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Autore: Mary P_Stark    10/05/2017    2 recensioni
Inghilterra - 1823
Elizabeth Kathleen Spencer, figlia di Christofer e Kathleen Spencer, si appresta ad affrontare la sua prima Stagione a Londra e se, per lei, questa è un'avventura in piena regola, per il padre appare come un incubo a occhi aperti.
Lizzie - come Elizabeth viene affettuosamente chiamata in famiglia - è ben decisa a divertirsi nella caotica Londra, in compagnia della sua adorata amica Charlotte, e non ha certo in mente di trovarsi subito un marito.
Al pari suo, Alexander Chadwick, secondogenito del duca Maxwell Chadwick, non ha interesse ad accontentare le mire paterne, che lo vorrebbero accasato e con figli, al pari del primogenito.
Per Alexander, le damigelle londinesi non hanno alcuna attrattiva, troppo impegnate a mostrarsi come oggetti di scena, per capire quanto poco, a lui, interessino simili comportamenti.
L'atteggiamento anticonformista di Elizabeth, quindi, lo coglie di sorpresa, attirandolo verso di lei in una spirale sempre più veloce, che li vedrà avvicinarsi fino a sfiorarsi, sotto un cielo di stelle, mentre il Fato sembra cospirare contro di loro. - Seguito di UNA PENNELLATA DI FELICITA'
Genere: Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Serie Legacy'
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17.
 
 
 
 
Il tanfo all’interno del capannone era, se possibile, peggiore di quello all’esterno.

Era più che evidente che, dentro quell’agglomerato di casse stivate e sartiame marcescente, dovevano essere stati lasciati per giorni degli esseri viventi e i loro escrementi.

Il tutto era semplicemente disgustoso, e non faceva che accrescere ancor di più la rabbia nell’animo di Elizabeth.

Com’era anche solo pensabile di poter trattare qualsiasi creatura a questo modo, a maggior ragione se la creatura in questione era un essere umano?

Quando Alexander e gli altri oltrepassarono uno sbarramento formato da alcune casse, il giovane Chadwick si irrigidì alla vista di ciò che gli si offrì innanzi e, teso, sussurrò: “Sono qui.”

Elizabeth fece per sporgersi, ma il giovane dinanzi a lei glielo impedì, scuotendo il capo con espressione dolente.

Questo non fece che confermare alla ragazza le condizioni miserevoli in cui erano tenuti i ragazzini rapiti, impedendole di fatto di poter chetare il suo livore.

La sua mano corse al pugnale che aveva tenuto nascosto dietro il mantello fino a quel momento e, scansando Alexander, mormorò: “Devo andare a liberarli.”

Il giovane fu lesto ad avvolgerle le spalle con un braccio, bloccandola sul nascere e, al suo orecchio, sussurrò concitato: “Niente colpi di testa, avevamo detto. Ci sono due guardie che li controllano, Elizabeth, e noi non siamo armati.”

“Forse voi…” replicò lei, mostrandogli la lama che teneva stretta tra le dita.

“In nome di Dio, Elizabeth…” ansò Alexander, facendo tanto d’occhi.

“Mi sembrava di aver sentito un profumo troppo buono, da queste parti!” esclamò una voce sopra le loro teste, sgomentandoli e facendoli sobbalzare.

Alexander non perse tempo in chiacchiere e, afferrata la pistola che teneva nascosta nel panciotto, fece fuoco, colpendo a colpo sicuro l’uomo che li aveva trovati.

Quel colpo scatenò il caos nel capannone ed Elizabeth, fissando il giovane con aria irritata, sibilò: “Meno male che non eravate armato! E quella cos’è? Una cuffietta?!”

“L’ho detto solo perché, se aveste saputo che ero armato, sareste scesa come una furia nel mezzo del capannone… e sarebbe stata una mossa azzardata quanto folle” sbottò lui, afferrandola a una mano per fuggire dallo stabile.

