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Autore: Signorina Granger    19/05/2017    7 recensioni
INTERATTIVA || Conclusa
Vienna: la Città dei Sogni.
La capitale austriaca è però anche l'emblema mondiale della musica classica, e per questo è qui che ha luogo, ogni tre anni, un concorso per i più promettenti giovani musicisti europei, da poco diplomati ad Hogwarts, Durmstrang o Beauxbatons.
Un concorso che avrà termine con il Concerto d'Inverno al Teatro dell'Opera e che segnerà la vittoria di tre tra questi aspiranti musicisti...
Vienna è la Città dei Sogni, ma solo alcuni vedranno il loro realizzarsi.
- Questa storia, con il permesso dell'autrice, prende ispirazione da 'House of Memories' di Slytherin2806 -
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Maghi fanfiction interattive
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Buonasera! Scusate il ritardo, ma da quando sono tornata non ho avuto molto tempo per scrivere... spero di rifarmi la settimana prossima. 

Buona lettura



Capitolo 13

 
Martedì 9 Ottobre 


Per poco non sobbalzò quando, aprendo gli occhi, sentí il bussare vagamente insistente alla porta. Le ci volle un attimo per identificare il rumore e poi sbuffò leggermente, rigirandosi sotto le coperte per mettersi più comoda sul materasso. 

Chiunque stesse bussando doveva avere tutta l'intenzione di vederla perché non si arrese, continuando con determinazione mentre la ragazza sospirava, avendo una vaga idea di chi si trattasse. 
Riaprì gli occhi azzurri, consapevole di non poter ignorare ancora a lungo quel rumore, e si alzó mentre dal suo trespolo Endjoras la guardava con aria torva, come a volerla rimproverare per la sua maleducazione. 

"Non guardarmi così... sto andando, non vedi?" 

Gae, nel suo pigiama in tinta con occhi e capelli, superò la fenice per raggiungere la porta, aprendola e ritrovandosi così davanti alla sua migliore amica, che bloccò la mano a mezz'aria prima di sfoggiare un largo sorriso:

"Alla buon'ora! Cominciavo a pensare che fossi entrata in letargo." 
"Sono stata sveglia fino a tardi a leggere, tutto qui." 

La belga si strinse nelle spalle con noncuranza e stava per invitare l'amica ad entrare nella sua camera quando Helene, senza darle neanche il tempo di muoversi, la stritolò in un abbraccio:  
 
"Beh, buon compleanno comunque!"

Come da manuale Gae non si mosse neanche di un millimetro, restando perfettamente rigida e limitandosi a sbattere le palpebre, ricordandosi che era il suo compleanno... e non osando chiedere all'amica di sciogliere quell'abbraccio.

Fortunatamente Helene ci pensò da sè e si allontanò dopo qualche breve istante, rivolgendole un sorriso piuttosto allegro:

"Tranquilla, so che non ti piace che ti tocchino... ma che compleanno sarebbe senza un abbraccio?" 
"Elin, ti ricordo che tu passi parte del tuo compleanno in un angolo, da sola, a fare la musona." 

Helene rimase in silenzio per un attimo, limitandosi ad osservare di rimando l'amica e chiedendosi, ancora una volta, come riuscisse a parlare sempre con quel tono pacato, come se stesse dicendo perennemente qualcosa di assolutamente ovvio. 

"... già, ma non siamo tutti uguali. Sei ancora in pigiama?" 
"Stavo dormendo in effetti, ma poi una certa olandese ha bussato alla mia porta così forte che pensavo fosse arrivato un terremoto..." 

"Dettagli, ora vai a vestirti... e poi facciamo colazione, ho fame." 


Helene sorrise e quasi spinse l'amica di nuovo dentro la sua camera, invitandola calorosamente a darsi una mossa.

"Perché tu sembri più felice di me?" 
"Non saprei dirti, penso che essendo tua amica sia giusto che io oggi sia di buon umore."

