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Autore: Redferne    25/05/2017    15 recensioni
Tra Nick e Judy sta accadendo qualcosa di totalmente nuovo ed inaspettato.
E mentre Nick cerca di comprendere i suoi veri sentimenti nei confronti della sua collega ed amica, fa una promessa a lei e a sé stesso: proteggerla, a qualunque costo.
Ma fare il poliziotto a Zootropolis sta diventando sempre piu' pericoloso...
Genere: Azione, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Capitan Bogo, Judy Hopps, Nick Wilde, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 30

 

 

 

MAGGIE (PRIMA PARTE)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Erano da poco passate le tre del pomeriggio e Nick si ritrovava nuovamente al volante. Non c’era un solo attimo di tregua, quel giorno. Ed era stato eletto nuovo sceriffo da neanche mezza giornata.

Davvero niente male, come esordio!

Aveva appena lasciato alle sue spalle mister Carrington e la sua beneamata cartiera, con tutto il suo carico di schifo annesso. Via, via da tutta quella sporcizia, quella malvagità, quella puzza.

Mentre si allontanava, facendo il precedente percorso a ritroso e tornando in quella densa e fitta porzione di boscaglia non ancora violata dai fidi esecutori armati di motosega al soldo di Quincey, ebbe come l’impressione di sentirsi improvvisamente meglio. Ed era una sensazione che diventata sempre più chiara e nitida con il passare dei minuti, man mano che metteva sempre più distanza tra lui ed il ributtante marciume che trasudava senza sosta da quel luogo.

Gli parve persino che l’aria che entrava dai finestrini che aveva provveduto a riaprire fosse diventata persino più fresca e frizzante.

In realtà non era tanto benessere, ciò che stava provando. Era piuttosto una sorta di autocompiacimento.

Si. Poteva ritenersi più che soddisfatto, almeno per il momento. Come biglietto da visita, la sua sortita nella tana del drago non poteva essere più chiaro ed esplicito di così.

Aveva vendicato Ricketts e, al contempo, fornito precise istruzioni al mandante dei responsabili sul nuovo corso riguardante la gestione della legge ad Haunted Creek. Uno a zero e palla al centro, signori. Anzi: uno a uno, visto che era stato quel farabutto a cominciare. A versare sangue per primo, come si suol dire.

 

Se ti ritrovi costretto a fare a pugni non colpire mai per primo, qualunque sia il motivo. Ma assicurati di colpire sempre per ultimo, soprattutto se si tratta del colpo decisivo.

 

Così la pensava il vecchio Butch.

Puro Vangelo.

 

E così la pensava Nick.

Già. Proprio parole sante.

In ogni caso si augurava che la lezione impartita fosse stata sufficiente, per convincere quella carogna e i suoi sgherri a tenersi alla larga dal paese.

Non in eterno, ovvio. Una simile ipotesi era senz’altro auspicabile, ma non realizzabile.

Quanto bastava. Non chiedeva altro.

Giusto il tempo necessario a prendere confidenza con il posto ed organizzarsi adeguatamente.

La tregua non sarebbe durata a lungo, ne era più che certo. Nella zucca di tipi come quello il buon giudizio ed il senso della misura non avevano diritto di cittadinanza. I malfattori ricchi e potenti ritengono di essere sempre nel giusto e di non avere mai il bisogno di imparare qualcosa da chicchessia. Se ne sarebbe rimasto buono e placido solo fino a che non avrebbe escogitato il sistema di ripagare con la stessa moneta la tremenda batosta che aveva dovuto subire.

Ma in una maniera sicuramente più lenta, lunga e dolorosa. La più lenta, lunga e dolorosa possibile.

Ma, per allora, sarebbe stato più che pronto a riceverlo.

 

Che venga pure, pensò. Quando e come vuole.

 

Da sempre esisteva un solo modo, per gestire e risolvere tali conflitti: botta e risposta. Ad ogni azione, corrisponde una reazione uguale e contraria.

Botta e risposta. Le prendi e le dai. Ciò che conta é mettere a segno un colpo, un pugno in più, QUEL PUGNO IN PIU’, quando tocca a te restituire. Senza arretrare di un solo passo. E senza concedere un solo millimetro al tuo avversario.

