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Autore: Echocide    22/05/2017    6 recensioni
[Sequel di Miraculous Heroes e Miraculous Heroes 2]
La minaccia di Maus è stata sventata, ma non c'è pace per i nostri eroi: il mistero dell'uccisione degli uomini del loro nemico non è stato risolto e un nuovo nemico trama nell'ombra...
Genere: Azione, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Altri, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Quantum Universe'
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Titolo: Miraculous Heroes 3
Personaggi: Adrien Agreste, Marinette Dupain-Cheng, altri
Genere: azione, mistero, romantico
Rating: NC13
Avvertimenti: longfic, what if...?, original character
Wordcount: 3.079 (Fidipù)
Note: Buon lunedì! E una nuova settimana ha nuovamente inizio! Bene, bene. Non abbiamo nemici a questo giro, ma molti fili - due in special modo - verranno tirati: voi l'avete compreso dallo scorso capitolo, i nostri eroi ci arriveranno in questo ma intanto abbiamo l'identità di uno dei Generali di Dì Ren (al secolo Kwon) e se ne svela un altro, rimasto un po' in disparte rispetto a Taowu o agli altri due. E, nel mentre, quando si lascia finalmente andare...
E non mi sembra di aver nient'altro da dire...ah no! Nel gioco ho citato i picross, per chi non lo sapesse, il nome ufficiale è Nonogram oppure Paint by Numbers (dipingere con i numeri) o griddlers, e sono dei rompicapi logici grafici in cui le celle di una griglia devono essere colorate o lasciate in bianco in base a dei numeri a lato della griglia utili a svelare un'immagine nascosta. In questo tipo di rompicapo, il numero indica quante celle consecutive devono essere riempite, o in riga, o in colonna.
E posso affermare che sono una droga, io stessa passo veramente molte ore a risolverli.
Ma passiamo agli aggiornamenti di questa settimana! Mercoledì verrà aggiornata La sirena, giovedì invece sarà il turno di Laki Maika'i e venerdì, come di consueto, ci sarà un nuovo capitolo di Miraculous Heroes 3. Infine, sabato sarà il turno di Scene.
Come sempre vi ricordo la pagina facebook per rimanere sempre aggiornati.
Detto ciò, come sempre vi ringrazio tantissimo: grazie a tutti voi che leggete, commentate e inserite questa storia in una delle vostre liste.
E noi ci vediamo al prossimo aggiornamento!



Bridgette sospirò, tamburellando la penna sul blocco e guardando il disegno che aveva appena concluso, cercando così di ignorare l’uomo in piedi dall’altra parte della scrivania: «Sì, Maxime?» domandò, dopo un po’: sapeva benissimo cosa sarebbe successo da quel momento in poi.
Maxime non le avrebbe fatto passare liscia l’ennesima sparizione, soprattutto quando c’era un magnate cinese che voleva comprare parte delle azioni del suo marchio e lui non poteva decidere da solo: «Dove sei stata stavolta? Nuovamente in Tibet?»
«Sono stata via solo per pochi giorni…»
«Dove eri?»
«A casa» pigolò la donna, sorridendo poi alle due parole: casa. Già, era là da pochi giorni ma aveva iniziato a considerare l’appartamento di Felix casa, molto più di quello dove viveva da quando era giunta a Parigi; rituali comunissimi come la colazione avevano assunto una sfumatura differente: chiacchierare con Xiang, tentando di convincerla ad andare a fare shopping assieme, mentre Felix leggeva le notizie sul tablet era diventato uno di quei tanti, piccoli, tasselli che la facevano sentire a casa.
Amata e protetta.
«Non eri a casa. Ci sono passato da casa tua, Willhelmina, e non c’eri» dichiarò Maxime, incrociando le braccia e fissandola serio: «Voglio sapere dove eri: mi sono rotto di non sapere più dove poterti rintracciare o per quanto tempo sarai assente.»
«Lo so, lo so. Ti chiedo scusa, ma…»
«Ma cosa, Willhelmina? Un tempo non eri così! Un tempo pensavi solo ed esclusivamente al tuo lavoro!»
