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Autore: Aliaaara    09/05/2017    1 recensioni
Un dottore enigmatico che non va d’accordo con i tornadi.
Il secondo uomo di un Imperatore che schiaccia pisolini ovunque.
Una bizzarra attrazione.
E una convivenza forzata per una settimana sulla stessa nave.
Cosa porterà tutto questo?
________
Sorrisi soddisfatto “A quanto pare sarò in debito con te Portuguese-ya” dissi.
“Puoi sempre pagarlo in natura se vuoi” mi propose lui, voltando il viso per lanciarmi un sorrisetto malizioso.
“Con tutto il rispetto, ma non me la faccio con i ragazzini” ribattei.
“Ah no? Eppure la faccia da psicopatico ce l’hai” mi contraddisse “Hai pure le occhiaie”
Sbuffai una risata “Almeno io non vado in giro a torso nudo sventolando la mia ninfomania in faccia a chiunque”
Sul suo viso si formò un caloroso sorriso “Un vero peccato, lo apprezzerei” affermò prima di ridarmi le spalle ed uscire.
Che tipo. Ma davvero un soggetto simile era il secondo uomo più fidato di un Imperatore?
Genere: Avventura, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Portuguese D. Ace, Trafalgar Law
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Fire Of The Sea


 
Quinto Giorno_ Parte 1
 































Quando mi svegliai mi sentii stranamente bene. Mi sentivo rilassato, come in quelle poche volte che riuscivo a chiudere occhio la notte. Non capivo perché questa volta fossi riuscito a dormire, probabilmente era il sonno arretrato che stava diventando troppo da reggere per il mio corpo. Oppure era per dove avessi dormito e con chi?
Voltai il viso sulla mia sinistra, notando i capelli arruffati sul cuscino accanto a me, mori che ricadevano irregolarmente su quel viso lentigginoso ancora bambino. Russava un po’, e perdeva anche della bava, ma in un certo senso era quasi tenero per l’espressione serena che aveva.
Chi lo avrebbe mai detto che uno dei uomini più fidati di un imperatore potesse essere così pacifico mentre dormiva, uno si sarebbe aspettato un tipo reattivo, del genere che al minimo movimento o respiro si svegliasse puntandoti contro un’arma, ma qualcosa mi diceva che al ragazzino accanto a me avrei potuto urlare contro o anche prenderlo a botte ma avrebbe continuato a fare il suo pisolino indisturbato. La cosa era alquanto ironica.
Abbassai lo sguardo e vidi che la coperta lo copriva appena, era spavaldamente nudo e tranquillo. Collegai in quel momento quello che era successo. Mi maledii mentalmente.
“Come pensavo… la D porta sempre guai” affermai con voce rotta, ancora impastata dal sonno, mentre mi passavo una mano tra i capelli cercando di riflettere su cosa potessi fare.
Avevo ceduto all’istinto. Era umiliante ammetterlo, ma era stato così. Avevo lasciato che l’astinenza dettasse le regole e scombinasse i miei piani. Dovevo ufficialmente ricominciare da capo a riflettere, sperando nel frattempo che le mie supposizioni su Ace fossero giuste e che non fosse il tipo da scopare e sbarazzarsi subito dopo della persona, altrimenti sarebbe stato seccante cercare un altro passaggio per tornare dai miei uomini.
Iniziai a pensare che era un buon inizio alzarmi di lì, così lo feci, uscii dal letto con noncuranza, senza degnarmi di non far rumore o altro e mi rivestii. Come immaginavo, Ace continuò a dormire tranquillamente come un ghiro.
Finalmente trovai il mio cappello e me lo misi in testa, diedi un altro sguardo al ragazzo sul letto, osservandolo appena, per poi attraversare la porta e chiuderla dietro di me, dirigendomi verso il ponte. Non avevo idea se Ron o qualcun altro avesse notato la mia assenza per quella notte in infermeria ma non avevo intenzione di scoprire sorprese, soprattutto in quel momento che avevo disperato bisogno di stare per conto mio a riflettere.
