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Autore: KamiKumi    08/05/2017    3 recensioni
Emily Mayton è una giovane ragazza in carriera:
Eccelle nel suo lavoro dei sogni.
La sua migliore amica è una pazza scatenata su cui si può sempre fare affidamento.
Il suo fidanzato da cinque anni è perfetto in tutto.. fuorchè tra le lenzuola.
Tuttavia la sua vita cambia radicalmente all'incontro col focoso Duke Worten. Un'attrazione magnetica che si trascinerà fin nel suo ufficio.
Un triangolo d'amore e negazione.
Ogni certezza svanisce quando inizia la passione.
Genere: Comico, Erotico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Busso per l'ennesima volta alla porta dell'appartamento di casa di Duke e sospiro sconfitta: sono venuta qui ogni giorno, anche piú volte, ma senza alcun risultato. Non ottengo risposta oltre all'eco dei miei pugni contro il legno ed il tremolio della mia voce quando chiamo il suo nome. Tutte le volte mi rassegno al fatto che Duke è partito e potrebbe non tornare mai piú.

Poso la fronte contro il legno freddo, stringendo gli occhi quando questa consapevolezza mi trafigge il petto. Se solo non fossi stata tanto codarda... Se solo non mi fossi crogiolata nell'autocommiserazione... Sollevo la testa ricacciando indietro le lacrime che mi pizzicavano gli occhi quando sento la porta dei vicini di casa di Duke aprirsi. La signora Patterson mi osserva con sguardo compassionevole salutandomi ed io ricambio con un sorriso moscio, dopodichè giro sui tacchi per tornare a casa a mani vuote, come sempre. 

Percorro a piedi la strada di ritorno verso casa; ormai è sera ed il clima è mite, quindi non si rischiano svenimenti o capogiri. Nell'aria c'è profumo di primavera, nonostante lo smog e gli odori della cittá. Mi scosto una ciocca di capelli dietro le orecchie, alzando gli occhi al cielo cercando inutilmente le stelle: l'inquinamento luminoso e i palazzi infiniti non permettono di godere dello spettacolo che la natura ci riserva. Rinuncio sconfitta, spostando l'attenzione sulle mie scarpe che ticchettano sull'asfalto, perdendomi nei miei pensieri.Da quando sono tornata a lavorare molte cose sono cambiate: in ufficio non si fa altro che parlare della riappacificazione tra Mr.Simmonds e Mr.Blake riguardo le loro antiche faide, pare circolino addirittura voci riguardo una possibile fusione delle due agenzie.

Mi viene da pensare che il merito di quanto avvenuto sia mio e di Duke e della buona riuscita del nostro lavoro. La campagna pubblicitaria che abbiamo ideato è giá diffusa per le strade di Manhattan; vedo le persone soffermarsi a leggere i vari manifesti e i volantini distribuiti e mi viene da sorridere, piena di orgoglio, soprattutto se ripenso a tutte le discussioni e i battibecchi avuti con Duke per accordare e far combaciare le nostre idee. Scuoto la testa, come se il ricordo fosse lontano e non di sole due settimane fa; settimane che sembrano infinite.

La situazione al lavoro non è l'unica cosa ad essere cambiata, però. In casa ho apportato delle modifiche all'arredamento, ho cambiato la disposizione dei mobili e riposto tutti gli oggetti e vestiti di Nate in alcuni scatoloni. Facendolo non ho potuto evitare un malinconico groppo in gola, perchè insomma, mandare a puttane una relazione stabile da anni non è affare da tutti. Che dite, potrei aggiungere questa dote al mio curriculum? 

Oltretutto non so cosa farne di tutti quegli scatoloni: Nate non risponde al telefono. E no, non è che si limiti a rifiutare le mie chiamate, è che ha proprio eliminato il suo numero dalla faccia della Terra. Probabilmente dovrei buttarli, o darli in beneficenza. Chissá, magari se faccio una buona azione il cattivo karma smetterá di perseguitarmi, direi che questa straziante sofferenza sia una penitenza sufficiente.Comunque sia, avevo bisogno di rimettere in sesto la mia vita, riallineare i binari e ricominciare il mio viaggio, qualsiasi cosa avessi bisogno di fare l'ho fatta: quindi ho una nuova coinquilina, si chiama Mich, ha quattro zampe ed il pelo folto e grigio, fatta eccezione per i piedini ricoperti di pagliuzze bianche ed i suoi occhi sono grandi e verdi. Esatto, mi sono presa una gatta. Da troppo tempo progettavo di prenderne una, ma Nate ne era allergico, quindi eccomi qui: finalmente sola e gattara.

Vengo destata per un momento dai miei pensieri da una ragazza alta e bionda, col viso coperto di lentiggini che mi tende un volantino.

«Vieni anche tu alla serata di beneficenza organizzata dal piú grande produttore di tè al Mondo! Si svolgeranno numerose attivitá in favore dei piú bisognosi-» La interrompo prendendole il volantino di mano e ringraziandola, prima che abbia modo di continuare col suo sermone. Si puó dire che io sia sufficientemente informata riguardo le attivitá della serata, devo solo decidere se andarci o meno. Ho fatto progressi e sono uscita dal mio stato di esilio dalla società, ma non mi sento in vena di rimanere tanto a lungo in un luogo estremamente affollato.

Riprendo il filo dei miei pensieri ricominciando a camminare. Ricordate di quando raccontai di non avere piú contatti con la mia famiglia da anni? Non ne ho mai spiegato il motivo, direi che sia ora di farlo: quando mi sono trasferita nell'appartamento di Nate avevo solo vent'anni e i miei genitori non erano d'accordo, poichè sostenevano fossi troppo giovane. Tuttavia mi ritenevo giá adulta, nonostante mancasse ancora un anno per potermi ritenere davvero maggiorenne. Inoltre non potevo piú aspettare, volevo assolutamente vivere col mio fidanzato. Insomma, mi hanno dato un ultimatum: se mi fossi trasferita definitivamente da Nate non avrei dovuto mai piú farmi vedere in casa loro. E cosí fu, come ben avrete immaginato. 

Seguí un lungo periodo di rabbia ed odio nei loro confronti, dopodiché subentrò la tristezza per il loro rifiuto e la loro mancanza. Cinque anni di distanza dalla propria famiglia sono troppi, per questo due giorni fa mi sono rifatta viva. E come dire? Mi hanno mandata al diavolo. Beh, non che mi aspettassi baci e abbracci, ovviamente, ma magari il tempo di un saluto e delle scuse. Questo non vuol dire che non ci riproveró, devo dar loro il tempo necessario a ricordarsi di avere una figlia.

