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Autore: IwonLyme    17/05/2017    1 recensioni
‘Il Principe’ è un racconto sulla libertà, sul significato che essa ha soprattutto per il giovane Nivek, protagonista e narratore, che verrà messo a confronto fin da subito con la bellezza di essa, la sua importanza e, almeno per lui, il suo difficile raggiungimento. Non è facile essere liberi e Nivek desidera talmente tanto esserlo che romperà ogni regola per raggiungere questo scopo.
Tuttavia ciò che inizia come un gesto ribelle e di rivalsa gli costerà proprio ciò che da principio inseguiva e si troverà catapultato in una realtà ed in un mondo molto più duro e severo di quanto non fosse suo nonno ed il villaggio in cui viveva da emarginato. Una guerra contro un re malvagio ed un padrone pronto a legarlo per sempre a se stesso saranno le cause delle sue vicissitudini che lo porteranno a riflettere sulla propria vita, sul vero scopo di essa e sulla sua nuova condizione: essere un Drago Domato.
“[…] tutto sta nel comprendere che qualcosa non ci è davvero tolto se noi non lo lasciamo andare via.”
Genere: Avventura, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il gruppo è finalmente pronto per lasciare le montagne, cosa troveranno sul loro cammino? Cosa sarà successo al legame tra Nivek e Nowell?
 
La Voce del Re - Parte VII

Il Drago delle Regioni della Terra non attese il giorno seguente per partire, ma prese il volo quella sera stessa. Probabilmente pensò che il messaggio che doveva portare era troppo importante e non poteva tardare oltre. Così, dopo averlo visto allontanarsi, mio nonno si avvicinò a me e, posandomi una mano sulla spalla dichiarò di essere fiero della mia abilità e della riuscita del nostro obiettivo. Pensai che fino a quel momento non avesse ancora pienamente creduto nelle mie capacità di Re, non avesse creduto fossi già pronto ad affrontare i fatti che così saldi si presentavano sul mio cammino. Pensai che infine avesse compreso che ero davvero in grado di affrontare il mio destino. Le mie abilità si mostravano lui in un modo totalmente nuovo ed in quel momento mi sentii investito pienamente del mio ruolo: non mi avrebbe più guardato con timore credendo non potessi affrontare una situazione complessa, non avrebbe più tentato di parlare al mio posto, io ero il Re e tale era la mia carica ed il mio obbligo.
Cominciammo a tornare verso casa ed il vento freddo che aveva avvolto la cima cominciò a portare con sé il sapore della neve. Pensammo cominciasse a nevicare e non dovemmo attendere molto perché radi fiocchi iniziassero a sfiorarci i visi accaldati dal falò che avevamo lasciato. Jethro e gli altri erano rimasti con Elmer ed Oswin, solo io e Nowell ci stavamo dirigendo lontani dal gruppo, distanti dalla confusione dei nostri seguaci e liberi dai loro sguardi impressionati ed ansiosi. Il silenzio che c'era tra noi era profondo ed in esso i nostri cuori ritrovarono la calma, ritrovarono il desiderio di tornare persone comuni, ritrovarono la convinzione e la gentilezza. Anche il mio padrone mi aveva osservato credendo di vedere la mia insicurezza rinnovata, il ruolo che ancora mi stava troppo stretto, invece aveva trovato davanti a sé ciò che sperava e ciò di cui aveva bisogno. Avevo accettato il mio destino e credo che questo lo stupì più di ogni altra cosa. Infine sapevo di essere un Re, sapevo di dovermi spingere oltre a ciò che io desideravo.