Arrivai sul ponte e venni deliberatamente ignorato dal traffico di uomini che si aggirava su di esso, passai stranamente inosservato mentre mi dirigevo verso il parapetto  per vedere l’acqua del mare. Mi appoggiai ad esso e mi lasciai trasportare dai miei pensieri che mi portarono lontano. Avevo bisogno di riflettere un attimo sul mio obbiettivo, il perché fossi rimasto su quella nave, perché dovevo tornare al più presto dai miei uomini, il motivo per cui raccoglievo quelle informazioni su ogni isola, il vero scopo che volevo raggiungere per il quale avevo preso il mare.
Sì, non dovevo dimenticarlo. Cose superflue come lasciarmi andare alle emozioni, non dovevano succedere, dovevo rimanere lucido e controllarmi. Non potevo permettermi sbagli proprio in quel momento.
Chiusi gli occhi, lasciandomi andare ad un leggero sospiro. E soprattutto dovevo tenere a mente che mancavano due giorni su quella nave e non avrei più rivisto quegli uomini, né Jura, né Ron, né Ace. Non avrei più rivisto Ace.
“Ehi Water” mi sentii chiamare, voltai appena il viso, guardando con la cosa dell’occhio Ron che guardava nella mia direzione mentre era nell’intento di legarsi una bandana rossa sopra i biondi capelli “Di sotto c’è da mangiare se vuoi” mi informò.
In effetti, non mangiavo da un po’ “Va bene, grazie” risposi semplicemente, e lui proseguì per la sua strada andando dall’altra parte del ponte a parlare con chissà chi.
Mi staccai dalla mia posizione e mi diressi verso la mensa che era praticamente vuota. A parte qualche ritardatario era vuota, faceva quasi impressione, si vedeva perfino il fondo. Andai al bancone dove uscivano i cuochi e presi un piatto di cibo per poi andare a sedermi in un tavolo vuoto, isolato da tutti, iniziando a mangiare con calma.
Svariati minuti dopo fece il suo ingresso il capitano Portuguese, sempre con i suoi calzoncini, sempre a petto nudo, sempre quell’orribile cappello, mentre sbadigliava senza pudore stiracchiandosi beatamente. Istintivamente innalzai un angolino della bocca, trovandomi a scossare la testa a quella scena infantile, rendendomene poi conto solo un secondo dopo.
Che cazzo mi sta succedendo, mi chiesi, accigliando lo sguardo mentre fissavo sul mio piatto. Mi stavo rincretinendo o cosa? Oppure era Ace a rincretinire me? Non pensavo che l’idiozia fosse una malattia contagiosa ma al momento non avevo altre spiegazioni plausibili da darmi.
“Ah eccoti!” lo sentii dire e subito dopo entrò nella mia visuale un altro piatto di cibo, stracolmo, che veniva posizionato sul mio stesso tavolo, di fronte a me “Speravo di svegliarmi con te affianco sta mattina” aggiunse poi mentre prendeva posto ed iniziava a mangiare.
Presi un altro boccone dal mio piatto, imponendomi di tenere lo sguardo basso e fare l’indifferente “Non sono un tipo romantico” replicai mentre masticavo.
“Speravo in una scopata mattutina a dire il vero” ammise lui sbuffando una risata divertita.
Scossi appena la testa, divertito dal suo atteggiamento, come faceva ed essere così spudoratamente schietto nel dire quello che gli passava per la testa “Sei insaziabile” commentai.
“Non lo nego” affermò lui tra un boccone e l’altro.
Ci fu un attimo di silenzio in cui entrambi mangiammo, alzai solo poco dopo lo sguardo, osservandolo strafogarsi, per poi prendere il mio bicchiere di liquore e portarmelo alle labbra “Quando arriviamo sull’isola dove hai quella commissione?” domandai, ovviamente per essere informato sui tempi mica perché volevo conversare.