Helene si lasciò cadere sul letto sfatto dell'amica, prendendo uno dei tanti libri abbandonati ai suoi piedi prima di iniziare a sfogliarlo.

Gae, infatti, quando dieci minuti dopo uscì dal bagno la trovò comodamente stesa sul suo letto con uno dei suoi libri sul linguaggio dei fiori in mano.

"Non capisco come fa a piacerti tanto leggere queste cose... non è noioso?" 
"No, a me piace... il mio letto è comodo?"

"Si, molto... anzi, se devo essere sincera la tua camera è molto più luminosa della mia, ti spiacerebbe fare cambio? Ok, ho capito, andiamo." 


                                                                     *

Ivan si fermò davanti alla porta bianca e sollevò una mano per bussare, continuando a ripetersi di restare calmissimo e di contare fino a 100, se necessario. 

Non ottenne, in effetti, una risposta vera e propria... più che altro sentì una specie di sbuffo sommesso che gli fece roteare gli occhi azzurri, intuendo cosa stesse succedendo dall'altra parte della porta:

"Andiamo, sono io... non vuoi fare colazione?" 

"No..." 
 
Ivan bussò di nuovo, senza sentire quasi nessun rumore provenire dall'interno della stanza... l'aveva immaginato non appena aveva messo il naso fuori dall'Hotel, accorgendosi così della forte umidità e del lieve caldo. 
Quando, poi, non l'aveva trovata a fare colazione dopo la sua solita corsa, aveva raggiunto la sua camera senza neanche pensarci, certo di trovarla lì. 

"Coraggio, non fare i capricci Jordan. Vuoi forse che Koller venga qui a prenderti per i capelli? Ti ricordo che stamattina dobbiamo suonare..." 

Ancora una volta Ivan non ottenne risposta e a quel punto sospirò, iniziando a contare mentalmente prima di puntare la bacchetta contro la serratura della porta, facendola così scattare. 

"Come preferisci, vorrà dire che entrerò lo stesso." 

Non appena mise piede nella stanza dell'amica il ragazzo venne quasi investito da Alaska, il Golden Retriever di Cal. Della bionda, invece, nessuna traccia... o almeno finché gli occhi grigi di Ivan non finirono sul letto matrimoniale, trovandola seduta contro la testiera con aria imbronciata. 

"Si può sapere che ci fai ancora qui?" 
"Lasciami stare Ivan, voglio stare sola." 

"Te l'ho sentito dire almeno 1000 volte... avrei dovuto aspettarmelo visto quanto sei meteoropatica. Tieni, ti ho portato questo." 

Ivan si avvicinò al letto quasi senza battere ciglio, come se fosse abituato a quelle situazioni, e porgendo all'amica un sacchetto. Cal non disse niente ma lo prese, affrettandosi a sbirciarne l'interno prima di sbuffare:

"È un muffin!" 
"Fino a ieri ti piacevano..." 
"Si, ma io lo volevo con il cioccolato, non con i mirtilli!" 


Conta Ivan, conta...  


Il russo si sforzò di non battere ciglio, limitandosi a guardare l'amica mentre restava in piedi accanto al letto e Alaska raggiungeva la padrona, acciambellandosi accanto a lei.

"Cal... perché sei sempre intrattabile quando c'è questo tempo?" 
"Non lo so... a me piace il freddo, lo sai. Anche se non sono pazza come te, che vai in giro con solo la camicia addosso quando fanno 10º." 

"Questione di punti di vista... in ogni caso, ora devi alzarti. Dobbiamo suonare a quattro mani, non puoi darmi buca." 

"Sei un gran rompiscatole Ivan... Juraszek ti sta influenzando negativamente." 

Cal scoccò un'occhiata torva all'amico, che si limitò ad inarcare un sopracciglio prima di parlare nuovamente, mantenendo un tono perfettamente pacato:

"Sì, sei veramente intrattabile. Ma non c'entra solo il tempo, vero? Che cosa è successo?" 