Quando raggiungo il mio condominio sono le sette passate, ma mi rendo conto di non aver per niente fame. Il bello di esser single è che non sono costretta a cucinare per forza, quindi tutto ció che faccio non appena rientro è sfilarmi le scarpe in due calci e far scivolare la gonna a terra, per poi lanciarmi sul divano in tutta libertá. In men che non si dica Mich zampetta e miagola fino a raggiungermi per mordermi le dita dei piedi facendomi il solletico. Inizio a muovere le dita per farla giocare e lei mi azzanna la pelle con le unghiette ed i dentini, ma mentre lei si diverte in questo modo io ricomincio a rimuginare. Pare che sia il mio nuovo hobby: la mia vita è un malinconico agglomerato di pensieri su pensieri rivolti a Duke, in questo momento. Chissà cos'è successo? O meglio: chissà a chi è successo? 

Se si trattiene tanto a lungo dev'essere stato qualcosa che lo ha colpito nel profondo e, se a due giorni dall'evento, non è ancora tornato non si vedrà affatto. Non dovrei presentarmi nemmeno io, non avrebbe senso andarci senza di lui.

Bene, è deciso: non andrò.

Lo squillo del telefono rompe il silenzio nell'appartamento, stendo il braccio per afferrarlo e sul display compare il nome di Brenda. Rispondo con quanta più allegria mi è possibile, perché non ho proprio voglia di sentirla sproloquiare a proposito di come dovrei tirarmi su di morale ed evitare di pensare a lui. Se potessi evitare di farlo non starei così, me ne parla come se fosse semplice. Ma come si fa quando si percepisce una persona ovunque intorno a se?

«Emy! Hai già deciso cosa indossare per la serata di beneficenza?» Va dritta al punto, ponendomi la domanda che speravo con tutto il cuore non mi avrebbe rivolto mai.Sospiro. Ok, è il momento. Le dirò che non ho intenzione di andarci e sarò irremovibile «Non verrò.»

«Come sarebbe a dire che non verrai? È merito del tuo lavoro se ci sarà l'evento!» Percepisco il tono risentito ed irritato nella sua voce.

Faccio spallucce, anche se non può vedermi «Non è solo merito mio. E comunque non mi va di venirci, tutto qui.» Trattengo il fiato, in attesa che vada in escandescenza. Da quando le ho raccontato della festa non parla d'altro, è così entusiasta da dare l'idea di essere stata lei a realizzare la campagna dell'evento.

«Ah, ok beh si, lo capisco.»

Questa risposta però mi sorprende e mi spiazza «Ok, graz-» Poi il verso, che dovrebbe ricordare una risatina ironica ma che rappresenta più che altro un ghigno malefico, mi interrompe.

«Ti piacerebbe, vero?» Chiede retoricamente «Tu ci verrai, perché ci sarò anche io. Kyle mi ha invitata a presentarmi con lui ed ho bisogno del tuo sostegno morale.» Con questa spiegazione riesco a capire il motivo dell'entusiasmo degli ultimi giorni. Tento di aprir bocca per ribattere, ma mi interrompe prima che possa pronunciare una sola sillaba «Quindi non mi abbandonerai in balia degli eventi di una serata tanto importante. Non ti va di venire per te stessa? Fallo per me. Ti prego.» Conclude espirando, ed insieme al fiato sembra aver espulso tutta l'ansia e l'insicurezza trattenuta fino a quell'istante.

Vacillo e seguono attimi di silenzio in cui impreco mentalmente contro la mia amica. Sarò irremovibile, eh? Alzo gli occhi al cielo e poi mi rassegno al mio destino «E va bene! Ci sarò anche io.»

Brenda lancia un urlo di gioia «Sapevo che avrei fatto breccia nella parte tenera del tuo cuore!»

Rido di lei e del suo subdolo piano «Oh, ma vaffanculo Bren!» La insulto, col solo risultato di divertirla ancora di più e finalmente mi sento spensierata. 

Restiamo al telefono per quasi un'ora, così che lei possa raccontarmi della sua giornata ed io della mia, omettendo la visita a casa di Duke. 

Oggi è stata l'ultima volta.

Non andrò più da lui, perché lui non tornerà più... 

 

 Dato che la scorsa settimana l'ho passata oziando sul divano di casa mia, ammuffendo e raggrinzendomi insieme alla stoffa dei cuscini su cui ho vissuto, la ricerca del mio vestito per la serata di domani dovrà svolgersi in due ore e mezza, ossia entro la chiusura di tutti i negozi migliori della città. 

Dunque, ricordate la fatidica giornata di shopping intenso con Brenda? Se la risposta è no, beh sappiate che siete una delusione, e che potrete rinfrescarvi la memoria pensando alla serata in cui, prima di beccarmi una porta in faccia, ammiravo i fantastici stivaletti a tacco alto comprati nella sessione di spese pazze del mese scorso.

In ogni caso, come dicevo, il fatidico evento mensile è stato anticipato proprio ad oggi, in queste poche ore, perché non posso permettermi di marinare altri giorni di lavoro come una ragazzina irresponsabile. Già, grazie al mio assenteismo mi sono giocata una settimana di ferie. Ditelo insieme a me: grande mossa, Emy!

Ad ogni modo è il quinto negozio da cui usciamo a mani vuote, perché Brenda sosteneva che in mezzo a tutti gli abiti provati non ci fosse quello perfetto. 

Seguo la mia amica camminare a passo spedito, mentre le porte automatiche dell'ennesima boutique si chiudono alle nostre spalle.

«Dài Bren, posso sempre vestirmi da bustina del tè. Sarebbe un'ottima mossa di marketing, lo sai?» Le urlo da dietro cercando di sdrammatizzare e di raggiungerla. Sono esausta: la giornata di lavoro è stata pesante, non capisco come lei possa essere ancora tanto in forze dopo essere stata tutto il giorno a gestire un numero infinito di classi con ragazzini ingestibili.

Lei sbuffa, scostandosi dal viso i capelli trasportati dal vento, che oggi ha deciso di graziarci con la sua presenza. «Prendi sul serio questa cosa. Devi essere stupenda domani, voglio vederti splendere!» Sbotta senza nemmeno fermarsi a guardarmi in faccia.

Cosa crede, di poter sganciare una bomba simile pensando che io possa lasciar perdere questa sua insistenza? La fermo piazzandomi di fronte a lei «E con questo cosa vorresti dire?» Incrocia le braccia al petto, guardandomi come se non volesse aprir bocca, quindi inarco il sopracciglio assumendo un'espressione risentita, così da incoraggiarla a parlare. Inaspettatamente funziona.

