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Autore: Anukis    21/05/2017    1 recensioni
Nessuno vorrebbe mai svegliarsi con un Hollow a torreggiare sopra di sé, per giunta dopo essere appena morto. Nel caso di Aomura Okumi, a complicare le cose ci sono uno strano kimono nero e una spada dal carattere volubile. Seguendo gli insegnamenti di un pigro Shinigami senza peli sulla lingua, la ragazza dovrà imparare a destreggiarsi in una situazione che diventa sempre più pericolosa e misteriosa...
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[*Nota: la dicitura Nuovo personaggio si riferisce a tutti gli OC presenti nella storia, ovvero l'intero cast*]
Genere: Azione, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Take your responsibilities


















 
  Erano passati due giorni dall’acquisizione da parte di Okumi dei poteri da Shinigami.
  Due giorni nei quali lei dovette abituarsi a vivere in un nuovo corpo. Sulle prime non aveva notato grandi differenze, giusto un po’ di rigidità, come se avesse avuto gli arti accavallati dopo aver dormito in una posizione scomoda. Poi però aveva cominciato a prendere consapevolezza di tutte le limitazioni di un gigai. I suoi riflessi erano diventati lentissimi, non riusciva nemmeno ad afferrare le cose al volo. Si stancava subito e non poteva fare uno sforzo prolungato senza farsi venire il fiatone.
  A detta di Jukunemu, questi disagi sarebbero scomparsi col tempo. Dopotutto, lui non aveva mai usato quel corpo finto, che quindi doveva ancora “ammorbidirsi”.
  Eppure Okumi non poté fare a meno di imprecare contro lo Shinigami e contro il proprio destino, stesa nel bel mezzo del campo di educazione fisica della scuola. Non sapeva nemmeno in cosa fosse inciampata. Nei suoi stessi piedi, forse. Avrebbe voluto urlare di frustrazione.
  Ad un certo punto, un’ombra la coprì ed un paio di scarpe da ginnastica entrarono nel suo campo visivo.
  - Su, non startene là distesa, Oh-chan. -
  Etsuko le tese una mano e Okumi esitò un attimo prima di afferrarla ed alzarsi.
  - Ultimamente sei un po’ sbadata, eh? - commentò la sua migliore amica con un piccolo sorriso.
  - Già... davvero sbadata. -
  Sarebbe stato troppo bello se fosse stata quella la spiegazione.
  - Tu torna a correre, non ti preoccupare. Io per stavolta passo. -
  - Oh, allora va bene. -
  Etsuko si allontanò dirigendosi verso il gruppetto che stava correndo intorno al campo, borbottando un’altra volta: - Va bene. -
  Okumi si incamminò lontano dal campetto, sospirando. In verità non era così stanca da dover abbandonare la lezione, ma sapeva di aver bisogno di riposare. Quel pomeriggio avrebbe richiesto tutte le sue energie. Perché avrebbe avuto inizio il famigerato allenamento per diventare una Shinigami.
 
 
 
  Fortunatamente, Okumi aveva ritrovato con facilità il capannone dove si trovava il “quartier generale”. All’esterno non c’era traccia di Jukunemu, perciò la ragazza scivolò all’interno della palizzata ed entrò nel magazzino.
  Quello che vide le fece considerare di non essere mai stata insultata in modo tale nella sua vita.
  Jukunemu era sbracato su uno dei divani, un braccio penzoloni nel vuoto, intento a russare sonoramente.
  Con uno scatto Okumi fu accanto al sofà e si concesse di contemplare per qualche secondo lo spettacolo pietoso sotto i suoi occhi.
  - Che diamine, svegliati! - urlò alla fine.
  Lo Shinigami sobbalzò con un singulto e rotolò di lato, cadendo dal divano.
  - E tu ti vanti di essere un dio della morte? - commentò disgustata Okumi.
  Lanciando qualche invettiva, Jukunemu si rimise in piedi e squadrò la ragazza con espressione confusa.
  - Ma che...? Non è suonata la sveglia? -
  Okumi trovò più dignitoso non replicare.
