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Autore: VeganWanderingWolf    10/05/2017    0 recensioni
questa è la seconda storia della serie '4 di picche' - Vero che Danny si aspettava di poter rivedere qualcuno dei “colleghi” dei 4 di picche, ma forse non così presto e in una situazione tanto potenzialmente grave. Non solo. Dal suo passato rispunta una vecchia conoscenza che sa essere tutt’altro che innocua. E per finire, sembra che la sua vecchia conoscenza abbia individuato con precisione uno dei suoi punti deboli per eccellenza… e che sia ad un passo dall’affondarci le zanne…
Genere: Comico, Mistero, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie '4 di picche'
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Capitolo 33

(Conversazioni pre-mortem)

 

Uther se ne stava ad occhi chiusi, la nuca e la schiena appoggiate all’indietro contro la fredda pietra della parete della cantina, le gambe piegate davanti a sé nella sua posizione seduta per terra, le braccia appoggiate sulle ginocchia, come in una pausa di raccoglimento. Raccoglimento per che cosa, al momento era difficile da dirsi: c’era l’imbarazzo della scelta. Poteva essere per cercare di riprendersi un po’ di più dal fatto di essere stato narcotizzato, e a giudicare da quanto si sentiva intontito e intorbidito probabilmente non era ancora riuscito a smaltire del tutto qualsiasi cosa avesse usato quel maledetto necromante da strapazzo per mandarlo forzatamente a dormire; oppure poteva essere per cercare di riuscire a credere a tutto quello che gli era successo nelle ultime ore ed evitare di commentarlo con qualcosa come una serie di improperi scelti accuratamente dalla categoria dei più blasfemi che conosceva; oppure semplicemente per raccogliere le forze e la concentrazione per alzarsi in piedi e prendere a calci il muro fino a fratturarsi qualche dito del piede.

Una cosa, comunque, gli era perfettamente chiara: se non si fosse trovato impossibilitato dal fatto di essere incatenato al muro, in quel momento sarebbe stato estremamente, sanamente e appassionatamente impegnato a prendere a calci con ogni sua forza il cadavere di Mordecai.

Danny non sembrava essere della stessa sua idea. Nonostante lui sì che avrebbe potuto dedicarsi a prendere a calci il fu Mordecai, visto che era alla sua portata raggiungerlo fisicamente, al momento si stava invece impegnando con tutte le sue forze e da un bel pezzo a cercare di sradicare le sue catene dal muro, per liberarsi. A testimoniare quei suoi continui e imperterriti sforzi c’era in sottofondo il rumore sonoro dei pesanti anelli metallici che cozzavano tra loro mentre Danny provava e riprovava diverse prese su di essi per cercare di staccarli dalle pareti di pietra. Perciò Uther non aveva nemmeno bisogno di aprire gli occhi per sapere che Danny ce la stava mettendo tutta senza posa, così come testimoniavano anche alcune imprecazioni a mezza voce, alternate a volte a borbottii in cui gli sembrava di capire che Danny avesse iniziato a “parlare” con le catene stesse – talvolta in modo amichevole, talvolta quasi pregandole, ma soprattutto minacciandole orribilmente e promettendo loro che prima o poi avrebbero pur dovuto cedere.

Uther inspirò profondamente e buttò fuori lentamente l’aria fredda; poi aprì una fessura tra le palpebre di un occhio e spiò sommariamente dall’altra parte della cantina. A vederla, la scena non era particolarmente più interessante che a sentirne i soli rumori. Danny tirava le catene con sforzi degni di un mulo particolarmente cocciuto, provando un’incredibile varietà di posizioni da cui far forza, diverse prese a diversa lunghezza delle catene, e persino diverse combinazioni di tirata e rilascio per cercar di indebolire la profondità del fissaggio nella pietra con dosate applicazioni di forza elastica. Si sarebbe detto che fosse convinto di poter trovare il modo di imprimere molta più elasticità di quanto chiunque potrebbe immaginare possa averne la combinazione di pietra e metallo.

Uther richiuse gli occhi per un momento, giusto il tempo di tirare un lungo sospiro, poi li riaprì e si mise seduto un po’ più dritto, incrociando le gambe e riappoggiandosi con le braccia sopra di esse, così piegato spiando l’altro dal sotto in su.