Sbuffa sciogliendo le braccia e posandole sulle mie spalle. Mi fissa intensamente, aggrottando le sopracciglia. Assumo la stessa espressione, dettata però dalla confusione, poi poso lo sguardo sui passanti che ci squadrano, girandoci intorno imprecando perché ingombriamo il traffico «Brenda, siamo i mezzo alle palle.»

«Me ne frego! Guarda me.» Ordina lei esasperata ed io eseguo gli ordini «Senti, io voglio che tu torni ad essere quell'Emy sexy e scatenata che era la mia migliore amica di due settimane fa.» Ammette infine. La guardo negli occhi prendendola ora seriamente e leggendo al loro interno pura e semplice sinceritá. «So che adesso ti stai sforzando di essere vivace, ma lo vedo che non lo sei davvero. E io voglio solo che domani, anche se solo per una sera, tu sia felice e radiosa.»

Le sue parole mi emozionano. Non credevo di risultare cosí penosamente disperata, credevo di essere un'attrice migliore, eppure sapere che c'è qualcuno che ti conosce tanto bene da riuscire a sgretolare anche la tua maschera piú solida è rassicurante, scalda il cuore. La abbraccio d'istinto «Sei la migliore, Bren.»

«Lo so, lo so.» Mi stringe anche lei e rimaniamo avvolte l'una nelle braccia dell'altra come facevamo quand'eravamo ragazzine, dondolandoci da destra a sinistra con un sorriso da ebeti stampato in viso, fino a che i passanti non ci caricano di insulti per l'ingombro che stiamo creando nel traffico pedonale; a quel punto mi riscuoto.

«Direi di ricominciare il nostro giro di negozi. Devo trovare anche un paio di scarpe da abbinare, o sbaglio?» Le sorrido.

«Beh o potremmo trovare il vestito da abbinare alle scarpe...» Così, sentendomi proprio come le protagoniste di quei tipici film americani da teen ager, mi avvio con la migliore amica alla ricerca dell'abito più strepitoso che esista. 

 

Alla fine della giornata sono esausta, la sessione di shopping è stata proprio degna dell'aggettivo con cui l'abbiamo definita: "intensa" e ciò che ne abbiamo ricavato è il vestito da sera più basic mai visto sulla faccia della terra. E sapete perché? Beh, perché non siamo per nulla in uno di quei filmetti per ragazze in un cui la protagonista sfigata trova, ventiquattro ore prima del ballo, l'outfit perfetto per diventare reginetta, e tanto meno le viene recapitato per posta dal suo ricco migliore amico gay. Ah, e non sono così fortunata da avere una Fata Turchina a mia disposizione, non sono Cenerentola. Voglio dire, non ho nemmeno "il principe".

Per questo ci siamo rassegnate ad accontentarci del meno peggio, così da potercela filare a casa di Brenda insieme a Kyle e divorarci una pizza formato famiglia guardando qualcosa di televisione, o più che altro bevendo birra e sbronzandoci, per festeggiare a modo nostro.

Tuttavia alla fine il momento è arrivato: oggi, uno maggio, è il giorno della serata di beneficenza. Indosso il mio abitino nero lungo fino al ginocchio, con le maniche a tre quarti cucite in pizzo. 

È semplice ma mi fa sentire sexy, aderisce perfettamente al mio corpo facendomi apparire elegante e per nulla volgare. Ai piedi indosso un semplice paio di décolleté nere, quindi per compensare l'outfit semplice, mi sbizzarrisco col trucco e l'acconciatura più sfarzosi che conosca, che consistono in: rossetto rosso sulle labbra ed una spessa linea di eyeliner con una gran quantità di correttore e mascara ed una treccia elaborata, dopo aver rinunciato ad arricciarmi le punte dei capelli. Non sono in grado di usare la piastra per i boccoli, ok? Lasciatemi stare. Tuttavia guardo la figura riflessa nello specchio della camera degli ospiti, che ora è camera mia perché non volevo continuare a dormire nello stesso letto che ho diviso con Nate tanto a lungo, e nel complesso non sembro essere affatto male. 

All'improvviso mi sento elettrizzata al pensiero che effettivamente questa serata l'ho pubblicizzata io, col mio lavoro e anche se Duke non ci sarà andrà bene. Tutto andrà bene, perché non dovrebbe?

Sospiro facendomi coraggio, non vedo l'ora di arrivare li ed iniziare a bere. Esattamente, è lo scopo della mia serata. Beh, cosa dovrei fare altrimenti? Hanno tutti un accompagnatore, dovrei forse rimanere in disparte a piangere su me stessa perché sono una gattara solitaria? Esatto: forse dovrei. 

Ma potrei anche buttarmi sui free drink offerti su grandi vassoi d'argento e distribuiti dal catering senza che nemmeno debba fare la fatica di andare a procacciarmi l'alcol.

Alle sei e mezza in punto Brenda mi aspetta insieme a Kyle nella sua auto, abbiamo deciso di cenare fuori insieme, prima di dover scambiare convenevoli con totali sconosciuti o annoiarci a morte. Li raggiungo dopo essermi data un'ultima occhiata allo specchio ed aver salutato la piccola Mich. 

 Nel giro di mezz'ora parcheggiamo fuori dalle porte di uno dei ristoranti thai migliori di Manhattan e, con la fame che domina le nostre esistenze, ci fiondiamo all'interno, poco importa del nostro abbigliamento fin troppo elegante e del tutto fuori luogo. Insomma, chi cazzo ha stabilito che per mangiare tailandese non possa essere vestita come una bomba sexy?

Il problema sorge nel momento in cui il cameriere dai penetranti occhi a mandorla ci indirizza ad un tavolo non solo apparecchiato per quattro persone, ma anche già occupato. Da un uomo. Mi guardo attorno, per verificare che ci siano atri posti liberi, ma questi sono gli unici.

«Pssst.» Attiro l'attenzione di Brenda con un sussurro e lei si sporge verso di me senza guardarmi in faccia.

«Si?» 

«Ti sei accorta che al nostro tavolo c'è già qualcuno?» Lei non risponde, continua a camminare. Ancora qualche passo e saremo arrivati. Silenzio.

Un passo.

Silenzio.

Un passo.

Si volta verso di me con un sorriso sghembo sulle labbra «Non arrabbiarti.» E solo quando ormai siamo arrivati sgrano gli occhi e capisco il subdolo piano di quella manipolatrice della mia migliore amica. Altro che avere bisogno del mio sostegno per una serata importante o volermi vedere radiosa dopo giorni e giorni di mummificazione: mi ha teso un'imboscata organizzandomi un appuntamento al buio!

