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Autore: AngelsOnMyHeart    08/05/2017    1 recensioni
Piccolo racconto che si pone tra la fanfiction "Il Dominio del Caos" ed il suo sequel, attualmente in lavorazione.
Quando il cambiamento giunge, c'è ben poco che si possa fare per fermare la sua inesorabile avanzata. Spesso, la scelta migliore è quella di lasciarsi andare ad esso, cosicché la vita possa riprendere il suo corso verso una nuova direzione.
Ed è proprio da un cambiamento che questa breve storia vuole tracciare il suo inizio.
Due gemelli, Will ed Abigail, stanno affrontando il primo grande viaggio che la vita gli ha posto dinanzi. Il che li condurrà non solo verso un nuovo stato, in una nuova casa, ma anche incontro ad un percorso irto di tanti piccoli segreti tornati a galla, impazienti di essere ripescati, mentre un vecchio rancore a lungo sopito, riemerge dal calmo mare dei ricordi. Questo rancore trascinerà con se una potente tempesta e quando il viaggio sarà giunto al suo termine, nulla resterà più come prima.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: I Cinque Guardiani, Nuovo personaggio, Pitch
Note: Movieverse, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO VI
Open your eyes.




Dopo un'intera giornata passata a preparare il locale in vista dell'imminente inaugurazione- tra tubature da rifare, impianti andati ed il tempo agli sgoccioli- Roy non desiderava altro che godersi una doccia rilassante, magari seguita da una cena all'insegna del comfort food. Una pizza grondante mozzarella non sarebbe di certo dispiaciuta ai ragazzi. Già...i ragazzi. Chissà, forse era finalmente giunto il momento di parlare con loro, raccontargli la verità. Se solo non avesse passato l'ultima settimana a credere che ogni sera fosse il momento giusto, avrebbe creduto un po' di più in quel pensiero.
Purtroppo l'uomo vide i suoi piani di beneamato riposo sfumare nel momento in cui imboccò il vialetto di casa, non ritrovandovi l'auto parcheggiata, e ricordandosi solo in quel momento dell'SMS che Jill gli aveva mandato quel pomeriggio: “STO ANDANDO A FARE L'ECO. ABBIE E WILL HANNO ANCORA LA FEBBRE ALTA E NON SE LA SONO SENTITA DI VENIRE CON ME. PORTA LORO DEI DONUTS QUANDO RIENTRI” 
Senza ombra di dubbio Jillian doveva ancora trovarsi dal ginecologo, altrimenti era indubbio che si sarebbe già precipitata a casa, una volta finita la visita. Roy sapeva che quell'appuntamento era importante per lei, per tutti loro, altrimenti sarebbe dovuto crollare il cielo prima che lei lasciasse i gemelli da soli in casa. 
La sua era stata una gravidanza non facile, specie nei primi mesi, e più di una volta avevano temuto per il peggio ma da quando si erano trasferiti a Burgess, Jill non aveva più avuto alcun malore, la gravidanza stava finalmente volgendo al termine e la tavola calda -un sogno che aveva sempre tenuto nel cassetto- presto avrebbe aperto. Sì, tutto stava volgendo per il meglio. 
Roy sospirò, sorridendo fra se e se, passandosi una mano tra i corti capelli neri. Negli ultimi anni qualche ciocca grigia era spuntata ma la cosa non sembrava preoccuparlo, era sempre stato un tipo giovanile, qualche capello bianco non avrebbe arrecato alcun danno, per il momento. 
Si avviò quindi verso i gradini del portico ma, prima di inserire le chiavi nella serratura, si fermò un istante, iniziando poi a ripercorrere a ritroso il vialetto di casa per osservare la facciata dell'edificio. Un altro sospiro, stavolta carico di malinconia, sfuggì alle sue labbra. 
Quanto tempo era passato dall'ultima volta che si era soffermato a guardarla così? Quasi vent'anni. Per tutto quel periodo aveva creduto di essersi lasciato alle spalle i ricordi e le emozioni che lo legavano a quel luogo ma, adesso che si trovava nuovamente lì, si rese conto che non aveva fatto altro che raccontarsi una bugia. I ricordi erano stati solamente sepolti da altri, così come le emozioni, riemergendo talmente nitidi da sembrare che fossero solamente passati un paio di giorni, dall'ultima volta che aveva abbandonato quel vialetto. 
Quasi di sfuggita gli parve di scorgerla ancora lì, nascosta tra le rosee tende dagli stampi floreali, una bambina che stringeva a se il suo orsetto di peluche, guardandolo confusa. 
Quanto male si era egoisticamente lasciato alle spalle. 
E presto tutto questo male, che aveva tenuto malamente nascosto in una fitta rete di bugie ed omissioni, gli sarebbe ricaduto addosso se non si fosse deciso a dire ai suoi figli la verità su quel posto. La sua verità. 