Proprio come quel vecchio film. Quello che guardava sempre da cucciolo insieme a sua madre tutte le volte che lo ridavano in televisione, anche se lei non era molto d’accordo perché lo riteneva un film violento. Ma alla fine acconsentiva sempre con un sorriso dolcissimo, perché il suo Nicholas era un maschietto, il maschietto di casa. E come tutti i maschietti adorava gli inseguimenti, le sparatorie e gli ammazzamenti.

Ed ogni volta si mettevano insieme sul vecchio divanetto sgualcito all’angolo del piccolo salottino, davanti al vetusto schermo in bianco e nero con i contorni in bachelite. Lei portava, come sempre, due tazze di cioccolata bella calda. Gli porgeva la sua, la sorseggiavano insieme per tutta la durata dello spettacolo e lui le si accoccolava a fianco durante le scene più PAUROSE. Perché era un bellissimo film, parlava di una pagina di storia risaputa e lo aveva visto tante e tante di quelle volte da conoscerlo a memoria. Ma, anche se sapeva che finiva bene, aveva sempre la sensazione che ai protagonisti potesse capitare qualcosa di brutto. MOLTO BRUTTO. Rimaneva con il cuoricino in gola fino a che il capo dei cattivi non veniva finalmente rinchiuso dietro le sbarre.

Il potere degli autentici capolavori. Ogni volta che li rivedi, E’ COME LA PRIMA VOLTA.

Le scene ti rimangono impresse nella retina, al punto che te le rivedi davanti agli occhi in continuazione. E le frasi dei protagonisti ti finiscono marchiate a fuoco nel cervello.

Come quella che il vecchio irlandese Jimmy Malone diceva ad Elliott Ness prima di dare inizio alla retata che avrebbe scatenato il finimondo. Che avrebbe portato all’arresto di Al Capone e allo smantellamento del suo impero criminale. Ma anche alla morte di due di loro.

Sconfissero i gangsters. Diventarono leggenda. Ma per loro fu LA FINE.

Cosa gli aveva detto Malone, quella volta? Com’era quella frase?

 

Tieni bene a mente ciò che sto per dirti, Ness.

Una volta che oltrepasserai quella porta, darai il via ad una guerra.

Una guerra senza quartiere, e senza esclusione di colpi.

Non si torna più indietro.

Nessuna pietà, e nessun rimorso.

Occhio per occhio, dente per dente: é così che funziona.

Lui ti sbatte uno dei tuoi all’ospedale?

Benissimo. La volta dopo tu gliene sbatti due dei suoi ALL’OBITORIO.

 

Chiaro il concetto, no?

Ma ora basta. C’era tutto il tempo per analizzare la minaccia incombente ed elaborare la strategia adatta ad affrontarla. Ora, invece, era il tempo di fare un’altra cosa. La prima cosa che avrebbe dovuto fare dal momento che Ricketts lo aveva proclamato nuovo sceriffo.

Incontrare il resto della squadra.

Incontrare gli altri INTOCCABILI.

Diede una rapida occhiata al cruscotto, per la precisione ai numeri color ambra del minuscolo display dell’orologio a cristalli liquidi situato alla base del tachimetro.

No, non era troppo tardi. Non era ancora troppo tardi per fare la prima visita al suo nuovo posto di lavoro e fare così la conoscenza dei nuovi colleghi con cui avrebbe dovuto sforzarsi di collaborare, da ora in poi.

Immerso com’era nei suoi pensieri, Nick finì per prendersela parecchio comoda. L’andatura lenta causata dalla salita e dalle ripetute serie di curve e tornanti fecero il resto. Fu così che fece ritorno in paese non prima delle cinque. Ormai stava cominciando ad imbrunire. Colpa della stagione, senza dubbio, ma non solo. Si ha sempre l’impressione che, in posti come quelli, il sole cerchi di tornare a nascondersi dietro le montagne il prima possibile, come se esse esercitassero su di lui una sorta di irresistibile richiamo, un invito costante a cercare riparo dietro di loro per concedersi il giusto riposo.

SARAI STANCO A FURIA DI STARE A SPLENDERE E A SCALDARE TUTTI QUANTI PER TUTTO IL SANTO GIORNO, TESORO BELLO.