  Nel frattempo, l’altro frugò all’interno del suo kimono nero e ne estrasse un antiquato cellulare. Controllò qualcosa sul display e sgranò gli occhi.
  - C-Cretina! Mi hai fatto alzare due minuti prima della sveglia! -
  - E allora? Solo due minuti prima, no? -
  - Non sparare simili bestemmie, tu! -
  - Sappi che io pensavo di venire qui ad allenarmi, non a tirarti giù dal letto! -
  L’affermazione placò Jukunemu, il quale afferrò la sua spada poggiata dietro il divano.
  - Bah, non mi va di discutere appena sveglio... - brontolò, dirigendosi verso l’uscita posteriore del deposito.
  Dietro all’edificio si trovava un ampio spiazzo di terra battuta, la cui continuità era interrotta solo da alcune buche poco profonde. Poggiati ad un angolo, c’erano ancora degli attrezzi edili, insieme ad alcuni sacchi di cemento.
  - Beh, vediamo di cominciare, allora. Ti ricordi come sganciare l’anima dal... -
  Okumi si picchiettò tre volte col dito nel palmo della mano e sentì come se il corpo finto la stesse rigettando fuori. Mentre questo, tornato in forma di fantoccio, si accasciava al suolo, lei si aggiustò la fascia che le teneva la spada al fianco.
  - ...gigai. - terminò Jukunemu - Ok, immagino che possiamo procedere. -
  Lo Shinigami sfoderò la spada e si mise in posizione d’attacco.
  - Ehi, aspetta, aspetta! - lo frenò Okumi - Così, senza preparazione? Non dovresti insegnarmi la guardia o, che so, le tecniche di combattimento? -
  - Mi spiace, ma non abbiamo tutto il tempo per fare le cose per bene.  Tu para, schiva, fai un po’ come ti pare. L’unico modo di combattere giusto è quello con cui non ti fai ammazzare. -
  - Tu, brutto...! -
  Okumi si gettò di lato per evitare un affondo. Ruzzolò per alcuni metri e si ritrovò barcollante in piedi.
  Jukunemu era stato fulmineo. Ma il corpo - o anima che fosse - della ragazza aveva risposto nell’attimo stesso nel quale aveva realizzato di essere in pericolo. La sensazione di trovarsi fuori dal gigai era così diversa e liberatoria da averle permesso di schivare l’attacco con relativa facilità.
  Okumi si affrettò a sfoderare la spada, in tempo per parare un altro colpo. Le sue braccia si piegarono sotto la forza maggiore dello Shinigami. La ragazza fece un balzo all’indietro e di nuovo un fendente non la sfiorò per poco.
  Fece per scansarsi rapidamente i capelli che le erano finiti davanti al viso. Non si era distratta per più di una frazione di secondo, quando avvertì la punta fredda di una lama premere contro la sua gola.
  - Si può sapere cos’era quello? - sbottò Jukunemu, senza accennare a spostare la spada.
  - Non... - Okumi deglutì - Non mi hai dato il tempo di legami i capelli. -
  - Ma la vuoi smettere di lamentarti per ogni cosa? È la mentalità che conta! Se ragioni così, se pensi di poter levare una mano dalla spada durante il combattimento, beh, sei morta. Qualsiasi avversario ti troverai di fronte, sarai morta. -
  Okumi aprì la bocca per replicare, ma l’altro la anticipò: - E questo è niente. Guarda, ti faccio vedere una bella cosa. -
  Finalmente la lama della spada si allontanò dalla gola della ragazza, che poté rilassare il collo.
  Jukunemu si distanziò di qualche passo da lei, rivolgendosi verso la parete del capannone. Si mise in guardia, tenendo la spada salda in mano.
  Okumi avvertì una strana sensazione. Non era causata da qualcosa intorno a loro, ma era dentro di lei. Sentiva come una presenza espandersi nella sua mente, troppo ingombrante per essere ignorata.