:-Ed io che avevo intenzione di rilassarmi-. Ridacchiò tra se e se, stavolta più che mai deciso a chiudere quella faccenda, mentre entrava in casa. 
Senza avere nemmeno il tempo di chiudersi la porta alle spalle, udì una risata provenire dal piano superiore ed il suo corpo si irrigidì brevemente. Nonostante gli anni ne avessero impolverato il ricordo, conosceva quella risata. 
No- scosse il capo -non è possibile” Si disse, convinto che la sua testa gli stesse giocando un brutto scherzo. Lanciò le chiavi sul bancone ed iniziò a risalire le scale quando la sentì di nuovo, stavolta ben più chiaramente, provenire dal piano di sopra. 
Era lei! Era lì! 
:-Helen!-. Urlò precipitandosi lungo le scale, inciampando più volte tra uno scalino ed un altro, per raggiungere la camera da letto. Non aveva idea di cosa si sarebbe ritrovato di fronte una volta entrato nella stanza: lei in carne ed ossa o uno spettro? Oppure la semplice illusione perfettamente illustrata dal suo senso di colpa? 
Quando però la realtà si palesò nuda e cruda ai suoi occhi, il sangue parve gelarglisi nelle vene. 
Fece un passo incerto dentro la camera, fissando ipnotizzato la TV accesa, sulla quale si stava riproducendo un vecchio ricordo. 
:-...allora signor Papà, vogliamo farlo questo saluto per le telecamere?-. Domandò l'ilare voce di una donna, probabilmente colei che teneva la telecamera, inquadrando un giovane uomo, poco più che un ragazzo, intento nel cullare tra le braccia allenate una neonata. 
:-Maledizione-. Mormorò Roy riconoscendo il proprio riflesso, di vent'anni più giovane e con i capelli più lunghi, sorridergli attraverso la telecamera. 
:-Guarda che bel signor Papà, Scarlett, siamo proprio fortunate eh?-. Continuò a scherzare la donna, zoomando l'inquadratura sul viso addormentato della bambina che Roy stringeva a se. 
:-Si è addormentata- sussurrò l'uomo, adagiando la piccola nella sua culla con particolare attenzione -sembra un angelo quando dorme-. 
:-Peccato che per il tempo restante sembra posseduta dal demonio. Com'era il titolo di quel film? Il villaggio dei dannati, o qualcosa del genere-. Rise la donna tornando ad inquadrare il marito che iniziò a sorridere imbarazzato alla telecamera. 
:-Cosa ne dici se ora facciamo conoscere a Scarlett la signora Mamma?-.Chiese stavolta il giovane Roy, allungandosi lesto oltre la telecamera per afferrarla e ruotarla di 180° gradi. 
:-No no no! Sono ancora in pigiama!-. 
A quel punto il video venne messo in pausa, bloccandosi su di un fotogramma che mostrava una giovane donna, intenta a coprirsi il viso con le mani e, sebbene questo gesto coprisse i tratti principali del suo viso, era ben evidente un ampio sorriso trasparire sulle sue labbra. 
Roy lasciò cadere a terra il telecomando e senza pensarci troppo si precipitò in camera dei figli, realizzando con amarezza ciò che era ormai evidente: non erano più lì. 
Il panico prese subito possesso della sua mente e subito iniziò a gridare i loro nomi, correndo da un lato all'altro della casa. 
Non li metterò in punizione, lo giuro, fa solo che stiano bene” Pregò Roy comprendendo che i bambini non erano più in quella casa e a dargliene ulteriore conferma fu la porta della cucina spalancata sul retro. 
L'uomo iniziò così una folle corsa a perdifiato nel bosco, alla ricerca dei suoi figli. 

 
* * * * 

Scarlett si chinò silenziosamente dinanzi allo schermo, osservando a labbra serrate la giovane donna intrappolata in quel fotogramma sfocato: i suoi capelli neri erano raccolti in una coda di cavallo disordinata e, nonostante indossasse un pigiama piuttosto largo, era evidente che fosse parecchio magra. Allungò una mano per sfiorarle i palmi delle mani, parate dinanzi al viso, ma trovò solo la tiepida superficie dello schermo sotto i polpastrelli. 
Eppure era così bella, così come se la ricordava, e così vicina da far male quanto in realtà fosse ancora irraggiungibile. Ancora una volta dovette ricordarsi che quell'ultimo abbraccio che continuava a desiderare da anni non sarebbe mai giunto. Una lieve fitta le annebbiò la vista per un breve momento, costringendola a distogliere lo sguardo, e si portò le mani contro il petto. 
No, non di nuovo” Si fece forza lei, volgendo una fugace occhiata a Khole e Pitch. Quest'ultimo fece un passo in avanti per aiutarla a rialzarsi ma lei lo fermò con un gesto della mano :-Sto bene-. Gli disse rimettendosi in piedi per rivolgersi a Khole, non aveva tempo da perdere per un'ennesima scenata. 