«Danny…?» chiamò pazientemente, con un certo tatto.

Per tutta risposta gli giunse solo un grugnito distratto e di cattivo umore.

«Hummm…» mugugnò riflessivamente Uther tra sé e sé, fissandolo per qualche altro istante, prima di schiarirsi la voce sommariamente. «Danny!» lo chiamò con più decisione.

L’interpellato si fermò e si voltò a fissarlo con espressione corrucciata, dando evidente segno che lo stava disturbando, ed Uther esitò brevemente sotto quell’occhiata, prima di incominciare il suo conciso discorso. «Non vorrei essere pessimista…» iniziò, con un accenno di chiara ironia, roteando gli occhi per indicare la situazione complessiva nella quale si ritrovavano «…ma quelle catene hanno tutta l’aria di essere piuttosto ben fissate.» concluse.

Danny rimase a fissarlo, come se non fosse sicuro di aver colto il punto, e sbatté le palpebre un paio di volte, perplesso.

Uther sospirò appena, afferrò nel pugno una delle sue catene e diede uno strattone senza nemmeno usare tutta la sua forza, per semplice gesto basilarmente dimostrativo.

Danny lo guardò per qualche altro momento, dopodiché riprese imperterrito i suoi sforzi, limitandosi a ribattere tra i denti, di nuovo concentrato nel suo lavoro paziente «Idee migliori?»

Uther tornò a volgere lo sguardo per tutta la cantina, e gli occhi gli si soffermarono come per caso sul cadavere di Mordecai. «Potremmo… mangiare Mordecai?»

Danny si immobilizzò nettamente, e stavolta quando si voltò a guardarlo, e il suo sguardo si era parecchio incupito. «Stai scherzando.»

Uther assunse un’aria riflessiva a bella posta. «Ora come ora sì. Ma quando lo dirò di nuovo tra diciamo… una settantina d’ore, beh, a quel punto probabilmente non starò esattamente scherzando.»

Danny gli voltò le spalle e tornò a fissare le catene infisse al muro con cipiglio particolarmente rabbuiato.

«D’altro canto…» continuò Uther, incrociandosi le mani dietro la nuca «Per allora staremo sicuramente morendo più di sete che di fame.»

Danny lasciò andare le proprie catene, si voltò e si lasciò cadere seduto per terra, appoggiando la schiena contro la parete e rilasciando un lungo sospiro. «Sai che cosa direbbe Kumals, se fosse qui?» domandò.

Uther si accigliò. «Vuoi dire, a parte qualcosa come ‘Oh, scusatemi ragazzi, non pensavo proprio che il conoscente fidato da cui vi avrei mandato vi avrebbe incatenato in una cantina così che poteste comodamente morire di sete e di fame molto lentamente’?»

Danny alzò lo sguardo per un breve momento su di lui, la bocca piegata in un accenno di sorrisetto amaro e lo sguardo taglientemente divertito. «Sì, a parte quello. Avrebbe probabilmente notato che invece di sprecare energia ora che sono ancora sotto gli effetti postumi del narcotico, farei meglio a riposarmi finché non avrò ripreso tutte le mie forze, e solo allora tentare seriamente di scardinare queste fottute catene dal fottuto muro.»

Uther accennò a sua volta un sogghigno. «Sì, suona molto come un tecnicismo di Kumals, questo. In effetti… è un po’ che te lo volevo dire…»

«Che cosa?» domandò Danny, tornando a guardarlo incuriosito.

«Beh, non prenderla a male, ma da un po’ di tempo a questa parte certe volte sembri davvero… un po’ come Kumals

Danny alzò un sopracciglio. Poi sorrise appena. «E mi spieghi come potrei non prendere male una simile affermazione?»

Uther sogghignò un po’ di più. Poi tornò leggermente più serio. «Ad ogni modo, fammi un favore. Semmai riuscirai ad uscire vivo di qui, potresti per favore portargli le mie rimostranze per avermi fatto morire in un modo del genere?»

Danny si stupì. «Perché mai dovrei uscire senza di te? È ovvio che non appena avrò scardinato queste catene potrò raggiungere le chiavi anche delle tue sul tavolo e liberare anche te.»