VIENI, VIENI A METTERTI A DORMIRE DIETRO DI NOI, CARO. QUI NESSUNO TI DISTURBERA’.

Questo era ciò che, con tutta probabilità, gli stavano sussurrando all’orecchio quelle alte cime.

Lo stesso richiamo irresistibile che esercitavano le grotte e gli anfratti bui sui suoi antenati e su quelli di molti altri mammiferi, nei tempi antichi, quando vi si rintanavano dentro e sprofondavano in letargo. Una delle tante inclinazioni naturali rese inutili dall’avanzare della civilizzazione e quindi estinte.

Già. ESTINTE, si badi bene. Non CADUTE IN DISUSO. E’ una cosa completamente differente.

Entrambi i processi sono il risultato di una concatenazione di eventi e fenomeni macroscopici ed avvengono indipendentemente dalla volontà dell’individuo. Ma, quando qualcosa cade in disuso, é perché solitamente non serve più, ha esaurito il suo compito. Non ha più alcuna ragione di essere o di esistere e viene sostituto, rimpiazzato da qualcos’altro di più utile e funzionale. Qualcosa che, spesso e volentieri, ha contribuito lui stesso a dare vita. Senza il vecchio, non sarebbe venuto fuori il nuovo. La vecchia onda del mare che si infrange e, morendo, dà vita ed energia a quella successiva. Da questo punto di vista é senz’altro il processo più naturale e legittimo dei due, perché é figlio di un’evoluzione. Mentre, nel caso dell’estinzione, non é detto che chi scompare abbia esaurito il suo compito. Che fosse arrivato il momento per lui di farsi da parte per far spazio a qualcosa di nuovo. Magari serviva ancora a qualcosa. E se le cose stavano davvero così, allora non vi era nulla di naturale, in tutto questo. Era un’orrida forzatura, una correzione traumatica del naturale percorso evolutivo. C’era qualcosa di profondamente sbagliato.

Mettendoli a confronto, balzava immediatamente all’occhio che cadere in disuso fosse la più autentica e pura forma di estinzione, mentre non si poteva proprio affermare la tesi contraria.

Nick optava per l’estinzione, riguardo al letargo. Riteneva che averlo soppresso non si fosse rivelata poi questa gran furbata, da parte dell’evoluzione. Lui, ad esempio, ne avrebbe avuto un gran bisogno, almeno nell’ultimo periodo. Trovare un nascondiglio ben riparato, ricavarvi un comodo giaciglio al suo interno per poi buttarvici sopra e sprofondare nel sonno per intere settimane, forse mesi. Ma non il suo dormire consueto di tutti i giorni, agitato dai mostri e dai fantasmi che il suo cervello tentava di tenere faticosamente a bada durante il giorno e che si scatenavano al calar delle tenebre, a briglia sciolta, non appena chiudeva gli occhi. Era piuttosto il collassare in uno stato di profonda incoscienza, senza ansie e senza sogni.

Come quello di Judy.

Era del tutto inutile anche il solo provarci. Non poteva più riuscirci, nemmeno se avesse voluto. Ormai il suo corpo aveva perso completamente quell’istinto. Non faceva più parte di lui. Così come chiunque altro.

Sembrava che il sole fosse l’unico rimasto a reclamare quel naturale diritto, mentre tramontava oltre le catene montuose che circondavano Haunted Creek.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L’ufficio dello sceriffo si trovava nella piazza principale del paese, proprio in faccia al municipio.

Quest’ultimo, nonostante fosse abbandonato da un pezzo in seguito alla resa resa con fuga incorporata da parte dell’ultimo sindaco, manteneva ancora un aspetto piuttosto curato.

Nick parcheggiò di fianco a quella che sembrava l’unica volante disponibile o forse non ancora in servizio e, una volta sceso, decise di concedersi un attimo per rimirare l’edificio.

Era interamente realizzato in legno ed era composto da un solo piano, al pari delle altre abitazioni.

C’erano un paio di ampie finestre per ogni lato, dalla tipica forma rettangolare ed allungata verso l’alto, ed altre erano disposte a livello del suolo. Ciò faceva presupporre la presenza di un seminterrato. Inoltre queste ultime, a differenza delle precedenti, erano più piccole e di forma quadrata, nonché dotate di robuste sbarre. Intuì che si dovevano trattare di quelle delle celle per i detenuti.