:-Cos'è successo, dopo che lo hanno visto?-. 
:-Vorrai dire cosa NON è successo! Perché è successo veramente di tutto qui-. Rispose il ragazzo, eccessivamente entusiasta. Pitch non poté fare a meno di chiedersi se il ragazzo fosse completamente insensibile alla situazione oppure un semplice idiota. Decise di optare per la seconda opzione. 
:-Evita di girarci attorno, ragazzino, non abbiamo tempo da perdere-. Gli disse seccato l'Uomo Nero e Khole alzò gli occhi al cielo, incrociando le braccia attorno al petto semi nudo mentre spostava il proprio peso da un piede all'altro. 
:-E va bene- sbuffò infine, abbassando la testa da un lato, lasciando che i setosi capelli gli ricadessero sulla spalla scoperta -Quando sono sceso i bambini stavano guardando i ricordi nella scatola...cioè nella televisione. Anche loro non hanno finito di vederlo. La bambina ha iniziato ad inveire furiosa contro il padre, ha urlato parole talmente fantasiose da aver sconvolto anche me ed io non mi sconvolgo facilmente. Davvero! I suoi termini erano così coloriti che mi sono dovuto tappare le orecchie-. Khole mimò il gesto, spostando lo sguardo da Scarlett a Pitch e viceversa. 
:-Ed è stato a quel punto che il piccolo Kesegowase mi è sfuggito dalle mani-. 
:-Kesechecosa?-. Domandò Pitch. 
:-Il fearling-. Fu la risposta atona di Scarlett. L'uomo ebbe l'immediata sensazione che una voragine si stesse aprendo sotto ai suoi piedi. 
:-Sì! Kesegowase è scappato via ed è saltato sulla schiena della bambina. Io ho cercato di acchiapparlo ma in un attimo...PUFF! Scomparso-. Il ragazzo guardò Pitch ma questi non gli stava più prestando attenzione, posando uno sguardo tra l'incredulo ed il colpevole sul pavimento, le sue mani erano serrate in due pugni. 
:-Poi la bambina ha cambiato completamente atteggiamento, urlava sì ed era ancora arrabbiata ma a quel punto ha iniziato a fare delle strane teorie. Entrambi mi sembravano parecchio spaventati, il fratello poi non ha detto una sola parola per tutto il tempo-. 
:-Da cosa erano spaventati, lo hanno detto?-. Lo incalzò Scarlett. 
Khole si gratto il capo, pensando alcuni istanti :-Tra le varie cose le ho sentito dire “Farà la stessa cosa con noi, tanto vale andarcene subito”. Ed è stato a quel punto che ha afferrato il fratello, trascinandolo nella loro camera. Poi sono usciti di casa-. 
Scarlett non seppe cosa dire. Aveva ottenuto quello che voleva e solo per ritrovarsi con il provare un incredibile odio verso se stessa, sentendosi un'incredibile stupida per non essersi resa conto prima dell'errore a cui stava correndo incontro. E tutto questo per cosa? Una misera vendetta trasversale. 
Volse velocemente il capo in direzione di Pitch, ancora assorto nei propri pensieri e notò solo in quel momento che le sue mani erano strette in due pugni serratissimi. Scarlett gli corse vicino ed afferrò il suo pugno sinistro per stringerlo tra le proprie mani. La stretta dell'uomo si sciolse al contatto con la pelle di lei. Pitch parve in quel momento risvegliarsi da un sogno ad occhi aperti, guardandola con espressione sorpresa per alcuni secondi. 
:-Io...-. Tentò di dire ma Scarlett non gli diede il tempo di pronunciare un'altra parola. 
:-La colpa è solo mia- disse decisa, fissando i suoi occhi grigio-perlati in quelli ambrati di lui -Ho commesso un gravissimo errore e se ti avessi dato ascolto subito, forse, avremmo potuto evitarlo. Ma non posso tornare indietro e cambiare le cose, l'unica cosa che posso provare a fare adesso è rimediare e, per questo, ho bisogno del tuo aiuto-. 
Pitch sorrise, apprezzando le parole di Scarlett, e seppur si sentisse ancora in colpa per come erano andate le cose sapeva che non era quello il momento ed il luogo. Doveva dimostrarsi forte e doveva farlo per lei. 
:-Li troveremo-. Le promise. 
:-Wow! Sembrate proprio una coppia, se lui non fosse troppo vecchio-. Mormorò Khole ad alta voce. 
Pitch prese seriamente in considerazione l'idea di defenestrarlo ma la situazione richiedeva una certa fretta e non aveva di certo altro tempo da perdere con lui. 

 
* * * * 

:-Qui dovrebbe andare bene, per questa notte almeno-. Esclamò Abigail lasciando cadere il suo zainetto tra le radici di una quercia. 
:-Abbie ma sei sicura...-. Tentò di dire Will a mezza voce. 