Tirandosi dietro una sovreccitata Charlotte, Raymond estrasse la propria, di pistola e, dopo aver colpito un secondo uomo con il calcio dell’arma, esclamò alle sue spalle: “Direi che ora possiamo chiamare gli agenti, visto che siamo certi della loro ubicazione!”

“Più che sì” gridò Alexander prima di lanciare un urlo spaventato, quando vide un terzo uomo puntare la propria arma contro Raymond.

Sospingendo l’amico per toglierlo dalla traiettoria di tiro, Alexander venne colpito di striscio alla spalla dal colpo sparato dal delinquente.

Raymond non perse tempo a chiedergli come stesse; prese la mira e uccise l’uomo che aveva sparato.

Elizabeth, infatti, aveva già pensato a soccorrere Alexander.

Addossandosi a lui, controllò in fretta che la ferita non fosse grave dopodiché, ansante e spaventata, esalò: “Riuscite a camminare?”

“Sono stato colpito alla spalla, non a una gamba” ironizzò lui, avanzando con lei al fianco, mentre Charlotte provvedeva ad aprire la finestra da cui erano entrati.

Un colpo di moschetto, però, li congelò sul posto e, mentre diversi passi si muovevano verso di loro, una voce stentorea disse: “Cosa ci fanno quattro ragazzini allampanati nel mio capannone?”

Alexander si mosse lentamente per mettersi dinanzi a Elizabeth e, così facendo, impedire una linea di tiro pulita e diretta verso i suoi amici.

Con aria sprezzante, poi, asserì a mezza voce: “Stavamo solo cercando un posto interessante per far provare un po’ di brivido alle nostre accompagnatrici ma, a quanto pare, abbiamo scelto il posto sbagliato.”

“Cercavate un pizzico di avventura con due puttane… in un capannone del porto?” ironizzò l’uomo, prendendo la mira.

Elizabeth si irrigidì a quella vista ma Alexander, ancora saldo dinanzi a lei, sussurrò: “La tasca destra del mio panciotto, cara. Siate veloce e mirate bene.”

Ad alta voce, poi, replicò divertito: “Andiamo, siete un uomo anche voi! Dopo aver passato giorni e giorni con le frigide ragazzine che ci propinano nei salotti, dobbiamo pur divertirci altrove, ogni tanto!”

Una risatina si levò dai tre uomini che li tenevano sott’occhio con le loro pistole, ma non dall’uomo che stava mirando al petto di Alexander.

“Perché mai le due pulzelle indossano abiti maschili? Dovete avere dei gusti ben strani, milord” gli ritorse contro l’uomo, attento a ogni loro mossa.

“Ci piacciono le cose singolari… e trovare dei ragazzini non è semplice” si limitò a dire Alexander, come se nulla fosse.

Elizabeth colse quel momento per strattonarlo al mantello, singhiozzando con fare molto teatrale.

Ringraziandola mentalmente per la sua prontezza di spirito, Alexander si volse a mezzo verso di lei, dicendo vagamente scocciato: “Andiamo, ragazzina, stai tranquilla un attimo. Non vedi che sto parlando? Ce ne andremo subito, e ti farai sbattere anche da qualcun altro, prima che la notte sia finita. Non perderai la tua rendita serale, stai serena.”

“Lo spero bene, vossignoria!” sbottò con tono petulante Elizabeth, approfittando di quel momento per afferrare quello che si trovava nella tasca di Alexander.

Lesta di mano, la ragazza fece sparire la pistola tra le falde del proprio mantello e, mentre Alexander tornava a rivolgersi a quello che sembrava essere il capo, borbottò: “La notte è ancora giovane, e io e Lottie abbiamo altri clienti da soddisfare.”

“Ne convengo, bella mia, ma le trattative necessitano del suo tempo, e non mi va di essere interrotto da una come te” sbuffò Alexander, lanciando poi un’occhiata esasperata al tizio dinanzi a lui.

Quello, calando appena il moschetto, celiò: “Ma siete davvero sicuro di volervela sbattere? Sembra più acida di una comare.”
“Vale la pena, se rimane zitta, ma tutte queste armi la agitano” replicò con ironia Alexander, guardandosi brevemente intorno.

