero. – Concluse intrecciando le dita sul ventre e pensando a come l'animo di un uomo che aveva conosciuto era divenuto tanto oscuro da annebbiare la sua morale e qualsiasi ombra di bontà che poteva risiedere nel suo cuore. Molte persone che erano state, anche in minima parte, buone e generose, infine avevano dimostrato sconsideratamente la loro crudeltà e ciò rattristava Jethro che profondamente intuiva nel suo animo la tragicità di questo mutamento. Egli era troppo nobile perché ciò gli accadesse e dunque non comprendeva nemmeno come potesse capitare ad altri.
Lo immaginai, ragazzo solo e con un radioso futuro avanti a sé, mentre si gettava tra le braccia dei Cacciatori, proteggeva la sua famiglia e, mentre lo incatenavano, comprendeva che mai più avrebbe rivisto i luoghi in cui era nato, mai più avrebbe rivisto la sua gente ed assaporato quell'amore profondo che lo univa ad essi. Pensai che anche in questo eravamo simili, entrambi avevamo protetto qualcuno e ci trovavamo ora in una situazione assai simile. Una profonda tristezza mi colse nel pensarlo ancora afflitto dalla lontananza e dalla nostalgia. Non potei più tacere. – Jethro … – Sussurrai. – … ho conosciuto tuo padre. – Lui si voltò veloce con lo sguardo stupito e pieno di una certa immensa malinconia che mi fece stringere il petto.
– È ancora vivo? – Chiese piano.
– Sì, è vivo. Anche tuo fratello è vivo e ha avuto un figlio. – Lo informai e mentre parlavo temevo davvero di arrecargli dolore, ma restare in silenzio l'avrebbe ferito di più una volta che, in ogni caso, si sarebbero rincontrati.
– Jaxon … – Sussurrò sorridendo e pensando al viso del fratello. Penso che in quel momento realizzò di aver veramente avuto successo nell'impresa di proteggerlo.
– Erano felici di sapere che tu fossi ancora vivo. – Aggiunsi poi. Mi guardò.
– Cos'hai detto loro? Hai raccontato di me? – Annuii. – Cosa? – Mi domandò ancora.
– Solo che sei un Drago Consacrato e che ami la donna che ti ha domato. – Strinse le labbra e, sollevando gli occhi al cielo, si fece silenzioso. Ripensai al viso di Faron ed alla sua felicità una volta che ebbe scoperto che il suo adorato primogenito si era salvato. Ricordai molti momenti trascorsi tra la gente del mio maestro la quale, contro ogni mia aspettativa, era diventata cara al mio cuore tanto quanto la mia stessa tribù. Jethro restava in silenzio e sembrava diventare sempre più cupo, tanto che i miei pensieri tornarono dai ricordi e si rivolsero a lui. – Ho sbagliato? Ho parlato troppo? – Gli chiesi.
– Anche se avessi detto ogni cosa non avresti parlato troppo. – Mi rincuorò. – Sei stato gentile con me, Nivek, e so che non avresti mai detto più del necessario senza sapere la mia opinione. Ciò che hai scelto è stato certamente ottimo, ma mi spaventa sapere come ha reagito mio padre … – Spiegò sospirando subito dopo.
– Voleva vederti, riabbracciarti e conoscere Wren. Comprese che come aveva fiducia in te da Drago Libero così ne avrebbe sempre avuta anche da Consacrato. – Lo rassicurai e lui sembrò sicuro sulla verità delle mie parole. Strinse le mani al ventre e guardò il cielo con sollievo.
– Darò lui molto dolore quando scoprirà che non posso più volare. – Disse sorridendo come se già immaginasse il pianto di un padre che non rivedeva da molti anni.
– La tua voce parla ancora con forza, egli riconoscerà il figlio che amava profondamente e non si curerà di quante ali egli ora possegga. Meglio un figlio che non può più volare che nessuno, no? – Annuì e mi guardò.
– Penso di comprendere ora molto bene i sentimenti di un padre e non dubito che egli torni a provare affetto per me così come faceva un tempo, ma è inevitabile che vedendomi nella mia difficile condizione non ne venga rattristato. – Mi sfiorò il viso. – Anche io se ti vedessi relegato a terra quando così bello eri in volo, piangerei per te. – Mi avvicinai a lui e posai il capo sulla sua spalla mentre mi circondava con un braccio e mi dava un bacio sulla fronte. – Non vedo l'ora di rivedere tutti loro sebbene sia così profondamente cambiato che temo non mi riconosceranno. – Sorrisi e chiusi gli occhi mentre intorno a noi l'aria si alzava e scaldava le nostre membra. Essa ormai ubbidiva ai miei sentimenti ed io avrei voluto stringere forte Jethro e dirgli che Faron l'avrebbe immediatamente riconosciuto ed accettato. D'altronde entrambi erano profondamente cambiati.

Cosa ne pensate del rapporto tra Jethro e Nivek? Cosa della riflessione che Nivek compie sul Re Orrendo? 
La vicenda si infittisce, spero davvero che vogliate continuare a seguire la storia!

Iwon Lyme
   
 
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