Uther gli dedicò uno sguardo particolarmente significativo, e a suo modo sarcasticamente divertito. «Dubito che quelle catene si staccheranno mai dal muro. E, a livello di probabilità di sopravvivenza, le mie sono molto più scarse delle tue. Non mi sono mai informato nello specifico, ma sospetto che le capacità di un mezzo lupo di resistere alla sete e alla fame siano più elevate di quelle di un essere umano.»

Danny non rispose, si limitò a guardarlo a lungo, con una serietà così temibile che Uther si sentì quasi a disagio. Dopodiché lo vide tornare ad alzarsi, riprendere in mano le catene ma, dopo qualche istante di riflessione, optare per cercare di studiare più da vicino con sguardo acuto il punto in cui affondavano nel muro.

Uther sospirò, e dopo essersi guardato attorno in cerca di qualcosa con cui passarsi il tempo, notò la siringa che era caduta a Mordecai quando era crollato sul pavimento, quella con cui intendeva narcotizzare ulteriormente Danny probabilmente. Allungandosi per quanto possibile, Uther riuscì a raggiungerla con un piede e a trascinarla verso di sé. Prendendola in mano, osservò ad alta voce «Forse potremmo divertirci con questa, magari domani o dopodomani. Provare a iniettarci questa roba e vedere che effetto fa.»

Danny lanciò una breve occhiata al di sopra della spalla per vedere di che cosa stesse parlando, e quindi lo fissò negli occhi con aria decisamente preoccupata.

«Stavo solo scherzando.» puntualizzò Uther.

«Sarei comunque più tranquillo se la buttassi via.» ribatté Danny.

«Sul serio?» si stupì Uther «Credo che quando staremo morendo di sete qualsiasi cosa liquida potrebbe diventare particolarmente affascinante.»

«Certo. E bere del narcotico fabbricato da un necromante per un mezzo lupo risolverà tutto.» ironizzò Danny.

Uther alzò le spalle. «Sempre meglio che niente. Inoltre, nella prospettiva di stare impazzendo di fame e di sete, un narcotico ci sembrerà manna dal cielo per allora.»

Danny sospirò, si voltò e allungò un braccio davanti a sé, la mano aperta e col palmo aperto all’insù.

Uther considerò quel gesto per qualche istante, e alla fine si arrese e gli lanciò la siringa. Danny la afferrò al volo e quasi istantaneamente la scagliò lontano nella cantina, decisamente fuori dalla loro portata.

«Hey!» protestò Uther.

«Non ne avremo alcun bisogno. Perché usciremo di qui vivi e vegeti, e molto prima di essere vicino a soffrire di stenti.» chiarì Danny, con una sicurezza così adamantina che non ammetteva repliche.

Uther lo guardò per qualche istante, e infine scosse la testa e lasciò crollare il capo. Poco dopo tuttavia tornò a rialzare lo sguardo. «D’accordo, allora è il tuo turno di proporre qualcosa con cui passarci il tempo.»

Danny lo guardò significativamente. «Scusa, ero distratto con il cercare di salvarci le penne.» ribatté ironico, agitando appena le catene con il semplice muovere un poco le braccia.

«Già…. e a proposito di quella teoria del “Kumals che è in te” di riprovarci quando avrai recuperato a sufficienza le tue smodate forze di mezzo lupo?» propose Uther, guardandolo leggermente divertito.

Danny sbuffò sonoramente e tornò a sedersi per terra. «Va bene. Allora, qualcosa per passarsi il tempo…» cominciò, guardandosi intorno come in cerca di ispirazione.

«Che cosa porteresti con te se dovessi farti incatenare in una cantina senza cibo né acqua per giorni? Hum, vediamo un po’…» scherzò Uther, imitando una voce spensierata e leggera da gioco.

Danny scosse la testa, sornacchiando una mezza risatina.

«Sai cosa? Non avrei mai immaginato di morire così.» disse Uther «Voglio dire, d’accordo, forse potrebbe essere divertente fare il fantasma che infesta una cantina. Magari un po’ scontato… ma, hey, se non altro le catene ce le ho già in omaggio per fare il classico rumore. Oh, e tu saresti perfetto nell’ululato da fantasma.»