«Forse perché un tempo avevo solo il mio lavoro, Maxime» dichiarò la donna, sfidando il suo assistente con lo sguardo, alzandosi e posando entrambe le mani sulla scrivania: «E’ forse un male che, dopo tanto tempo, io abbia qualcosa all’infuori del marchio Hart?»
«Se questo non ti distrae dal tuo lavoro sì, è un bene» decretò l’uomo, lisciandosi il completo grigio: «Ma, Willie, sei andata in Tibet per parecchi mesi, sei tornata e non sei mai con la testa – e alle volte anche con il corpo – dove devi essere…»
«Io voglio solo disegnare i miei abiti, Maxime.»
«Un tempo volevi fare soldi, Willie» la riprese l’assistente: «E mi piaceva la Willie di quel tempo: faceva il suo lavoro e mi aveva assunto per fare il mio, non anche quello che spettava a lei. Sei cambiata, Willhelmina.»
«Anche tu.»
«Ma non so dirti se in meglio o peggio.»
«Maxime» la donna incrociò le braccia, studiandolo: «Per quanto io abbia sempre accettato i tuoi pensieri, adesso stai andando troppo oltre.»
«Ah. Davvero?»
«Sì, davvero.»
L’uomo assentì, sistemandosi la cravatta e fissandola, prima di voltarle le spalle: «Sulla scrivania c’è l’agenda con i tuoi impegni» dichiarò, superando la porta e chiudendola dietro di sé, sotto lo sguardo di Bridgette: sì, Maxime era cambiato. Era diventato fin troppo sicuro di sé e sembrava che avesse il potere nelle sue mani.
Era successo mentre lei era in Tibet?
O forse aveva sempre sottovalutato il suo assistente?


Manon era intenta a completare gli esercizi di matematica, tanto che non si accorse dell’ombra che si era fermata davanti la sua finestra, almeno fino a quando un lieve bussare non la fece sobbalzare: tirò su la testa dai libri di matematica e vide Hawkmoth al di là del vetro: «E’ successo qualcosa?» domandò, non appena ebbe aperto e lasciato entrare il giovane eroe parigino in camera sua.
«In verità no.»
«E allora…»
«Mia madre è al lavoro e mia sorella ha invitato il suo attuale ragazzo a casa e…» si fermò, sganciando la spilla e ritornando a essere semplicemente Thomas: «…beh, non volevo stare a casa e sentire. Sentire cose.»
«Oh…»
«Non posso andare da Jérèmie e quindi…»si fermò, allungando il collo e osservando i compiti della ragazzina: «Problemi?»
«Un po’.» mormorò Manon, scuotendo il capo: «Penso che prenderò un’altra insufficienza in matematica.»
«Oh. Matematica. Spiacente, faccio schifo anch’io a matematica.»
«Ci avevo quasi sperato…»
Thomas alzò le spalle, abbozzando un sorriso e andando a curiosare nella libreria dell’amica, recuperando alcuni volumi di un manga che non aveva e lo ispirava: «Ah, però se vuoi posso presentarti un mio amico…»
«E’ uno del gruppo di supereroi?»
«Quasi. In ogni caso, ogni tanto mi da una mano con matematica ed è veramente bravo…»
«Pensi che dirà qualcosa?»
«Basterà non dire che tu sai e sarà tutto ok!»
«Vuoi dire che…»
«Non ho ancora avuto il modo di informarli che sei a conoscenza di questa piccola cosa che mi trasformo. Ecco.»
«Thomas!»


Sarah sorrise alla donna al di là dello schermo, muovendo lentamente la mano in segno di saluto: «Ciao, mamma» mormorò, mentre una sua versione più vecchia ricambiava il sorriso di rimando: «Come va?»
«Come sempre, tesoro. Se vuoi ti racconto della mia magnifica mattinata in ospedale!» dichiarò Bethany Davis, spostando un poco il cellulare e inquadrando parte del personale medico: «Salutate la mia bambina!»
Sarah salutò tutti, osservando le facce familiari dei colleghi della madre e anche l’ambiente dell’ospedale dove la donna lavorava: era tutto esattamente come ricordava, quasi come se il tempo si fosse fermato dall’ultima volta che c’era stata.
