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Autore: Frulli_    25/05/2017    3 recensioni
[...]Si girò appena verso destra, e capì che non erano soli: davanti a lei, una decina di passi più avanti, un'altra persona stava guardando quella stessa scena. Una ragazza, con lucenti capelli biondi, ed un abbigliamento che proveniva decisamente dal futuro. La ragazza si girò lentamente verso di lei, come ad aver percepito il suo sguardo, e lo ricambiò sorridendo. Aveva un'aria molto familiare, forse per via del fatto che aveva i suoi stessi occhi...
//Storia intrecciata tra i Quattro Fondatori ed alcuni personaggi del libro, circa 20 anni dopo la caduta di Voldemort.
Genere: Avventura, Romantico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Delphini Riddle, Teddy Lupin, Un po' tutti, Victorie Weasley | Coppie: Teddy/Victorie
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra, Dopo la II guerra magica/Pace
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CAPITOLO UNO

Regno di Scozia, 994 d.C.
Ogni volta che pensava al fatto che i Babbani non sapessero dell'esistenza di una scuola per maghi e streghe, le veniva da sorridere. In tempi così bui era una benedizione, diceva sempre Godric. Ma d'altronde quella scuola non era nata per fare uno sfregio ai Babbani. Era, tutt'altro, nata proprio per difenderli da ciò che loro non potevano comprendere, o peggio, combattere. Satana, Dio, o a volte anche solo un serpente un po' troppo cresciuto.
Immersa in quei pensieri sorvolò la zona del castello, terminando il suo giro d'ispezione intorno alla barriera magica protettiva, che rendeva invisibile il castello e la zona circostante a quei rari avventori che osavano spingersi fin lassù, nel Regno di Scozia. Selvaggia e arida, ma lussureggiante e sacra allo stesso tempo.
Poggiò dolcemente i piedi a terra, e con passo svelto si affrettò a salire la scalinata verso il portone principale del castello, dove l'aspettava Godric, con un cipiglio severo e invidioso. Il fatto che lei potesse volare senza mezzi di trasporto aveva sempre attirato la sua docile invidia, si sapeva, ma certo lei non faceva nulla per fermarlo.
«Sei in ritardo» annunciò severo Godric.
«Sai che non è vero, io non sono mai in ritardo» precisò Rowena, sistemandosi la veste blu.
«Dai, andiamo, signorina sapiente» ribatté Godric, prendendola sotto braccio. Lei e Godric erano amici da tempi immemori: il padre di lui era un mercante di oggetti magici, nonché il primo ad avventurarsi verso i clan sperduti della Scozia a vendere la sua mercanzia. La famiglia di Rowena prese subito in protezione e simpatia il padre di Godric, e così i due sono cresciuti insieme come fratello e sorella.
«Godric, Rowena! I ragazzi di Salazar!» annunciò Helga, correndo ansante verso di loro. La corporatura minuta e le gambe corte della Maga non l'aiutavano in quello scopo, ma Godric e Rowena le facilitarono il compito e la seguirono velocemente verso il cortile interno del castello.
Già prima di arrivare potevano sentire le grida di un gruppo di ragazzi di Salazar che cercavano di far reagire alcuni ragazzi di Godric.
«Basta, smettetela immediatamente!» esclamò furioso Godric, frapponendosi tra i due gruppi «se volete qualcuno con cui duellare, duellate con me» mormorò, sfidandoli apertamente.
«Godric, non c'è bisogno di aizzare dei ragazzini senza cervello» annunciò secca Rowena, fissando la scena.
«Rowena ha ragione, Godric...lascia stare i miei alunni» sibilò una voce dietro di loro. Salazar Slytherin si materializzò con un'aria serena e calma, quindi si avvicinò al Mago, fissandolo «Adesso te la prendi con dei bambini, Godric? Se vuoi qualcuno con cui prendertela, dovresti mirare a qualcuno alla tua altezza».
«Finitela, entrambi» ordinò Rowena, frapponendosi a sua volta tra i due potenti Maghi. Rowena Ravenclaw non dimostrava mai la sua potenza, ma entrambi lì sapevano di cosa fosse capace la Strega. Allentarono così le prese sulle bacchette, e la scozzese li fissò contrariata: «Siete più bambini dei vostri alunni. Quando smetterà questa storia? Quando sarete davvero amici, e non due stupidi galli che si battono?» fissò a tratti uno e l'altro, quindi se ne andò via da lì a grandi passi.