  - Frinisci, Kurosemi! - [Cicala Nera]
  L’arma dello Shinigami parve vibrare per un momento. Quando Okumi la mise a fuoco di nuovo, la spada non era decisamente la stessa di prima. La lama era più corta e tozza, con il filo seghettato.
  - Ma che diamine...? - mormorò la ragazza.
  Jukunemu sollevò l’arma. - Utanatsu! - [Canto Estivo]
  Sferrò un fendente all’aria. Un crepitio assordante accompagnò un’onda d’urto che si andò a schiantare contro la parete del deposito, creando un piccolo cratere nel cemento armato. Di fronte a lui, un solco nel suolo segnava la traiettoria del colpo.
  - Co-Cos’era quello? -
  Jukunemu si voltò verso di lei con un sorriso compiaciuto.
  - Questa è il vero aspetto della mia Zanpakuto, Kurosemi. Sorpresa, vero? Scommetto che pensavi che le Zanpakuto fossero solo dei pezzi di metallo con la forma di una spada. -
  In realtà Okumi non aveva mai pensato niente della propria... Zanpakuto.
  - Beh, invece devi sapere - continuò Jukunemu, senza badare alla poco entusiasta reazione dell’altra - che le spade degli Shinigami non sono armi qualsiasi. -
  Okumi avrebbe giurato di vedere l’espressione sul volto del giovane addolcirsi.
  - No, non lo sono affatto. - ripeté lui, più a se stesso che all’interlocutrice.
  - Ho afferrato il concetto. Quindi dovrò imparare a farlo anche io? -
  - Ogni Zanpakuto ha il suo potere. Per liberarlo, ti basta conoscere il suo nome. -
  - Devo darle un nome? - chiese Okumi, sempre più confusa.
  - Ma no, ce l’ha già! La tua spada è viva, accidenti, devi solo parlarci e chiederle come si chiama! -
  - Certo che come ti spieghi tu, nessuno. -
  - Ehi, riconosco i miei limiti, ok? Ad ogni modo, penso che ti darò un compito per casa: parla con la tua Zanpakuto, scopri il suo nome e impara lo sprigionamento. Ti posso assicurare che una volta fatto, sarai già un bel po’ più forte, e noi saremo un passo più vicini all’obiettivo. -
  - E mi sta anche bene, ma ora potresti spiegarmi, in maniera comprensibile, come si dovrebbe fare a parlare con una spada? -
 
 
 
  Infine Okumi era riuscita a capire, più o meno, come fare a parlare con una spada. Anzi, con una Zanpakuto.
  Il problema era sorto quando Jukunemu aveva voluto continuare a combattere, per giunta con la propria arma sprigionata. Se in precedenza non c’era stata gara, a quel punto Okumi non poteva nemmeno capire cosa stesse succedendo quando la attaccava.
  Doveva risvegliare l’istinto di sopravvivenza, le aveva detto lo Shinigami. Il che si era tradotto in un numero imprecisato di botte col piatto della lama sulle costole della ragazza. Anche l’altro però era rimasto deluso dalle prestazioni dell’“allieva”, al punto da condonarle il successivo giorno di allenamento per consentirle di leccarsi le ferite in pace.
  Ad Okumi traballavano letteralmente le gambe, lungo la strada per casa. Erano le nove di sera quando varcò la porta dell’appartamento in cui abitava.
  Aveva informato i suoi familiari che sarebbe andata a casa di Etsuko, perciò rimasero tutti molto sorpresi quando la videro tornare più che distrutta. Lei liquidò la faccenda borbottando qualcosa riguardo l’essere state per tutto il giorno in giro per la città. Dopodiché si ritirò nella sua stanza, dichiarando di non voler cenare.
  Okumi si gettò sul letto coi vestiti ancora addosso, gemendo quando il materasso premette sui lividi che aveva su tutto il corpo. Scivolò dapprima in uno stato simile al dormiveglia, crollando poi in un sonno profondo.
  Per un tempo indefinibile, la sua coscienza fu persa in un vuoto nero e privo di sogni.
  Oh, così non va proprio bene, cara. Non dovresti ignorare i compiti a casa.
  Okumi si svegliò di soprassalto.