"Questo."    Cal sbuffò e, preso qualcosa dal comodino, lo sventolò davanti al volto di Ivan, che prese la lettera con aria scettica... o almeno prima di leggere il nome del mittente. 

"Perché tua madre ti ha scritto?" 
"Non ne ho idea, forse si è ricordata di aver messo al mondo una figlia 22 anni fa... chissà, magari tra uno spettacolo e una bottiglia di vino e l'altra se n'era dimenticata. Non mi va neanche di risponderle." 

Cal sbuffò, puntando gli occhi sulla finestra dall'altra parte della stanza e osservando il vetro con cipiglio torvo mentre Ivan invece roteava gli occhi, lasciando nuovamente la lettera sul comodino:

"Come preferisci... nessuno ti obbliga, dopotutto. Ma non farti rovinare la giornata in questo modo... anche perché non mi va di sopportare il tuo brutto carattere per le prossime 12 ore." 
"Tante grazie."

"Non c'è di che. Ora pensi di andare a vestirti o scenderai così è suonerai davanti a tutti come uno spaventapasseri?" 

Ivan sorrise mentre invece l'espressione di Cal si fece ancora più cupa mentre si votava di scatto verso di lui, afferrando un cuscino per lanciarglielo contro e fulminandolo con lo sguardo:

"Ha parlato Mr Universo! Sparisci dalla mia vista, maleducato... E portami un muffin al cioccolato!" 


                                                             *


"Elly, mi presti quella cosa che liscia i capelli?" 

Rebecca, con i capelli fradici e l'accappatoio dell'Hotel addosso, aprì la porta che collegava la sua camera con quella dell'amica, senza però trovare traccia della Tassorosso. Fece per chiamarla nuovamente ma una voce la interruppe, proprio alle sue spalle:

"Piastra, si chiama piastra." 

"Vero, graz- CHE CI FAI TU QUA?" 

La Serpeverde si voltò e sbarrò gli occhi nel trovarsi davanti Emil, che le sorrise e fece per dire qualcos'altro, ma la ciabatta che lo colpì in piena faccia glielo impedì, portandolo invece ad imprecare a mezza voce:

"Ma allora è un vizio... il mio povero naso..." 

"Ops... scusa, ti ho fatto male? Cioè, volevo dire, così impari ad entrare di soppiatto nelle camere altru, potevo anche essere in biancheria intima!" 
"Non sono entrato di soppiatto, mi ha fatto entrare Elly... abbiamo preso il thè, ora si sta lavando i denti." 

Emil si sfiorò il naso dolorante con le dita mentre Rebecca si ri-infilava la ciabatta al piede con noncuranza, facendo spallucce:

"Beh, in tal caso scusa... e grazie per avermi coinvolta, tra parentesi." 
"Sei stata in apnea sotto la doccia per un'ora, e penso che se avessi messo piede in bagno più che una ciabatta mi avresti lanciato contro direttamente il lavandino." 

"Probabile. Come mai avete trasformato la camera di Elly in una sala da thè, comunque?" 
"Mi ha detto che aveva voglia di fare due chiacchiere... e le persone adorano parlare con me, modestia a parte. Sai, non ho proprio il coraggio di farle domande su sua madre... eppure vedo sempre che ci pensa, almeno un po'." 

"In che senso "vedo"?"   Rebecca inarcò un sopracciglio, osservandolo con espressione dubbiosa prima che il Tassorosso si stringesse nelle spalle:

"Nel senso che... si vede, ecco. Con te ne parla?" 
"Non spesso, no. Abbiamo tutti qualcosa di cui non amiamo parlare, no?" 

Emil non riuscì a non annuire, pensando che avesse ragione... in fin dei conti lui per primo non amava parlare di quella specie di "dono", di come riuscisse a vedere le emozioni altrui. 
Non era spiacevole, ma a volte si era chiesto come sarebbe stato vivere senza... com'era guardare una persona senza vedere quello che provava, anche nei suoi confronti? 