Abigail prese un respiro profondo e Will poté vedere le piccole spalle della sorella alzarsi ed abbassarsi vistosamente prima che questa si voltasse, mostrando il viso spruzzato di lentiggini solcato da alcune lacrime, che lei avrebbe sempre negato d'aver versato. 
:-Ma allora sei proprio stupido e non vuoi capire? Hanno già iniziato a metterci da parte. Secondo te perché siamo venuti qui?-. 
:-Papà ha detto che era per far star bene la mamma-. 
Abigail fece un gesto stizzito, alzando le braccia al cielo :-Papà ci ha mentito Will! Vogliono abbandonarci e ci hanno portato così lontani da casa così che non potessimo ricordare la strada per tornare indietro! Non appena nascerà lo sgorbio vedrai. Faranno in fretta a dimenticarsi di noi, non ci vorranno più nemmeno vedere. Lo capisci o no?-. Urlò Abigail ed il piccolo Will si chiuse a guscio, stringendo il suo zainetto contro il petto mentre un nodo doloroso gli avvolgeva la gola. Alla fine si decise ad annuire, iniziando a scalciare la terra sotto ai suoi piedi. 
Abbie sospirò e prese il fratello per le spalle, cercando di moderare i toni stavolta :-Stai con me, Will. Farò in modo che non ti succeda niente-. 
A quel punto la bambina rivolse nuovamente la propria attenzione all'albero, studiandolo. 
La quercia era piuttosto bassa, il suo tronco era largo e tozzo ed i rami che la ricoprivano abbastanza massicci e, a quanto sembrava, resistenti. Una radice svettava dal terreno più alta delle altre, con un piccolo slancio le avrebbe permesso di raggiungere i primi rami senza problemi. 
:-Qualche tempo fa ho visto in un documentario che esistono tribù, di un paese che non mi ricordo, che dormono sui rami degli alberi per proteggersi dagli animali predatori. Faremo meglio a dormire lassù, almeno per stanotte-. 
Will alzò lentamente lo sguardo ai rami e mugugnò, avvertendo le vertigini anche se i suoi piedi erano ancora saldamente ancorati a terra :-Abbie ma dove hai visto questo documentario? E se dovessi cadere mentre dormo?-. 
Abigail sbuffò ed i suoi adorabili ricci si sollevarono scoprendole la fronte :-Ma devo proprio spiegarti tutto. E' ovvio che faremo a turno. Quando dormi tu, io ti tengo d'occhio. Quando dormo io, tu controlli me. Chiaro no?-. 
:-Se lo dici tu-. 
Col senno di poi si sarebbero entrambi chiesti cosa passasse loro per la testa. 
Abigail si rimise lo zaino in spalla, apprestandosi ad iniziare l'arrampicata :-Vado prima io- spiegò issandosi sulla radice sporgente -quando sarò salita sul ramo più basso, ti do una mano a tirarti su, ok?-. 
Will annuì distrattamente, nella sua testa i pensieri stavano formulando ben altro. Per lui era ancora difficile riuscire a credere a ciò che quella vecchia VHS gli aveva rivelato. Il papà come poteva aver nascosto loro una cosa simile? Forse ciò che aveva detto Abigail era vero: la mamma ed il papà si erano stancati di loro ed avevano intenzione di lasciarli lì, abbandonandoli in quel luogo a loro sconosciuto, come il papà sembrava aver già fatto in precedenza, per poi ritornarsene a Chicago una volta che fosse arrivato il nuovo fratellino. 
Questo, effettivamente, spiegava l'eccessiva dose di punizioni ricevute nelle ultime settimane e che non ne avevano mai ricevuto in così gran numero nemmeno nell'arco di un anno: stavano perdendo la pazienza perché non li volevano più. 
E quella donna e la sua bambina, Scarlett, dove erano finite? 
Scarlett...Scarlett” aveva continuato a ripetersi fra se e se dal primo momento in cui aveva sentito pronunciare il nome, cercando di ripescare dalla propria memoria il motivo per cui gli sembrasse così familiare. Sì era un nome abbastanza comune ma era certo di non aver mai conosciuto nessuna ragazza, donna o bambina con quel nome. Gli ci era voluto non poco ma alla fine ci era arrivato. Quel nome compariva all'inizio di tutti i libri di scuola che avevano sfogliato qualche settimana prima, quelli con le frasi ed i disegni raccapriccianti. 
Il bambino guardò le proprie mani facendo attentamente un paio di conti con l'aiuto delle dita: calcolando la differenza tra la data riportata nel video ai loro giorni, dovevano essere passati all'incirca 25 anni. 
Perché ne lei, ne la madre vivevano più in quella casa? Il papà aveva sempre detto loro che l'aveva ereditata da una vecchia zia, che forse fossero entrambe... 
:-Will se non ti decidi a salire ti lascio giù, dormirai da solo e lascerò che i procioni ti mangino la faccia!-. 