Guardando l'alto albero delinearsi davanti al mio sguardo il cuore sussultò nel petto di Nowell e silenziosi ci fermammo un po' distanti per guardarlo. Lì aveva avuto inizio ogni cosa. Se Yorick non si fosse arrampicato su quei rami, se non fosse caduto, se non avesse visto il volto di mia madre io e Nowell non avremmo mai potuto incontrarci, mai nessuno si sarebbe opposto al Re Orrendo. Era buffo: il male ordisce la proprie trame palesemente, spinge tutte le sue forze per riuscire a prevalere, il bene, l'amore diventa enorme da un piccolo spiraglio, illumina il mondo dal buco di una serratura ed apre una porta di immensa luce. Sarebbe stato assurdo se da un piccolo atto d'amore come quello il male e l'odio più grande sarebbero caduti tutto d'un colpo. Basta poco amore per fronteggiare immense quantità di odio.
Osservai il Domatore che sembrava oppresso da qualche pensiero. Sembrava intento a guardare oltre ciò che io vedevo e, non sentendo i miei sentimenti inondarlo, lasciò scaturire i propri liberamente. Sentii il peso della colpa che gli premeva il cuore ed, avvicinandomi a lui, lasciai che le nostre spalle si toccassero mentre entrambi tenevamo le mani in tasca per non farle freddare troppo. – Jethro oggi mi ha detto qualcosa di bizzarro. – Dissi cercando di distrarlo da pensieri che non avrei potuto risanare.
– Cosa ti ha detto? – Chiese con voce calda e sembrò allontanarsi a metà dai suoi tormenti.
– Mi ha detto che potrebbe essere diverso per un Drago ed un Domatore la situazione di donare il cuore e non di venirne privati. – Risposi osservando da vicino la sua reazione e lui non ne sembrò turbato o allarmato.
– In che modo potrebbe? – Domandò semplicemente guardandomi e facendomi sentire ancora il ragazzino che prudentemente l'aveva portato ferito nella stanza azzurra a casa di Wren.
– Ha detto che non ne ha idea, ma potremmo scoprirlo quando compiremo il primo volo da Consacrati. – Annuì e guadò ancora Principe.
– Pensavo di partire tra qualche giorno. Desidero raggiungere Wardell e Ormond. Desidero che anche la mia voce divenga forte come la tua. – Sospirò. – Da qui non posso rassicurare i miei uomini e, come i Draghi hanno bisogno di sicurezze, allo stesso modo ne necessitano i Domatori. Sono sicuro che desiderano vedermi e comprendere per chi combattono. – Riprese il cammino ed io lo seguii.
– È giusto ciò che dici, Nowell, insieme stringeremo i loro animi. – Risposi.
– Sarebbe meglio che esponenti delle tribù dei Draghi si riuniscano dove ora sono i nostri. Credi di poter fare in modo che vengano? – Mi domandò.
– Credo di poter mandare loro un altro messaggio e che essi, guidati da quello, giungano nel campo dove si sono riuniti i Domatori. I Draghi Liberi si riuniranno solo pochi attimi prima della battaglia e credo che questo sia sicuramente più saggio.
– Certo. Tanti Draghi in un posto solo desterebbero certamente l'attenzione del Re Orrendo e di tutti coloro che sono al suo servizio, inoltre questa è l'unica sorpresa che abbiamo, è meglio che egli la ignori fino al momento necessario. – Disse concordando con me.
– Allora farò in modo che vengano degli ambasciatori. – Conclusi e ci trovammo davanti alla porta di casa.
– Pensi che io sia adatto? – Domandò voltandosi improvvisamente e rivolgendomi uno sguardo che mai avevo visto impresso nel volto di Nowell.
– Qualcosa ti turba e molto più di ciò che turba me, di cosa si tratta? Per cosa mi chiedi di essere adatto? – Chiesi piano ponendogli una mano sulla spalla. I suoi occhi si sollevarono e li vidi vagare fino a che la debole luce del villaggio non si riflesse in essi.