L'espressione che assumo in viso probabilmente non riuscirà mai ad esprimere il vero stupore e la vera indignazione che provo in questo istante, ma faccio a malapena in tempo a pensare di prenderla ad insulti che gli eventi iniziano a travolgermi ed io quasi non capisco più nulla di ciò che mi circonda.

Perché non dovrebbe andare bene, mi chiedevo eh? Sciocca me del passato, avresti dovuto rimangiarti la parola finchè ne avevi l'occasione e rimanere ferma nella tua posizione! Sono questi i momenti che mi fanno desiderare l'esistenza della DeLorean capace di viaggiare nel tempo.

Il ragazzo alza lo sguardo dalla tovaglia e quando ci vede si mette in piedi, pronto a salutarci. Stringe prima la mano di Kyle, poi bacia sulla guancia Brenda ed infine si piazza di fronte a me. Mi tende la sua mano, che afferro saldamente, e mentre osservo i suoi occhi castani accerchiati dalle sopracciglia folte e i suoi capelli scuri scompigliati mi rendo conto che il suo viso è familiare.

«Piacere di rivederti, Emily.» Mi sorride smagliante, come se fosse davvero, ma davvero felice di vedermi. Stringo la sua mano e ricambio al saluto sperando in un deja-vu. Niente. Ed ora cosa cazzo faccio?

Lo sconosciuto però ha dei modi di fare molto cortesi, mi scosta la sedia e mi fa accomodare al suo fianco, di fronte a Brenda. Sorrido cortese ringraziandolo, dopodichè pianto il mio sguardo minaccioso sulla mia migliore amica, che mi evita accuratamente. Non potrai sfuggirmi in eterno, ragazza.

Kyle, percependo il disagio e, probabilmente, sentendosi anche lui un traditore, decide di intavolare una conversazione. I due uomini iniziano così a parlare di... Beh, non li ascolto e nemmeno mi interessa farlo, perché sto cercando di comunicare telepaticamente con la mia amica. 

Purtroppo però non siamo "Lily e Marshall" e questo super potere non ci è stato donato alla nostra creazione, quindi le tiro un calcio sotto al tavolo. Lei sobbalza lamentandosi del colpo, attirando l'attenzione degli altri due.

Kyle ci osserva con espressione stranita. «Tutto ok?»

«Certo che si.» Rispondiamo in coro ed il traditore numero due sembra convincersi. Infine lei mi dedica tutta la sua attenzione. «Ma che fai?» Sussurra cercando di non farsi sentire.

«Ma che fai tu, semmai!?» Rispondo in tono concitato, rendendomi conto che trattenermi in questo momento mi è impossibile. Mi alzo in piedi «Noi andiamo un attimo in bagno, voi ordinate da bere.» Brenda sospira e, con rassegnazione, mi segue.

In questo momento sono fuori di me. Come ha potuto fare una cosa del genere? Cammino a passo spedito verso le toilette facendomi strada tra i tavoli ed evitando camerieri con vassoi strabordanti di appetitose portate.

«Emy aspetta dai, calmati!»

«Calmarmi?» Mi volto di scatto verso di lei dopo aver lasciato che la porta dei bagni femminili si chiudesse alle sue spalle «Brenda, come posso calmarmi? Non mi hai forse organizzato un appuntamento al buio contro il mio volere?»

«Non è stato contro il tuo volere!» Si difende lei, incrocia le braccia al petto mentre io sgrano agli occhi alle sue parole.

«Oh, si che lo è! Non volevo alcun appuntamento!»

«Non lo sapevo!» Sbotta a lei.

«Avresti dovuto chiedermelo!» Urlo di rimando.

«Non avresti voluto!» Alza di più la voce.

«Appunto, Brenda!» Ma che senso ha avuto questa conversazione? «Dio, ti rendi conto che il tuo ragionamento non ha né capo né coda?» Sospiro scuotendo la testa e lei fa lo stesso. «Bren, io non sono pronta a vedere qualcun altro. Mi sono appena lasciata con Nate ed è stato orribile, mentre con Duke è finita prima ancora che potesse iniziare...»

«Beh, non è che dobbiate per forza rivedervi tu e lei. È che io e Kyle non volevamo che ti sentissi come la terza incomoda.»

«Lo sono?»

«Certo che no!»

«Allora non ci sarebbero stati problemi. E comunque avresti dovuto dirmelo.»

«Si, avrei dovuto. Volevo solo che gli dessi un'altra occasione.»

«Un'altra occasione? Senti Brenda io di quel ragazzo non so nulla, chi diavolo è?» Do sfogo ai miei interrogativi, ora che finalmente ne ho la possibilità.

«Come sarebbe a dire, non sai chi sia?» Domanda confusa.

«Non so, ha un'aria vagamente familiare...» Rispondo non troppo convinta voltandomi verso lo specchio per controllare che il trucco sia ancora intatto nonostante il caldo.

«È Lucas, lavora alla Blake. Durante la settimana in cui sei scomparsa dalla faccia della terra ha continuato a bazzicare intorno al tuo ufficio, così Kyle gli ha chiesto chi fosse. Dice che vi siete conosciuti circa il mese scorso nei loro uffici.» Lucas? Il nome non è nuovo alle mie orecchie e, se associato al visto appena visto, mi viene in mente un flashback in cui lo incontro proprio dove ha detto lui, davanti alle macchinette del caffè, quando avevo intenzione di infiltrarmi nell'ufficio di Duke. È il ragazzo che mi ha indicato la direzione da seguire, ma certo!

«E cosa vuole da me?» Domando asciugandomi le mani su dei fazzolettini di carta.

«Ma sei stupida o cosa? Vuole conoscerti, è ovvio!»

«Beh, è un modo strano per farlo, no?»

Fa spallucce, la questione non sembra turbarla «Ha solamente chiesto a Kyle di presentarvi ed io gli ho dato l'ok. Non ti ha mica seguito di nascosto fino a casa come uno stalker, per poi farvi irruzione di nascosto mentre eri in doccia e tappezzare le pareti di post-it con inquietanti e dubbiose dichiarazioni d'amore.»

Inarco un sopracciglio «Questo sarebbe stato inquietante.»

«Suppongo di si.» Ridacchia lei in risposta.

«Faresti meglio a guardarti meno thriller.» Le consiglio scuotendo la testa, divertita.

«Mai.» Sorride radiosa «Pronta a tornare di la, ragazza?»

«Andiamo, bellezza!» Usciamo dal bagno per fare ritorno al tavolo quando realizzo che Lucas con buone probabilità resterà con noi per tutta la serata, poiché sarà stato invitato anche lui all'evento, così come tutti gli impiegati della Blake e della Simmonds. 