Mandò giù prima di dire”Domani mattina credo” e aggiungere, alzando lo sguardo su di me “Tu…” ma esitò un attimo, come se non sapesse se chiedermelo oppure no “Quando vai via?”.
Incrociai per un attimo il suo sguardo, solo per un attimo che lo dovetti riportare sul piatto per l’intensità che mi emanò il sol sfiorarlo. Mi diedi dell’idiota  mentalmente in quel secondo, in quell’attimo fui certo che tutto mi era sfuggito di mano.
Ogni cosa.
Credevo di avere tutto sotto controllo eppure forse non lo avevo mai avuto. Pensavo solo a giocarmela a mio favore, cercando di mantenere le distanze per evitare di fargli ottenere ciò che voleva per tenerlo in pugno e fargli fare indirettamente ciò che volevo io, e io stupidamente credevo che mi avrebbe fatto  finire fuori dalla nave quando era palese che in realtà tenendo la distanza avessi avuto l’effetto contrario, quello indesiderato, quello imprevedibile. Avevo creato un legame, e per quanto io in quel secondo mi stessi maledicendo per non essermene accorto, ormai lo avevo fatto, e purtroppo c’ero dentro fino al collo.
“Se tutto va bene, dopodomani in mattinata” risposi alla fine, parendo quieto mentre lo dicevo, praticamente indifferente alla cosa.
Ed osservavo la sua reazione di sottecchi mentre mi portavo il liquore alle labbra, osservandolo mangiare in silenzio con la fronte leggermente corrugata, come se stesse pensando chissà a cosa che lo tormentasse, dispiacendomi in parte, sapendo che quel pensiero ero io. Ne ero certo.
“Trova il lato positivo” cercai di rassicurarlo dopo aver deglutito “Con me fuori dai piedi non avrai più sciocchi problemi con i tuoi uomini” affermai in tono sarcastico, sdrammatizzando un po’ quell’aria secca che si era creata tra noi.
Mi piacevano le situazioni di tensione, ma solo se ero io a crearle. Se non ne avevo il controllo, mi sentivo completamente in balia delle parole degli altri e la cosa non mi andava a genio.
Alzò lo sguardo su di me, ma mi parve tutto fuorché rincuorato dalle mie parole “Pensi che la cosa possa farmi gioire?” mi domandò, stringendo poi leggermente le labbra come se si pentisse in parte di aver confermato il mio pensiero su cosa stesse riflettendo, ed abbassò lo sguardo sul piatto senza toccarlo “Ti sbagli” aggiunse, più sicuro.
Ace mi aveva fatto vedere più di una volta il suo comportarsi da moccioso, e dopo averlo visto all’opera nelle sua serie di vesti avevo capito che c’era anche un aspetto maturo e responsabile da qualche parte sotto quegli infiniti strati di arroganza, ma in quel momento mi sembrò ancora peggio di un moccioso. Sembrava un bambino capriccioso e, per quanto mi seccasse avere spesso a che fare con questa sua parte infantile, una parte di me, profonda e segregata in chissà quale bivio della mia anima, provava la stessa cosa e così lo comprendevo.
“Non posso rimanere qui per sempre, Portuguese-ya” gli feci notare, osservandolo giocare con il cibo nel suo piatto.
“Lo so ma…” intervenne e si interruppe non trovando le parole adatte “Avrei voluto più tempo” concluse.
Buttai lì un sorriso sarcastico per alleggerire la situazione “Non pensavo di avere speciali prestazioni a letto” feci sarcasticamente, un po’ anche per vedere cosa mi avrebbe risposto.
“Per conoscerti” ribatté subito, alzando lo sguardo stranamente serio su di me, sicuro. Mi diede la conferma su quello che pensavo, che tra di noi si fosse formato davvero un qualche tipo di legame, anche se non sapevo bene di che tipo.
Ci osservammo un po’ in silenzio.