Mancava solo l’albero di Natale in un angolo e poi era identico.
«Finito il trasloco?»
«Sì.»
«Quindi posso finalmente conoscere la tua coinquilina?»
Lila entrò nello schermo, sorridendo allegramente: «Salve, signora. Sono Lila!» dichiarò allegra, parlando tranquillamente inglese: «Non si preoccupi mi prenderò ottima cura della sua bambina! E con me ci saranno anche Marinette e Xiang!» continuò, prendendo le altre due ragazze per i polsi e tirandole nel raggio della camera:  «Dite good afternoon, ragazze!»
«Mi sembra che sei in buone mani.»
«Lo sono.» dichiarò Sarah, guardando Lila e vedendola con un sorriso zuccheroso in volto: «Allora…»
Bethany sorrise, abbassando poi lo sguardo e sbuffando: «Ah, tesoro. Rimarrei davvero a parlare con te ma la pausa pranzo è finita e devo tornare.» le spiegò, inclinando la testa: «Mi raccomando: comportati bene, studia e...» si fermò, accentuando maggiormente il sorriso: «…la prossima volta vorrei conoscere il ragazzo con cui sei andata a vivere e non la tua finta coinquilina. Ti voglio bene, tesoro.»
«Cavolo!» sbottò Sarah, fissando lo schermo mentre al suo fianco Lila e Marinette ridacchiavano: «Non c’è niente da ridere.»
«Davvero? Pensavi di fregarla così?»
«Ci speravo!»
«Sarah, tu sai mentire esattamente come sa farlo Marinette.» decretò l’italiana, poggiando un fianco contro il tavolo e incrociando le braccia: «Ovvero non sai farlo.»
«Ehi!»
«Marinette, ti voglio bene ma, davvero, anche Xiang è più brava di te a mentire: basta vedere come si era rigirata Alex.»
«Ma, io non volevo rigirare Alex.»
«Di che state parlando?» domandò Alex, entrando nella stanza con una pila di cartoni della pizza fra le mani e dirigendosi verso la cucina, con gli altri tre ragazzi dietro, tutti e quattro interessati alla conversazione: «Allora?»
«Di un meraviglioso paio di stivaletti che ho visto ieri in negozio» iniziò l’italiana, vedendo l’interesse scemare subito nello sguardo dei ragazzi: «Erano in pelle pitonata e avevano dei graziosi
«Scarpe…» mormorò Alex, perdendo completamente ogni attrattiva al discorso fra le ragazze e venendo imitato anche dagli altri tre: «…comprare.»
«Ma che?»
«Se non vuoi che s’interessino a quello che dici…» Lila si piegò verso Marinette, rimasta basita dal comportamento dei ragazzi: «…inizia a parlare di scarpe: con Wei funziona sempre quando gli devo dire degli elettrodomestici difettosi. Questo e poi…beh, ha un certo interesse per i babydoll, soprattutto se me li toglie.»
«Babydoll?» domandò Adrien, alzando la testa e diventando improvvisamente interessato: «Di pizzo?»
«Precisa, per favore» aggiunse Rafael, osservandole una per una: «Che c’è?»
«In questo preciso momento mi sto domandando perché non sono dalla parte di Dì Ren» decretò Lila, sospirando poi pesantemente: «E’ arrivata la pizza?»
«Sia chiaro, nessun commento sulla pizza» borbottò Rafael, iniziando ad aprire i cartoni: «Lo sappiamo tutti che quella italiana è la migliore, ma qui siamo a Parigi quindi accontentati.»
«Fra l’altro siamo andati a prenderla in una trattoria italiana» precisò Adrien, incrociando le braccia: «Quindi…»
«Quindi avrà sicuramente qualcosa che non va» decretò l’italiana, avvicinandosi e studiando le pizze: «Infatti sembra focaccia!»
«Quand’è che mangerai senza lamentarti?»
«Quando, mio caro piumino, qui in Francia capirete che mettere ‘italiano’ sull’insegna non significa cucinare italiano. Semplice.»