«Sei ancora arrabbiata?» la voce di Salazar la raggiunse lì sulla riva del Lago. Rowena smise di lanciare sassi sulla superficie, e si girò verso l'amico.
«Non dovrei?» chiese, osservandolo. Lo studiò bene, come faceva sempre. Aveva un aspetto che, pur non volendo, incuteva timore. Era molto alto per la media maschile, con un fisico snello, la muscolatura nervosa; pelle bianca, i tratti del viso quasi indefiniti, con labbra carnose raramente piegate in un sorriso. Capelli corti e neri, occhi di un azzurro glaciale. Varie cicatrici, di cui una che gli attraversava l'occhio sinistro.
Nessuno conosceva Salazar meglio di lei. Un legame profondo, magico e divino, li legava. Erano fratelli nell'anima. Vivevano entrambi con ricordi e segreti che solo gli altri Fondatori conoscevano, ma che nessuno sapeva darne il giusto peso. Entrambi erano potenti maghi, la cui magia a volte era incomprensibile anche a loro stessi. Entrambi vedevano oltre le apparenze: Salazar era un Legilimens, Rowena una Veggente.
«Questa tua idea degli alunni Purosangue è...ridicola, sai che non l'accetto. Gli alunni nobili tendono a farne un certo peso su quelli non purosangue. E questo non è giusto. Ecco poi che cosa si crea» osservò Rowena, pacata, con un braccio puntato idealmente verso la scena prima accaduta.
Salazar scrollò le spalle. «Non è ridicola, e tu lo sai. Se tu hai i tuoi poteri è solo perchè il tuo clan non si è mai mescolato con Mezzosangue o Babbani. E così anche per me, Godric ed Helga. Perchè dobbiamo avere alunni di seconda scelta, se possiamo avere il meglio?» chiese, fissandola.
«Non è vero che noi siamo ciò che siamo per il nostro sangue: questa scuola è la dimostrazione che la magia, senza disciplina, è come un rogo in una foresta. Brucia ogni cosa, senza controllo. La magia è disciplina e controllo, non deriva dal tuo sangue. Perchè devi vederla per forza così?» ribattè esausta Rowena.
«Anche il Maestro la pensava come me...» precisò serio Salazar, fissandola.
Rowena sbuffò: «Certo, ed il fatto che sia stato tu stesso a suggerire di non rivelargli l'esistenza di questa scuola, ne fa proprio un esempio ideale» sagace, si sedette su un tronco d'albero abbattuto.
Salazar fece lo stesso e lentamente le circondò le spalle con un braccio, tirandola a sé. Rowena lo lasciò fare, docile: il Mago non aveva fama di essere un brav'uomo, ma lei sapeva che era così. Aveva solo idee estreme, ma sperava sempre di poterlo convincere a cambiare le sue regole, un giorno. Rimasero a lungo in silenzio, a contemplare il lago davanti a loro. E ritrovare un equilibrio in quella loro stramba amicizia. Chissà cosa si dirà di loro Quattro, fra cento o duecento anni...
«Farò in modo che i miei alunni collaborino con tutti gli altri per il loro bene. Mh?» annunciò Salazar, sollevandole appena il mento con l'indice. Si sorrisero, in silenzio, e lei annuì appena.
Entrambi percepirono quel laccio, stretto intorno ai loro cuori, stringersi con forza, azzerare le distanze tra loro. Il tempo si fermò, rimasero immobili, a fissarsi. Salazar fece per avvicinarsi a lei, lentamente.
«Salazar, non sono sicura che...» mormorò Rowena, incerta.
«Rowena...smettila di pensare, per un secondo solo» la supplicò quasi lui, in un sussurro, andandole a prendere il viso tra le sue mani. Incerto si avvicinò e le sfiorò appena la bocca con la propria.
Quel contatto fisicò creò una reazione che Rowena conosceva bene. Il proprio corpo fu percorso da una scossa, la mente si offuscò. Istintivamente strinse le mani intorno ai polsi di Salazar che, seppur fosse davanti a lei, non vedeva più. Sapeva già che non avrebbe risposto a quel bacio, né alle parole di Salazar. Si sentì adagiare dolcemente a terra sulla sabbia, tutto in pochi secondi, di buio e oscurità, prima di tornare a vedere. Quella sensazione, quella sorta di sogno nitido, lo aveva sperimentato più e più volte, eppure questa volta era diverso: di solito vedeva cose future, ora invece stava vedendo esattamente se stessa e Salazar, stretti in un bacio pieno d'amore. Era uno strano effetto, vedere se stessi fuori dal proprio corpo, come se stesse guardando un ritratto. La visione era così nitida: riusciva a vedere ogni piega della propria tunica, o di quella di Salazar. Vedeva persino il sole brillava. Si girò appena verso destra, e capì che non erano soli: davanti a lei, una decina di passi più avanti, un'altra persona stava guardando quella stessa scena. Una ragazza, con lucenti capelli biondi, ed un abbigliamento che proveniva decisamente dal futuro. La ragazza si girò lentamente verso di lei, come ad aver percepito il suo sguardo, e lo ricambiò sorridendo. Aveva un'aria molto familiare, forse per via del fatto che aveva i suoi stessi occhi...