"Immagino di sì. Ma probabilmente il contrario le farebbe bene... parla con sua zia?" 
"Sì, si telefonano spesso. Non preoccuparti Emil, Eleanor non è sola.... e ora vado a sistemarmi i capelli, ti lascio al tuo thé." 

"Tranquilla, lo so, ha pur sempre la sua amica irritabile e finta dura come il marmo che lancia pantofole." 

"Oltre allo spilungone dissemina abbracci non richiesti e sorrisi perenni..." 
"Ehy, io porto gioia e affetto nel mondo, non dimenticarlo!" 


Rebecca fece per dirgli che non l'avrebbe potuto dimenticare in nessun caso, non dopo l'abbraccio soffocante e che l'aveva fatta sbiancare un paio di giorni prima, quando il Tassorosso l'aveva incastrata senza via di fuga, stritolandola perché, a detta sua, "l'aveva vista giù di morale e doveva consolarla"... poi però cambiò idea e non disse niente, limitandosi a voltarsi e uscire dalla stanza dopo aver Appellato la piastra dell'amica.

"Beh, in ogni caso ci vediamo in sala prove..." 
"Certo scricciolo!" 
"Non chiamarmi così. Ne abbiamo già parlato!" 

"Scordatelo, è il tuo nuovo soprannome e non ho intenzione di cambiarlo." 


Rebecca sbuffò ma decise saggiamente di lasciar perdere, proprio mentre la porta del bagno si apriva e Eleanor faceva la sua comparsa, sorridendo nel trovarsi entrambi davanti:

"Ciao Becky... come mai qui?" 
"Prendo in prestito questa... piastra. Tu continua pure a prendere il thè col vichingo, ci vediamo dopo." 


"Ciao scricciolo!" 

Emil sfoggiò un ultimo sorriso, rivolgendo alla ragazza persino un cenno prima che questa tornasse in camera sua, non prima ovviamente di averlo fulminato con lo sguardo. 
Solo quando furono nuovamente soli Eleanor si voltò verso di lui, osservandolo con aria divertita:

"Non so se ad irritarla di più saranno gli abbracci o quel soprannome... ma tanto so che il tuo obbiettivo è proprio di irritare il prossimo il più possibile." 
"Non il prossimo in generale, solo le persone che non mi somigliano per niente, come lei. Comunque non saprei, ma punto sui primi... l'altro giorno quando l'ho abbracciata sembrava volesse scappare dall'altra parte di Vienna. Perché le da così fastidio che la tocchino?" 

"Non ne ho idea, glie l'ho già chiesto ma lei stessa sostiene di non saperlo con precisione... in ogni caso, che cosa mi stavi raccontando su tua madre?" 


                                                               *


"Sai, sono davvero sollevata che tu non abbia provato ad abbracciarmi... dire alle persone di non farlo non mi piace, mi sembra di essere maleducata." 

"Non lo sei, se ti da fastidio fai bene a dirlo... e poi nemmeno io manifesto molto affetto." 

Gabriel si strinse nelle spalle mentre entrava insieme a Gae in sala prove, con Helene che trotterellava davanti a loro con il flauto sottobraccio e gli spartiti stretti nell'altra mano. 
La rossa tese il collo per sbirciare la prima fila di poltroncine, quasi pregando affinché un certo esaminatore non fosse presente... e invece, disgraziatamente, i capelli castani di Alexander fecero capolino in mezzo alle due teste bionde di Christina e Jarrod. 

 "Speravo che oggi si fosse preso una vacanza... magari quando verrà il mio compleanno potrei chiedergli di non ascoltarmi!" 
"Piano infallibile, sono sicuro che lo farà." 