 

Alla fine della cena mi ritrovo ad accettare la presenza di Lucas come se fosse sempre stata desiderata. Si rivela essere un ragazzo simpatico, brillante e pieno di grinta.

Al momento del dolce, dopo essersi dichiarato stra pieno, si è offerto di mangiare la metà della mia cheesecake che non riuscivo più a finire. Ragazzi, non scherzo se vi dico che era la fetta di torta più alta che avessi mai visto. 

 

Il luogo della festa non è troppo distante da dove ci troviamo ora, quindi ci dirigiamo verso il parcheggio. Solo che, mentre mi avvio verso l'auto di Kyle, Brenda mi impedisce il passaggio.

«Che stai facendo?» Sussurro guardandola minacciosa.

«Devi andare con Lucas!» Ordina lei.

«Cosa? No! Lo conosco da meno di due ore, potrebbe rapirmi ed uccidermi.»

Inarca un sopracciglio «Non essere stupida e vai con lui!» La fulmino con lo sguardo per l'ennesima volta, ma alla fine faccio come mi viene chiesto. Indietreggio facendole il dito medio, poi mi volto per raggiungere Lucas. Sono proprio una Bad Girl.

Lui sorride e mi si affianca, apre la portiera della sua lucidissima Cinquecento Abarth rossa e una volta messosi in posizione di guida mi guarda fiero «Pronta?» È orgoglioso come se ci trovassimo su una ferrari, eppure mi viene da ridere se ripenso ad una conversazione avuta con Duke riguardo quest'auto, diceva: «Se vuoi comprare un'auto da abbinare allo smalto puoi prenderti una Cinquecento Abarth, è proprio da femminucce.» Non riesco a trattenermi e mi sfugge un risolino, così facendo attiro la curiosità del ragazzo che mi sta a fianco. «Che c'è?» Domanda sorridente.

Scuoto la testa «Nulla, mi piace la tua auto.» Allaccio la cintura «Sono pronta.» 

 

Quando arriviamo all'evento io e Lucas aspettiamo gli altri ai piedi della scalinata che porta all'ingresso della gigantesca villa in cui si terrà la serata di beneficenza.

«Tutto ok?» Mi domanda con premura avvicinandosi «Hai freddo?» Solo in quel momento mi rendo conto di stare stringendomi le braccia al petto.

«Fa più fresco di quanto mi aspettassi, ma sto bene.» Gli sorrido per cortesia prima di tornare a guardare sovrappensiero la scalinata di fronte a me. Non avrei dovuto indossare dei tacchi tanto alti sapendo che mi aspettavano così tanti scalini, e mentre il mio cervello si perde in inutili considerazioni, Lucas si fa avanti avvicinandosi a me. Si sfila la giacca per posarla sulle mie spalle ed avvolgermi in un semi abbraccio. M'irrigidisco al contatto troppo ravvicinato ed indesiderato.

«Meglio?» Sorride accomodante ed io non è che possa rispondere "Amico, avevo detto di star bene così com'ero. Devo prenderti a pugni per farti entrare in testa un concetto?", quindi mi limito a sorridere e ringraziare. Mi guarda intensamente, o insistentemente, negli occhi; distolgo lo sguardo sentendomi a disagio.Sospiro di sollievo quando, dal fondo della strada vedo arrivare Brenda e Kyle. Non appena rientro nel campo visivo di Brenda mi manda un'occhiata, come se approvasse l'audacia del ragazzo nel cercare un contatto così ravvicinato. La fulmino, perché c'è ben poco da approvare.

Poi finalmente decidiamo di avviarci all'ingresso. Una volta superato l'ostacolo della scalinata sembra quasi di aver raggiunto il paradiso terreno: veniamo inondati da miriadi di suoni e profumi, a partire dal brusio delle voci delle centinaia di invitati alla musica che le accompagna, dal profumo delle candele esterne a quello degli antipasti caldi e freddi serviti dal catering. 

Nella hall veniamo accolti dagli addetti con molta disponibilità e gentilezza, tanto da farmi sentire troppo viziata. Affidiamo loro le nostre giacche e soprabiti, cosa che sono stata più che felice di fare: ho lasciato alle loro mani la custodia della giacca di Lucas con l'intenzione di non indossarla mai più.Non appena muoviamo un passo nella sala principale veniamo trasportati nel film Il grande Gatsby, beh forse l'atmosfera è meno esuberante ed eccentrica, ma lo ricorda molto! L'unica differenza è che qui non ci sono ballerini o acrobati o persone ubriache perse che urlano e schiamazzano dappertutto. Ok, gli ubriachi forse ci sono, ma in quantità ridotta quantomeno.

Prima che abbiamo modo di accorgercene veniamo trascinati dallo spirito vivace della festa e rimpinzati di alcolici dal camerieri, o fermati da conoscenti e sconosciuti per scambiare quattro chiacchiere, cosicchè in men che non si dica passano le ore e ci si ritrova a discutere con un'anziana, ma elegante signora a proposito di quanto irrispettosi siano i giovani d'oggi. È tutto vero, lo giuro.

«Non si può più andare in giro tranquilli e spensierati con quegli scalmanati per le strade!» Esclama lei con un po' troppo vigore per la sua voce gracchiante, ma le do corda incitandola e tintinnando il mio calice col suo.Non so bene cosa io stia facendo: ho perso di vista Kyle e Brenda da non so più quanto tempo, ormai e ogni volta che tento di iniziare la loro ricerca vengo bloccata da qualcuno. Credo sia la cinquantesima persona che mi mette in trappola ed io non ho nessun appiglio su cui fare leva per svignarmela. Fino a che...

«Lucas!» Esclamo con voce più alta che posso riuscendo ad attirare l'attenzione dell'unica persona semi-conoscente presente nel mio campo visivo. Mi volto verso l'anziana signora «Mi scusi, devo proprio andare. È stato un piacere parlare con lei.» La liquido in fretta, prima che possa anche solo pensare di aprir bocca e dire qualcos'altro. Raggiungo Lucas.

«Come sta andando?» Domanda avvicinandosi a me, sorpassando decisamente il confine della mia area privata. I suoi occhi sono arrossati, semi chiusi ed il suo alito odora d'alcol più di una distilleria. Com'è che solo io, tra tutta questa gente, sono ancora sobria quando avrei voluto solo ubriacarmi? Sospiro e mi allontano il necessario in modo che tra noi ci sia una ragionevole distanza.

«Sta andando alla grande. Hai visto Kyle e Brenda?» Aspetto con impazienza la risposta, ma tarda ad arrivare, perchè questa volta veniamo abbordati da Mr.Simmonds: il mio capo piuttosto brillo.