Will alzò pigramente il capo in alto ricercando la sorella. Si era già arrampicata sul primo ramo ed ora stava solo attendendo che lui si decidesse a salire. 
Senza dir nulla e poco convinto, si arrampicò sulla radice e poggiandosi con il braccio sinistro contro il tronco dell'albero, protese la mano destra in alto nel tentativo di afferrare la mano di Abbie, che riuscì solo dopo un paio di saltelli incerti sulle punte. A quel punto non dovette far altro che spingere i piedi lungo la corteccia per darsi la spinta necessaria a raggiungere anche lui il ramo più basso. 
Incredibilmente al di là delle sue aspettative, la salita da un ramo all'altro si rivelò piuttosto semplice. I rami erano massicci quel tanto che bastava a sorreggere due ragazzini e vicini il necessario così che potessero raggiungerli senza dover rischiare l'osso del collo ad ogni passo. 
Quasi non riusciva a crederci, per una volta non si sentiva poi così vigliacco come tendeva sempre a dipingerlo Abbie. 
Due rami, tre rami, quattro rami... 
Non è poi così difficile” Pensò spavaldo Will, abbassando erroneamente lo sguardo. Non appena i suoi occhi incontrarono le radici dell'albero a metri di distanza da lui, percepì subito la vertigine e lo stomaco attorcigliarsi in una terribile morsa che gli diede la nausea. Spaventato si chinò, tremante come una foglia al vento, a pancia in giù contro il ramo, avvolgendovi le braccia per poi iniziare a gridare il nome della sorella. Le piccole mani iniziarono immediatamente a sudare, nonostante potesse giurare di stare congelando per il terrore. 
:-Abbie!- gridò -Abbie aiutami!-. 
Abigail, già a tre rami di distanza sopra la sua testa, si abbassò scocciata a guardare cosa il fratello stesse combinando ma, non appena lo vide tremante abbracciato al ramo, non perse un secondo per raggiungerlo. 
:-Will andiamo, smettila di fare così. Te l'ho detto è tutto apposto-. 
:-No Abbie, non mi interessa e non è tutto apposto! Non riesco a muovermi da questo stupido ramo e questo perché bisogna sempre fare quel che dice la tua testa matta!-. 
Abigail sbarrò i grandi occhi verdi, non aspettandosi una simile reazione del fratello nei suoi confronti, ed in un primo momento tentò di ribattere ma quando le sue mani sfiorarono il suo braccio gelido, comprese che forse era giunto il momento di tenere la bocca chiusa. 
:-Ho paura Abbie- scoppiò a piangere Will -non voglio andare via. Voglio tornare a casa da mamma e papà-. 
Abbie si morse il labbro inferiore, portando una ciocca ribelle dietro l'orecchio :-Io credevo di fare la cosa giusta per noi-. 
Will tentò di alzare un poco il capo, per guardare la sorella dritta in faccia :-A me sembra più che volessi fare la cosa giusta per te, non vedevi l'ora di incasinare la situazione. Sì anche io ci ho messo del mio ma non ho mai voluto ne pensato di arrivare a questo- sospirò, ricacciando un conato di vomito dovuto alla tensione -ti prego ora aiutami a scendere-. 
Abigail non aggiunse altro e, mettendosi cavalcioni sul tronco, prese le spalle del fratello :-Ora torniamo a casa-. 
Will, percependo la presa della sorella, parve tranquillizzarsi e rilassò i muscoli, così da riuscire finalmente a tirare su il busto, restando seduto con le gambe penzoloni. 
:-Adesso lo so che è difficile ma devi alzarti e seguire i miei passi per scendere. Se fai quel che ti dico non ti farai male, va bene?-. Cercò di rassicurarlo Abbie porgendogli una mano, sebbene anche lei avesse iniziato ad avvertire un certo nervosismo in quel momento. Aveva paura per Will e si vergognava di non essersi resa conto in cosa lo stesse, anzi, in cosa si stessero cacciando. Come poteva esserle veramente venuto in mente di scappare via in quel modo. 
Will strinse la mano della sorella saldamente e cercò di rimettersi in piedi ma, nella fretta di scendere, il piccolo non si rese conto che il suo piede destro era andato ad incastrarsi tra il ramo ed un ramoscello che sporgeva da esso. Così, quando senza pensarci tirò su la gamba, si ritrovò come strattonato verso il basso, scivolando lateralmente pronto ad affrontare un volo di quasi cinque metri se i suoi riflessi, che aveva sempre creduto inesistenti, non gli avessero concesso di aggrapparsi ancora una volta al ramo, stavolta restando con la schiena pendente verso il terreno. 
Troppo confuso per realizzare, riuscì a malapena a sentire la voce di Abigail chiamarlo mentre tentava di aiutarlo ma, non appena la bambina fece un solo piccolo passo, il ramo si incrinò appena, producendo uno scricchiolio che fece rabbrividire entrambi. 