I tre uomini armati di pistola avevano calato le canne verso il basso. Cosa positiva.

Ora, doveva convincere soltanto il tizio con il fucile che, però, non sembrava propenso a lasciarli andare.

“Vorrà dire che la calmerò io, poi ve la renderò” decise a quel punto il tizio del fucile, spiazzandoli.

Elizabeth ragionò in fretta, preferendo evitare che quel tipo le si avvicinasse troppo, con il rischio che scoprisse la pistola che teneva in mano.

Dopo aver calcolato bene la distanza di ciò che intendeva colpire, afferrò il braccio di Alexander ed esclamò: “Ehi, dico, vossignoria! Non mi si passa da uno all’altro senza pagare!”

Colto di sorpresa dal suo gesto, Alexander si lasciò trascinare da Elizabeth e, pur rabbrividendo all’idea di volgere le spalle a un uomo armato, si fidò di lei e replicò: “Mica l’ho deciso io, piccola…”

“L’orecchio…” sussurrò poi lei, strizzandogli l’occhio prima di allungare il braccio, poggiare il polso sulla sua spalla e fare fuoco.

Il giovane fu abbastanza veloce da coprirsi l’orecchio sinistro con una mano, mentre Elizabeth esplodeva l’unico colpo nella canna della Kumbley & Brum in suo possesso.

Quel che successe dopo, scatenò il caos più totale.

Con un solo colpo a disposizione, Elizabeth aveva pensato di causare il danno maggiore possibile, permettendo così a tutti loro di avere il tempo di fuggire.

Così, aveva cercato con lo sguardo una possibile soluzione ai suoi problemi, mentre Alexander era indaffarato a tenere impegnati i loro carcerieri.

Non appena aveva notato le carrucole che tenevano in posizione diverse casse di legno, aveva calcolato quale avrebbe potuto centrare con maggiore facilità.

Fatto ciò, aveva escogitato l’espediente della replica ad Alexander; senza un appoggio saldo, non sarebbe mai riuscita a fare fuoco con efficacia.

Fortunatamente, lui si era fidato a sufficienza da seguirla senza fare resistenza e ora, mentre lo strattonava per allontanarsi, una decina di casse stavano cadendo addosso ai carcerieri alle loro spalle.

Charlotte fu la prima a uscire e, subito dopo, fu il turno di Raymond ma, quando Elizabeth si ritrovò dinanzi alla finestra aperta, si bloccò e fissò il capannone sotto di loro.

Quei ragazzi sarebbero rimasti lì, legati e preda di altri potenziali assassini.

No, non poteva accettarlo.

Fissando spiacente Alexander, scosse il capo e non uscì.

A quel punto, il giovane Chadwick guardò Raymond e disse: “Chiamate subito i rinforzi. Noi, nel frattempo, libereremo i ragazzi. Prendete anche Sansone. Non è il caso che rimanga da solo nei docks.”

“D’accordo, prenderemo anche il cavallo ma, a costo di tramortirla, porta fuori da qui miss Elizabeth, se le cose peggiorano” si fece promettere l’amico, prima di aiutare Charlotte a scendere dalle casse che avevano usato per entrare.

Alexander annuì, pur sapendo che non l’avrebbe fatto.

Non avrebbe mai toccato Elizabeth con un dito, figurarsi con qualsiasi altra cosa atta a farla svenire.

Quando infine la raggiunse, la vide ferma a pochi passi dai ragazzi imbavagliati e legati a terra da pesanti catene.

Accertandosi in fretta che i quattro uomini che avevano colpito con le casse fossero fuori gioco, Alexander fu lesto a recuperare le chiavi su un tavolo nelle vicinanze.

Scrutando le carte sparpagliate sopra la superficie lignea, Alexander ipotizzò che li avessero interrotti durante una partita.

Nel lanciare poi uno sguardo a Elizabeth, dovette convenire con gli uomini a terra. Il suo profumo – per quanto gradevole – era più che evidente, nell’aria.

