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Autore: Donnasole    13/05/2017    2 recensioni
Questa storia è un tentativo di riempire i non detti nella storia di Zuko durante il viaggio che il ragazzo compie da solo nel secondo libro. Per chi non avesse letto il fumetto THE SEARCH o non gli fosse piaciuto, questo racconto è il modo in cui immagino siano andate le cose.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Azula, Iroh, Ozai, Ursa, Zuko
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Sereno e tranquillo, l’uomo ideale non pratica alcuna virtù.
Padrone di sé e imparziale, non commette peccati.
Calmo e silenzioso, egli non vede e non sente.
Equa e integra, la sua mente non dimora in alcun luogo.
- Hui Neng



Tomba piegata
al vento d'autunno
i miei singhiozzi
Basho



Iroh seduto sullo scranno in cima al colle, osservava con occhio tecnico, la battaglia combattuta sotto le mura di Ba Sing Se.
La prima linea di fanteria vomitava addosso ai difensori, tutto il fuoco che aveva a disposizione costringendo l'esercito della terra ad un continuo ripiegamento difensivo.
Irriducibili e sistematici, i membri dell'esercito della terra continuavano a puntellare le fessure che, incessantemente, si aprivano intorno a loro, nel disperato tentativo di rinforzare le mura danneggiate con massiccio uso del dominio, ignari del vero pericolo che li minacciava.
Sotto di loro qualcosa si stava muovendo.
Il generale, durante l'ultima riunione militare con il Signore Azulon, il principe Ozai e tutto il consiglio, era stato chiaro: c'erano solo due modi per entrare in città; uno attraverso il cielo e uno sotto terra.
I lavori erano cominciati anni prima: grazie alla collaborazione di dominatori della terra conniventi e l'impiego sistematico di manodopera prigioniera, erano stati scavati diversi canali sotterranei che conducevano esattamente sotto la prima cinta di difesa, con lo scopo di minare la base delle mura stesse, facendole crollare.
Il generale aveva puntato tutto sulla fortuna e sulla mancanza di immaginazione degli avversari, avrebbe mostrato loro solo quello che voleva vedessero per ingannarli finché non fosse stato troppo tardi.
Tutto sino ad allora si era svolto secondo i piani e, in quello stesso momento, un plotone di volontari stava dando fuoco alle cataste di polveri, legni e materiale incendiario stipate in stanze create appositamente sotto le mura.
L'uomo non poteva vederli ma il suo cuore si riempì d'orgoglio per il coraggio dimostrato da quei soldati, attraverso i quali la vittoria si sarebbe materializzata.
La seconda fila di fanteria sostituì la prima facendo ancora maggiore scena.
Iroh consegnò alcune lettere ad uno degli attendenti e si mise a contemplare l'alba.
Colmo di ammirazione, guardò le luci dell'est tingere di rosa pallido le nubi oltre le montagne ancora addormentate; pensò di scrivere ad Ursa ed ai bambini, sperando di rendere nella lettera la magnificenza dello spettacolo naturale, consapevole che presto, avrebbe, magari, potuto mostrarglielo.
Alle sue spalle intanto il fuoco aveva cominciato a palesare la propria potenza distruttiva.
Il generale si riscosse dalle suggestioni poetiche e tornò a sedersi al suo posto, mentre un attendente gli versava una tazza di tè. Una folata di vento gli portò alle narici, l'acre odore di macerie bruciate; con un fragore assordante le mura caddero, trascinando con loro buona parte dei difensori.
Una breccia gigantesca era stata aperta.
Il generale sorrise, doveva solo consegnare il dispaccio con i nuovi ordini di avanzata ed entro sera avrebbero avuto un nuovo accampamento ad un passo dalla seconda cinta.
Un soldato in groppa ad una lucertola di fuoco, con le insegne del messaggero, arrivò a tutta velocità dirigendosi verso il generale. L'uomo scese rapido prima che l'animale si fermasse e, inginocchiandosi di fronte al condottiero, mantenendo la testa bassa, gli porse un cofanetto e due dispacci arrotolati.
Era la lista dei volontari e dei caduti durante l'ultima fase, quella che aveva portato al trionfo dell'operazione. Ai superstiti sarebbero andati encomi e laute ricompense, ai defunti, per aver sacrificato la propria vita per la patria, funerali di stato, onori e una congrua pensione per le famiglie.
Iroh ruppe il sigillo. Svoltolò la prima carta, scorrendo rapido la lista dei caduti ed impallidendo vistosamente. Sollevò per un attimo gli occhi sull'inferno di macerie annerite dal fumo e ancora incandescenti.
Rilesse nuovamente e senza una parola fece cadere la carta puntando gli occhi sul cofanetto di metallo che conteneva le ultime lettere dei volontari alle famiglie. In preda alla vertigine con mani ansiose e tremanti ne aprì la serratura rovesciando il contenuto sullo scrittoio e cominciò febbrilmente a cercarne una. Gli attendenti si fissarono tra loro preoccupati senza trovare il coraggio di muovere un muscolo di fronte ad un comportamento tanto anomalo nel loro condottiero. In quel momento il capitano Zhao raggiunse il gruppo tutto trafelato e cominciò ansimando a blaterare su un terribile errore commesso. La voce dell'ufficiale giungeva offuscata e lontana alle orecchie del generale quando le dita finalmente si chiusero intorno a quello che stava cercando.
L'ultima lettera del figlio.
Quando l'uomo aveva visto il nome del ragazzo fra quello dei deceduti aveva vacillato, ma una parte della sua mente aveva caparbiamente continuato a credere che ci fosse un errore, le parole di Zhao non avevano senso, anche lui poteva essersi ingannato, ma quella lettera era reale fra le sue dita, reale come il sapore metallico che dà la paura nella bocca quando sei sull'orlo di perdere ogni cosa.
Ruppe il sigillo e lesse.