  La voce aveva parlato nella sua mente, chiara ed inequivocabile. Una voce conosciuta, peraltro. Era la stessa che aveva tentato di avvertirla dell’attacco dell’Hollow. Pensare che si era quasi dimenticata quel dettaglio dell’episodio.
  La ragazza si rigirò nel letto e sobbalzò sentendo qualcosa urtare con la propria schiena. Girò la testa e vide, posata accanto a sé, la sua Zanpakuto.
  Okumi avvertì una morsa allo stomaco e la sua mano si chiuse di scatto sul fodero dell’arma.
  - Sei stata tu. - dichiarò ad alta voce, senza nemmeno sapere bene a cosa si stesse riferendo - Scommetto che ora vuoi dirmi il tuo nome, vero? -
  Le parve quasi di sentire la guaina diventare leggermente tiepida sotto le sue dita.
  Okumi si rizzò a sedere e, con qualche difficoltà, si sistemò nella posizione del loto, come le aveva detto di fare Jukunemu, appoggiando la spada sulle ginocchia. Delle tenebre che la notte aveva creato nella sua camera, scelse un punto preciso e lo impresse nella memoria appena prima di chiudere gli occhi.
  Rilassarsi non era una cosa facile da fare, nell’ultimo periodo, e per lei sgombrare la mente era sempre stato difficile in maniera particolare. Così, cercò di concentrarsi sul contatto del fodero della Zanpakuto sulle gambe. Pian piano, questa sensazione divenne un pizzicore costante che si propagò per il suo intero corpo, togliendole sensibilità agli arti.
  D’un tratto, la ragazza avvertì un impellente bisogno di aprire gli occhi. Tentò di soffocare questo istinto e ritornare al rigore della meditazione, fin quando una luce filtrò dalle sue palpebre.
  A quel punto aprì lo sguardo su una visione illuminata da un sole splendente. Di fronte a lei, di spalle, si stagliava una donna vestita di un leggero abito azzurro svolazzante nella brezza. I lunghi capelli biondi ondeggiavano liberi, ed una mano tratteneva un cappello di paglia a tesa larga.
  Lo spirito... lo spirito della Zanpakuto?
  La donna si mosse. Il suo corpo accennò a ruotare, come per voltarsi.
  Okumi desiderò poter indietreggiare di un passo. All’improvviso, ricordò ciò che aveva detto Jukunemu.
  La tua spada è viva.
  Ma cosa voleva dire? Provava dolore? Poteva essere felice, arrabbiarsi, rattristarsi?
  Non ci si era soffermata. Dopotutto, quella sembrava solo una frase fatta buttata lì. Un oggetto non poteva possedere un’identità propria, solo perché aveva un nome.
  Non sono armi qualsiasi.
  Almeno questo le era stato palese fin dal principio. Insomma, erano delle spade magiche, piene di potere, ma che restavano pur sempre ciò che apparivano. Ragionandoci, la procedura per entrare in contatto con esse doveva confermare queste considerazioni. Era la volontà dello Shinigami a creare la comunicazione, lo Shinigami cercava lo spirito per parlare con lui.
  Ma ora poteva vederlo bene, lo spirito di una Zanpakuto. Della propria. Dunque non era qualcosa di incorporeo, come aveva pensato. Non chissà quale fantasma che le avrebbe sussurrato un nome all’orecchio.
  Quella che aveva davanti di sicuro non era una spada. Che cos’era, quindi?
  La donna si bloccò.
  - Davvero? -
  Aveva parlato. Okumi aveva visto le sue labbra muoversi.
  Lo sfondo della visione, che fino ad allora era stato fin troppo luminoso, di colpo sbiadì e si spense, lasciando solo un cono di luce dove si trovavano la ragazza e lo spirito.
  Il volto di questa, che per un attimo Okumi aveva pensato di intravedere, si era improvvisamente coperto di un velo d’ombra. Eppure erano entrambe in piena luce.
  La donna tornò a mostrarsi di spalle, incamminandosi con lentezza esasperante fuori dalla zona luminosa, che a sua volta si affievoliva sempre più.