«Lila…»
«Perché non lo dici alla controparte americana qua?» domandò Rafael, indicando il ragazzo accanto a lui: «A loro non dici niente?»
«Loro sono il male fatto nazione per quanto riguarda la cucina» sentenziò l’italiana, posando un fianco contro il tavolo e guardando le tre ragazze che stavano sistemando il tavolo: «Ehi, micetto.»
«Che vuoi, volpe?»
«Cos’ha il boss? Sembra stanca.»
Adrien sospirò, finendo di tagliare la pizza e spostò lo sguardo sulla moglie, scuotendo il capo: «Non sta dormendo bene da alcuni giorni…»
«Adrien!»
«Non è colpa mia!»
«Boss non dorme. Gatto perennemente in calore…» buttò lì Rafael, ridacchiando: «E’ normale che facciamo due più due.»
«Dice che sente la presenza di qualcuno che la spia.»
«Uno stalker?»
«Non so dirti, pennuto» Adrien sospirò, incassando la testa nelle spalle: «Io non avverto niente, ma so per certo che le sensazioni di Marinette sono sempre corrette: ricordi la prima volta che sei stata akumatizzata da mio padre?» si fermò e aspettò che l’altra annuisse: «Beh, fu Marinette ad accorgersi di tutto, se fosse stato per me sarei cascato come un idiota nella tua trappola.»
«Ecco perché ho riconosciuto Marinette come mio boss e non tu.»
«In ogni caso, sono caduta anch’io nelle illusioni di Volpina, all’epoca» dichiarò Marinette, introducendosi nella conversazione: «Soprattutto quando scappò portandosi dietro una copia di Adrien…»
«Già, mi hai quasi dato i tuoi orecchini…»
La mora annuì, osservando il gruppo che la fissava a sua volta: «Che c’è? Sto bene, davvero. Sono solo…» si fermò, sospirando: «Stanca dall’inquilino non voluto nel nostro appartamento. Tikki e Plagg pensano sia una delle ombre di Dì Ren e…»
«Sto iniziando a pensare che non possa più utilizzare le ombre» mormorò Xiang, poggiandosi al tavolino con gli avambracci e studiando il contenuto nei cartoni: «Il fatto che stia mandando queste creature di Quantum…»
«Dici che non può più fare il giochetto del ‘appaio dal nulla e vi uccido tutti’?» domandò Alex, annuendo e sbuffando: «Ma perché non ci sono i cattivi di una volta?»
«Perché come erano i cattivi di una volta?» domandò Rafael, scuotendo il capo e tornando a tagliare la pizza in spicchi: «Illuminami.»
«Stile Maus? Arrivano, proclamano in pompa magna che sono cattivi e ci mandano contro i loro scagnozzi.»
«Beh, è quello che fa Dì Ren.»
«Però Dì Ren lavora nell’ombra, usa persone…» Alex si fermò, incrociando le braccia: «Secondo voi il tipo che era con la Sfinge, e anche quella che era apparsa nel negozio di biancheria, chi sono? Creature di Quantum o persone come la Panterona?»
«Vi prego, la potete chiamare in un altro modo?» sbottò Lila, alzando gli occhi al cielo: «Seriamente, Panterona…»
«E’ un signor nomignolo!» decretò Adrien, sghignazzando: «Non so. Xiang, tu che tutto sembri sapere, puoi illuminarci?»
«Penso che siano persone che possiede attraverso il Quantum» spiegò la cinese, inspirando profondamente: «Al vostro matrimonio ce n’era uno.»
«E lo dici solo ora?»
«Me ne ero dimenticata. Perdonate.»
«Al nostro matrimonio…» Adrien si fermò, socchiudendo gli occhi e voltandosi poi verso Marinette e fissandola: «Io l’avevo detto.»
«Sì, l’avevi detto» assentì la ragazza, mordendosi il labbro inferiore: «E spiegherebbe anche il suo assurdo comportamento. Ma perché…»
«Io avevo detto anche un’altra cosa, my lady: non ha superato la cotta che avevi per te e il comportamento assurdo – per citare le tue parole – lo ha esplicitato perfettamente. Non mi stupirebbe fosse lui lo stalker invisibile…»
«Pensi che Dì Ren gli abbia dato un potere che gli permette di…»
«Scusate» Rafael li interruppe, sorridendo affabile: «Potete spiegare anche a noi poveri mortali che non capiamo il vostro linguaggio da coppietta sposata? Grazie, siete gentilissimi.»