Benedetti profumi femminili… sempre detto che sono fastidiosi, pensò ironicamente tra sé, pur preferendo non farne menzione con Elizabeth.

In quel momento era talmente sovraeccitata che avrebbe potuto decapitarlo, per una battuta simile.

Quando, però, tornò da lei, la vide solo con le lacrime agli occhi e piegata in un abbraccio a un ragazzo in particolare, che stava piangendo al pari suo.

“Immagino sia il vostro Roy” chiosò Alexander, afferrando uno dei lucchetti per provare ad aprirlo con la chiave.

Elizabeth assentì nello scostarsi dal ragazzino e, notando la scottatura sul dorso della mano del giovane, mormorò: “Scusatemi. Non mi è venuto in mente nient’altro.”

“La bruciatura guarirà… inoltre, devo farvi i miei complimenti. Un vero colpo da maestro” le sorrise per un istante Alexander, prima di tirare la catena. “Ecco fatto. Ora, è il caso di sparire alla svelta, ragazzi.”

Uno dopo l’altro, i ragazzini si levarono in piedi, fissarono i loro liberatori con l’adorazione negli occhi e Alexander, nel mettersi a capo di quel gruppo disomogeneo, aggiunse: “Mi raccomando, rimanete tutti uniti.”

Elizabeth chiuse la fila ma, già sul punto di sorridere fiera per la loro impresa, lanciò un grido di terrore quando udì rimbombare il suono di uno sparo.

“Non così in fretta, miei cari” declamò poi una voce, con tono strascicato.
 
***

Perché diavolo non aveva controllato l’uscita del capannone, prima di liberare i ragazzi?

Come aveva potuto essere così superficiale da non farlo?

Risposta. Era troppo impegnato a godersi la vista di Elizabeth, finalmente rasserenata e impegnata ad abbracciare il suo amico.

Ecco cosa succedeva a innamorarsi. Perdevi del tutto il cervello.

Fu per questo che, quando un gruppo di sei uomini armati penetrò da una porta laterale, il suo intelletto andò in tilt per un istante di troppo.

D’istinto, allargò le braccia per pararsi dinanzi al primo ragazzo della fila e, cocente come una lama affondata nelle carni, il proiettile sparato da un uomo col tabarro gli perforò il fianco.

Solo a stento udì l’urlo di terrore di Elizabeth, e il tonfo del suo stesso corpo sul terreno sconnesso del pavimento, troppo stordito dall’onda di dolore puro che si riverberò attorno alla ferita.

“Alexander!” gridò Elizabeth, correndo verso la cima della fila prima di bloccarsi a metà di un passo, quando un secondo proiettile le schivò gli stivaletti di un niente.

“Non un altro passo, ragazza, o faccio un buco nel fianco anche a te” la minacciò l’uomo bruno che aveva sparato.

“Lascia pure che lo raggiunga… è uno scricciolo di ragazza. Che problema vuoi che sia?” ironizzò quello che doveva essere il capo, lanciandole un’occhiata raggelante.

Muovendosi molto più piano, Elizabeth raggiunse infine Alexander, steso a terra con una mano premuta sul fianco e, al colmo del pianto, sussurrò: “Mi dispiace, mi dispiace, mi dispiace…”

“Sst, Elizabeth… basta…” replicò lui, cercando di mettersi seduto.

“No, no, fermo” ansò lei, trattenendolo dal muoversi prima di lanciare un’occhiata ferale all’uomo che gli aveva sparato. “Siete un vile, a colpire un uomo disarmato!”

“E voi, dei ficcanaso, madamigella…” replicò l’uomo col tabarro, avvicinandosi a lei fin quasi a sfiorarla.

Sorridendole, allungò una mano per carezzarle il viso ma Elizabeth gli schiaffeggiò l’arto proteso, portandolo a sibilare di rabbia.

Sul palmo, lungo e sottile, poteva scorgere un taglio evidente quanto sanguinante.