  Okumi provò a muoversi per inseguirla, trovandosi bloccata.
  Aspetta, torna qui, devi dirmi il tuo nome!
  Avrebbe voluto dirlo ma, come non riusciva a muoversi, non poteva neppure parlare.
  Calò il buio totale, e la ragazza dovette sbattere le palpebre più e più volte prima di accorgersi di essere di nuovo nella propria stanza. Prendendo atto di avere riacquistato mobilità, afferrò la spada poggiata sulle sue ginocchia e la esaminò con attenzione. Eppure, anche ora non aveva nulla di strano. La scosse, ottenendo solo il rumore della lama che sbatteva dentro il fodero.
  - Andiamo, dì qualcosa, lo so che ci sei! -
  Come se si fosse aspettata che a quel punto la Zanpakuto rispondesse.
  - Che ti è preso, eh? Pensavo volessi dirmi il tuo nome! Ehi! -
  Okumi emise un verso esasperato, massaggiandosi le tempie.
  Io me ne torno a dormire. Tu vedi di non disturbarmi più.
  Non sapendo dove mettere la spada e volendo evitare di lasciarla in bella vista, aprì l’armadio e la gettò sopra una pila di coperte.
  Inutile dire che alla mattina la Zanpakuto era sparita.
 
 
 
  - Accidenti, hai sul serio delle brutte occhiaie, Oh-chan. -
  - Uhm, non ho dormito bene stanotte. -
  Un eufemismo, a dir poco. Dopo il mancato incontro con lo spirito della spada, Okumi era rimasta così irritata da essere ormai del tutto sveglia. Aveva faticato molto per ripiombare in un sonno leggero e agitato, col quale non si era affatto ristorata.
  Una parte di lei si era pentita di aver accettato l’invito di Etsuko ad uscire. Sul momento aveva pensato di volersi svagare, però ora il suo corpo non desiderava altro che del sano riposo, a casa.
  Ridotta così dopo un solo giorno. C’era da chiedersi se sarebbe sopravvissuta.
  Eppure, in qualche modo, girando per le strade del quartiere Harajuku, sentì che il suo intento iniziale stava andando a segno. Forse non era brava nella meditazione vera e propria, ma riusciva benissimo ad escludere dalla sua mente ciò che non le interessava. E non si poteva dire che l’intento di diventare Shinigami e mettersi a parlare con una spada fossero in cima alla lista delle sue priorità, almeno non per scelta.
  Si sentì prendere per il polso ed un secondo dopo Etsuko la stava già conducendo dentro uno degli innumerevoli negozi di vestiti, dove Okumi poté alla fine distendersi. Sempre che fare acquisti con la sua migliore amica si potesse definire un’attività rilassante. Dal punto di vista di Okumi, era... piacevolmente esasperante.
  All’interno dei negozi, Etsuko assumeva subito un’aria concentrata, e spesso scompariva in qualche reparto più nascosto, sembrando dimenticarsi di essere in compagnia. Poi, dopo un tempo lunghissimo, ricompariva all’improvviso tutta contenta, reggendo una singola maglietta, o un paio di pantaloni. E Okumi rabbrividiva. Non poteva farci nulla, sotto qualsiasi parametro oggettivo, il gusto nel vestire della sua migliore amica era inesistente. Ma qualsiasi cosa avesse potuto dire, Etsuko si sarebbe intestardita a comprare il capo prescelto e, in caso di ulteriori proteste se questo fosse stato davvero orrendo, avrebbe messo su il broncio, rimproverando Okumi di essere sgarbata.
  Tutto come al solito. Come ritornare di colpo coi piedi per terra dopo essere stati gettati nel vuoto.
  - Oh, c’è un chiosco di taiyaki. - notò ad un certo punto Etsuko, fermandosi di punto in bianco in mezzo alla strada - Ne prendiamo un po’, Oh-chan? -
  - Perché n... -
  Le parole le mancarono. Sentì come se una mano fredda e bagnata le si fosse posata sulla nuca.