Danny gli rivolse un’occhiata scherzosamente risentita «C’è una grandissima differenza tra l’ululato di un lupo e quello tenebroso di un fantasma da luogo comune.»

«Ah, certo.» concordò Uther, con un cenno assertivo del capo «Ma tu sarai un mezzo lupo fantasma. Originale, no?» concluse, con un paio di schiocchi rapidi di lingua contro il palato a mo’ di verso ironicamente accattivante.

«Niente male… sì. Quanto a te?» domandò con tono da conversazione Danny.

«Oh, io andrò a perseguitare Kumals per il resto dei suoi giorni, naturalmente. A pensarci bene, sì, forse non chiederei di meglio.» soppesò Uther.

Danny si fece un poco più serio e sospirò. «Sul serio, non avrei mai pensato che Kumals fosse capace di farci finire in una situazione del genere…»

«Senza farlo apposta, vuoi dire?» ironizzò Uther.

Ma Danny si irrigidì, quindi si mise di colpo seduto più dritto, guardandolo in modo profondamente inquieto e sospettoso.

Uther lo ricambiò con uno sguardo stupito. «Stavo solo scherzando…»

«Aspetta… aspetta un momento…» disse Danny, di istante in istante sempre più inquieto.

«Oh, stavo giusto pensando di andare a sgranchirmi un po’ le gambe, ma visto che lo chiedi rimarrò qui dove sono.» commentò Uther, continuando a scherzare sebbene ora stesse valutando con un inizio di preoccupazione l’espressione di Danny.

«Forse… forse potrebbe… averlo fatto di proposito…?» rifletté ad alta voce Danny, incerto.

«Cosa?! E perché mai?» trasecolò Uther.

«Hem… beh, il fatto è che le sue istruzioni erano che noi rimanessimo da qualche parte, asserragliati dentro, al sicuro, e che ci restassimo fino al suo arrivo…» spiegò Danny, con un certo imbarazzo.

Uther alzò un sopracciglio. «E quindi ci avrebbe di proposito mandato da un pazzo per farci rinchiudere in una cantina a morire di fame e di sete pur di tenerci “al sicuro”?»

«Non proprio fino a morire. Solo fino al suo arrivo…» tentò Danny, dubbioso.

Uther emise un fischio impressionato. «Beh, ne ho visti di piani strampalati partoriti dalla mente di Kumals, ma questo… A dirti la verità, sarei quasi propenso a crederci, nel qual caso aspetterei comodamente il suo arrivo per poi prenderlo a calci fino all’orizzonte, ma ricordi che il necromante aveva intenzione di farmi fuori? Va bene tutto, ma non sembra esattamente un piano a prova di bomba se il suo scopo era quello di “tenerci al sicuro”, no?» ragionò pazientemente.

Danny lo guardò come se ora ci vedesse di nuovo chiaramente. «Oh. Già.»

Uther emise una breve e sommessa risatina. «Sul serio, puoi smetterla di preoccuparti: se proprio quello che hai ucciso era un amico di Kumals, considerate le circostanze penso proprio che Kumals non possa aver niente da ridire in proposito. E, in ogni caso, forse faresti meglio a preoccuparti di rilassarti finché l’effetto di quel narcotico non sarà svanito del tutto, perché penso che ti stia rendendo leggermente paranoico…»

Danny aveva abbassato lo sguardo sul cadavere di Mordecai, incupendosi. «Non era mia intenzione ucciderlo…» mugugnò, come tra sé e sé «Sono sicuro di aver usato la forza giusta solo per stordire un essere umano…»

Anche Uther divenne serio, e con tono gentile, piegandosi un po’ in avanti, gli disse «Danny… tra tutte le cose che mi verrebbe in mente potresti rimpiangere, credo che questa non possa stare su quella lista. Davvero… ti voleva vendere ad una specie di mercato nero di creature soprannaturali o roba del genere… non mi sembra il caso di piangere sul suo cadavere. Specialmente visto che potrebbe rivelarsi il nostro menù prima o poi…»

Danny alzò su di lui uno sguardo accigliato.

«Scherzando…» mormorò Uther, sogghignando appena complicemente.