:-Abbie cosa faccio?-. 
:-Stai...tu stai fermo. Io...- iniziò a borbottare Abbie, guardandosi intorno spaventata, alla ricerca di una possibile soluzione che potesse aiutare suo fratello ad uscirne incolume. 
:-Will! Abbie!-. I loro nomi, trasportati dalla leggera brezza che annunciava il calare del sole in quella fresca serata di fine estate, giunsero alle orecchie dei bambini che sembrarono tirare un vago sospiro di sollievo nell'udire quella voce familiare. 
:-E' papà-. Esclamarono all'unisono, incominciando nuovamente a riprendere le speranze. 
:-Will, io vado incontro a papà. Correrò come il vento, tu però ti prego, cerca di non muoverti troppo. Saremo qui subito-. Disse Abbie iniziando una veloce discesa e poi una folle corsa nel bosco. Will, dal canto suo, non poté far altro che annuire, tremante, in attesa che sua sorella tornasse indietro con il papà. Pregando intensamente che sia lui che il ramo riuscissero a reggere nell'attesa. 

 
* * * * 

Non appena raggiunsero il cortile sul retro della casa Pitch richiamò con un fischio le ombre gettate dagli alberi, le quali iniziarono a fondersi tra di loro dando forma ad Onyx. L'incubo trottò incontro al suo padrone chinando poi il muso verso terra non appena lo raggiunse, consentendogli di salire sul suo dorso. A quel punto l'uomo porse a Scarlett la propria mano, così da aiutarla a salire a sua volta in groppa al cavallo. Quando entrambi furono in sella, Pitch schioccò le redini e la creatura partì al galoppo. 
:-Senti qualcosa?-. Domandò nervosa Scarlett, avvolgendo le braccia attorno al busto di Pitch, lanciando di tanto in tanto occhiate fugaci ma attente attorno a se. 
L'uomo strinse i denti, tentando di mantenere la massima concentrazione :- Percepisco una forma di timore, e potrebbe essere ciò che stiamo cercando, ma c'è qualcosa che interferisce con essa e non riesco a localizzarla. Per il momento so solo che dovrebbe essere in questa direzione-. 
In tutto il mondo, una sola frazione di secondo riusciva a generare milioni di paure. Riuscire ad individuarne una ben specifica e di un determinato bambino, mescolata a chissà quali altre emozioni che ne confondevano i tratti, non era una cosa esattamente semplice. Specie se sotto pressione. 
Scarlett annuì non insistendo più del dovuto, posando il capo contro la schiena dell'uomo. 
Come era potuta cadere ancora una volta in quello stupido tranello, non lo sapeva nemmeno lei. A distanza di così breve tempo poi. Erano passati solo cinque anni e la sua mente era nuovamente stata annebbiata da un odio che l'aveva resa cieca delle proprie azioni. Questo voleva forse dire che non c'era speranza per lei? Che nulla era realmente cambiato e che il suo centro -come adorava definirlo North- non era affatto il Cambiamento? Eppure ce la stava mettendo tutta, per diventare una Guardiana, ma come poteva compiere un simile passo se si ritrovava tuttora così ancorata ad ad un passato che non riusciva a portarle altro che odio e sofferenza? 
Alzò appena gli occhi, incontrando la nuca di Pitch. 
Lui però era veramente cambiato, sapeva di averlo percepito ne era certa. 
Non era più l'egoista di un tempo e glielo stava dimostrando anche in quel momento, aiutandola a rimediare a quello stupido errore. 
I suoi occhi scintillarono, illuminandosi di una lieve sfumatura rosata mentre sorrideva tra se e se, quasi dimentica di ciò che stava accadendo :-Che sciocca, come ho fatto a non accorgermene prima?-. Sussurrò spingendosi un po' più contro la sua schiena, stringendo un po' di più la presa. 
:-Hai detto qualcosa?-. Le domandò Pitch, volgendo appena il capo oltre le sue spalle senza riuscire a vedere altro che una cascata di capelli neri. 
:-No, no-. Mormorò la ragazza. 
Onyx a quel punto frenò bruscamente, annusando l'aria per pochi secondi per poi drizzare le orecchie e, nitrendo fieramente, impennò agitando in aria gli zoccoli. 
:-Li abbiamo trovati!-. Fu l'esclamazione vittoriosa di Pitch, prima di ripartire nuovamente al galoppo. 

 
* * * * 

:-Will! Abigail!-. Gridò Roy quanto più forte i suoi polmoni gli consentissero. 
La sua voce era roca, la gola graffiata ed ogni grido non faceva che aumentarne il dolore ma non gli interessava. Finché i suoi figli non fossero tornati a casa, sani e salvi, avrebbe sfruttato ogni particella di ossigeno per richiamarli. 