«Al nostro matrimonio, la cara Xiang era molto interessata a Nathaniel ed io avevo buttato lì che, magari, poteva essere legato a Dì Ren.» iniziò a spiegare Adrien, voltandosi poi verso la millenaria cinese e ricevendo un cenno affermativo con il capo.
«Quando sono arrivata qui a Parigi, Dì Ren mi ha contattato tramite un ragazzo: aveva i capelli rossi e gli occhi verdi, difficile da dimenticare un simile accostamento e quando l’ho visto…»
«Quindi non ti piace Nathaniel?»
«Alex! E’ una cosa importante! Dì Ren…»
«Sì, sì. Fissavi Testa di Pomodoro perché era legato a Dì Ren, non perché ti piaceva?»
«Sì, lo stavo tenendo d’occhio.»
L’americano sorrise raggiante, voltandosi verso gli altri: «Non le piace Nathaniel» dichiarò contento, indicando la cinese: «Quindi…»
«Alex, non per dirti ma non è che ti ha dichiarato amore eterno.»
«La pianti di distruggermi ogni speranza, Rafael? Non ti considero più il mio migliore amico.»
«Pensavo di esserlo io, Alex.»
«Sarah, abbiamo già fatto questo discorso: Rafael è il mio migliore amico maschio, tu sei la mia migliore amica femmina. Con Rafael posso parlare di cose che con te non posso toccare, tipo come sarebbe stato magnifico farsi…»
«Ho capito. Non continuare.»
«In tutto ciò, penso che abbiamo quasi confermato che Nathaniel è posseduto da Dì Ren, giusto?» domandò Wei, riportando la conversazione nei binari: «E forse è anche lo stalker di Marinette. Non sappiamo i poteri che ha e devo dire che tutta questa situazione non mi piace…»
«Nemmeno a noi, Wei» mormorò Adrien, sbuffando: «Sentite, forse è meglio fare una bella riunione anche con Mister Miyagi, Felix e Bridgette. E i miei anche» sentenziò, indicando il salotto: «Di là abbiamo dei kwami che ci attendono e una dura scelta: che film vediamo?»
«Direi di togliere dalla lista Il signore degli Anelli e Harry Potter» dichiarò Rafael, prendendo due cartoni della pizza e portandoli nel salotto.
«Cosa? Perché?» chiesero in coro Vooxi e Flaffy, volando attorno al moro e disturbandolo mentre cercava di posare tutto sul tavolino basso.
«Perché possiamo vedere solo un film: qualcuno domani deve andare a lezione o a lavorare» spiegò il parigino, scacciando i due kwami con un gesto della mano: «E vedere o l’uno o l’altro sarebbe un torto a uno di voi due.»
«Oh. Vero.» dichiarò Vooxi, mentre Flaffy annuiva e tornava a sedersi fra Mikko e Wayzz: «Quindi che vediamo?»
«The amazing spiderman!»
«Alex, veramente vuoi vedere un film di supereroi con tutti noi?»
«L’alternativa cosa è?»
«Zombie!»
«Sarah, ti prego, basta zombie» sospirò Rafael, sedendosi sul divano e prendendosi il volto fra le mani: «Sei fissata con gli zombie tanto quanto con i drama.»
«Uh. Hai già conosciuto questo lato?» domandò Alex, sghignazzando: «Di solito evita: sai com’è, non è bello far sapere la sua passione per dei tizi che mangiano il cervello.»
«Di solito evita?»
«Ignoralo.»
«Non divaghiamo» sentenziò Lila, fissandoli tutti: «Cosa ci vediamo? Perché la pizza raffredda e non è buona fredda!»
«Zombie?»
«Sarah!»


Qiongqi non amava passare molto tempo assieme agli altri e, proprio per questo, tendeva a stare nella casa del suo signore il meno possibile, oltretutto non sapeva cosa facesse quando non era sé stesso e, quindi, non aveva idea di quanto tempo poteva dedicare all’uomo che l’aveva, in un certo modo, creato.