E dire che fin dall’inizio avevo avuto un piano e fino a qualche giorno prima lo stavo seguendo alla lettera, stava andando tutto come avevo previsto. Cos’era cambiato? Cosa era successo al mio piano? Cosa avevo sbagliato? Più guardavo lo sguardo deciso del ragazzo di fronte a me più mi si riempiva la mente di domande. Nel mio piano non avevo previsto molte cose.
Non avevo previsto tutto quell’attaccamento tra di noi nonostante la distanza che avevo cercato di tenere, non avevo previsto la mia non indifferenza nei suoi confronti.  Ma più di tutto non avevo previsto Portuguese D Ace.
“Credo che sia giusto che vada a finire così” affermai infine, non sapendo esattamente cosa dire “Ognuno ha la sua strada da intraprendere” continuai, leggermente vago guardando un attimo il tavolo “Tu segui fedelmente un imperatore ed io…”
…mi devo vendicare.
“Devi viaggiare con la tua ciurma verso lo One Piece” annuì con falso assenso il moro di fronte a me, come se avesse sentito quella storia già svariate volte.
“Già” concordai sovrappensiero, mentendo anche se non in modo diretto e preferii cambiando discorso cogliendo la palla al balzo “Parlavi di libertà ieri, eppure sei il primo ad esserti piegato ad un Imperatore” affermai di colpo.
Era una decisione che io non avrei mai preso, personalmente. In passato avevo già provato a sottomettermi sotto un altro pirata, non era andata granché bene con Doflamingo. Avevo già deciso a priori che nella mia entrata nel Nuovo Mondo non mi sarei piegato a nessuno di esso, se tutto andava bene, mi sarei alleato con qualcun altro e in qualche modo sarei sopravvissuto fino a compiere la mia vendetta. Ma era ancora tutto da organizzare, e di tempo ne avevo.
“Io sono libero” affermò certo Ace, sorridendo finalmente “Grazie a Barbabianca io sono finalmente libero” confermò, aveva un’intensa luce negli occhi mentre ne parlava, come se gli fosse molto devoto, si vedeva che ci teneva, sembrava prendere vita quando parlava di lui “Gli devo molto” concluse, sistemandosi un attimo il cappello.
Sembrava quasi una ragazzina alle prese con la sua prima cotta  per il suo idolo.
La cosa mi fece leggermente sorridere “Per questo giri a petto nudo sbandierando il suo Jolly Roger sulla tua schiena?” domandai tra il divertito e lo sfottente.
“È il simbolo della mia libertà” replicò col fare ovvio.
La cosa mi incuriosì “E non rimpiangi niente?” domandai “Non hai un sogno da raggiungere?”
Per tutta risposta mi sorrise ampiamente “Ho un sogno” affermò “Non ho nessun rimpianto” aggiunse poi “Inseguirò il mio sogno finché non lo avrò raggiunto e se per farlo dovessi morire, lo farei col sorriso sulle labbra”
La sua risposta mi spiazzò, tanto che non seppi cosa dirgli. Aveva parlato con una tale convinzione nello sguardo che mi fece dire con sicurezza che lo avrebbe fatto davvero. Era davvero certo in quello che diceva.
Il ragazzino continuava a sorprendermi, questo era poco ma sicuro, e la cosa non so se mi confondesse o mi divertisse, in entrambi i casi quella si era rivelata un avvenimento inaspettato molto gradito dato che avevo fatto la conoscenza di un soggetto simile.
Abbassai il capello sugli occhi “Sei davvero una persona strana, Portuguese-ya” affermai infine “Tutta da scoprire”
Lo vidi ghignare, uno di quei suoi sorrisetti che facevano da preavviso ad una battuta con doppio senso in arrivo “Beh, potresti scoprirmi se ci tieni tant…” ma non finì mai la frase che la sua testa cadde addormentata sul piatto di carne.
Lo guardai interdetto per un attimo, e poi sbuffai una risata osservandolo da sopra il tavolo “Proprio strano…” concordai, soffermandomi un po’ più del dovuto su quel viso addormentato sopra il piatto.