  Le bastò far scorrere gli occhi in alto, fin sulla cima di uno dei palazzi che le sovrastavano, per vederlo. Appollaiato sul cornicione dell’edificio, un Hollow scrutava la via sotto di sé, muovendo l’enorme testa innaturalmente allungata all’indietro.
  Okumi ricordava molto bene la piccola lezione sugli Hollow fattale da Jukunemu. Quei mostri cercavano persone con un elevato reiatsu. Il gigai nel quale lei era attualmente avrebbe dovuto nascondere l’energia spirituale da Shinigami. Ma, come lui aveva specificato, per chi aveva difficoltà a controllare il proprio potere c’era sempre un margine di rischio.
  - Allora, andiamo o no? - la riscosse Etsuko.
  Okumi distolse a fatica lo sguardo dall’Hollow, continuando però a tenerlo sotto controllo con la coda dell’occhio.
  - Io... non ho fame in questo momento. Continuiamo a camminare, più avanti c’è un negozio che... -
  - Va bene, aspettami un attimo qui, che vado a comprarne un po’ per me. - dichiarò quindi Etsuko, facendo per allontanarsi.
  - No, ferma! - esclamò Okumi, in tono più acuto di quanto avrebbe voluto.
  La sua migliore amica la fissò con perplessità. - Insomma, che c’è? -
  - Non mi sento bene. - sbottò l’altra - Credo che farei meglio a tornare a casa. -
  - Ah, ma potevi dirlo subito. In effetti, sei un po’ pallida... -
  - Allora andiamo! La metro non è lontana. -
  Merda, ci sta osservando, ci sta osservando...
  - Ma non è più comodo prendere l’autobus? -
  Lo era, in effetti, ma Okumi sperava di far perdere le loro tracce nel sottosuolo.
  Nel momento in cui aprì la bocca per blaterare una qualche scusa e poi trascinare seduta stante Etsuko verso la metro, un altro reiatsu entrò in un baleno nel suo campo percettivo. Non una forza particolarmente gentile, ma quantomeno le era familiare.
  Il tempo di rialzare la vista sulle cime degli edifici, ed era tutto già finito. Non si poteva dire nulla, Jukunemu Daisuke era molto efficiente nel proprio lavoro.
  Il corpo dell’Hollow ricadde all’indietro, nella parte interna del tetto. Eppure lo Shinigami non rinfoderò la spada. Aveva lo sguardo puntato su Okumi, e l’espressione sul suo viso era quasi di ribrezzo.
  - Oh-chan, ma cosa stai guardando? Non avevi fretta di tornare a casa? -
  - Come? Oh, sì, andiamo. -
  Okumi si incamminò dietro ad Etsuko, sollevata come mai nella propria vita. Si era davvero preoccupata per nulla, se dopotutto la Soul Society aveva una rete di informazione così potente. E si era pure risparmiata di dover avvertire di persona lo Shinigami della zona.
  - Eeeehi, tu! -
  Al grido di Jukunemu per poco non si arrestò di nuovo sul posto. Invece continuò a camminare, chiedendosi seccata cosa mai volesse adesso.
  - Dico a te, Aomura! Che cazzo fai, eh? -
  Si può sapere di che diamine parli?
  - Vedi un Hollow e te ne stai ferma là a passeggiare come niente? Quello poteva attaccare della gente! Che razza di Shinigami sei, eh? -
  Che cosa avrei dovuto fare secondo te, idiota? A malapena so tenere in mano una spada!
  - Non fare finta di ignorami, lo so che mi senti! -
  - Insomma, Oh-chan, che cos’hai? Stai così male? -
  Etsuko allungò una mano per tastarle la fronte, ma Okumi si ritrasse con un sorriso tirato.
  - No, anzi, in realtà mi sento già un po’ meglio. -
  Quella, almeno, non era una bugia. In fondo avevano appena scampato un bel pericolo.
  Perciò cosa voleva quell’esaltato? Non era contento che nessuno si fosse fatto male?
  Quando le due svoltarono l’isolato, gli insulti gridati al vento di Jukunemu ben presto si affievolirono fino a sparire.