"Dici?"   Helene sfoggiò un sorriso mentre si voltava verso Gabriel, che scosse il capo e le diede una pacca sulla spalla prima di superarla:

"Assolutamente no. Coraggio, andiamo... Non dirmi che scapperai anche oggi?" 
"Io non scappo! Quella dell'altra volta era una... ritirata strategica." 

"Chiamala come ti pare, per me era una fuga bella e buona." 

Helene sbuffò e si voltò verso Gae come a volerle chiedere cosa ne pensasse... ma la festeggiata si limitò a sorriderle appena prima di accelerare il passo e seguire il violinista verso il palco, facendo esasperare ancora di più la rossa:

"Ma perché nessuno mi capisce?" 


"Se può consolarti, io volevo restare a dormire ma un rompiscatole mi ha trascinata a forza fuori dalla mia camera..." 

Cal passò accanto all'olandese sbuffando leggermente, camminando un paio di passi dietro ad un Ivan che sembrava, invece, piuttosto soddisfatto mentre raggiungeva Pawel.

"Mi chiedevo, in effetti, dove ti fossi cacciato... non ti vedo da ieri sera." 
"Sono andato a correre e quando sono tornato ho impiegato un'eternità a far uscire Cal dal letargo." 

"Non che qualcuno avrebbe sentito la sua mancanza, in effetti..." 
"Taci, Juraszek. E ti informo che per colpa tua Ivan sta diventando insopportabile." 

Cal fulminò il biondo con lo sguardo e lo superò in fretta per andare a sedersi accanto ad Eleanor e chiederle se volesse suonare a quattro mani con lei.

"E io che le ho persino portato un muffin... la gentilezza non viene più riconosciuta." 

Ivan scosse leggermente il capo prima di rivolgersi nuovamente all'amico, che invece sfoggiò un sorrisetto e si strinse nelle spalle, suggerendogli di lasciar perdere la ragazza:

"Lascia perdere... anche se, in effetti, non la facevo così lunatica." 
"È meteoropatica." 
"Davvero? Strano, eppure oggi c'è bel tempo." 
"Sì, ma lei diventa intrattabile quando fa caldo, non viceversa... che vuoi farci, è strana fino in fondo." 

Ivan roteò gli occhi ma non disse altro, forse anche perché Cal gli fece notare che sentiva perfettamente quello che stava dicendo, prima di andare a sedersi in fretta e furia a causa dell'occhiata gelida che Alexander aveva lanciato nella loro direzione, intimando silenziosamente di smetterla di fare salotto e di iniziare.

"Ciao... come mai Cal è di pessimo umore? Le hai fatto qualcosa?" 
"No, è solo Cal... le passerà presto, o almeno lo spero." 

"Discutete per la maggior parte del tempo, ma sono sicura che se uno dei due venisse eliminato sentireste l'uno la mancanza dell'altro... in effetti siete uno spettacolo divertente, quindi dispiacerebbe anche a me." 

"Glielo dirò, sarà felice di essere spunto di risate insieme a me..." 

Ivan sbuffò mentre si appoggiava meglio allo schienale della poltrona, chiedendosi mentalmente chi sarebbe stato il povero malcapitato a dover iniziare mentre Pawel, accanto a lui, rileggeva mentalmente le note del Capriccio nº 24 e dall'altra parte Irina sorrideva, rigirandosi il clarinetto tra le mani e tenendo gli spartiti sulle ginocchia, prima di rendersi conto che Ivan non aveva proprio niente in mano:

"Hai dimenticato gli spartiti?”
"No, non li uso quasi mai... memoria fotografica." 

La rossa fece per sbuffare e dirgli quanto fosse fortunato, ma Pawel la battè sul tempo e parlò senza nemmeno alzare gli occhi chiari dallo spartito:

"Attenta Irina, ora comincerà a decantare le sue doti mnemoniche, ricordando a noi comuni mortali che per lui non serve eseguire un brano decine di volte per impararlo a memoria..." 
"Smettila Pawel, ti ricordo che tra noi due quello insopportabile non sono io." 