Mi alzai di colpo, e uscii da lì. Avevo bisogno di cambiare aria.


 



Tornai in infermeria e mi diedi un occhiata alle ferite, tanto per tenerle sotto controllo, anche se non ce n’era più bisogno dato che grazie a me si erano risanate quasi del tutto. Quando ebbi finito tornai sul ponte, tanto non avevo nient’altro da fare, in più in quel momento sarebbero stati tutti a pranzo, un motivo in più per approfittarne.
Sul mio sottomarino ero solito nelle belle giornate di navigazione a riemergere solo per poter stare steso sul ponte a rilassarmi, godermi il sole, il rumore del mare e la tranquillità della navigazione senza essere disturbato. Ne sentivo la necessità, soprattutto in quei giorni di duro stress.
Così salito sul ponte mi beai del fatto che non ci fosse nessuno in giro come immaginavo e mi sedetti da una parte, appoggiando la schiena al parapetto della nave e tenendo piegata una gamba mentre appoggiavo anche la testa, tenendo lo sguardo verso l’alto e chiudendo un attimo gli occhi.
Questa sì che è pace…, pensai in assoluta tranquillità. Sentivo solo il rumore del mare, dei gabbiani, il profumo del sale nelle narici, il sole che batteva sul viso, anche le risate degli uomini erano troppo lontane per potermi disturbare. Si stava così bene in quel momento, avrei voluto rimanere così tutta la giornata. Mentre i minuti passavano per un attimo mi persi anche, non ero più sulla nave di un imperatore, ma sul mio sottomarino, quelli che sentivo non erano rumori della chiglia di legno su cui sbattevano le onde ma il suono dei sistemi di motorizzazione del sommergibile, le risate in sottofondo non erano di pirati volgari e indisciplinati che schiamazzavano ma di Bepo che gridava scuse inutili a Sachi e Penguin per chissà quale sciocchezza, la porta che si apriva non scricchiolava o cigolava per quanto fosse vecchia ma emetteva il suono metallico di un portellone che si apriva.
Per un attimo mi sentii… bene.
“Ehi Water”
Purtroppo però quella non era la voce dispiaciuta del mio navigatore peloso ma di un ragazzino con la voce molto più acuta che destabilizzava il mio piccolo momento di relax, già microscopico, riportandomi alla cruda realtà problematica e complessa.
Aprii un occhio, solo per guardare con noia Jack davanti a me che mi guardava con insistenza “Non vieni a mangiare?” mi domandò.
Chiusi gli occhi e sospirai appena “Ho già mangiato grazie” risposi, sperando che se ne andasse.
Però i passi che sentii furono di avvicinamento, non di sicuro quelli di qualcuno che se ne stava andando “Ehi, ma è vero quello che si dice in giro?” mi domandò ad un tratto, più a bassa voce, come se stesse bisbigliando.
Infatti come aprii gli occhi seccato ebbi davanti a me il ragazzino con una mano accanto alla bocca nell’intento di non farsi sentire dagli altri e che si guardava attorno per assicurarsi che non ci fosse nessuno.
Lo guardai in silenzio, facendogli capire che dovesse spiegarsi meglio “Che… beh… tu e il capitano avete… fatto… cosacce?” mi domandò.
Non sono certo di quello che mi rese più perplesso, se l’espressione con cui si riferì al sesso Jack o della frase che ne seguì dopo.
“Jack ti conviene andare a mangiare prima di vedermi fare cosacce” affermò facendo la sua comparsa il portentoso e talentuoso Ace comparendo nella mia visuale in quel momento.
Jack sobbalzò nel vedere il suo superiore lì “Capitano!” affermò, diventando subito dopo rosso in viso e accennare ad un inchino col capo prima in sua e poi in mia direzione “Scusate” e si dileguò più in fretta di Penguin quando vede qualche bella donna nei paraggi.