 
 
 
  Daisuke pestò un piede sul cornicione del palazzo, con tale impeto da farsi male. Ma non gli importava.
  Stronza!
  Non ci vedeva più dalla rabbia. Chi si credeva di essere quella? Non l’aveva minimamente considerato e se ne era andata tutta allegra in compagnia della sua amichetta, come se non fosse successo nulla. Dopo essersi accorta della presenza di un Hollow.
  Era sicuro che Aomura non l’avesse notato, ma lui si trovava sul luogo da un bel pezzo, anche con un certo anticipo rispetto al mostro. Era rimasto sorpreso dal fatto che ci fosse là anche la sua nuova allieva. Aveva pensato però che fosse un’occasione interessante. Quindi aveva nascosto il proprio reiatsu e si era allontanato un poco, per osservare la scena e testare le reazioni sul campo dell’apprendista dea della morte. Non avrebbe mai potuto credere al teatrino che aveva visto svolgersi. Quella sottospecie di... di... - sul serio, non poteva chiamarla Shinigami! - si era agitata come una gallina impazzita, cercando in tutti i modi di tirare via la sua amica.
  Non aveva tentato qualcosa per allontanare tutte le persone presenti. Le sarebbe bastato gridare di aver visto una bomba sotto una macchina, qualcosa del genere.
  Non aveva fatto neanche un cenno verso il comunicatore di riserva che le aveva dato.
  In pratica, aveva pensato solo a parare il culo suo e dell’unica persona della quale le fregasse qualcosa.
  Aveva avuto paura? Oh, sì. Era stato solo quello a fermarla? Troppo comodo.
  Non voleva problemi, la principessina! Non aveva bisogno di scusarsi, di provare a raccattare qualche patetica giustificazione per il suo comportamento, no!
  Visto l’imbarazzante esito del test, Daisuke avrebbe preferito che Aomura si sganciasse dal gigai andando a suicidarsi fra le fauci dell’Hollow. Certo, l’avrebbe dovuta tirare fuori dai casini di nuovo, e darle della deficiente. Ma sarebbe stata una reazione che poteva capire.
  Eppure aveva capito lo stesso, sì, aveva compreso molto bene. La situazione era più chiara di quanto non fosse mai stata.
  La ammazzo! Come l’ho salvata, la ammaz...
  Le riflessioni di Daisuke si interruppero quando si accorse di un particolare.
  Il cadavere dell’Hollow che aveva appena abbattuto era steso là dov’era crollato, a soli pochi metri dietro di lui. Non sembrava proprio fosse ancora vivo, eppure non si era dissolto.
  D’accordo, lo Shinigami non aveva seguito la solita prassi, e l’aveva infilzato al fianco invece che decapitarlo. Magari gli era rimasta una piccola scintilla vitale.
  Daisuke si avvicinò, senza preoccuparsi di essere prudente. Dopotutto, il mostro era immobile. Alzò la spada per dispensare il colpo di grazia.
  Le dita dell’Hollow si serrarono all’improvviso, di scatto. Il dio della morte fu colto di sorpresa e di riflesso balzò all’indietro, rischiando di cadere dal bordo dell’edificio.
  Lo Shinigami osservò basito il corpo della creatura contrarsi, le membra scheletriche scricchiolare paurosamente mentre cercava un modo di rialzarsi. Con rigidità inquietante, l’essere si piantò su quattro zampe, facendo oscillare la testa sproporzionata. La ferita sul suo fianco spillava sangue denso e scuro.
  Daisuke si lasciò sfuggire una risatina beffarda e puntò Kurosemi di fronte a sé.
  - Eh, siamo resistenti, vedo. -
  L’idea di distrarsi con una lotta non appariva malvagia.
  L’Hollow si scagliò verso di lui spalancando la bocca piena di zanne irregolari. Il dio della morte gli corse incontro, per poi buttarsi a terra e rotolare sotto la pancia del mostro, aprendogli uno squarcio sul ventre per tutta la lunghezza del corpo. L’essere si contorse emettendo un lungo rantolo di dolore, inondando ovunque col proprio sangue.