L’ingresso era rialzato da terra e raggiungibile mediante tre scalini di cemento, era costituito da una doppia porta, sempre di legno, con due maniglie di ottone dall’aspetto vetusto situate a media altezza e convergenti al centro. Ad una di esse vi era attorcigliata e penzolante una catena in acciaio, con un pesante lucchetto assicurato all’estremità. Davvero un sistema di sicurezza di prim’ordine, niente da dire.

Come prima impressione non era certo delle migliori. Inoltre, non si udiva un solo rumore provenire dall’interno.

Si fece coraggio. Non poteva certo rimanere lì davanti in eterno. E del resto non poteva aspettarsi nulla di meglio o di diverso da un paesino come quello, in termini di mezzi e strutture. E comunque, come gli ripeteva da sempre Carotina, mai fidarsi delle prime impressioni. Quando ci si trova per forza di cose ai margini, si impara presto a sopperire alle mancanze con l’impegno e la buona volontà.

E che fosse dannato se non era stata proprio lei a dimostrarglielo, e con i fatti.

Salì di slancio gli scalini ed entrò dalla porta di destra.

L’interno dell’ufficio era praticamente identico all’esterno, fatta eccezione per la mobilia. Appese al le pareti vi erano una sfilza di vecchie cornici contenenti gli sbiaditi ritratti fotografici degli illustri predecessori di Ricketts. Alle pareti laterali si trovavano degli scaffali di ferro contenenti schedari, cartellette e raccoglitori di vario tipo. In fondo, sulla destra, una piccola rampa di scale a chiocciola conduceva presumibilmente al famoso seminterrato.

Al centro c’era la scrivania dello sceriffo. Vuota, per ovvie ragioni. E subito a sinistra, posizionata quasi perpendicolarmente, vi era un’altra scrivania. Occupata.

Vi sedeva un’altra femmina di daino in uniforme beige d’ordinanza, ma di aspetto molto più giovane rispetto a Laureen. E non si trattava solamente dell’aspetto: anche le caratteristiche e i colori della pelliccia ne rivelavano e risaltavano l’evidente giovinezza.

Il suo manto era castano chiaro così come le orecchie, le cui punte erano nere. Una striscia più scura, tendente quasi al rossiccio, le partiva da sopra il minuscolo naso e proseguiva fin sulla nuca, dove il pelo formava un piccolo ciuffetto, e probabilmente lungo tutta la schiena. Dalla parte inferiore del muso invece, scendeva in direzione diametralmente opposta una striscia bianco latte, con una serie di pomelli uniformi dello stesso colore che la fiancheggiavano all’altezza del collo, su entrambi i lati.

Era a capo chino, intenta a digitare la tastiera di un computer che pareva vecchio come il cucco.

Non appena lo sentì entrare, alzò lo sguardo, rivelando due graziosi occhi dalle iridi color nocciola.

“Salve. Posso aiutarl...oh!”

Si zittì di colpo non appena lo vide. E la sua espressione mutò repentinamente, assumendo un’aria di gelida indifferenza. C’era qualcosa in quello sguardo che strideva, che contrastava totalmente con l’insieme dolce e gradevole costituito dal suo aspetto.

Di sicuro doveva già essere al corrente sia del suo arrivo che della sua specie di appartenenza. Eppure non faceva nulla per nascondere un manifesto ed evidente disappunto.

Si, pareva decisamente contrariata, all’idea.

E non sembrava dovuto al fatto che fosse una volpe. Sembrava piuttosto una sorta di consapevole ma al tempo stesso cocente delusione. Come quella che prova un’insegnante di scuola non appena apprende la notizia che le appiopperanno il ripetente pluribocciato ed indisciplinato che nessuno vuole. Lo sapeva benissimo che sarebbe toccato a lei, ma non poteva lo stesso fare a meno di sospirare pensando all’anno d’inferno che l’elemento in questione le avrebbe fatto passare.

Dopo qualche istante Nick decise di riprendere la parola, nel tentativo di rompere quella cortina di imbarazzato silenzio.

“Ehm...salve. Io mi chiamo...”