Quando sparì oltre la porta il moro sghignazzò divertito, per poi avvicinansi a me e posizionarsi accanto, guardando oltre la balaustra il mare.
“Vuoi fare cosacce sul ponte?” gli domandai divertito.
“Era l’unico modo per allontanarlo” fece spallucce, poi mi lanciò un’occhiata, accennando a un ghigno “Ma se vuoi, io non mi tiro affatto indietro” puntualizzò.
Mi trattenni dall’alzare gli occhi al cielo, era ovvio che avrebbe detto così “Mi segui un po’ troppo” preferii dire, facendoglielo notare.
“Presto non sarai più qui. Voglio godermi la tua compagnia più che posso” mi spiegò con un leggero sorriso prima di tornare a guardare l’orizzonte.
Calò il silenzio e fui tentato di tornare nel mio momento di pace assoluta ma non riuscivo a staccare gli occhi dalla sua figura, essendo così vicino a me e illuminata dal sole era un po’ impossibile non soffermarsi a guardarlo.
Posai il mio sguardo sul suo tatuaggio “Come mai la S sbarrata?” domandai “Chi te lo ha fatto non sapeva neppure come si scrive il tuo nome” commentai.
Lui guardò per un attimo il proprio braccio e sorrise “No, ha un significato” mi corresse e fece una leggera pausa, diventando pensieroso “Ho perso mio fratello diversi anni fa.” aggiunse poi “L’ho fatto in suo onore” mi spiegò “Ha sempre voluto andare per mare”
Aveva il sorriso malinconico di chi ne avesse passate di ogni e che stesse vedendo la propria vita passargli davanti. Non era triste però, sembrava semplicemente lontano, non fisicamente lì.
Per un attimo mi parve quasi un’altra persona.
“Qual è la tua storia?”
Socchiuse appena gli occhi sistemandosi il cappello sulla testa osservando sempre il mare “Non ti piacerebbe sentirla” rispose.
“Come mai?” chiesi, volendo insistere “I tuoi non volevano che prendessi il mare?” ipotizzai.
“Sono morti” rispose, semplice, schietto, tranquillo, il tono di chi lo ripeteva da una vita, lo sguardo perso nell’acqua come se vedesse qualcosa tra le onde “Niente di interessante o di tragico, solo un ragazzino che è cresciuto da solo” voltò lo sguardo su di me e mi lanciò un leggero sorriso, che aveva un non so cosa di malinconico.
Lo osservai per un attimo, non sembrava neppure più lui. Ero forse arrivato a conclusioni affrettate con Portuguese-ya, non era infantile come pensavo, forse era un aspetto che era emerso solo in quel periodo della sua vita dato che gli era mancato qualcuno con cui essere bambino da piccolo. Mi ricordava me sotto un certo aspetto, forse perché mi era successa la stessa cosa anche a me.
Nonostante si mostrasse un ragazzino, era maturo. Per questo lo avevano messo a quella carica, non solo per il potere che possedeva naturalmente.
Questo mi portò a guardarlo in modo diverso “Non lo avrei mai detto” ammisi pacato “Per essere uno che ambisce al titolo di Re dei Pirati sei uno molto riservato che non fa trapelare nulla” commentai poi.
“Non voglio che sia il passato a rendermi ciò che sono” mi rispose dandomi un occhiata, e anche se giurassi che non sapesse chi fossi, quella aveva tutta l’aria di una frecciatina “Ad ogni modo voglio solo farmi un nome, non ambisco a quel titolo. Sarebbe inutile, è già prenotato a qualcun altro” aggiunse poi con un sorriso più radioso verso il mare.
Inarcai un sopracciglio “Chi?”
Sorrise ancora “Il mio fratellino” rispose con un certo orgoglio.
“Hai un altro fratello?”
Annuì “Ha preso il mare da poco ma è in gamba, sono certo che ci riuscirà” affermò, mentre parlava aveva gli occhi che gli brillavano, sembrava fiero di lui “Quando si mette in testa qualcosa, nessuno è in grado di fargli cambiare idea. Punterei tutto su di lui” confermò.
