Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
Segui la storia  |       
Autore: Arydubhe    26/05/2017    0 recensioni
Schesta, una recluta del 100° corpo di addestramento, non sapeva che il suo peggior problema stava per trasformarsi nella sua più grande fortuna. Ma perchè stupirsi sapendo che da mezzo c'è lo zampino di Hanji Zoe? Quali altarini permetterà di scoprire l'incontro tra le due? Quali magnifiche storie la pazza studiosa saprà raccontare?
-----------Dal testo:
Vista da vicino, la pelle di quella ragazza metteva davvero i brividi. Liberando la presa, aiutandola a mettersi seduta, Hanji la squadrò con occhio clinico.
«Come ti chiami?»
Per tutta risposta, la ragazzina abbassò gli occhi, mordendosi le labbra.
Con un sospiro, Hanji le si fece ancora più vicina.
«Ascolta, lascia che ti aiuti. Come ti ho detto, non dovrei essere nemmeno qui, io. Quando sarò uscita da quella porta, potremo tranquillamente fingere che tu non abbia detto niente a nessuno. Ma adesso fatti vedere: per tua fortuna sono la cosa più simile a un medico che potresti desiderare in questo momento…e decisamente ne hai bisogno…»
Genere: Drammatico, Guerra, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Hanji Zoe, Levi Ackerman, Nuovo personaggio, Rico Brzenska
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Ferite
 
Schesta allungò l’orecchio per ascoltare i passi delle compagne che si allontanavano, nonostante lo sciabordare dell’acqua.
Quando fu sicura che tutte se ne fossero andate e che fossero ormai già abbastanza distanti da non poterla udire, si lasciò andare a quelle lacrime liberatorie che da metà del pomeriggio aveva trattenuto.
«Cazzo! Fa malissimo!»
La ragazza gettò l’ennesima occhiata ai propri fianchi. Enormi lividi la fasciavano completamente nella zona delle anche. Grossi e viola, pulsavano per via dei capillari e dei vasi rotti. Attorno, macchie blu e gialle di ematomi già in via di guarigione e una ragnatela fitta fitta di sottili lineette rosse che andava a perdersi nel candore della pelle.
Anche senza il bisogno di vedere, Schesta sapeva che la situazione sulla schiena era ancora più grave. Il dolore si estendeva per tutta la zona lombare, acutissimo a livello della spina dorsale, che bruciava come fuoco tanto era ammaccata. Aveva visto sangue colare sul pavimento della doccia e un intensissimo dolore le aveva mozzato il fiato quando aveva cominciato a lavarsi la ferita con l’acqua. Aveva ringraziato Iddio che la porta della doccia non lasicasse intravedere i piedi di chi era dentro. Non dovevano esserci solo contusioni e abrasioni in quel punto, ma anche veri e propri tagli e lacerazioni. Se ne era accorta spogliandosi, quando aveva visto la camicia e i pantaloni intrisi di sangue. Per questo non aveva riposto gli indumenti nella apposita cesta fuori dalla doccia, ma li aveva portati nel cubicolo con sé.
La situazione non era troppo migliore all’altezza del torso. Vistosi segni di pressione e sfregamento erano come impressi nelle carni attorno le spalle; vere e proprie piaghe giravano attorno al seno dove premevano le cinghie del 3DMG e segni, ora solo arrossati, ora quasi scavati nella pelle disegnavano triangoli netti lungo i fianchi e le cosce.
L’imbracatura e l’attrezzatura combattimento la stavano distruggendo, letteralmente.
Controllando che non ci fosse davvero più nessuno, Schesta scivolò fuori dalla doccia per dirigersi verso lo specchio in fondo alla stanza, dai lavabi. I muscoli le dolevano anche solo a muovere qualche passo, le croste ammorbidite dall'acqua o già in via di formazione a contatto con l’aria si scheggiavano e rompevano cominciando a sanguinare.
«Cavolo…»
Visti nella loro interezza quei lividi facevano davvero paura.
Come diamine avrebbe fatto a rivestirsi?
L’asciugamano in cui si era avvolta per non essere proprio del tutto nuda mentre usciva dalla doccia  e si aggirava nell'edificio sembrava raschiarle via la pelle. Non c’era verso che avrebbe potuto indossare un paio di pantaloni per quella sera, era proprio fuori discussione.
Si piazzò davanti all'enorme specchio del bagno,un lusso per quella struttura minimalista quasi alla fatiscenza. Dio se era conciata male...
Con un sospiro dolorante si costrinse a gettare un’occhiata alla schiena.