“Lo so benissimo chi é lei.” lo zittì bruscamente l’altra. “Lo sceriffo ha già provveduto a contattarmi e a fornirmi tutte le informazioni del caso. La sto aspettando già da più di un paio d’ore. Evidentemente non aveva fretta di arrivare qui, da quel che ho visto.”

E lei non doveva aver fretta di ritrovarselo davanti, a giudicare dalle parole. Il tono che aveva usato non era da meno dello sguardo: astioso e carico di risentimento.

“Non ci crederà, ma ho avuto subito un caso da risolvere. Fresco fresco di nomina. L’istante dopo che mi hanno eletto.” si giustificò Nick. “Non è pazzesco?”

Lei fece spallucce. Come a voler intendere che non ne sapeva nulla, né che le interessava saperlo, di qualunque cosa si trattasse.

“E comunque, io sono la vice – sceriffo.” aggiunse, un istante dopo. “Mi chiamo MAGDALENE THOMPSON.”

A quel nome Nick drizzò le orecchie e sgranò gli occhi, incredulo.

“...THOMPSON? Ho capito bene?”

“Ha capito benissimo.” tagliò corto lei. “E nel caso se lo stia chiedendo le risponderò subito, onde evitare equivoci. Si, sono LA FIGLIA di Laureen Thompson, presso cui lei é attualmente alloggiato.”

La figlia di Laureen. Questa si, che era un’autentica sorpresa. Mille domande iniziarono a formularsi e a ronzare senza sosta nel cervello di Nick, e avrebbe tanto voluto rivolgergliene qualcuna. Ma la prima conversazione da neo – colleghi non era certo iniziata nel migliore dei modi, e preferì soprassedere, per non fare la figura dell’impiccione. Era saggio non indispettirla ulteriormente.

“Come le dicevo, ero la vice – sceriffo di Ricketts. Pertanto, suppongo che il mio ruolo rimanga pressoché invariato, da questo punto di vista.” concluse Magdalene.

Detto questo, si rimise al lavoro sul pc senza più nemmeno degnarlo di uno sguardo.

Sembrava di stare in uno di quegli squallidi uffici di collocamento. E lei somigliava ad uno di quegli impiegati che accolgono di malavoglia allo sportello i disoccupati questuanti e supplicanti, e che ai loro MI AIUTI, LA PREGO, HO BISOGNO DI LAVORARE, rispondono con quell’atteggiamento di fastidio misto a disagio, rimanendo in silenzio e buttando lì a caso qualche frase di circostanza, quando in realtà vorrebbero urlare a squarciagola NON ME NE IMPORTA NIENTE DI TE, LA VUOI CAPIRE O NO? IO HO UN POSTO FISSO E UNO STIPENDIO TUTTI I MESI, PERCHE’ DEVO STARE QUI A SORBIRMI I PIAGNISTEI DI QUESTO MISERABILE FALLITO?

Non era proprio il genere di benvenuto che si aspettava. Dopo la breve e scarna chiacchierata l’atmosfera generale era da subito virata verso l’ostile, soprattutto a causa dell’atteggiamento della sua interlocutrice nonché futura collega, alquanto indisponente.

Nick rimase in piedi, immobile, come a riflettere sul da farsi.

Poi, non scorgendo alcun tipo di reazione in Magdalene alla sua presenza discreta e silenziosa, decise di riprovarci.

“...E adesso?” Chiese.

“Adesso cosa?” Chiese lei di rimando, senza nemmeno rialzare il muso.

“Beh, insomma...sono nuovo di qui e non so praticamente NULLA di questo posto. Pensavo mi potesse portare a fare un giro di perlustrazione, in modo da vedere com’é il paese e cominciare ad impratichirmi un po'...”

“Sono spiacente, ma come può vedere ho un mucchio di lavoro arretrato ed un sacco di pratiche da sbrigare. Se non ci ha fatto caso, siamo solamente in due qui dentro, lei compreso. Da quando lo sceriffo é finito all’ospedale, é rimasto praticamente tutto sulle mie spalle.” disse la vice, indicando i fascicoli sparsi alla rinfusa sul suo tavolo. “Non che prima fosse diverso, visto che Ricketts non si é mai degnato di riempire o compilare un solo modulo in vita sua. Quindi, almeno per il momento, é fuori discussione. Forse tra un paio di giorni, sempre che per allora abbia terminato.”