Non avrebbe permesso che gli capitasse qualcosa, non di nuovo, non a loro che non avevano nulla a che vedere con il suo passato. 
Sarebbe morto, se gli fosse stata posta dinanzi una scelta. 
Ancora una volta inspirò a fondo, preparandosi ad un nuovo grido quando si ritrovò interrotto dalla voce della sua piccola Abigail. 
:-Papà-. Esclamò lei, quasi senza fiato, sbucando da un sentiero alla sua sinistra. 
L'uomo sentì l'animo risollevarsi quando vide la sua piccola volpe corrergli incontro, cadendo in ginocchio per stringerla a se non appena la raggiunse. 
:-Mi dispiace papà-. Pianse lei contro il petto del padre ma all'uomo non importava di niente, nemmeno che gli avesse disubbidito, ciò che più gli premeva era che stesse bene. 
:-Non dirlo nemmeno piccola volpe- la rassicurò, volgendo poi delle occhiate preoccupate tutte attorno a se -dov'è Will?-. 
La bambina si scostò di scatto :-Will!- esclamò come se stesse dimenticandosi di una cosa importante, iniziando a tirare il padre per un braccio-E' in pericolo papà-. 
:-Come in pericolo che gli è successo?-. 
Abbie non si fermò ma continuò a tirargli il braccio, esortandolo a camminare più veloce :-Ci stavamo arrampicando su un albero, voleva scendere ed io lo stavo aiutando ma è scivolato. Gli ho detto di restare immobile ma il ramo rischia di rompersi, dobbiamo sbrigarci papà. Non voglio che gli succeda qualcosa-. Pianse la figlia, asciugandosi il viso con il dorso del braccio. 
Roy credette che il proprio cuore fosse sul punto di spezzarsi. Se mai fosse successo qualcosa a Will, il suo piccolo Will... 
Senza dir nulla caricò Abbie tra le proprie braccia, seguendo le sue indicazioni per raggiungere il figlio in pericolo. 

Le mani sudaticce di Will iniziarono ad indolenzirsi a così stretto contatto con la ruvida corteccia della quercia e, di conseguenza, sempre più a scivolare 
Vi prego, vi prego sbrigatevi” 
Se Abbi ed il papà non fossero arrivati per tempo, ed era proprio agli sgoccioli, sarebbe caduto. Con un simile volo cosa sarebbe potuto capitargli? 
Il piccolo iniziò a scuotere il capo, stringendo gli occhi sino a farsi male nel tentativo di scacciare via quelle immagini ma più cercava di scacciare via quelle immagini, più la sua mente elaborava i più disparati e fantasiosi scenari. Ovviamente nessuno di questi terminava con lui ancora vivo o parzialmente integro. 
Quasi a conferma dei suoi timori, il ramo volle incrinarsi con uno schiocco improvviso, piegandosi senza spezzarsi, lasciando così il piccolo con il corpo completamente a penzoloni nel vuoto, sorretto solamente dalla forza delle sue piccole braccia, ancora strette al loro unico appiglio. 
Un gridò terrorizzato sfuggì alle sue labbra. 
:-Will, tieni duro sto arrivando!-. 
Cercando di racimolare un minimo di forza e coraggio, il piccolo alzò tremante lo sguardo iniziando a scorgere, seppure ancora distante, la figura del padre corrergli incontro. 
Allora non li aveva abbandonati, ci teneva veramente a loro. 
:-Papà non resisto più-. 
Quando l'uomo raggiunse finalmente la piccola radura ove sorgeva la quercia, fece scendere la figlia e studiò velocemente la situazione. 
:-Adesso vengo a prenderti, non agitarti o il ramo si spez...-. 
SCRATCH! 
Will non udì più niente se non quel suono che si prolungò a lungo nella sua testa mentre percepiva il proprio corpo precipitare nel vuoto. Lo stomaco gli si avvolse in una morsa strana, nuova, e chiuse gli occhi talmente forte da percepire dei flash bianchi mescolarsi al nero. Dalle sue labbra fuoriuscì un grido ma nemmeno quello riuscì ad udire mentre attendeva il doloroso impatto col terreno. 
Quel silenzio però si prolungò per troppo tempo, non udì nemmeno un grido da parte di Abbie o del papà. 
Che fosse già finita? Era diventato un fantasma senza neanche rendersene conto? 
:-E' tutto apposto-. Sussurrò una voce a lui sconosciuta. 
:-Sono un fantasma?-. Domandò il piccolo, stupendosi di poter ancora udire e parlare. 
:-No- rise la voce -apri gli occhi-. 
Will allora si accorse di avere ancora, in tutto e per tutto, le stesse capacità motorie di sempre e lentamente iniziò a sollevare le palpebre. Quando i suoi occhi furono finalmente aperti, incontrò il volto gentile di una donna dai grandi occhi grigi e che gli stava sorridendo. I capelli erano lunghi e neri e le ondeggiavano attorno al viso. Notò anche una leggera nebbiolina bianca circondarla, il che sembrava dare luminosità alla sua presenza. 