Pawel non disse nulla, limitandosi a scoccare un'occhiata torva in direzione dell'amico prima di tornare alle note di Paganini, lasciando che Irina continuasse a parlare, rivolgendosi al russo: 

"Beh... ma non hai comunque il timore di sbagliare nota o di scordarne una?" 
"No... in genere sono piuttosto rilassato." 
"Fortunato. E forse un po' superbo... ma almeno ora si spiega perché ricordi sempre cosa le persone dicono, parola per parola." 

"Che ci vuoi fare, è un talento naturale... tu parli un mucchio di lingue, io ho una memoria quasi eidetica." 
"E allora com'è che non sei bravo con le lingue?" 
"Non lo so, non ci sono mai andato d'accordo... sono l'unica cosa che non riesco ad imparare." 


"Certo, l'unica cosa, come no..." 
"Pawel, smettila, sei come un corvo irritante appollaiato sulla mia spalla!" 


Ivan fulminò l'amico con lo sguardo forse per la decima volta da quando si erano visti pochi minuti prima, mentre Gae ed Helene si apprestavano a salire sulla pedana e Irina sorrideva leggermente, non osando informare Ivan che formava un duo comico non solo con Cal, ma anche con Pawel.

                                                                 *


Gabriel cercò, invano, di soffocare una risata mentre teneva gli occhi scuri fissi sulle due ragazze che aveva davanti, una perfettamente rilassata e apparentemente a suo agio e l'altra che sembrava sul patibolo.

Gli dispiaceva e sapeva che Helene lo avrebbe preso a maledizioni una volta terminato il suo turno, ma non riusciva proprio a non ridacchiare mentre guardava la sua faccia piuttosto preoccupata: stava suonando, sì, ma continuava a lanciare occhiate ansiose in direzione di Alexander, come a volerlo implorare di starle alla larga e di non fermarsi proprio accanto a lei, osservandola mentre suonava. 

Il direttore d'orchestra aveva, in effetti, la pessima abitudine di gironzolare tra i musicisti mentre questi eseguivano un brano... cosa che, ovviamente, li metteva perennemente a disagio.


"Guardalo... è lì che ride sotto i baffi." 

Christina sospirò, guardando il collega quasi con aria esasperata mentre accanto a lei Jarrod invece sorrideva, quasi come se si stesse divertendo a sua volta:

"Si diverte a tormentarli, non c'è che dire... però bisogna lasciargli atto che ci riesce perfettamente. Tu invece finisci sempre per diventare la preferita dai ragazzi, sarà che sei la più gentile..." 
"Scusa se non trovo divertimento nel torturare il prossimo, non sono sadica come Alex." 

Christina sbuffò, tenendo gli occhi azzurri fissi sul collega e chiedendogli silenziosamente di smetterla e di scendere dalla pedana, anche se ovviamente Alexander la ignorò deliberatamente e continuò a passare accanto a Gae e ad Helene, che probabilmente lo stava maledicendo mentalmente sia in fiammingo, che in francese che in inglese. 


"Ok... direi che può bastare. Vorrei sentire i pianisti adesso, per favore." 

La voce di Christina fece interrompere bruscamente il suono dei due clarinetti e Helene guardò la donna con tanto d'occhio, forse chiedendosi se non potesse andare ad abbracciarla e ringraziarla a gran voce. Non per niente la rossa sfoggiò un largo sorriso e si alzò quasi allegramente, affrettandosi a scendere dalla pedana per cedere il suo posto. 

Alexander invece rivolse alla bionda un'occhiata torva, come a volerla accusare di avergli rovinato tutto il divertimento... ma Christina si limitò a sorridergli, suggerendogli che non ammetteva repliche. 