Il generale Iroh strinse fra le dita le punte di due bastoncini d'incenso facendole sfrigolare.
Ampie volute di fumo profumato si espansero nella cappella privata dove era custodito il ritratto di Lu Ten e della sua defunta moglie, scendendo poi ad avvilupparlo come in un abbraccio.
Inginocchiato sui cuscini, la schiena china e la testa bassa, rimase in contemplazione delle piccole braci ardenti mentre due lacrime, evocate e non trattenute scesero a rigargli il volto. Con un sospiro afflitto sollevò gli occhi sull'altare da dove i due sembravano fissarlo con rimprovero; poiché cos'altro avrebbe meritato Iroh se non il loro biasimo?.
Per tutta la vita il generale sapeva di essere stato un favorito della fortuna ma aveva accettato la cosa come dovuta. Figlio primogenito di Azulon ed erede al trono, non aveva dovuto cercare lontano un senso alla propria esistenza ed aveva imboccato tranquillamente una strada già tracciata.
Sostenuto da un talento fuori dell'ordinario aveva facilmente rivestito ogni ruolo affidatogli riuscendo trionfante in ogni impresa. Era al fianco di Azulon quando venne deciso il lungo assedio della tribù d'acqua del sud. Memore delle pesanti perdite inflitte all'esercito del fuoco dai nomadi dell'aria, nonostante la presenza della cometa, in concerto col padre aveva suggerito la sistematica cattura di tutti i dominatori con incursioni rapide e ripetute nel tempo, strategia inizialmente considerata poco onorevole ma alla lunga rivelatasi estremamente efficace.
Durante il rituale viaggio alla ricerca dell' Avatar scomparso, come prima di lui avevano fatto il padre ed il nonno, si era imbattuto nei guerrieri del sole scoprendo il vero senso del dominio. Toccato dagli spiriti era tornato al suo ruolo con una nuova percezione delle cose, una profonda ed umile deferenza verso l'armonia cosmica ed il proprio marginale posto nell'equilibrio del creato.
Il matrimonio con una sposa scelta dal padre era solo uno dei tanti mattoni che avevano lastricato la via della sua esistenza e non si soffermò mai molto a domandarsi quale peso potesse essere per la sua compagna essere la moglie di un uomo i cui molteplici impegni ne facevano un interesse marginale.
Una fitta di rimorso contrasse i lineamenti del generale al ricordo.
Non era stata una donna favorita dalla sorte.
La nascita di Ozai aveva fortunatamente allentato le pressioni affinché ella partorisse un erede. Non erano in molte le donne in grado di sopportare il concepimento e la relativa gestazione di un erede di Sozin e questo spiegava come mai fossero così pochi in famiglia: rimanere gravide, sostenere la gravidanza, sopravvivere al travaglio era un rischio che rendeva il ruolo di consorte reale meno appetibile di quanto non si pensasse. Sua madre non ce l'aveva fatta, sua moglie sembrava sterile, la potenza della stirpe non perdonava. Ad Iroh questo non importava, aveva un fratello che avrebbe potuto succedergli e, nella prospettiva delle cose, la casata di Sozin era al sicuro così, nei ritagli di tempo, si divertiva a prendere Ozai sulle ginocchia ed a raccontargli storie guerresche condite di spicciola filosofia colonialista e molto, ma molto, dominio del fuoco.
Finalmente nacque un nuovo erede, un bambino forte e sano al quale venne posto il nome di Lu Ten ed Iroh si sentì riempire d'orgoglio. Non essendo più necessaria la propria presenza a corte, il giovane venne promosso capitano e mandato al fronte sud.
Era presente quando l'ultima dominatrice dell'acqua venne catturata e deportata.
Tornato a casa in trionfo gli venne dato il titolo di generale e affidato un esercito per la conquista di Ba Sing Se. Nella gioia dei festeggiamenti venne concepito un secondo figlio.
Iroh partì insieme al fedele Jong Jong ed era lontano quando gli venne comunicata la morte della consorte in seguito a complicazioni dovute alla gravidanza. Tornò in tempo per accendere il rogo funebre e per conoscere il figlio: Lu Ten aveva già cinque anni ed era uno splendido ed allegro bambino che si attaccò immediatamente a quel padre tanto idolatrato quanto sconosciuto. Ma il generale aveva altri progetti. Per molto tempo Iroh aveva creduto all'illusione dell'immutabilità, come se ogni cosa fosse già stata predisposta per il proprio trionfo e il sogno che aveva fatto sulla conquista di Ba Sing se, era divenuto per lui una vera ossessione. Pensava di avere tutto il tempo del mondo ed agì di conseguenza.
Iniziò l'assedio, un assedio lungo, caparbio, inesorabile come lo era il generale che lo conduceva. Brevi capatine a palazzo per aggiornare personalmente Azulon sull'andamento della guerra e accertarsi dei progressi del figlio nelle arti marziali. Conobbe Ursa e la trovò incantevole ma il gelido contegno del fratello ne raffreddò l'entusiasmo; come suo solito Iroh ignorò ciò che poteva infastidirlo e non si curò di scoprirne la ragione.
Passarono gli anni e Lu Ten ebbe l'età per poter combattere. Dietro insistenza del ragazzo Iroh capitolò e lo chiamò al fronte convinto che un'esperienza sul campo sarebbe stata utile al suo addestramento. Quanto si era sbagliato.