«Merda…»
In alto, tra le scapole, il bruciore era dovuto a un profondo livido a forma di “x” che si faceva particolarmente inciso vicino all’osso, una spelatura tutta ammaccata e lucida contro le vertebre. Ma in basso, dove provava il dolore più acuto, quello più d’ogni cosa la stava massacrando da due ore oramai, portandola alle lacrime - che solo il cielo sapeva come era riuscita, bene o male, a mascherare-, l’arcobaleno di pelle tumefatta e muscoli pesti era improvvisamente interrotto da due profondi tagli da cui il sangue usciva lento, ma sufficientemente abbondante da aver già macchiato vistosamente anche l’asciugamano.
Schesta impallidì nel vederli, un brivido le corse lungo la schiena.
Fischia, quei cosi non erano mai stati così profondi. Andavano disinfettati e alla svelta.
Andò a prendere di corsa la cassettina medica in un angolo del capanno. Una mano per raggiungere i punti più difficili le sarebbe servita, ma si sarebbe fatta ammazzare prima di andare in infermeria o rivelare a chiunque in quale stato versava il suo corpo.
Era una vergogna.
In genere dopo qualche settimana di addestramento i lividi dovuti ai primi utilizzi del 3DMG cicatrizzavano e smettevano di far male una volta per sempre - salvo qualche mossa particolarmente acrobatica che poteva causare nuove ferite. Era la ragione per cui sin dai primi tempi le reclute venivano fornite di un dispositivo prima ancora di esserne perfettamente istruiti sul funzionamento: abituare il corpo ad esso, al suo peso e al suo ingombro, capire quali sarebbero stati i punti di pressione maggiori e abituarli allo sfregamento, facendo venire calli, inspessendo e indurendo la pelle, adattandola al cuoio e viceversa, comprendendo dove e come muovendosi il 3DMG si sarebbe spostato, avrebbe urtato e fatto pressione. C’era una ragione se i dispositivi erano personali, e non era solo una questione di sicurezza, di registrazione nominativa del possessore: anche l’adattamento all’attrezzo giocava la sua parte nell’essere un soldato, una parte che in combattimento poteva rivelarsi determinante. Il 3DMG lasciava segni indelebili su un corpo, marchiando letteralmente l'identità di soldato sul corpo delle reclute. Fino alla morte.
Dopo tre mesi, tuttavia, il suo corpo non sembrava volerne sapere di collaborare. Subiva ferite e lacerazioni ogni volta che indossava il marchingegno; e in tutto quel tempo il dolore dell’utilizzo tipico dei primi tempi non era mai diminuito, aveva finito anzi per aumentare ogni volta che le ammaccature si accumulavano ad altre ammaccature, piaghe e ferite continuavano ad aprirsi, nell’attesa che finalmente, invece, guarissero e lasciassero il posto alle tanto agognate cicatrici e calli.
Invece no. Quel giorno non arrivava mai e Schesta alla fine si era ritrovata costretta a fare il callo, piuttosto, al dolore lancinante che a ogni movimento rischiava di mozzarle il fiato.
Il suo corpo era martoriato, ma si sforzava di non darlo a vedere, mai, a nessuno.
Perché tra le reclute era l’unica ridotta così, ancora, dopo tutti quei giorni. I più ci avevano messo qualche settimana ad abituarsi, ma in genere entro il primo mese anche i più lenti ce l’avevano fatta. Non lei. L’unica recluta sfigata che non riusciva proprio dopo tutto quel tempo ad adattarsi al 3DMG era solo e ed esclusivamente lei.
Perciò non se l’era sentita di parlarne con nessuno. Nemmeno alla sua amica Leela. Non voleva deluderla, non voleva sembrarle meno all’altezza del ruolo di soldato. Conoscendola, sarebbe inorridita alla vista di quelle ferite e avrebbe insistito affinché ne parlasse con qualcuno. Cosa che assolutamente si rifiutava di fare. Non si era mai sentito di una recluta così delicata e non voleva passare alla storia come lo zimbello del suo anno, il 100° Corpo di Addestramento, e della sua intera categoria, quella delle matricole. Non avrebbe esposto il suo caso al pubblico ludibrio. Se la storia si fosse diffusa, sarebbero piovute le battute di scherno, le prese in giro; peggio, se si fosse saputo ai piani alti avrebbe rischiato il congedo per mancata idoneità- e il solo pensiero bastava a confermarla nel suo proposito di tacere.
Essere sbattuti a casa per provata inadeguatezza al ruolo di soldato non era cosa così frequente, vista la penuria di personale in quei tempi così duri; ma accadeva, specie nei primi tempi, e certo non faceva onore. Soprattutto in genere avveniva per ragioni più sostanziali di qualche piaghetta lunga a guarire. Il suo caso…avrebbe rasentato il ridicolo.
Si era detta perciò che le sarebbe bastato semplicemente aspettare. Stringere i denti -forte- e portare pazienza. Ringraziava solo di avere una soglia del dolore davvero molto alta.