“Sembra tu ci sia molto legato” notai.
Lo osservai mentre guardava il mare, sempre con quel sorriso radioso e quei occhi che ardevano “Ho promesso di proteggerlo. Mi è rimasto solo lui ormai, darei la vita se fosse necessario” confermò le mie ipotesi, e in quel momento capii che era serio.
Sorrisi appena mentre abbassavo lo sguardo e tornavo a guardare davanti a me il ponte, mi sistemai meglio contro la parete in legno per stare più comodo e abbassai il mio cappello sugli occhi “Devo ammettere di averti sottovalutato Portuguese-ya”
“Davvero?” mi chiese e potei scommettere che stesse ghignando.
“Sì, ti facevo molto più irresponsabile e infantile” confessai, solo per punzecchiarlo.
“Devo sentirmi offeso?” chiese infatti.
“Mi sono ricreduto” mi difesi.
Vidi con la coda dell’occhio le sue gambe voltarsi nella mia stessa direzione e indietreggiare per permettere al corpo di appoggiarsi al parapetto, e dallo sfregamento intuii che avesse incrociato le braccia al petto “Dimmi di te adesso”  lo sentii dire.
Riflettei un attimo su cosa dire, per un attimo il pensiero di parlare mi attraversò la mente ma fu come sbloccare una porta chiusa da undici anni. Ed una volta aperta, ecco tutti i ricordi assalirmi di colpo uno dopo l’altro, passandomi davanti agli occhi quelle scene infinite a ripetizione, quel tempo andato via che non avrei mai più potuto avere ancora.
Strinsi la mascella “Nulla degno di nota” risposi con freddezza, ancora assorto nei miei pensieri.
Non mi mossi, neppure ci provai. Non mi importava neppure di passare per stronzo o chissà che altro, non me ne fregava, l’opinione altrui non faceva per me, soprattutto la sua non mi interessava. Non ne avevo mai parlato con nessuno, non dovevo di certo iniziare con lui.
Sentii il suo sguardo su di me ma non feci nulla, si susseguì un minuto di silenzio prima di sentirgli dire “Capisco. È meglio che vada, ho delle cose da fare”  prima di allontanarsi “A dopo” aggiunse in tono piatto.
Feci finta di niente e fissai il vuoto in silenzio, ispirando forte mentre cercavo di fermare i miei pensieri  e di rilassarmi, tornando a chiudere gli occhi ed ascoltare il mare, sperando mi portasse lontano da quei ricordi.











 
Note dell’Autrice:

Non uccidetemi. Prima di tutto, sono credibili? Ho bisogno di un parere, please, non so dove sto portando questa storia. In realtà, credo che non potessi fare meglio di così. Ace e Law io li vedo uguali, per questo li adoro entrambi, con l’unica differenza che ognuno è cresciuto consolidando un carattere diverso dall’altro. Ace è stato aiutato, ma se non avesse mai incontrato Sabo, Rufy e successivamente Barbabianca, sarebbe divenuto come Law che è dovuto crescere da solo affrontando i suoi stessi incubi. Infatti quest’ultimo non racconta di sé, per me non ne è in grado; se nella saga di Dressrosa lo ha fatto con Rufy per me è perché dopo 20 capitoli in cui scorrazzava sulla schiena del Cappellaio in manette, sapendo di stare andando in contro alla morte, un paio di pensieri te li fai e io credo che prima di allora non avesse raccontato quella storia a nessuno.  Comunque sono convinta che se si fossero incontrati davvero lui e Ace in One Piece, avrebbero avuto un bel legame, perché entrambi si sarebbero ritrovati un po’ nell’altro.
Spero che possiate capire il mio parere e che vi sia piaciuto il capitolo.
Ci sentiamo presto,
Bye-bye











 
  
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