– Per me è difficile vivere in mezzo ai Draghi. – Confessò. – I loro volti, le loro parole, il loro interesse per me è pesante nel mio cuore e tento di non pensarci, tento di non guardare indietro, ma nei loro occhi riflessi vedo quelli di coloro che ho ucciso. Vedo la morte gratuita che ho donato e non posso dimenticare di essere stato io stesso un costrittore, un seguace del Re Orrendo … un omicida. – Prese un profondo respiro. – Credi che io sia adatto a prendere il posto di mio padre? Ho paura che potrei diventare come lui una volta in cima. – Compresi in un istante quanto questo buio pesasse sull'animo del mio padrone. Compresi che per lui non era stato facile affrontare il viaggio in cui io l'avevo immerso. Giorno dopo giorno viaggiando tra i Draghi Liberi lui aveva rivissuto i suoi crimini, le sue colpe ed esse erano diventate sempre più pesanti, sempre più violente nel suo cuore. Così concentrato sui miei sentimenti non avevo sentito i suoi ed ora che me li manifestava prepotentemente essi schiacciavano il mio animo e non potei fare altro che sentirmi in colpa per averlo spinto in quel dolore. Aveva pazientato nel mio villaggio, era rimasto in silenzio per consentirmi di comprendere pienamente chi ero tanto che infine era stato lui a smarrirsi.
– Sarai in grado …
– Non desidero che loro mi scelgano. – Disse secco. – Quando la guerra finirà sai che non mi imporrò come Re, questo è sempre stato chiaro nella mia mente, ma se essi dovessero scegliermi io non so se accetterò ed è ragionevole credere che mi chiameranno. – Abbassò il capo. – Pesante è il cuore dentro di me e profondo il mio dolore … quale Re potrei essere? Un Re complice del male infine non sarebbe un male lui stesso? Io sono nato dal male, dall'odio … quale amore potrei mai portare?
Gli sfiorai il viso e posai la mia fronte contro la sua e lui chiuse gli occhi immerso profondamente nella sua sofferenza. – Se dovessero chiamarti, mio compagno, sarai pronto. Se dovessero volerti come Re, mio padrone, sarai pronto. Ed il bene che porterai sarà superiore a quello di qualsiasi male. E l'amore che avrai per coloro che ti hanno scelto sarà più grande dell'odio che ti ha creato. – Una lacrima solcò il suo viso e tale era la sua tristezza, tale la sua pena. Non avevo compreso molte cose ed in quel momento divenni consapevole che dovevamo partire. Il mio padrone doveva ritrovare la propria fiducia, doveva ritrovare la calma nel proprio animo e la ponderatezza delle sue azioni. Il suo cuore, che era sempre rimasto chiuso e celato perfino a me, ora era aperto e piangeva di dolore. Io avevo forzato il suo petto, ero stato io ad imporgli quel ruolo così distante dalla sua riservatezza e dalla sua natura solitaria. Sapevo che avrei seguito il mio padrone in qualunque luogo, l'avrei seguito in qualunque impresa, in qualunque sofferenza ed infine insieme saremmo riusciti a vivere in tranquillità.
Quel suo profondo dolore mi spinse a pensare che il meno pronto tra i due non ero io, per me era facile accettare un ruolo che si prospettava sì difficile, ma che avevo compreso essere saldo, inciso nei miei lineamenti e nella mia voce, Nowell invece avrebbe dovuto avere la forza di diventare un Re, di dimostrarsi tale e non sembrava averne, non sembrava desiderare ancora quel destino, non credeva di esserne degno. Il momento in cui il mondo sarebbe cambiato forse non era così vicino, forse non sarebbe nemmeno mai arrivato.
 
Trascorsi un giorno intero a preparare i messaggeri da inviare alle varie tribù ed essi partirono portando con loro il luogo in cui ci saremmo riuniti prima della battaglia. Poi cominciammo a preparare ciò che ci occorreva per il viaggio. Il pomeriggio avremmo raccolto la maggior parte delle provviste. Murray ed Elmer, così decidemmo, sarebbero venuti con noi, mentre Oswin sarebbe rimasto a coordinare ogni tribù affinché al momento della guerra sarebbero stati pronti. Prima di lasciare la mia casa desiderai parlare con lui a cui dovevo chiedere qualcosa che ancora premeva sul mio animo. – Sire, hai chiesto di vedermi? – Domandò il padre di Elmer dopo avermi raggiunto vicino a Principe, così come gli avevo chiesto.