«Ecco la mia ragazza prodigio!» Mi saluta così, avvolgendomi le spalle con il suo braccio e stringendomi a se. Troppo contatto umano questa sera. Mi sento di nuovo una bambina tra le braccia del nonno, un nonno dolce, scorbutico ed ubriaco. «Allora, allora, ti stai divertendo? La tua campagna è stata grandiosa!» Urla e ride mentre esclama con voce rauca e grassa una serie di parole dietro l'altra, la sua parlantina non si ferma e stargli dietro è impossibile. Sono stata incastrata un'altra volta. E dire che sarebbe dovuta essere una serata divertente! Invece mi ritrovo a parlare di lavoro con del vino tra le mani ed in abiti eleganti.

«Mi sto divertendo molto, Signor Simmonds e la ringrazio, sono davvero felice che la campagna abbia avuto tanto successo!» E questa è la prima frase sincera che pronuncio da quando sono arrivata in questo posto. Mi sento fuori luogo, all'improvviso mi rendo conto che non vorrei davvero ritrovarmi qui, a farmi trascinare dagli avvenimenti, senza davvero sapere cosa fare. Me ne vado. Sarebbe questa la mia intenzione, se solo riuscissi a raggiungere le porte senza essere placcata da qualcuno.

«E dimmi, cara: il tuo collega dov'è?» Chiede ingollando l'ultimo sorso di vino nel suo calice, per poi posarlo sul vassoio di uno dei camerieri che passano al suo fianco e sostituirlo con uno pieno per se, ed un altro per me. Ecco dunque che mi viene posta la fatidica serata della domanda, decido di fare la finta tonta.

«Signore, Kyle Lusher è qui da qualche parte, purtroppo l'ho perso di vista da qualche ora e-» Ma il mio capo mi interrompe.

«Ma no, no! Mi riferisco al ragazzo della Blake con cui hai lavorato.» Parla agitando il bicchiere, facendo finire sul pavimento buona parte del contenuto «Worten, no?»

«Oh, ma certo! Lui-» E, come se questa sera non volessero lasciarmi finire di parlare, vengo interrotta da Lucas. Odio essere interrotta. Sto parlando, lasciatemi parlare!

«Lui non c'è. È in Italia.» Spiega in un sorriso inquietantemente subdolo. «Adesso ci scusi, ma dobbiamo proprio andare. Buona serata, signore.» Lo liquida in men che non si dica ed afferrandomi per il polso mi trascina via dirigendosi verso la zona bar. Ok, ma cos'è appena successo?

Siede su uno sgabello, io invece resto in piedi «Stavo pensando di tornare a casa.» Spiego «Quindi ti salut-» Mi interrompe di nuovo ed io inspiro, per evitare di sbottare.

«Non lasciarmi qui da solo dai, Emily.» Posa una mano sul mio fianco attirandomi a se in un movimento così inaspettato da non aver avuto il tempo di impedirlo. «Ci penso io a farti compagnia. Prendi qualcosa da bere.» Fa un sorriso sbilenco accompagnato da un occhiolino. Sento di nuovo l'odore del suo alito ed un senso di nausea mi invade.

«Sto bene così. Vorrei davvero tornare a casa.» Se prima avevo pensato che fosse un tipo ok, ora mi rimangio tutto, insomma non ci si ubriaca alla prima uscita con una ragazza, o sbaglio? Cerco di allontanarmi da lui, ma la sua presa è salda sulla mia vita.

«Oh, mi stai invitando a casa tua! Audace, mi piace.» Le sue mani scorrono sui miei fianchi «Andiamo allora, dai.»

Sto per caricare un pugno, perché a quanto pare è veramente l'unico modo che ho per fargli entrare in testa un concetto, ma per sua fortuna, e mia sfortuna, qualcuno si frappone tra noi. Mi ritrovo così al sicuro dietro due ampie spalle; spalle di qualcuno che riconosco subito: «Vedi di starle davvero molto alla larga, Lucas.» Tuona Carlos «A meno che tu non voglia un'altra ordinanza restrittiva, questa volta insieme ad un braccio rotto.»

Lucas si alza in piedi, rendendo evidente la differenza di statura tra loro: il mio amico è notevolmente più basso «Levati di mezzo, Gomez. Nessuno ti ha chiesto niente.»

Sono ad un palmo di distanza l'uno dall'altro «Ah, no?» Con la testa fa cenno verso sinistra «Il mio amico laggiù non la pensa allo stesso modo.» Io e Lucas a quel punto voltiamo la testa in quella direzione, ma mentre io non vedo nessuno, per lui evidentemente non è lo stesso: sgrana gli occhi ed indietreggia immediatamente.

«Ok, me ne vado. Calmatevi, ok amici?» Carlos ride, mentre io sono confusa.

«Vattene, coniglio.» Il bruno esegue gli ordini ed il mio amico si volta nella mia direzione «Tutto ok?» 

Faccio spallucce «Nulla che non avrei potuto sistemare con un pugno, ma si grazie.»«Bene, vai a casa ragazza.» Mi consiglia, prima di incamminarsi nella direzione opposta a quella da cui era venuto, ma prima che possa sparire dalla mia vista lo raggiungo bloccandolo per un braccio.

«Hey, ma Brenda sa che sei qui?» Domando, perché lei non mi ha detto nulla riguardo la sua presenza. Si volta verso di me irrigidendosi, la sua reazione mi fa alzare un sopracciglio. «Beh, che ti prende ora?» Rido della sua postura insolitamente tesa.

«Niente. Certo che sa che sono qui. Ovviamente lo sa.» Risponde come un'automa, stranendomi ancora di più. Ma cos'hanno le persone sta sera? Sto per chiederle se per caso abbia visto da qualche parte sua cugina, ma proprio come se si fosse sentita chiamata da noi, Brenda appare urlando il suo nome. Sento la sua voce, prima di vedere il suo aspetto: il vestito, prima liscio e privo di pieghe, ora è stropicciato lungo i fianchi, i capelli sono scompigliati, non più arricciati alla perfezione e vogliamo parlare del trucco appena sbavato e delle macchie rosse sul collo? Oh, si amici miei, avete capito bene: la mia amica qui è reduce di una bella scappatella. La guardo e ridacchio scuotendo la testa.

«Carloos! Non sapevo ci fossi anche tu!» È euforica, tanto che si capisce subito quanto sia ubriaca e su di giri. Non è esilarante vederla in questo stato? «Dov'eri sparito? Sono giorni che ti cerco dappertutto!» Quest'informazione mi confonde e, guardandolo in viso, riesco a scorgere il suo nervosismo. 

«Ero fuori città.» Risponde guardando me e Brenda, poi più volte oltre le nostre spalle, in un punto non definito.