Solo dopo alcuni istanti di incertezza il bambino prese coraggio e decise di guardare altrove, accorgendosi che la ragazza lo stava stringendo tra le proprie braccia, salvandolo dalla caduta. Ancora confuso abbassò lo sguardo notando un dettaglio che fino a quel momento, causa la confusione, gli era sfuggito: stavano entrambi levitando a mezz'aria. Abbie ed il papà erano a metri di distanza sotto di loro, paralizzati e con gli occhi spalancati. 
Will rivolse nuovamente la propria attenzione alla donna :-Sei il mio angelo custode?-. 
La donna distese maggiormente il suo sorriso e scosse appena il capo, iniziando finalmente la discesa. 
Quando i suoi piedi scalzi toccarono terra, questa lasciò scendere delicatamente il piccolo che corse senza indugi tra le braccia del padre, ancora shockato. 
Senza dir nulla la donna iniziò a farsi da parte, volgendo prima lo sguardo verso Abigail. La bambina infatti la stava guardando ad occhi spalancati e meravigliati. Stava per avvicinarsi a lei, forse per chiederle qualcosa, ma la donna si portò l'indice alle labbra sorridendole appena prima di svanire in un'improvvisa folata di vento, lasciando nell'aria alcune parole che risuonarono come un'eco per alcuni secondi “Non sprecare anche quest'occasione”. 
Roy percepì qualcosa, come una carezza al cuore, e strinse il figlio a se con maggiore forza, quasi togliendogli il respiro. 
:-Papà ma...cos'è successo?-. Chiese Abigail. 
:-Non lo so, piccola volpe, non lo so. Forse è solo un miracolo-. Rispose Roy, confuso forse più dei suoi figli, afferrando poi Will per le spalle e guardarlo negli occhi :-Stai bene vero?-. 
:-Mi sembra di essere appena sceso dalle montagne russe- commentò il bambino, tastandosi con i palmi delle mani -ma sto bene-. 
Roy rise afferrando anche Abigail tra le proprie braccia per abbracciare entrambi i suoi figli :-L'importante è questo-. 
Restarono così a lungo, godendosi quel momento di pace inaspettata. Solo l'improvviso squillare del suo cellulare costrinse l'uomo a lasciare andare i propri figli, immaginandosi chi fosse a chiamare in quel momento :-Jill?- rispose incerto e quasi spaventato -Jill stai tranquilla sono qui con me, stanno bene. Sì sì, ora torniamo a casa, ti spieghiamo tutto quando siamo lì, tu però stai tranquilla, ok? A tra poco-. L'uomo sospirò esausto chiudendo la chiamata poi guardò i figli, serio :-A casa avremo un po' di cose di cui parlare-. Li avvertì ed i gemelli annuirono. 
Finalmente iniziarono ad incamminarsi verso casa. 
:-Papà?-. Chiamò Will mentre sparivano tra i cespugli. 
:-Dimmi-. 
:-La mamma ci metterà in punizione?-. Domandò il bambino e Roy si lasciò sfuggire una piccola risata rassegnata. 
:-Credo che la mamma metterà me in punizione, Will-. 

 
* * * * 

Scarlett, semi nascosta dietro un albero, osservò la famigliola allontanarsi per poi tirare un sospiro di sollievo. 
Era andato tutto bene, forse meglio del previsto. 
:-Certo che anche tu non scherzi con le entrate in scena- scherzò Pitch spuntando alle sue spalle -hai la teatralità nel san...-. Ma non riuscì a terminare la frase che la ragazza gli saltò in braccio, avvolgendogli le braccia attorno al collo per stampargli un bacio sulle labbra mentre lui le stringeva repentinamente la vita, sorpreso, ruotando su loro stessi un paio di volte. 
Pitch rimase interdetto in un primo momento, poi le sorrise :-Immagino di essermelo meritato-. Disse infine, baciandola di nuovo. 
:-Momento, momento, momento!- si intromise Khole, comparso non si sa ne quando ne dove, interrompendo quel momento idilliaco -Ma voi due state veramente insieme? Cioè...insieme, insieme?-. 
Pitch sbuffò infastidito ma Scarlett scoppiò inevitabilmente a ridere. 
Il giovane Spirito comunque non si arrese :-Io ero convinto foste qualcosa come, padre e figlia-. Continuò lui, non ricevendo alcuna risposta se non le occhiatacce di Pitch mentre Scarlett ormai si trovava praticamente sdraiata a terra, tenendosi la pancia per il troppo ridere. 
:-Ma tu non sei vecchio?-. 
L'uomo alzò gli occhi al cielo, guardando poi inespressivo la ragazza :-Molto divertente, soprattutto quando non sei tu le parte offesa-. Fu infine il suo unico commento.
   
 
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