– Sì, volevo farti una domanda. – Confessai guardandolo.
– Quale?
– Perché quando tutti preferivano tenermi lontano dai Draghi, lasciare che io, Mezzo Drago, rimanessi per sempre a metà, perché tu tra tutti ti opponevi a questo? Non mio nonno, non il mio migliore amico, ma tu … perché? – Chiesi e nei suoi occhi vidi come quella domanda coinvolgeva sentimenti profondi e che per molto tempo erano rimasti nascosti ai più.
Si avvicinò e guardò anche lui la corteccia dell'albero alto e stupendo come vedendoci immagini simili a quelle che io immaginavo. – Non avevo mai compreso per quale motivo tua madre fosse fuggita con un Domatore, non avevo mai compreso cosa l'avesse spinta ad abbandonare il villaggio senza nemmeno pensare alle conseguenze del suo atto. Non sapevo quale fosse la forza di un Domatore e nemmeno quella di colui che portò via tua madre. – Sospirò. – In quanto alla tua domanda, mio Re, semplice è la risposta: io e tua madre dovevamo sposarci e, sebbene esso non poté eguagliare quello del Domatore, un amore profondo mi univa a lei. Io amavo Naisse la Bella e sarei stato felice di sposarla e di vivere con lei per la mia intera vita, ma questo non era il mio destino. Mia moglie Saifa è colei che mi era stata destinata e non potrei essere più felice ora, tuttavia quando tua madre tornò al villaggio ed era preda della follia non potei che ritrovare risvegliato nel mio cuore quell'antico sentimento che si era tramutato più in quello di un fratello, di un caro amico, che di un amante. Vedendo te, poi, non potevo fare altro che pensare a lei e non desideravo che, dopo aver perso tua madre e non avendo un padre, fossi emarginato anche dalla tua tribù. Desideravo davvero che tu trovassi la felicità in questo villaggio e che il tuo passato smettesse di tormentarti. Forse l'amore che nutrii per Naisse la Bella mi spinse ad amare anche suo figlio: qualunque cosa che da lei proveniva non poteva far nascere odio nel mio cuore.
Mi guardò e sorrise imbarazzato di aver raccontato così apertamente sentimenti giovanili che si erano affievoliti nel suo cuore una volta divenuto adulto. – Ringrazio il Cielo per la vita che ho vissuto, priva di dolori eccessivi e di difficoltà troppo alte da superare, piena di gioie grandi e di affetto contraccambiato. – Sospirò. – Però, sai, pensando a Naisse ero sempre stato inquieto. La persona che più mi era stata vicina da bambino nelle mani di un crudele Domatore, torturata e seviziata, folle di dolore e desiderosa di ritornare nell'inferno da cui era uscita. La sua sorte mi aveva sempre causato un forte dolore ed un enorme senso di responsabilità: mi dicevo che se fossi stato più attento a lei forse non le sarebbe successo nulla. Tuttavia dopo aver scoperto la verità e dopo aver incontrato colui che l'amò più di me e che da lei fu contraccambiato, non posso più pensare a lei come sfortunata, so che nella sua breve esistenza ella conobbe la gioia e l'amore e di questo sono soddisfatto. Ora il mio animo può pensare a lei felicemente e ricordare quei bei momenti che il dolore aveva fatto dimenticare. – Mi sorrise e con un inchino si congedò poiché parlare oltre di lei lo coinvolgeva profondamente. Così mi separai da Oswin pronto a rivederlo solo nel momento cruciale e così ci preparammo definitivamente a partire.