È un pessimo bugiardo. Capisco che sta controllando la presenza di qualcuno e non impiego molto tempo a fare due più due: Duke è qui.

Mi volto di scatto verso la direzione in cui sta guardando, ma non vedo alcun volto familiare, quindi torno a guardare Carlos. Sa che ho capito e sgrana gli occhi, consapevole di aver rivelato qualcosa che, probabilmente non avrebbe dovuto.

«Dov'è lui?» Domando con urgenza. Il mio cuore inizia a battere all'impazzata a questa consapevolezza Duke è qui. È qui! Dopo piú di due settimane so dove si trova, so che è qui. La mia voce trema quando ripeto la domanda.

«Lui chi?» S'intromette Brenda, confusa dalla mia reazione.

«Duke.» Sbotto io continuando a fissare truce Carlos. Ah si, non vuole parlare? Gli salto alla gola afferrandolo per il bavero della giacca del suo completo costoso «Dimmi dov'è Duke!» Sono fuori di me per il bisogno che ho di vederlo. Ho bisogno di parlargli, di toccarlo, rimediare ai miei errori.

Il fottuto messicano si rifiuta di aprire bocca, ma ancora una volta si tradisce spostando lo sguardo in un punto preciso oltre le mie spalle. Scatto immediatamente per seguire la direzione dei suoi occhi e proprio in quell'istante, di spalle, scorgo la figura della persona che tanto agognatamente cerco da settimane.

Mollo immediatamente la presa «Fanculo a te, Gomez!» Una scarica di adrenalina mi percorre e, prima ancora che possa dare alle mie gambe alcun comando, inizio a correre per raggiungerlo.

Le persone che mi stanno intorno sembrano improvvisamente aumentare di numero, impedendomi di avanzare. Sgomito per farmi spazio tra loro, ma anche cosí sono rallentata, questa volta per via delle mie scarpe troppo alte. Merda!

«Duke!» Lo chiamo a voce alta, quasi urlando, ma la musica e le risate delle persone mi sovrastano. Lo sto perdendo di vista. No, non posso perderlo di nuovo. Non prima di avergli parlato! 

Mi guardo i piedi, poi guardo verso la direzione in cui era diretto Duke e senza pensarci due volte mi sfilo quei fottuti tacchi. «Erano scomodi in ogni caso.»

Inizio a correre ignorando le occhiate torve e i risolini divertiti. Corro a perdifiato, senza abbandonare la speranza di ritrovarlo, troppo bisognosa di vederlo ancora una volta.

Quando finalmente lo vedo il tempo sembra congelarsi. È in un angolo della grande sala, accanto ad una grande finestra ad ingollare tutto il contenuto del suo flúte, senza mai scollare i suoi occhi dai miei.

D'un tratto le gambe si fanno molli e tremanti, come fossero fatte di gelatina. Ho il fiato corto per la corsa e il cuore batte così ferocemente da sconvolgermi.

Avanzo lentamente verso di lui e non si muove, è come se per tutto il tempo non avesse fatto altro che osservarmi ed aspettarmi, cercando me.

Lo guardo negli occhi e nel loro freddo azzurro leggo il dolore combattere contro l'amore; una battaglia interminabile che coinvolge anche me, che termina nel momento in cui sopraffatto chiude le palpebre allontanandomi da se.

Continuo a camminare verso di lui, incurante di ció che mi circonda, perchè tutto ció che vedo, tutto ció che sento e tutto ció che voglio è proprio davanti a me e deve saperlo.

«Duke.» Il suo nome è un sussurro, che sulle mie labbra suona meglio di qualsiasi altra parola. Amo la sensazione che provo nel pronunciarlo, quindi lo ripeto «Duke.»

«Cosa vuoi, Mayton?» Torna a guardarmi e la sua voce è crudele mentre si riferisce a me, chiamandomi col mio cognome. È freddo, asettico. «Nate non ti sta aspettando?» Inarco le sopracciglia, sorpresa. Provo a ribattere, ma mi precede «Oppure questa volta lo tradirai con Lucas? Solo, ti consiglio di sparire prima che se ne possa accorgere domani mattina, può diventare molto appiccicoso.» Sputa in tono velenoso. Le sue parole mi colpiscono come frecce appuntite. Incasso il colpo, ma non lasceró che continui ad insultarmi; mi avvicino furiosa caricando uno schiaffo da lasciargli in pieno viso, ma prima ancora che sia abbastanza vicina da poterlo colpire mi blocca afferrandomi per il polso, per poi riporlo lungo il mio fianco. E lo fa senza mai separare i suoi occhi dai miei. 

E sapete da cosa capisco che non pensa davvero ció che ha detto? Dal sentimento di straziante bisogno che vi leggo dentro. Lo stesso che provo dal giorno in cui l'ho incontrato; quel carnale, fottuto, maledetto, dolcissimo bisogni che ho di lui. Muovo un altro passo verso di lui caricando uno schiaffo con l'altra mano, mentre senza previsione i miei occhi iniziano a pizzicare, riempiendosi di lacrime. Mi blocca di nuovo, e un'altra volta ancora quando ci riprovo; alla fine impedisce i miei movimenti tenendomi per gli avambracci e se anche il suo è un contatto rude e rabbioso, sentirlo appaga i miei sensi.

Il suo viso è ad un palmo dal mio, mi guarda le labbra mentre io guardo le sue, bramandole; percepisco il suo respiro affannato, il calore della sua pelle.

Sussurro il suo nome, ho bisogno di lui, ma ció che ottengo è la sua recessione.

Stringe gli occhi e mi lascia andare inspirando, come a farsi coraggio, poi indietreggia. 

«Perché hai mandato Carlos ad aiutarmi?» Sbotto. «Tu mi hai vista fin da subito, non è così? Perché non sei intervenuto tu?»

Lui scuote la testa «Vattene, torna dal tuo ragazzo, Emily.» Ma non lo lascio andare, ne me ne andró io. Non questa volta.

«Duke, io non sto con Nate.» Lo chiamo a voce piú alta questa volta, attirando piú attenzione di quanto avrei voluto, ma non mi importa «Ascoltami, ti prego.» Si volta verso di me, mi guarda con una luce negli occhi che da speranza, la sua mascella resta contratta, le sue labbra sono una sottile linea dura.

Deglutisco a vuoto, la mia voce trema e non riesco a risultare sicura come vorrei, mi sento debole, esposta e vulnerabile. E se dovesse andarsene, decidendo di non voler avere niente a che fare con me? Riuscirei a sopportarlo?

Probabilmente no, ma lui ora è qui, io lo amo e lui deve saperlo.