Nick, a quella risposta, stette a rimuginare per un altro paio di secondi.

“Mmh...le dispiace se mi assento per qualche minuto?” domandò.

“Faccia pure. Io non mi muovo di qui.” replicò Magdalene, con indifferenza.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Doveva uscire fuori di lì, assolutamente. Non avrebbe potuto rimanere un solo minuto di più.

Nick era indignato oltre ogni limite. Non poteva accettare simili discorsi, specialmente dopo aver visto una coniglietta di sua conoscenza arrivare quasi a rinunciare alla sua stessa vita pur di compiere il proprio dovere fino in fondo.

Era davvero fuori di sé. Se fosse davvero esistita la parità dei sessi, l’avrebbe presa a pugni.

Subito dopo si pentì di aver anche solo pensato un proposito così malsano.

Prenderla a pugni. Era forse impazzito?

La cosa migliore da fare era riprendere fiato, prima di tutto. Fece una serie di respiri profondi, cercando di calmarsi.

Si sentì meglio. E, d’un tratto, tutto gli si fece più chiaro.

Qui non vi era una vice sceriffo pigra ed indolente da dover riprendere e punire, ma piuttosto una persona con le idee tremendamente confuse riguardo ai propri compiti e doveri e ciò era dovuto, con tutta probabilità, alla negligenza del suo precedente superiore.

Magdalene Thompson non andava biasimata, ma RIEDUCATA. Al proprio ruolo e alla propria missione.

Del resto, ora era lui lo sceriffo, lì. E quello il suo ufficio.

Casa sua, regole sue, quindi.

 

La mettiamo così, mia cara? E allora benvenuta all’accademia di polizia WILDE.

Corso accelerato, prima lezione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Salve a tutti, rieccomi qua!!

Allora, ve l’aspettavate? Io no.

Si può dire che la VERA sorpresa non é stata scoprire a quale specie appartiene Magdalene, quanto CHI E’ VERAMENTE.

Scherzi a parte, la mia più grande scommessa era, oltre di rendere Nick protagonista principale, di affiancargli un nuovo personaggio femminile.

Che non fosse Judy, naturalmente.

Ok, siate clementi, che già vi vedo arrivare con le torce ed i forconi, da laggiù in fondo…

Come ho sempre detto, non ci resta che continuare a leggere.

Devo dire che l’inizio, tra i due, non é stato molto promettente. Ma neanche tra lui e Judy era tutto rose e fiori, almeno all’inizio.

Una cosa é certa: Nick non può riuscire a sbrogliare la matassa da solo. Ha bisogno di validi collaboratori. Ha bisogno di una squadra. E dovrà riuscire a vincere le diffidenze su di lui.

Colonna sonora: prima di tutto, un appunto sul precedente capitolo, visto che mi ero dimenticato.

Durante la scena del combattimento (a proposito: GRAZIE A TUTTI, DAVVERO. Ho lavorato sodo per renderla comprensibile ma soprattutto PERFETTAMENTE PLAUSIBILE, e sembra che ci sia riuscito.), provate le tre seguenti opzioni: TWO TRIBES dei Frankie Goes To Hollywood, SOME NIGHTS dei Fun, oppure SUCH A SHAME dei Talk Talk.

Riguardo a questo, invece, mentre Nick é immerso nei suoi pensieri al volante della sua macchina (spero che il pezzo sul letargo non risulti tedioso. E comunque, io proporrei il LETARGO ISTITUZIONALIZZATO, anche per noi umani: a volte sono talmente stanco che dormirei un mese filato!), provate ad ascoltarvi HIGH ON EMOTION di Chris De Burg.

Come sempre, ringrazio Plando, zamy88, salamander92, Sir Joseph Conrard, hera85, Nilson_D_Rayleigh_2001, nami92, la new entry gallade01 (guarda il tuo racconto su Tails che mi é piaciuto parecchio e l’ho recensito!), LittleCarrot e Freez shad per le recensioni.

E, come al solito, chiunque leggerà la mia storia e se la sentirà di lasciare un commento.

A tra non molto per la seconda parte!!

 

Grazie ancora a tutti e alla prossima!!

 

 

See ya!!

 

 

Roberto

 

 

 

   
 
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