“Ma cosa diavolo…” ringhiò l’uomo, prima di schiaffeggiarla con violenza.

Elizabeth ricevette il manrovescio in pieno volto e, per la prima volta, assaggiò il dolore puro e la violenza più genuina.

Certo, si era fatta male molte volte, da piccola, ma quello era diverso.

Stordita, sentì a malapena l’imprecazione di Alexander e, a tentoni, poggiò le mani sul suo torace per impedirgli di alzarsi e chiedere vendetta per quel gesto.

Sorridendogli, poi, si chinò su di lui e, dopo avergli dato un bacio leggero sulle labbra, mormorò: “Non esco mai, senza le vostre spille.”

Ciò detto, si aggrappò a tutto il suo coraggio residuo e, con una torsione del busto, tentò di conficcare l’esile ago che teneva tra le dita in una parte qualsiasi del corpo del suo aggressore.

Era un gesto stupido, dettato dalla disperazione – e il grido inorridito di Alexander glielo confermò – ma fu più forte di lei.

Lo avevano ferito per causa sua, e lei avrebbe venduto cara la pelle, pur di salvarlo.

Alexander si era sacrificato per un suo desiderio… stava rischiando la vita per un suo colpo di testa… era lì per lei.

La risata dell’uomo col tabarro esplose nel capannone, quando afferrò con facilità l’esile polso di Elizabeth, a pochi centimetri dalla sua gamba.

Strattonandola fino a farla reggere sulle gambe, lui la fissò divertito e disse: “Una cagna davvero rabbiosa. Sarà divertente darti la lezione che meriti, ma prima finirò il tuo amico… giusto per non lasciare le cose a metà, sai com’è.”

Elizabeth strinse i denti per non piangere, pur sentendo la carne andarle in fiamme a causa della stretta al braccio.

“Lasciatela, vi prego…” ansò Alexander, tentando nuovamente di alzarsi.

Ancora quella risata, e quel sorriso derisorio.

“Deve amarti molto, se non comprende quale sia il suo posto in questo momento” ironizzò l’uomo, fissando la bocca di Elizabeth piegata in una smorfia.

“E’ più che ricambiato” sibilò lei, prima di volgere a fatica il volto per guardare un frastornato Alexander.

“La dichiarazione d’amore più assurda che io ricordi… ma cosa potevo aspettarmi, da una Spencer?” esordì una voce più che mai familiare, e che fece sorgere un sorriso sul volto di Lizzie.

I sei uomini in armi si volsero all’unisono e, loro malgrado, furono costretti a calare le armi, di fronte al folto dispiegamento di agenti presenti alle loro spalle.

“La signorina, Mr Wilson… per favore” sibilò poi Anthony Phillips, avanzando con la pistola sollevata e puntata verso l’uomo che ancora tratteneva Elizabeth.

“Anthony…” sussurrò lei, quasi crollando a terra quando venne liberata.

Thornton scosse il capo al suo indirizzo prima di lasciare che, a quei delinquenti, pensassero gli agenti di Bow Street.

“Che mai ti è saltato in mente, ragazza, di impicciarti di una cosa simile?” sospirò infine Anthony, piegandosi a terra per aiutare Alexander.

Elizabeth, però, non rispose, gli occhi colmi di lacrime e il corpo percorso da brividi così forti da farla barcollare.

Quando Anthony se ne accorse, lanciò un’occhiata lesta alle sue spalle.

A quel cenno, sia Charlotte che Raymond la raggiunsero in fretta per sostenerla.

Roy, contrariamente agli altri ragazzi, non uscì assieme agli agenti e, ritto accanto a Elizabeth, mormorò: “Non vi sentite bene, miss?”

“Ora… ora mi passa…” singhiozzò lei, stringendosi a Charlotte, più che pronta a sorreggerla.

“Lord Mallory-Jones, vi sarei grato se scortaste queste due sciagurate a casa, … non è il caso che rimangano oltre lontano dalle mura domestiche” ordinò a quel punto Anthony, fulminando con lo sguardo il giovane.