Abbiamo un discreto pubblico che ci osserva curioso, ma sembra che a Duke non importi e in realtà nemmeno a me. Prendo coraggio ed avvicinandomi a lui inizio a parlare, lascio semplicemente che i miei sentimenti si tramutino in parole, una catena di emozioni trattenute che si legano a loro mettendomi a nudo, per lui. «Dopo essermene andata, quella mattina, ho passato intere giornate a pentirmi di ciò che avevo fatto. Non di essere stata con te, non me ne pentiró mai, ma di averti lasciato. Ho passato intere giornate a sognare, cosí da evitare la realtá dei fatti: ho creato un falso universo che, al risveglio, mi ha portata a pensare e a desiderare che le cose fossero andate proprio come stavo sognando.» Ora sono abbastanza vicina a lui da poter afferrare la sua mano, cosí la prendo per portarla sul mio viso. Ispiro forte quando mi accarezza dolcemente e quasi vacillo. Non cedo, ma mi faccio forza e mi schiarisco la voce «Quando l'ho capito sono corsa da te, volevo vederti, dirti ciò che provavo, ma tu non c'eri. Ogni giorno sono venuta a casa sua ed ogni volta con tanta più speranza mi presentavo quanto più era pesante la delusione nel momento in cui non vi trovavo nessuno. Avevo gettato la spugna.» Le lacrime minacciano di distruggere il coraggio che ho raccolto per aprire il mio cuore. Inspiro forte piegando indietro la testa per impedirmi di piangere, poi espiro. «Ed ora tu sei qui e sento che non posso lasciarti andare, che non posso tacere, perchè non voglio che il mio amore per te resti un'ipotesi mai vissuta, una possibilitá persa, un tentativo non realizzato. Non voglio vivere in un sogno, io voglio viverlo e farlo diventare realtá, insieme a te.» La mia voce trema, sono travolta dalla dolcezza del suo tocco, dall'intensitá del bisogno che leggo nel suo sguardo. Con incertezza alzo una mano sul suo viso e lui sorride. Sorrido anche io. È questo il momento in cui smetto di avere paura. «Io ti amo, Duke. E-» E poi mi interrompe, ma questa volta non mi lamento, perchè succede tutto ciò che desideravo, tutto ció in cui speravo: posa le sue labbra sulle mie in un bacio profondo, carico di bisogno, possesso, desiderio e, piú di ogni altra cosa, di amore.

Assaporo la sua bocca, che tanto mi era mancata, non mi lascio sfuggire nemmeno un briciolo di lui: le mie mani scorrono dal suo petto alla sua nuca e ai suoi capelli, mi aggrappo a lui che è tutto ciò che voglio, donando tutta me stessa in questo bacio travolgente.

Sento le sue braccia stringermi forte, le sue mani toccarmi ovunque, come se stesse ancora accertandosi della mia presenza davanti a se. Ma io sono qui, sono qui e non me ne vado, perchè non c'è altro posto in cui vorrei stare.

Mi metto in punta di piedi avvolgendo il suo collo con le mie braccia e lui mi solleva da terra, stringendomi a se quasi a voler esser tanto vicini da diventare una persona sola.

Ci separiamo solo quando rimaniamo senza fiato. Poso la mia fronte sulla sua e quando sollevo le palpebre incontro le sue iridi chiare. Mi osservano brillando e perdo un battito quando il suo stupendo sorriso mi abbaglia. La sua felicitá è contagiosa. Sorrido anche io, totalmente stordita da lui.

«Ti amo, Emily.» Torno alla realtá solo quando intorno a noi esplode un'applauso collettivo.

Guardiamo i nostri spettatori urlare congratulazioni e fischiare per noi. Scoppiamo a ridere imbarazzati e non c'è cosa che avrei potuto desiderare di piú di sentire ancora una volta il suono della sua risata.

«Abbiamo dato spettacolo a quanto pare.» Osserva lui ancora troppo felice, con quel suo bel sorriso stampato in viso, per poter risultare imbarazzato.

«Decisamente.» Sorrido anche io. Sembriamo due idioti con una paresi facciale, ma non mi importa.

«Ce ne andiamo?» Propone lui ed io annuisco.

Uscendo dalla grande villa incrocio Brenda e Kyle che mi salutano con i pollici alzati, dopo essersi ripresi da un iniziale stato confusionale. Duke mi sorride di nuovo ed io sorrido a lui. 

Ci prendiamo per mano e ce ne andiamo, insieme.

Alla fine, ragazzi è proprio questo che dovete fare: trovare il coraggio di guardare nei vostri cuori e fare ció che vi rende felici.


 

 

SONO TORNATA

Ebbene rieccomi!
Ho tante cose da dire, tra le altre ovviamente ci sono le mie scuse, come sempre. È stato un altro mese difficile e nonostante tutto l'impegno messo per pubblicare il prima possibile ho impiegato comunque troppo tempo, mi dispiace davvero.
Spero con tutto il cuore che almeno questo ultimo capitolo sia degno del suo nome.
Ultimo. Wow, ragazzi.
Mi emoziona molto pubblicarlo; finalmente (o purtroppo) pongo la parola fine a questa lunga, lunghissima, storia.
Per chi ha avuto la sfortuna di seguirmi fin dall'inizio sa bene che il primo capitolo è stato pubblicato nel 2014. Insomma, la velocità e la produttività sono proprio due caratteristiche che mi appartengono al cento per cento!
Ricordo che dalla pubblicazione del prologo a quella del primo capitolo di Emily erano passati diversi mesi. Insomma, mesi e mesi senza scrivere assolutamente nulla! Ora come ora non so come sarebbe la mia vita se non impiegassi almeno la metà dei miei pensieri alla stesura di un testo.
La scrittura è diventata parte di me, per questo non voglio smettere.
Infatti ho già in mente, e già abbozzato, alcune possibili storie future, che annuncerò dopo l'epilogo.
Come, come? Ho scritto epilogo?
Ebbene si, il vero e proprio ultimissimo capitolo sarà il prossimo.
Non so quanto sarà lungo, o corto, so solo che ci sarà
Ovviamente mi auguro il prima possibile. Purtroppo si sta avvicinando la maturità ed il tempo libero si riduce a zero ogni giorno che passa.
Vi prego di portare pazienza, non vogliatemi male.

Ed ora, come sempre, che ne dite di farmi sapere cosa ne pensate del capitolo?
Lasciatemi i vostri commenti, le critiche, i temi, gli insulti, o tutto ciò che vi sentite di dire in un commento o una recensione!
Fremo dalla voglia di sapere cosa ne pensiate.
Sono elettrizzata e terrorizzata.
A presto, un bacione
KamiKumi

 
   
 
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