Londra, 2018 d.C
Aprì lentamente gli occhi, dopo che le poggiarono il cappello sulla testa. A malapena toccava terra con i piedi, le mani erano strette sul bordo dello sgabello traballante. Sentiva chiaramente l'odore di antico del cappello che aveva addosso, che poco si confaceva col profumo dolce che indossava quel giorno. Il cappello rimase in silenzio per svariati secondi.
Finalmente ci incontriamo, dunque!” disse alla fine, aprendo uno squarcio sul tessuto per poter parlare. Sollevò appena gli occhi in su, vedendo solo la tesa larga del cappello da mago medievale.
E' un vero piacere poterti conoscere, mo càraid” sussurrò il cappello nelle sue orecchie, quindi gridò: “Corvonero!”. Si alzò, mentre tutti applaudivano, e si girò istintivamente verso il tavolo dei Professori e del Preside. Seduta, lì, vide una donna con una tunica e lunghi capelli neri legati in una treccia. Aveva un cipiglio severo, ma un sorriso leggero e buono sulle labbra. Le fece l'occhiolino...e di colpo si svegliò.

«Vicky?» la voce impastata dal sonno di Ted le arrivò lentamente alle orecchie, mentre la scuoteva appena, con delicatezza. Al buio, si girò verso di lui, riconoscendone la sagoma. «Tutto bene? Sembravi agitata e ti sei svegliata di scatto» sussurrò lui.
Si mise lentamente a sedere sul letto, assonnata e confusa, mentre cercava di far mente locale su cosa aveva sognato. «Torna a dormire, sto bene» mormorò verso Ted, baciandolo. Il ragazzo non se lo fece ripetere due volte, e ubbidì.
Victoire recuperò a tentoni la bacchetta e scese lentamente le scale verso il piano di sotto, al buio, conoscendo a memoria ogni angolo e ogni inciampo di quella piccola casa. «Incendio» sussurrò, e dalla bacchetta si sprigionarono delle fiamme rosse che, indirizzate verso il camino, lo accesero. La cucina prese forma e dimensione alla luce del fuoco, e lentamente Victoire andò a prendersi dell'acqua, prima di sedersi davanti al camino e sospirare.
Cosa l'aveva davvero così agitata? Forse il fatto che non aveva mai sognato il suo Smistamento? O la donna del sogno, che sicuro non esisteva nella vita reale? A volte la mente può creare più magie della magia vera. Finì di bere l'acqua e si sistemò bene sulla poltrona, a fissare il fuoco davanti a sé. Sospirò, strofinandosi gli occhi. Aveva ancora addosso quella strana sensazione di familiarità, quando ricordava quella donna. Era sicura che fosse stato solo un sogno, ma era così lucido e...nitido, che persino quella modifica della sua mente sembrava reale. Del tutto reale.
I pensieri si mescolarono con il tepore del fuoco, e lentamente scivolò in dormiveglia. Un dormiveglia che fu interrotto violentemente da un grido gelido ed acuto che echeggiò nella strada principale, fuori dalla finestra. Balzò sulla poltrona, ed ancora confusa si alzò, recuperando la bacchetta. Sentì Ted scendere di corsa le scale, in pigiama, confuso ma sveglio e con la bacchetta in mano.
«Cos'è stato?» chiese con voce roca, prima di andare ad affacciarsi alla finestra. Non vide nulla, quindi aprì lentamente la porta. Victoire lo seguì, curiosa e spaventata allo stesso tempo. Uscirono lungo il vialetto, entrambi scalzi, con la brezza fresca di Maggio che li accarezzava. Una brezza che sembrò gelarsi, solidificarsi dentro i loro cuori, quando videro una sagoma nera fluttuare al centro della strada, a pochi metri da loro. Victoire rimase immobile, e così anche Ted. Pietrificati. Fissavano il Dissennatore davanti a loro, mentre si stagliava su una donna sdraiata a terra, indifesa. I lampioni della via si erano spenti, ma potevano distinguere perfettamente quel non-essere, fosse anche solo per il gelo terrore che emanava. Volevano fare qualcosa, ma sembrava che anche solo la sua presenza riuscisse a pietrificarli. A renderli tristi, innocui, senza felicità o speranza, senza forza di reagire. Victoire voleva stringere la mano di Ted vicino a lei, ma entrambi rimasero immobili con le bacchette in mano, come molti loro vicini di casa, incapaci di fare qualcosa. Erano anni che non si rivedeva un Dissennatore da quelle parti.
«Expecto Patronum!» gridò una voce femminile in fondo alla via. Il Dissennatore si girò di scatto verso la potente luce che illuminò il quartiere, ma non fece in tempo a deviare il colpo: con un grido simile ad uno stridio metallico, fu scagliato via da un Patronus a forma di lontra, che lo inseguì fino alla fine della via, facendolo sparire. Le luci dei lampioni tornarono a brillare, e tutti sembrarono svegliarsi da quel torpore di tristezza e disperazione interiore. Victoire riconobbe subito il Patronus.

Note: hello everybody! Lo so, il primo capitolo è un papiro eterno, quindi se siete arrivati fin qui, ben fatto! Prometto che i prossimi capitoli saranno più cortini (o finiamo a Natale). Spero che questa storia vi piaccia e vi intrighi, lasciate pure una recensione se volete! Sono ben accette critiche e consigli, purchè sensati e costruttivi. 
Thank you!

  
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