Raymond, però, sostenne non solo la sua occhiata piena di rimprovero, ma replicò gelido: “Con tutto il dovuto rispetto, lord Phillips, miss Charlotte e miss Elizabeth hanno dimostrato un coraggio raro, e non meritano il vostro biasimo.”

Charlotte lo tributò di un sorriso dolcissimo ma Elizabeth, scuotendo il capo, replicò: “Dovevamo raccontarti tutto, lo so… abbiamo sbagliato. Ma non andrò a casa. Non con Alexander ferito.”

Consegnato il giovane Chadwick a due agenti, che lo portarono fuori a braccio per caricarlo su una carrozza, Anthony tornò da Elizabeth, le strinse le mani sulle spalle e disse: “Lizzie cara, già così sarà difficile soffocare lo scandalo… vuoi davvero rovinarti la reputazione?”

“Non scherzavo, prima. E, dove va Alexander, vado io” sibilò lei, adamantina nella decisione come nelle azioni.

Scostandosi dall’amico di famiglia, si avviò verso l’uscita, subito seguita a ruota da Charlotte e Raymond.

Ad Anthony non restò che sospirare e scuotere il capo più e più volte.

Roy, in coda al gruppo, sorrise tronfio e motteggiò: “Miss Elizabeth è spettacolare.”

“No, ragazzo. E’ nei guai fino al collo” gli replicò Anthony, torvo in viso.

E anche io, se è per questo, pensò poi tra sé, terrorizzato all’idea di dover essere lui, il latore di quella notizia.
 
***

“Per tutti i demoni dell’inferno, ma che diavolo sta succedendo?!” sbottò Maxwell Chadwick quando, alle tre del mattino, un’autentica masnada di persone si riversò in casa sua assieme al figlio sanguinante e disteso su una lettiga.

“Ogni cosa a tempo debito, lord Chadwick. Dove possiamo portare il ragazzo?” esordì lesto Thornton, indicando poi agli agenti di seguire il padrone di casa.

“Da questa parte” borbottò l’uomo, aprendo per loro una porta, dietro cui si trovava la camera di Alexander.

Lì, il suo valletto esalò un sospiro di sgomento, quando vide il suo padrone sporco di sangue e, in fretta, scostò le coltri e fece luce in camera.

Madaleine, la madre di Alexander, piombò a sua volta nel corridoio pur essendo ancora in vestaglia da camera e, afferrando un braccio del marito, esclamò: “Ma che succede, caro?”

“Vorrei proprio saperlo” borbottò lui, prima di lanciare un’occhiata interrogativa al trio di giovani sull’entrata. “Raymond? Che diavolo ci fai qui, a quest’ora di notte, assieme a miss Charlotte Ranking e miss Elizabeth Spencer?”

“Lord Chadwick…” lo salutò compitamente Mallory-Jones, mentre le due ragazze si esibivano in una goffa riverenza, resa comica dai loro calzoni fuori misura. “… temo che abbiamo sopravvalutato le nostre possibilità, e Alexander è rimasto ferito per salvare degli orfani, catturati da dei loschi figuri per ben miseri scopi.”

Madaleine inorridì a quelle parole e Maxwell, incupendosi ulteriormente, domandò: “Questo non spiega la presenza di queste due fanciulline. I vostri genitori sanno che siete qui?”

“No, lord Chadwick, e potete imputare a me la colpa del ferimento di vostro figlio” esordì Elizabeth, avvicinandosi a lui con sguardo determinato. “L’ho convinto io a darmi una mano per ritrovare quei ragazzi.”

“E come mai, ragazza?”

“Avevano rapito uno dei ragazzini del nostro orfanotrofio, e io volevo assolutamente ritrovarlo, così Alexander è stato così gentile da prestarsi al mio scellerato desiderio di salvarli, e… e ora…”

Non riuscendo più a parlare, le lacrime tornarono ad avvolgerle gli occhi e Madaleine, a quel punto, la avvolse con un braccio, facendole forza.