Il volo da Drago Consacrato si avvicinava velocemente e non potevo esserne più agitato. Salutai la tomba di mia madre chiesi lei di custodire mio padre ed i miei amici, chiesi lei di restarmi accanto e di infondermi forza contro il male che lei stessa aveva affrontato prima di me. Da pari a pari parlavo alla sua tomba poiché ella era stata il Drago Consacrato di un uomo degno tanto quanto colui a cui io obbedivo. I miei pensieri abbandonarono definitivamente il mio passato su quelle montagne e divennero pronti a rivolgersi al futuro. Sapevo chi ero e non c'era nulla di più importante.
 
Il giorno deciso per la partenza non fu esattamente il migliore. All'orizzonte l'ombra sembrava ormai invadere il Cielo e sapevamo che l'ira del Re Orrendo non sarebbe tardata. Insieme a questo senso di imminenza c'era anche l'inconsapevolezza di ciò che sarebbe accaduto nel momento in cui Nowell mi avrebbe chiesto di portarlo in Cielo. I bagagli erano pronti ed ammassati fuori dalla porta di casa: la sella era andata perduta il giorno in cui eravamo precipitati nella radura e con essa anche la maggior parte dei nostri averi, più di tutto mi dispiacque veramente molto aver perduto la bella conchiglia bianca proveniente dal mare e che Sybil aveva donato a me insieme alle sue piccole scuse. Nelle borse che la mia gente ci aveva preparato, oltre ad esserci doni e numerose provviste, vi erano anche dei vestiti e delle giacche pesanti qualora cominciasse il freddo che da molti giorni minacciava il proprio arrivo. Wren e Jethro inoltre avevano rimesso insieme le cose che avevano portato con sé quando erano giunti con Wardell ed in più ad esse trovarono anche qualche bracciale decorato che le donne del villaggio regalarono a Wren.
Yorick era pronto a partire ed in quei giorni aveva cercato di convincere i suoi amici Cacciatori ad andarsene dal villaggio, e quelli, comprendendo ormai che il compagno non era simile a loro così come avevano sospettato fin dal principio, decisero di lasciarlo libero e di tornare a valle. La tribù li salutò ed i bambini sembravano loro molto affezionati tanto da correre dietro i loro passi fino al confine del bosco che non potevano ancora sorpassare. Così dicemmo addio a Tranter, Jolyon e Larkin convinti che il nostro prossimo incontro sarebbe stato in un mondo molto diverso da quello che ci accompagnava.
Strano fu il modo in cui decisero di viaggiare. Murray disse che con piacere avrebbe volato insieme a Yorick poiché la figlia prima di lui l'aveva fatto e così, con l'immenso stupore di mio padre, divennero compagni di volo. Wren e Jethro, invece, sarebbero saliti in groppa ad Elmer. Nowell non ebbe nulla in contrario dato che l'unica cosa che gli importava era che nessuno viaggiasse con me, questo almeno non era cambiato.
Ci dirigemmo verso la radura in cui ero atterrato e lì i due Draghi si trasformarono. I passeggeri salirono a bordo ed io feci loro cenno di precederci poiché era necessario che io e Nowell restassimo da soli. Non sapevo se le congetture di Jethro fossero reali o meno, tuttavia difficilmente aveva sbagliato quando aveva parlato e così la fiducia in ciò che mi disse potesse essere possibile era cresciuta giorno dopo giorno ed infine si era sedimentata nel mio cuore. Era bene che il primo volo da Consacrati fosse quanto più solitario possibile in modo che qualunque cosa ci fosse stata di differente l'avremmo intuita con facilità.
Il mio padrone sembrava non credere ai miei dubbi e desiderava più intensamente giungere a destinazione piuttosto che prestare attenzione al viaggio. Pronto a partire si mise avanti a me e mi guardò sicuro. Io gli risposi con occhi incerti e ben poco tranquilli. – Nivek, diventa Drago e porta il tuo padrone in Cielo. – Disse con voce calda ed io fui pronto a vedere il mio corpo mutare, crescere, divenire grande e magnifico. La sensazione che avevo provato la prima volta che questo successe attraversò il mio corpo nuovamente e sollevai lo sguardo verso il Cielo poiché esso si sarebbe avvicinato, mi avrebbe quasi toccato. Diventavo Drago? Lo sentivo. Pronto mi sarei trasformato, avrei volato … tuttavia nulla di ciò avvenne.