Amorevolmente mise l'offerta di fronte al figlio e si immerse nella preghiera chinando il capo.

Al generale Iroh: Ci vedremo dopo la vittoria in guerra. Lealmente, tuo figlio Lu Ten.

Queste erano state le sue ultime parole. Scritte su una lettera con impresso il suo volto, nella paura forse che il padre non potesse riconoscerlo, considerato il poco tempo passato insieme. Una lettera sterile, vuota di affetto come nullo era stato il loro rapporto. Quanti anni sprecati seguendo sogni di gloria, tenuto lontano da un figlio cresciuto senza un padre ed ora scomparso per sempre.
Lu ten aveva voluto rendere orgoglioso Iroh, innalzandosi ai suoi occhi e l'uomo sapeva che non se lo sarebbe mai perdonato.
Gli gravò il peso dei momenti perduti.
Lo sguardo gli cadde sulla scacchiera, omaggio del suo amico Jong Jong, l'unico rimastogli sempre accanto.
Nulla aveva più senso. Iroh si chiese per la prima volta quale fosse il vero scopo di tutto questo e non giunse ad alcuna conclusione.
Si sentiva solo un vecchio stanco.
Tornò a pregare per loro: per tutte le cose che non avevano avuto il tempo di fare, per tutta la bellezza che non avrebbero contemplato, per le delizie del mondo dal quale erano stati così violentemente estirpati.
Pianse dentro di se per ciò di cui erano stati privati e per le gioie che non avrebbero conosciuto. Chiuse gli occhi e le lacrime tornarono a sgorgare.
L'andirivieni che solitamente accompagna queste luttuose circostanze si era oramai acquietato e l'anziano genitore non faceva quasi più caso al brusio di sottofondo mischiato alle parole di cordoglio, assorto come era nel commiato dal figlio.
Qualcuno, in silenzio, prese posto alle sue spalle. Un vassoio venne posato accanto e, il profumo dell'incenso, si mescolò al tenue aroma del gelsomino.
Iroh aprì gli occhi asciugandosi il volto con la manica.
<< Perdonatemi generale Iroh, gran dragone dell'ovest, principe ereditario della casa reale di Azulon... >>
<< Per favore Ursa. >> la interruppe lui gentilmente, ruotando sulle ginocchia fino ad averla di fronte.<< Fra noi non occorrono titoli. >> le sorrise debolmente.
<< Perdonami se t'importuno in un momento come questo. >> ricominciò lei con voce appena udibile.
<< Importunarmi tu? Sei un raggio di luce in un mondo buio. >> la rassicurò.<< E poi hai anche portato il tè: il mio preferito. >>
Ursa annuì.
<< E' il primo che ti convinsi a provare. >> rammentò sorridendo
<< Si ricordo. Non ero propenso, ma tu fosti convincente. Non te ne sono mai stato grato abbastanza. Sei venuta a porgermi le condoglianze? >> Chiese vedendola d'un tratto turbata. La donna non lo guardava. Fissava invece ostinatamente un punto alla propria sinistra celandogli parte del volto. I lineamenti erano contratti e le mani, serrate in grembo, tormentavano la stoffa del vestito.
Iroh si preoccupò. << I bambini stanno bene? >> domandò ansioso.
Ursa si morse il labbro e una lacrima scese sulla guancia tracciando una scia di tremula luce.