  Daisuke serrò i denti e rafforzò la presa sulla Zanpakuto. Qualcosa non andava. Perché l’Hollow non tentava di scappare? Di solito, quelli della sua specie erano dei gran codardi. E soprattutto, come poteva essere ancora in grado di muoversi con ferite simili?
  Quest’ultimo si voltò di nuovo verso il suo nemico, srotolando una lingua che arrivava fino a terra. Oscillò, arrancando in direzione dello Shinigami.
  Daisuke avvertì una fitta di repulsione e decise di dover porre fine al combattimento.
  - Frinisci, Kurosemi! -
  La sua compagna vibrò nel trasformarsi e lui non esitò un istante di più. - Utanatsu! -
  Il fendente sonico si abbatté sulla spalla del mostro, che fu scagliato via, rotolando fin sull’orlo del palazzo. A fatica, si puntellò con una zampa, ma l’altro fu più veloce. Grazie ad un unico shunpo coprì la distanza fra di loro. Con una serie di mosse segnate da fredda precisione, recise tutti gli arti dell’Hollow.
  Una grottesca creatura priva di braccia e gambe, ricoperta di sangue color petrolio si dibatteva e ringhiava ora sotto gli occhi dello Shinigami. Egli sollevò Kurosemi e la piantò nel mezzo delle fauci di quel patetico rottame. L’inerme si bloccò con un ultimo tremito, ma le mascelle si mossero ancora in uno spasmo che pareva un brivido di terrore.
  Il dio della morte volse la testa da un’altra parte.
  - Utanatsu... -
  Una leggera vibrazione lungo il braccio ed uno schianto lo avvisarono che il colpo era stato inferto. Solo allora guardò di nuovo.  Sul cemento spaccato dall’urto giacevano pochi frammenti d’osso, i resti di una maschera.
  Non si dispiacque. Non c’era bisogno. I cancelli dell’Inferno non si erano aperti, dunque quell’anima si sarebbe ben presto trovata alla Soul Society, il posto dove avrebbe dovuto stare.
  Eppure Daisuke restò ancora immobile, a fissare le ultime, misere spoglie dell’avversario.
  - Che cazzo sta succedendo qui? -








































  Angolo Autrice
 
  La storia sta ancora ingranandoooooh! Le parti delle spiegazioni me le devo tirare fuori dalla tastiera facendo violenza su me stessa, davvero!
  Vabbè, in origine, questo doveva essere solo un capitolo riempitivo (brava così, un capitolo riempitivo ad inizio storia, è in questo modo che ci si accaparrano lettori!), ma... praticamente si è costruito work in progress. Il punto dove Okumi incontra - circa - lo spirito della spada doveva essere essenzialmente solo un episodio di passaggio, ma mi è venuto una paginetta di Word più lungo. Che ci volete fare, ci avevo preso gusto XD Anche la penultima scena mi è venuta in mente dal nulla, ed il combattimento di Daisuke doveva essere con un Hollow random, quindi pure quello messo abbastanza a caso alla fine  del capitolo.
  ...ok, si è capito che vi avrei servito manco duemila parole di vuoto cosmico, la smetto, che ci faccio miglior figura.
  Riguardo al contenuto in sé, posso dire giusto che il rapporto fra i due Shinigami, iniziato in maniera un po’ disfunzionale, presenta già la prima frattura. Non sono personicine facili, eh? Poi, so che al momento Etsuko sembra una figurina bidimensionale appiccicata a caso nella storia, però... no, aspetta, in effetti è così O.O Cioè, il personaggio mi era venuto in mente a questa maniera, ma ora mi impegnerò per darle maggior spessore! Non sopporto i personaggi senza spessore, io, e non mi perdono di poterne partorire!
  Per finire... noooooo, niente angolo del Titekubismo! Ma fa niente, perché ci rifacciamo col prossimo capitolo, che dite? ;)
  Quindi leggete il prossimo capitolo, ma prima recensite questo, orsù! u.u
  Salutoni,
 
  Anukis




 
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