Danny scosse un paio di volte la testa, lasciandosi sfuggire tuttavia un sorrisetto tra il compartecipe e il rimproverante, tornando ad appoggiare la schiena alla parete. Poi lo guardò dritto negli occhi con aria di colpo riflessiva, in qualche modo seria e leggera allo stesso tempo.

«E cosa metteresti nella mia lista di cose che dovrei rimpiangere?» domandò.

Uther cercò per un momento, invano, di sondare la serietà di quella domanda, prima di optare per un tono colloquialmente disimpegnato, tornando a sua volta a “mettersi comodo” con la schiena contro la parete di pietra e le braccia incrociate dietro la nuca. «Oh, non lo so. Una vita normale?»

Un sopracciglio di Danny tremolò. «Una normale vita da mezzo lupo?»

«D’accordo. Una vita più normale?» accettò la sfida Uther, sorridendo un poco, divertito.

Danny ridacchiò appena. «Naaah… non credo proprio.» E poi aggiunse «E sulla tua lista di cose da rimpiangere questa voce compare?»

«Oh, no. Dopo sì e no un paio di giorni che avevo conosciuto Kumals avevo già abbandonato ogni speranza.» celiò Uther.

Danny colse lo scherzo con un sorrisetto. Dopo qualche istante di silenzio improvvisamente tranquillo, riprese a parlare quasi distrattamente, fissando il soffitto. «Forse dovremmo pensare a quali vorremmo che fossero le nostre ultime parole, vista la situazione in cui ci troviamo.»

«Qualcosa tipo confessione in extremis sul letto di morte? Magari ci fosse un letto, almeno, per inciso…» commentò Uther en passant, muovendosi un poco contro il duro appoggio fornito dalle pietre di pavimento e muro della cantina con una smorfia scontenta.

«Pensavo più ad una specie di conversazione “pre-mortem”.» rispose Danny, ancora con un tono distrattamente divertito.

«Perché no? Probabilmente, secondo le regole del karma, più diciamo cose che non diremmo mai se non in punto di morte, più aumentano le probabilità che finiremo per non rimetterci la pelle nemmeno stavolta.» osservò Uther.

Danny accennò un lieve verso divertito, e non aggiunse altro.

Dopo qualche momento, Uther si risistemò a sedere un po’ più dritto. «Va bene. Comincerò io, allora.».

Tanto bastò perché Danny riportasse lo sguardo su di lui, con aria stupita.

«Dunque… Ricordi quando mi hai detto che mi avresti seguito lungo qualsiasi strada?» domandò Uther, con fare calmo e ponderante.

Danny rizzò le orecchie, almeno metaforicamente parlando, e dopo qualche istante si limitò ad annuire.

«Bene. Ed ecco dove ti ha portato. Incatenato in una cantina a morire lentamente. Sbaglio?» proseguì Uther, con fare razionalmente impegnato.

Danny lo guardò per qualche istante in silenzio, e alla fine un lieve sorrisetto iniziò ad increspargli le labbra. «Sì, sbagli…» rispose, lasciando una breve pausa ad effetto che con sua soddisfazione gli fece guadagnare l’incuriosita, confusa e piena attenzione dell’altro. «Fino a prova contraria, sei stato tu a seguirmi fino a qui.»

Uther lo guardò quasi incredulo, prima di riprendersi dallo stupore e iniziare a riflettere rapidamente per rispondere alla provocazione scherzosa con qualcosa di altrettanto efficace. «Non puoi provarlo. Perché dipende da chi ha trascinato per primo quaggiù Mordecai, e lui non può certo più dircelo.»

Danny gli restituì un sogghigno complice, consapevole di aver perso quello scontro.

«Ad ogni modo, questo non cambia quello che stavo cercando di dire…» riprese Uther.

«E sarebbe…?» ribatté Danny, tornato di colpo terribilmente serio, un leggero retrosapore di risentito nel suo tono.

«Che questa situazione… è esattamente quella in cui ti sei cacciato a non voler lasciar perdere. E non era questo che volevo. Tutt’altro… » mormorò Uther, dando l’impressione di essere troppo concentrato sui suoi pensieri per poter dire più di così al momento.