Spaventato abbassai lo sguardo sul Domatore che incredulo mi guardava. Qualcosa infine era davvero mutato. – Nivek … – Mormorò.
– Cosa succede, Nowell?
– Non rispondi al mio ordine. – Disse. Prese la situazione in mano e si fermò davanti a me. – Nivek, vieni verso di me. – Le mie gambe si mossero, implacabili come sempre, si spinsero verso di lui e mi fermai il più vicino possibile. Restavo immobile davanti a lui e non comprendevo per nulla cosa stava succedendo. Avevo risposto. Che fosse stato un errore? – Riproverò. – Disse e osservandomi dritto negli occhi ripeté l'ordine di trasformarmi in Drago e questa seconda volta non ebbe più successo della prima. Vi fu una terza, una quarta. Poi mi ordinò di saltare e senza problemi saltai sotto suo comando, ma non mi trasformavo in Drago seguendo la volontà. L'agitazione cominciò a crescere nel mio petto e così nel suo. Che donandogli il mio cuore mi fossi liberato in parte dal giogo del Domatore?
– Questo avviene quando il cuore viene donato … ? – E ripensando alla leggenda non ricordai che Ian, il quale viveva nei tempi antichi ed era sempre un Drago, fosse soggetto ad un qualche controllo dal Perfetto Uccisore, così mi accorsi che quella poteva essere una reale spiegazione: il Drago non obbediva più al Domatore, non quando era trasformato o quando doveva farlo.
– Non rispondi al mio ordine. – Ripeté Nowell ed il suo cuore non sapeva se esserne felice o turbato. – Come farai a diventare Drago? Come faremo a volare? – Chiese e tali domande erano anche quelle che rigiravano nella mia mente. Non mi ero mai trasformato senza un suo preciso ordine e questo poteva certamente complicare ogni cosa se io non ne fossi stato in grado. Gli altri erano partiti e non avremmo potuto nemmeno chiedere aiuto. – Dovresti provare. Prova a diventare Drago. – Mi esortò lui pronto a vedere sia una grande riuscita che un completo fallimento.
Temetti fortemente di non riuscirci, ma come il sole non può far altro che sorgere da est e tramontare da ovest, come l'acqua scorrerà sempre verso il basso, così era profondamente incisa la mia natura di Drago in me. Avevo scelto di essere un Drago nel momento esatto in cui avevo donato il mio nome a Nowell ed esso era il nostro destino, esso era il mio fato. Non potevo non riuscire a trasformarmi poiché la mia forma era la mia natura, il mio rango, la mia identità più profonda che il Cielo aveva donato a me e che io avrei dovuto portare con saggezza e rispetto. Così con un poco della mia volontà il mio busto crebbe e le mie ali fuoriuscirono grandi e forti così come erano sempre state. Veloce la coda cominciò a frustare l'aria ed immenso mi trovai davanti al mio padrone. – Nivek … – Sussurrò. Chiara sentii la libertà quando divenni Drago, la libertà di essere me stesso in cielo. Ero libero dal giogo del Domatore poiché era stato il Drago a donare il proprio cuore. Il mio corpo da umano era debole ed assoggettato ancora a colui che mi comandava, ma la mia natura profonda si era liberata da esso ed ero pronto a compiere decisioni.
Tuttavia non potevo volare senza Nowell sulla mia groppa: il mio cuore era con lui, lontano da esso il dolore e la morte sarebbero sopraggiunti in fretta. Lontano da esso non sarei riuscito a rimanere Drago. Il mio volo, sebbene fosse deciso da me, era sempre in due, sempre unito a colui che aveva scelto per me.