Il generale, dimentico dell'etichetta, le afferrò fulmineo una mano ed altrettanto velocemente la ritirò. Voci sul loro conto ce ne erano state fin troppe per permettere che ricominciassero.
<< Il mio signore Ozai ha offeso il Signore del Fuoco Azulon e questi ha ordinato che il principe Zuko affrontasse la Prova. >>
La tazza che il generale stava per portare alle labbra, rimase sospesa a mezz'aria e subito riposta. << Il Rama-kai. >> disse Iroh lisciandosi la barba come a soppesare l'informazione. Ella annuì
Era un bel dilemma.
Zuko sarebbe stato in grado di sopportarlo? Sua madre evidentemente riteneva di no.
<< Ozai cosa dice? >> s'informò.
Ursa fece per parlare ma chiuse le labbra cambiando idea.
<< Non gli interessa. >> aggiunse infine in tono addolorato.
Iroh sospirò, non avrebbe voluto deluderla ma c'era ben poco che potesse fare.
Nel loro mondo la lealtà verso il padre ed il Signore era assoluta.
Incrociò le braccia chiudendo gli occhi in meditazione.
Impensabile contestare la questione. Anche se Ozai avesse chiesto scusa, qualunque cosa avesse fatto, uscirne con onore sarebbe stato improbabile.
<< Non posso interferire con quanto deciso da mio padre. >> cominciò a giustificarsi imbarazzato. << Ti prego fa qualcosa. >> insistette lei supplicandolo e iniziando a prostrarsi davanti a lui.
Iroh, scosso, ne fermò la discesa umiliante, sfiorandola sotto il mento con le dita e sollevandole il volto in modo che i loro occhi si incontrassero.
Ammutolì dalla sorpresa. Sotto il trucco, posato pesantemente, un gonfiore inequivocabile deturpava la perfezione dei lineamenti.
Ursa se ne accorse e scostò il volto liberandosi del suo tocco gentile.
<< Cosa è successo? >>
La donna, evidentemente spaventata fece cadere una lunga ciocca di capelli come a nascondere il segno sul suo volto.
<< Parla con me. >> la supplicò.
Ella sembrò tentennare infierendo con i denti sul labbro inferiore ma fu solo un attimo di debolezza.
<< E' stata colpa mia. >> disse infine colma di vergogna e sollevatasi con grazia dal pavimento si ritirò precipitosamente, ponendo fine al colloquio.
<< Ursa! >> la richiamò indietro Iroh alzando inconsapevolmente il braccio per fermarla. Ella era ormai troppo lontana. Fuggita davanti a tutto ciò che fra loro da sempre rimaneva inespresso e mentre il rumore dei suoi passi si attutiva, una tazza di delicato tè, spandeva i suoi vapori come volute d'incenso.



Note dell'autore.
Molto spesso pensiamo di avere tempo per fare tutto e rimandiamo a dopo delle cose che pensiamo possano aspettare. Iroh in questo non è diverso dagli altri: popolare allegro, vincente, sembra aver tutte le carte in regola per essere felice eppure cosa gli rimane? Due bastoncini d'incenso e tanta amarezza. Cosa contano le glorie,le vittorie i suoi doni di fronte alla semplice verità che il nostro ruolo è provvisorio su questa terra e il tempo che decidiamo di passare con coloro che amiamo è l'unico che conta.
  
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