Ma Danny non aveva nessuna intenzione, dal canto suo, di non approfittare di quella specie di conversazione “pre-mortem” in cui Uther stesso si era gettato. Se solo avesse saputo prima che sarebbe bastato incatenarlo in una cantina per farlo parlare apertamente, forse avrebbe valutato l’opzione lui stesso, rifletté, prima di auto-riprendersi da solo mentalmente per quel pensiero veramente ‘alla Kumals’.

«E cos’era, allora, quello che volevi?» domandò Danny, ancora il tono piuttosto indurito da un risentimento che non riusciva proprio a cacciar via completamente, e del quale non era più sicuro di poter fare a meno così facilmente ormai.

«A dire la verità…» iniziò Uther, che ora faceva accuratamente a meno di guardarlo direttamente «…Credo che non saprei spiegarlo.»

Danny emise un piccolo sbuffo spazientito. «O forse, semplicemente, sono altre cose che non vuoi spiegare.»

Di colpo Uther alzò lo sguardo su di lui, con un’espressione talmente apertamente sincera che Danny si irrigidì, stupito. «Forse.» ammise «Ma credo anche che non si tratti di niente che tu non sappia già.»

In un istante breve e incisivo come un lampo a ciel sereno, Danny realizzò perfettamente e precisamente a che cosa si stava riferendo e si ritrovò a trattenere il fiato. No, non aveva niente a che fare con gli eventuali rapporti che Uther aveva intrattenuto con i mezzi lupi, e Mara in primis, prima del suo arrivo. Aveva strettamente a che fare con loro due, gli unici incatenati da soli in quella cantina che poteva essere l’ultimo luogo che avrebbero visto in quella vita – anche se Danny era ancora sicuro che l’avrebbe avuta vinta prima o poi con quelle catene. D’altro canto, si ricordò improvvisamente e piuttosto inutilmente in quel momento, si era parlato proprio di ‘ultime parole’.

Con estremo esempio di capacità di gestire una conversazione potenzialmente assai delicata, nonché di brillantezza espositiva quando si è messi alle strette, Danny non trovò assolutamente niente da dire, e d’altro canto se non fosse stato per l’automatismo di cui è preziosamente fornito il centro di controllo della respirazione, probabilmente si sarebbe dimenticato di riprendere a respirare.

Uther scosse appena la testa, abbassando lo sguardo come per un istintivo tentativo di nascondere il sorrisetto divertito e piuttosto nervoso che gli stava spuntando alle labbra. «Vuoi proprio che te lo dica davvero? Perché probabilmente in effetti è proprio su cose del genere che dovrebbe andare a parare una conversazione “pre-mortem” come si deve…» disse piano.

Quando tornò a guardarlo in attesa di risposta, o forse per accertarsi semplicemente che fosse ancora vivo, Danny si ritrovò a riprendere fiato bruscamente. Automatismo o meno, era ormai giunto alla conclusione che la tendenza a trattenere il fiato come ultima tattica d’emergenza del tipo ‘fingersi morti in caso di orso’ non poteva rivelarsi particolarmente efficiente in quel frangente.

«Credo che tu abbia ragione. Probabilmente è qualcosa che so già.» ammise infine Danny.

Uther lo guardò per qualche altro momento in silenzio, poi assunse un’espressione che aveva un che di rassegnato, ma anche di più in pace con se stesso, e tornò ad appoggiarsi con la schiena alla parete con le mani incrociate dietro la nuca, ed un’aria così improbabilmente sinceramente rilassata che Danny continuò a studiarlo senza riuscire davvero a capacitarsi né a comprendere.

«Ecco qui. Non ho più nemmeno un segreto come si deve, dannazione…» commentò Uther, tranquillamente scherzoso.

Danny si fermò in tempo prima di sbattere le palpebre, cosa che avrebbe sicuramente enfatizzato ulteriormente la sua aria confusa e incredula. Infine, si rese conto che doveva proprio dire qualcosa, e iniziava a sospettare che a quel punto quasi qualsiasi cosa sarebbe potuta andare bene. Molto meglio del silenzio, perlomeno.

E fu in quel momento che nella cantina risuonò chiaramente un significativo schiarirsi di voce, che non proveniva da nessuno di loro due.