Chi era la persona che si nascondeva dietro la maschera che indossava?
Chi era veramente lui?
Sospirò, attraversando l’enorme sala e dirigendosi verso la stanza in cui Dì Ren era solito ritirarsi: sapeva che l’accesso era vietato a loro quattro, ma c’era quel gusto di proibito che lo attraeva e gli faceva allungare la mano verso la porta a doppia anta che lo divideva da quel luogo misterioso.
Perché non potevano accedervi?
Perché solo Yi poteva entrare in quelle stanze?
Qiongqi abbassò la maniglia e aprì uno dei due battenti, osservando la stanza deserta: non c’era niente di particolare: pochi mobili d’epoca posizionati contro il muro, un tavolino tondo dominava il centro della stanza assieme a due poltrone; l’uomo si avvicinò a questo, maledicendo lo sferragliare della propria armatura e osservò la scacchiera posta sopra, studiando i vari pezzi bianchi e neri.
Dunque era così?
Dunque era quello il piano di Dì Ren?
Qiongqi si ritrovò a ridere nella solitudine della camera del suo signore, scuotendo il capo e poi ritornando sui suoi passi: non sapeva ancora se avrebbe accettato in silenzio tutto ciò, dichiarò a sé stesso, mentre chiudeva la porta dietro di sé. Forse no, forse sì.
Per il momento si sarebbe limitato a osservare e conoscere i sedicenti eroi di Parigi.
Taotie aveva già presidiato la scena per troppo tempo, tanto che aveva quasi esaurito le creature che il loro signore gli aveva concesso.
Hundun sembrava sparita e Taowu era troppo preso dalla fiamma del suo passato.
Adesso era il suo turno.


Bridgette lasciò cadere la borsa, togliendosi le scarpe con il tacco e lasciando andare un enorme sospiro: casa. Finalmente era a casa.
Li la sorpassò, diretto verso la cucina della casa e lei sorrise: quando era uscita dalla Fondazione Vuitton aveva trovato il cinese ad attenderla, informandola che Felix aveva predisposto che l’accompagnasse ovunque volesse andare; rimase in ascolto, sentendo i fratelli parlottare nella loro lingua natia e poi si mosse, diretta verso il salotto dov’era certa di trovarlo e, infatti, così fu: era seduto con l’onnipresente tablet fra le mani, le gambe stese sul divano, in una posa di completo relax.
Aveva anche abbandonato i classici completi che indossava, per maglietta e pantaloni della tuta.
Si avvicinò silenziosamente, notando come le labbra di lui si erano piegate in un sorrisetto anche se non la degnava di uno sguardo, troppo intento a guardare lo schermo: «Stai giocando?»
«Posso dire che picross è una droga, soprattutto se ti piacciono i puzzle» dichiarò l’uomo, continuando a fissare lo schermo e aggrottando lo sguardo: «Com’è andata al lavoro?» Bridgette rimase in silenzio, sorridendo mentre lo vedeva portarsi una mano al viso e massaggiarsi la mascella, quasi che il gesto lo aiutasse a risolvere il rompicapo: «Bri?» domandò alla fine Felix, voltandosi verso di lei e fissandola in attesa.
Si chinò, posandogli le mani sulle guance e sfiorandogli le labbra con le proprie, assaporando quel sapore che aveva sentito una volta sola e che non aveva mai dimenticato: «Scusami, se ti ho fatto attendere» bisbigliò contro la sua bocca, sentendola piegarsi in un sorriso.
Felix si mosse veloce, felino come il nome che aveva, alzandosi dal divano e prendendola fra le braccia, mentre premeva le labbra contro le sue: «E’ veramente disdicevole far attendere così tanto un uomo, miss Hart» dichiarò, chinandosi e passandole un braccio sotto le gambe, sollevandola poi da terra, attraversando la stanza e dirigendosi verso la propria camera da letto: «Dovrete fare ammenda per il vostro comportamento.»
«Ah, davvero?»
«Sì, davvero.»

   
 
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