Il mio padrone si avvicinò e mi accarezzò il muso ed un sorriso felice spuntò sul suo viso e così la gioia nacque anche nel mio cuore. Nowell allora salì sulla mia groppa e silenziosi ci alzammo in volo. Non riuscimmo ad esprimere molto in quel momento, fummo sopraffatti dal cambiamento e con difficoltà riuscirei a descrivere pienamente come fu quel volo. Veloce e con forti colpi d'ali mi alzai fino all'azzurro del cielo ed insieme vorticammo in aria festeggiando per la novità ricevuta. Gioimmo ed i nostri cuori si unirono insieme in un tumulto di contentezza. In fondo mai mi ero sentito in quel modo una volta in cielo. Sempre la volontà del Domatore è lì che sovrasta quella del Drago, per me avveniva un'altra cosa, per me era tutto il contrario. Ero io e solo io a volare, a spingere le mie ali, a vorticare, a toccare le nuvole, Nowell era il mio passeggero, il custode del mio cuore, colui che avevo scelto di salvare.
Poi, come se il sogno venisse interrotto di colpo, la nube nera ci avvolse ancora gli sguardi e profonda arrivò l'amarezza e la delusione. Ogni cosa sembrava essere mutata ed in fretta avremmo dovuto adattarci alla novità se volevamo vincere contro il Re Orrendo. Quella singola novità poteva decretare la nostra più completa vittoria o sconfitta: comprendemmo chiaramente che dovevamo essere in grado di gestire, così come la schiavitù, anche la rinnovata libertà.
 
Rincontrammo Jethro e gli altri solo quando il sole aveva cominciato a calare verso ovest nella direzione in cui stavamo volando. Eravamo ancora perplessi e dubbiosi su ciò che avremmo potuto dire loro e soprattutto su ciò che comportava veramente la “nuova condizione” del nostro animo. Nowell non sembrava preoccupato e questo aiutava a far crescere in me la fiducia che non sarebbe diventato un limite bensì una nuova fonte di forza. D'altronde sebbene la mia volontà fosse senza limitazioni quando ero Drago, il mio cuore giaceva nel petto del mio padrone e questo faceva sì che io non mi allontanassi troppo dai suoi desideri o mi spingessi contro i suoi sentimenti.
Continuammo zigzagando nel cielo senza scambiarci molti cenni. Murray ed Elmer erano silenziosi mentre il sole calava dietro la terra bruna e verde. Il vento solleticava dolcemente le mie ali ricoperte di squame luccicanti e sentivo il sapore del cielo che mi faceva vibrare il petto e mi sollevava sempre più in alto. Ad un certo punto dimenticai perfino che stessi volando. Talmente ero immerso in quella stupenda atmosfera, talmente erano vuoti i miei pensieri e lontani i miei sentimenti che infine ogni cosa, perfino la vita ed il mondo, sembravano troppo lontani, troppo piccoli per attirare la mia attenzione. Solo il volo ed il Cielo erano grandi, degni del mio interesse, degni di nota e verità. Sapevo, fin da quando ero nato, che il sapore del vento condizionava la mia vita più di quanto avessi desiderato, ma in quel momento non c'era altro di cui veramente potevo curarmi. Non più la guerra, non più il mio cuore, non più la mia volontà … ero in pace e volavo senza sentire altro che la brezza dolce e soave, luminosa e stupenda.
Non so dire perché quel momento è rimasto così chiaro nella mia mente tanto da non dover nemmeno immaginare di ricordarlo, saldo resta nei miei ricordi come pochi degli attimi che trascorsi in cielo. Ancora più nitido fu quel volo rispetto al primo che compii. Può sembrare assurdo e lo comprendo, ma è difficile poter trovare l'importanza che in quello vi fu per coloro che non conoscono le bellezze del Cielo, per coloro che non hanno mai sfiorato le nuvole o cavalcato l'arcobaleno.