“Il nostro bambino non farebbe mai nulla che non gli andasse di fare, mia cara Elizabeth…” la rincuorò la donna. “… e, di sicuro, non vorrebbe vedervi in lacrime, e con il rischio di una condanna da parte del Ton a penzolare sulla vostra testa. Lasciate che il nostro maggiordomo vi accompagni a casa e…”

“No!” esclamò lei, bloccandola di colpo. “Rimarrò con lui, costi quel che costi.”

Ciò detto, si scostò dalla donna e aprì la porta della stanza dove si trovava Alexander.

“Oh, cielo!” esalò Madaleine, fissando sgomenta il marito. “Vai a riprenderla, caro! Non può rimanere lì dentro! Sarà rovinata per sempre, se lo fa!”

“Ho idea che ci vorrebbe un plotone di dragoni, per tirarla fuori di lì” sghignazzò Maxwell, fissando con intenzione Raymond e Charlotte per ricevere conferme.

“Dubito la convincereste, Madaleine” cercò di chetarla Raymond. “Elizabeth è innamorata di vostro figlio, e non lo lascerebbe per nulla al mondo.”

“E’ così, milady” assentì a sua volta Charlotte, stringendosi le mani al petto.

“E voi due? Andrete a casa almeno voi due?”

Raymond sorrise a Charlotte e, nel prenderle la mano, disse: “Rimarremo qui per sapere come sta Alexander.”

“Dio onnipotente, Maxwell! Di’ qualcosa! Falli ragionare! Questa povera bambina non subirà sorte migliore di quella ragazza!” sbottò Madaleine, indicando la porta chiusa.

“Su, su, Maddie… non farti venire un attacco di bile. Se queste due fanciulline hanno deciso, chi sono io per replicare?” dichiarò Maxwell, dando una pacca sulla spalla a Raymond. “Ottima scelta, ragazzo. Davvero ottima scelta.”

“Grazie, signore.”

“Oh, cielo! Che razza di nottata!” esclamò fuori di sé lady Chadwick, levando le mani in aria. “Mathilde, Dorothy! Da me, presto!”

In fretta, già sveglie a causa di quel trambusto, due cameriere raggiunsero la loro padrona e lei, sorridendo furba all’indirizzo del marito, disse: “Fate scaldare qualcosa per questi due poveri esuli. Ho idea che sarà una notte mooolto lunga.”

“Sì, milady” assentirono le due donne, scivolando via silenziose.

“Brava la mia Maddie” ghignò Maxwell, dandole una pacca sul braccio.

“E smettila di fare l’idiota. Fai accomodare quei due ragazzi, piuttosto. Hanno tutta l’aria di essere distrutti” brontolò la donna, avviandosi verso le scale. “E guai a te se farai morire mio figlio, mentre io sono di sopra a sistemarmi!”

“Sarà fatto, moglie!” rise Maxwell, prima di sorridere a Raymond e Charlotte. “Coraggio, ragazzi, venite con me. E’ inutile rimanere in corridoio come se fossimo delle statue.”

I due giovani assentirono e, mano nella mano, seguirono il padrone di casa in un salottino adiacente.

Solo quando si volse per chiudere la porte, Maxwell lanciò uno sguardo preoccupato alla stanza del figlio.

Ugualmente, preferì rimanere con i due amici di Alexander.

Per prima cosa, miss Charlotte era già gravemente compromessa, a causa della sua bravata e, da uomo adulto, era compito suo evitare che le cose precipitassero.

Secondariamente, il figlio era in ottime mani, e lui sarebbe stato solo d’intralcio.

In terza istanza, pur se non meno importante, sarebbe impazzito a fissare Alexander mentre veniva ricucito. Poteva sopportare molte cose, ma non vedere i figli soffrire.







Note: Che ne dite? Vi aspettavate un risultato simile? Fatemi sapere, sono curiosa di sapere che esito avevate previsto per questa avventura.
Nel frattempo, vi lascio con l'arma che ha usato Elizabeth, giusto per darvi un'idea di cosa nascondeva Alexander nel panciotto.


  
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