Non per niente Ivan salì sulla pedana con un sorriso rilassato stampato in faccia, forse ringraziando mentalmente la sua esaminatrice per aver fatto scendere Alexander dalla pedana: non aveva nessuna voglia di suonare di nuovo con una trave a bloccargli la schiena. 


Helene, invece, tornò al suo posto e colpì sonoramente Gabriel con i suoi spartiti sul braccio, mentre il violinista continuava a ridacchiare sommessamente:

"La prossima volta ti farò un filmato, dovevi vedere la tua faccia!" 
"Non provarci neanche a farmi video mentre suono, Gabriel, altrimenti brucerò il tuo prezioso cappello!" 

Il ragazzo smise immediatamente di ridere e si portò istintivamente le mani alle testa, dove come sempre faceva capolino il suo amato berretto di lana bordeaux... e quasi come se avesse sentito la conversazione, cosa probabile visto il soggetto, una voce interruppe Ivan ancor prima che il ragazzo desse vita a Per Elisa:

"Undersee, via quel cappello, non siamo all'osteria!" 
"Si Maestro..." 

Gabriel sbuffò e, di controvoglia, obbedì e si sfilò il berretto mentre il turno di sorridere passava ad Helene, che ripose il flauto nella custodia prima di rivolgere la sua completa attenzione al suono del pianoforte. 


                                                          *


"Ehy, Petrov." 

Ivan si fermò prima di uscire dalla sala ormai praticamente deserta, voltandosi e guardando Cal con aria vagamente sorpresa, come se non si sarebbe aspettato di sentirsi chiamare da lei. 

"Sì?" 

Per un attimo si chiese se non volesse rimproverarlo, come aveva fatto per gran parte della giornata, ma dall'espressione della ragazza capì che non l'avrebbe fatto. Cal invece gli si avvicinò e sfoggiò un debole sorriso prima di parlare nuovamente, tormentandosi leggermente le mani:

"Scusa per come mi comporto a volte... lo sai che divento insopportabile in certi momenti." 
"Non preoccuparti, ormai ci ho fatto l'abitudine... ma non tormentarti le mani Cal, non ti hanno detto che sono la nostra più grande ricchezza?" 

"Sì, beh... comunque grazie per sopportarmi sempre." 

Cal si sporse verso di lui e lo abbracciò, facendogli roteare gli occhi: quella era la ciliegina sulla torta, quando Cal finiva col sfogare quel bisogno represso di contatto fisico che di rado aveva ricevuto.
Forse in un altro momento avrebbe fatto uso, come suo solito, di una buona dose d'ironia e le avrebbe detto che sì, la sopportava fin troppo e che avrebbero dovuto santificarlo... ma Ivan decise di non farlo, limitandosi a ricambiare l'abbraccio.

"Figurati... lo sai che ti voglio bene." 
"Anche io." 

La bionda sciolse l'abbraccio e rivolse all'amico un lieve sorriso, quasi speranzoso e che fece suonare una specie di campanello d'allarme nella testa del ragazzo:

"Senti, Ivan... non è che ora me lo andresti a prendere, un muffin al cioccolato?" 

"Sei proprio impossibile." 
                                                                   

                                                             *

            
"Quindi... come funziona questa cosa?" 
"In teoria bisogna cambiare canale con i bottoni con i numeri... ma forse ci sta sfuggendo qualcosa." 

Irina si accigliò leggermente, osservando il telecomando che teneva in mano mentre Emil, accanto a lei, osservava le immagini colorate susseguirsi sull'enorme schermo quasi con aria sognante. 

"Beh, anche se non si sente niente è comunque incredibile... ma come ci sono riusciti, i Babbani, a creare questa cosa senza magia?" 
"Non ne ho la più pallida idea... maledizione, Pawel mi ha mostrato come si faceva ieri e me lo sono già scordata! Dov'è Ivan? Ho bisogno della sua memoria a lungo termine. Gabriel, puoi darci una mano?" 