Quando si vola mille sono i sentimenti che affollano il cuore: la paura, l'eccitazione, lo stupore, il timore, la gioia più assoluta. La completa assenza di essi è dunque il più straordinario degli eventi ed a me capitò quel giorno. Quel giorno in cui ci spingevamo verso la grande nube, in cui avevo compreso cosa era infine mutato per sempre nel mio rapporto con Nowell, in cui la preoccupazione avrebbe dovuto coinvolgere a pieno il mio animo. Dopo aver così spiegato dovrebbe essere ormai chiaro il motivo per cui quel volo fu il più strano ed allo stesso tempo il più puro che io avessi mai compiuto. Ero padrone delle mie ali, signore della mia volontà, di nuovo e profondamente me stesso: di ciò non mi importava. Volavo ed ogni pensiero aveva abbandonato la mia mente. Anche il mio padrone era avvolto da quella calma e così trascorremmo quelle ore, così il Cielo ci donò l'ultimo vero riposto, così cominciava la guerra tra coloro che desideravano la pace, l'accordo e coloro che desideravano la carneficina e la sottomissione.
Sarebbe stupido cominciare ora a raccontare le ansie che mi colsero da quel momento in avanti, le paure che già in cima alla montagna cominciarono a presentarsi, tali dovevano allontanarsi dal mio animo ed io non desidero discutere di esse. Da quando avevo compreso di essere Re, da quando avevo smesso di ingannarmi così ostinatamente, avevo deciso di mostrare un'immagine di me che sarebbe stata consona all'aspettativa che tutti nutrivano. Per un Drago è molto importante il modo in cui ci si mostra e molto spesso i sentimenti devono restare distanti dalla persona che si vuole essere. Fino a quel momento ero sempre stato solo Nivek, un Drago che fingeva di essere Re. Questo era cambiato. Non avevo mai finto, né di essere Re, né di essere Nivek. Ora, la guerra così voleva, dovevo essere forte, fingere di esserlo, se fosse stato necessario.
Non sarebbe giusto tediare con le paure profonde che avevo nascosto anche a coloro che mi erano vicini in quel momento, ma se esse traspariranno mi scuso in anticipo poiché è difficile raccontare fatti spiacevoli senza rimanerne nuovamente coinvolti. E i fatti che dovrò narrare saranno spiacevoli e perfino ora, che non ne parlo direttamente, mi si stringe il petto pensando a ciò che verrà, ricordando anche lievemente ogni orrenda azione, subita e arrecata. Non vi è semplicità in guerra e non vi è troppo spazio per lunghi ragionamenti. Ora che la guerra è finita da molti anni mi accorgo di come essa abbia profondamente mutato me stesso ed il mondo che mi circonda.
Non vi è semplicità in guerra e non vi è troppo spazio per lunghi ragionamenti, eppure i cambiamenti che porta, spesso necessari e dolorosi, vivono nei cuori di coloro che li hanno voluti, costruiti, vivono nell'ideale di loro che raramente si avvera a pieno. Vorrei dire che il mondo utopico e fantastico è realtà. Vorrei dirvi già che la vittoria fu estremamente semplice. Vorrei dirvi che tutto andò così come speravamo quel giorno che volammo verso est incontro all'ombra più nera. Eppure non vi è semplicità in guerra. Eppure non esiste ideale che possa sopravvivere nel reale. Non vi è spazio per lunghi ragionamenti e nemmeno per brevi argomenti, raffazzonate conclusioni, facili vincite. La guerra ed il tempo che ad essa segue è sempre più complicato del previsto e spesso completamente diverso dall'idea che ad essa ha spinto.
Triste è rivelare il vero, il passato nero … ma nulla vi è di più necessario affinché esso resti dietro di noi.


L'arrivo dai compagni e da Ormond è vicino. Quanti Domatori saranno riusciri a raccogliere? Quanti Draghi? Riusciranno a vincere la guerra?
Spero vogliate scoprirlo con me!
Iwon Lyme
   
 
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