Entrambi sobbalzarono come se si fossero appena accorti di avere uno scorpione estremamente velenoso che gli camminava sul braccio, e si ritrovarono a fissare il punto della cantina più vicino all’ingresso che dava sulle scale che conducevano di sopra.

Un ometto piuttosto basso stava semplicemente lì in piedi, con aria così opportunamente cortese che sembrava avrebbe potuto impersonare benissimo la parte di un maggiordomo appena comparso dopo essere stato chiamato. Aveva in effetti un aspetto comune, ben ritto in piedi sebbene con fare naturale, nel suo completo di sartoria che si intravedeva bene al di sotto di un lungo cappottino da viaggio di pelle, la barba ben rasata e i capelli di una sfumatura tra il bianco e il grigio ben tagliati e pettinati, gli occhialetti tondi e dalla montatura sottile perfettamente in equilibrio sul naso, e le mani educatamente riunite sopra al piccolo pomello di un bastone da passeggio d’antiquario, che teneva puntato sul pavimento davanti a sé. Doveva avere poco più di una cinquantina d’anni, un contegno inappuntabile, uno stile degno della sua età anche se forse anche un po’ più antiquato, e un’inspiegabile capacità di riuscire a entrare in una cantina praticamente quasi completamente vuota senza farsi notare.

Dal momento che Danny e Uther si stavano limitando a fissarlo come se fosse una specie di improbabile apparizione irreale, l’ometto sembrò decidere che poteva iniziare a parlare per primo senza risultare maleducato. La sua voce era estremamente calma e controllata, aveva una punta di educata cortesia che sarebbe stato arduo dire se e quanto fosse potenzialmente ambivalentemente abitudinaria e ironica, e che si accordava perfettamente col resto delle sue sembianze. Soprattutto, non sembrava in alcuna maniera particolarmente turbato o sorpreso per la scena che si trovava davanti; tutt’al’più lievemente sconcertato.

«Mi duole interrompere la vostra conversazione. Ma credo proprio di dovervi chiedere se potreste avere la gentilezza di spiegarmi perché vi trovate incatenati nella mia cantina insieme ad un cadavere.» disse semplicemente.

Danny si riprese abbastanza da iniziare a soppesare che cosa avrebbe dovuto fare a quel punto, e tutto ciò che gli venne in mente fu semplicemente chiedere di rimando, e con voce resa piuttosto acuta dall’incredulità «E lei chi è??»

L’uomo spostò lo sguardo su di lui in particolare, senza cambiare espressione, anche se Danny avrebbe giurato che uno dei suoi sottili sopraccigli grigio-biancastri fosse stato sul punto di sollevarsi un poco.

Ma fu Uther a parlare a quel punto. «È chiaro, dev’essere il nostro agente del karma cosmico. Visto? Ha funzionato perfettamente.».

Danny avrebbe potuto pensare che Uther fosse impazzito per tirare fuori del sarcasmo in quel momento, ma lo conosceva abbastanza da riconoscergli nel tono quella punta di amarezza sinceramente alterata che ne tradiva appena l’intento di minaccia e il semplice sfogo di esasperazione.

L’ometto spostò lo sguardo su Uther e abbassò un poco la testa in avanti, fissandolo al di sopra degli occhialetti, mentre rispondeva con calma e non minore capacità ironica «Oh, potete chiamarmi semplicemente Mordecai.»

 

 

Soundtrack: State of the nation (Industry)

 

Note dello scribacchiatore:

Dovrebbe essere tutto a posto. L’avevo riletto/ricontrollato tempo fa questo capitolo e in queste settimane proprio non riesco a fare un altro check-up di sicurezza, quindi… in caso di strafalcioni chiedo venia.

Il titolo di questo capitolo mi è saltato in mente una volta come presa in giro delle cosiddette ‘esperienze pre-mortem’, e inoltre vuole essere un gioco a specchio con qualcosa che vedremo nei prossimi capitoli ;)

E… le chiacchierate tra membri dei ‘4 di picche’ rimangono sempre tra le parti che più mi piace scrivere di queste storie.

Al prossimo capitolo!

 

 

 

 

  
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