La ragazza si voltò verso l'inglese quasi con aria speranzosa, ma Gabriel si limitò a sorridere mentre continuava a scrivere sul suo quaderno come se nulla fosse, osservando i due seduti sul divano quasi con aria divertita:

"Scusa, ma preferisco godermi lo spettacolo ancora per un po'." 

"Ti ringrazio sentitamente... ma come accidenti si fa a mettere il volume in questa telequalcosa?" 

"Prova ad usare il teleromanzo!" 
"Grazie Emil, a questo ci ero arrivata... e poi non si chiamava telecomando?" 
"Dici? Non so, non ricordo di preciso..." 

Emil si accigliò leggermente, cercando di ricordare il nome corretto mentre Irina continuava a litigare con il telecomando, che aveva fin troppi tasti per i suoi gusti. 
Stava giusto pensando a cosa avrebbe detto suo padre nel vederla armeggiare con un oggetto puramente Babbana quando qualcuno fece il suo ingresso nella stanza, facendola sorridere di sollievo di conseguenza:

"Meno male... ci dai una mano, per favore? Anzi, dove ti eri cacciato?" 
"Ho fatto il giro del globo per portare a Cal un dannato dolcetto, ma sorvoliamo... ma non potevi chiedere a Gabriel?" 

"L'ho fatto."   Irina fulminò l'inglese con lo sguardo, parlando con un tono vagamente seccato mentre Ivan raggiungeva lei ed Emil e le sfilava il telecomando dalle mani, mentre Gabriel le sorrideva e sfoggiava un'espressione angelica:

"Ma Mr Galanteria preferisce divertirsi alle nostre spalle... come hai fatto!?"
"Beh... basta premere qui a dire il vero... Ma ti consiglio di non dire a Pawel che non sei riuscita a rimettere il volume alla TV con il telecomando, probabilmente ti prenderebbe in giro fino alla fine della competizione." 

"Me lo segno... anche se non letteralmente come fai tu. Ora, già che ci sei ci diresti come si va nella home?" 

Sia Irina che Emil sfoggiarono due larghi sorrisi mentre la ragazza porgeva nuovamente il telecomando ad Ivan, che annuì prima di prenderlo con l'aria di chi si è appena arreso:

"Io speravo di andare a fare una passeggiata, ma evidentemente oggi non è destino...
 Vada per la lezione di Babbanologia allora." 


                                                              *

"Ti posso chiedere una cosa?" 
"Certo... anche se visto che me lo hai chiesto penso di dovermi preoccupare." 

Eleanor inarcò un sopracciglio, continuando ad accarezzare distrattamente il pelo di Cinnamon mentre era stesa sul letto di Rebecca con l'amica accanto, con i piedi di una accanto alla testa dell'altra.

"Non devi rispondermi per forza, se non vuoi..." 
"Sì, devo preoccuparmi. Avanti, non girarci intorno." 

Eleanor sorrise appena, quasi riuscendo ad intuire che cosa stesse per chiederle Rebecca... la Serpeverde esitò per un attimo ma poi parlò di nuovo, ponendole finalmente la domanda che aveva in testa da tempo:

"Non mi hai mai detto... che cosa è successo per ridurre tua madre in quello stato?" 

"Mi chiedevo quando me l'avresti chiesto, in effetti." 

Eleanor puntò gli occhi neri sul soffitto della camera, continuando a grattare le orecchie di Cinnamon e esitando leggermente prima di rispondere, pensando a quando aveva pronunciato quelle parole ad alta voce l'ultima volta. 
Forse quella era, in effetti, la prima volta in cui lo diceva ad una persona che non fosse sua zia. 

"Non si è più ripresa da quando mio padre è morto. Sicuramente sarebbe stato un brutto colpo per chiunque, ma lei ne è uscita veramente distrutta... forse era troppo fragile." 

"Non usare il passato... è viva, no?" 
"In teoria sì, ma penso che se la vedessi cambieresti idea."

   
 
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