E fino a quel giorno se l’era cavata egregiamente. Aveva imparato alla svelta quali mosse non fare per rendere il dolore almeno tollerabile, tirae avanti con una specie di costante sofferenza di fondo che poteva quasi ignorare.
Poi però quel pomeriggio ad un tratto aveva sbagliato mossa. Aveva eseguito un giro della morte in aria troppo velocemente e con poca coordinazione: l’inerzia non era bastata a far rimanere la cintura ben aderente al corpo e i montanti di ferro del portalame avevano sballottato sulle sue anche, il peso del 3DMG non era stato più controbilanciato dai fermi e l'oggetto, in balia della gravità, aveva finito per cozzare contro la sua schiena con la forza centripeta frammista all’accelerazione dovuta alla rotazione, causando quelle profonde ferite sulla parte bassa della schiena. Neanche il gonnellino di pelle era servito ad attutire il colpo, al massimo le era stato utile dopo per nascondere la pozza di sangue che si stava allargando in quel punto.
Si era morsa la lingua per non urlare e aveva fatto del suo meglio per atterrare alla svelta, ringraziando Iddio di aver commesso quell’errore perlomeno ad allenamento quasi terminato.
Aveva inventato una scusa credibile per giustificare l’interruzione momentanea dell’esercitazione e senza farsi vedere aveva controllato un secondo l’entità del danno infilandosi una mano dietro alla schiena.
Temendo che qualcuno potesse notare il sangue che stava macchiano la camicia aveva tirato un po’ su il gonnellino sperando di coprire il danno agli occhi degli altri. Aveva ripreso l’allenamento con maggiore cautela ma la botta era stata micidiale. Le tremavano le gambe dal dolore e ogni neurone del suo cervello era impegnato a impedirle di piangere. 
Così era tenuta un po’ in disparte dagli altri per evitare di mostrare questi sintomi, l’incapacità di parlare divenuta quasi totale visto che per non urlare aveva preso a mordersi pure guance e labbra. Sapeva che facendo così il suo atteggiamento diveniva sospetto, ma preferiva farsi insultare da qualche coetaneo per l’atteggiamento scorbutico ed eventualmente dall’addestratore per il suo improvviso rimbambimento piuttosto che far scoprire a chiunque in quale stato versasse il suo fisico. Da quel momento, però, aveva fatto veramente schifo a eseguire gli esercizi dell’addestramento, anche se non gliene era importato nulla: finchè poteva cavarsela con gli insulti e le sgridate di Shadis senza essere intrattenuta oltre, andava tutto bene.
E per evitare l'eventualità di un richiamo, al "rompete le righe" si era dileguata in un battibaleno. 
Quando aveva finalmente potuto spogliarsi in pratica si era dovuta scollare di dosso la camicia che aveva cominciato a fare da tappo alla ferita, sradicando dalla schiena un grumo di sangue rappreso. Quando quella cosa si fosse decisa a cicatrizzare avrebbe di sicuro lasciato un segno vistoso.
«Sembrerà che mi abbiano frustato a sangue…» aveva pensato.
Ma a fronte del bruciore che stava provando adesso, mentre si disinfettava, Shesta non aveva mai desiderato così tanto avere delle cicatrici. Chiuse. Indolori. Solo inestetiche.

---------------------------Author's corner---------------------------------------
Buona sera lettori!
Eccoci qui col nuovo capitolo! Cominciamo a scoprire che cosa è successo a Schesta...e non è roba bella.
Mi sono impegnata a cercare di rappresentare la sofferenza fisica della ragazza...spero di esserci abbastanza riuscita. 
Ora, questo capitolo nasce da alcune osservazioni che mi sono sorte naturali guardando le cinghie del 3DMG. Non solo il Sistema non deve esser leggero, ma il tutto deve essere oltremodo scomodo e legato strettamente al corpo. Qualche livido è quantomeno prevedibile, d'obbligo. Mi piaceva l'idea del fatto che il 3DMG sia destinato a lasciare dei segni indelebili sui corpi di tutti i soldati...segni che si porteranno dietro per tutta la vita...Una suggestione sulla quale mi pareva valesse la pena riflettere e porre qualche what if.
Da qui il caso di Schesta, che risulta un po' particolare...perchè lo scopriremo. 
Comunque questa è la riflessione che vorrei cominciare a suggerire anche a voi con questo capitolo.
Spero che non vi sia passata del tutto la voglia di andare avanti X°D Nel prossimo compariranno invece personaggi a noi ben noti - che faranno cose un po' più sostanzione di quel po' che ui ho fatto fare a Shadis. Che dire...alla prossima :D
 
  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti / Vai alla pagina dell'autore: Arydubhe