Diciottesimo capitolo –
Tradimenti
23 Marzo 2002
“Devo passare da
Rosalie, oggi.”
“Rosalie? Rosalie Hale?” Domandò Leah,
seduta a gambe incrociate sul letto di Bella.
Le bambine erano uscite
con Edward, troppo preoccupato per la salute della sua… ragazza.
Non voglio che ti stanchi.
Emma e Mia richiedono troppo tempo.
Cercherò di occuparmi di loro il più possibile.
Sono incinta Edward, mica malata! Era stata la risposta che si era beccato due giorni prima,
dopo l’ennesima raccomandazione.
Cosa
sarebbe successo,
al nono mese? L’avrebbe rinchiusa dentro la camera a chiave?
Probabile, conoscendo
Edward Cullen.
“Già. Proprio Rosalie Hale.”
“Perché?”
“Devo consegnarle
dei documenti. Mi ero portata il lavoro a casa, ma ora devo riportarglieli.”
“Non puoi farglieli
avere in un altro modo?” Bella sbuffò, guardando la sua amica.
“Leah, io non ho nessun problema con Rosalie Hale. Adoro il mio lavoro, ma con lei non era… adatto, ecco tutto. Voglio lasciarmela alle spalle come una bella
esperienza.” Spiegò.
Ed era vero: non si era
trovata poi così male con Rosalie. Certo, i suoi orari a volte erano
massacranti, ma faceva pur sempre il lavoro che amava.
“Ed
ora? Ti godrai la maternità?” Sorrise
l’amica, indicando quel piccolo bozzo che inizia a pronunciarsi sul suo
addome.
“No. Non
esiste.”
“Bella!” La
sgridò Leah. “E’ una cosa buona, questa. Saranno dei
momenti bellissimi.”
“Gioia, non esiste.
Non starò con le mani in mano per nove mesi.”
“Quindi?”
“Voglio…”
Ci pensò, prima di continuare. “Non devi dire niente
a nessuno. Soprattutto a Jake.
Leah mise la mano sul cuore. “Giurin giurello.”
“Sto
cercando di mettermi improprio. Ho contattato artisti freelance,
voglio aprirmi un sito internet. Stavolta, devo iniziare da sola. Anzi, voglio iniziare da sola. Laurent ha detto che mi darà una mano con il sito.” Spiegò in fretta e furia.
L’amica non disse
una parola, ma l’unica cosa che fece fu alzarsi dal letto, per andare ad
abbracciarla. Quando si staccò, Leah aveva le lacrime agli occhi.
“Sono così
contenta!” Batté entrambe le mani, come una bambina. “Te lo meriti, tesoro. Perché non vuoi
parlarne con Edward?”
“Non voglio
nasconderlo.” Ed era la verità. “Sto solo cercando di capire
cosa fare, per ora. Quando sarò sicura al cento per cento, gliene
parlerò. Per ora, è una cosa campata in aria, sai.”
“Edward
approverà di sicuro.”
“Ultimamente Edward
approva ogni cosa che faccio.”
“Certo. Una donna
in maternità è un film horror a tempo determinato per nove mesi.”
“Hey!” Bella le diede una piccola botta sulla spalla. “Non
mi chiamo Leah Black!”
“E non porti in
grembo due gemelli!” Bella sorrise, accarezzandosi dolcemente la pancia.
Le bambine aveva preso la notizia nel migliore dei modi: la loro
felicità aveva invaso casa Cullen per giorni.
Emma aveva preso il telefono di suo zio, aveva chiamato i nonni ed aveva annunciato il lieto evento a tutti.
Inutile dire che la loro
gioia contagiò anche Carlisle ed Esme, che il giorno dopo avevano portato tutti a pranzo
fuori.
“Un figlio con
Edward Cullen.” La rimbeccò Leah, per l’ennesima volta da quando l’aveva
saputo.
“Lo so. Non ripeterlo.”
“Chi
l’avrebbe mai detto?”
Bella sorrise dolcemente,
alzando gli occhi al cielo.
Alice Cullen.
Lei, aveva predetto tutto.
“Sicura che non
vuoi che ti accompagni?”
“Edward! Lasciala in pace!”
“Grazie a Dio
c’è James!” Borbottò Bella, schioccando
un’occhiata d’intesa al loro amico.
“Devo soltanto
andare al MoMa. Sono le
diciotto, tra mezz’ora sarò a casa.”
“Vuoi prendere la
mia macchina?”
“Edward!”
Strillò Bella, avvicinandosi lentamente a lui. “Non ho bisogno
della tua macchina, perché ho la mia.”
“Quella
dannata macchina che ti ha regalato Jake. Usata.” Precisò.
“Una fantastica
utilitaria.”
“Prendi la
mia.”
“La tua Volvo? Alla
faccia delle lamentele che mi facevi, quando la prendevo.”
“I vantaggi
dell’essere incinta!” Disse James, continuano a bere il suo
whiskey.
Laurent invece era stato sottratto dalle
bambine, che l’avevano portato al piano superiore. Perché con zio Laurent è tutto
più divertente.
“A saperlo, ci
sarei rimasta prima.”
“Sì?”
Gli occhi maliziosi di Edward la squadrarono, accompagnati dal suo sorriso.
“Mh mh.”
“Hey, hey! Ci
sono anch’io qui!”
“C’è
tuo marito di sopra.” Riuscì a sussurrare appena Bella, mentre fu
travolta dalle labbra di Edward.
Quando si staccò,
trovò un peso in più nella tasca del suo giacchetto.
“Prendi la mia
macchina, piccola.” Disse appena, tornando ai fornelli.
Dannato, dannato Edward.
“Questo è
tutto.” Bella lasciò i documenti sulla scrivania di Rosalie, ben
impilati.
“Fantastico,
Isabella.”
“Quindi…
grazie?” Non sapeva cosa dire.
Il loro rapporto era finito, e sapeva benissimo che non avrebbe mai più
rivisto Rosalie Hale.
Lei alzò gli
occhi, - finalmente -, scrutandola.
“Grazie a te,
Isabella.” Disse soltanto, per poi riabbassare lo sguardo.
“Nell’astuccio
ho lasciato anche le chiavi. Credo… sia tutto. Ciao, Rosalie.” Lei non
rispose, e Bella nemmeno aspettò: a passo spedito si diresse verso
l’uscita.
E proprio mentre usciva,
si scontrò con Tanya Denali. Si scambiarono un semplice cenno del capo, senza proferire
parola.
Arrivata alla Volvo,
Bella cercò le chiavi.
Mi ammazza.
Se non le trovo, Edward mi ammazza.
Si grattò la
testa, sbuffando sonoramente.
Nell’astuccio che
aveva lasciato a Rosalie con le chiavi della galleria, c’erano anche
quella della Volvo.
Stupida.
Rientrò a passi
rapidi, cercando di metterci il minor tempo possibile.
Però, trovò la porta
dell’Ufficio di Rosalie – che
prima era totalmente aperta -, socchiusa.
“Quindi
ha lasciato?” Era Tanya.
“Sì. Da un
po’.”
“Credi sia per la
storia di Renée?”
“Non penso sia solo
per quello.”
“Cioè?”
Domandò Tanya, e la sua voce sembrava davvero
incuriosita.
“Sai, dopo quello che è successo l’undici
Settembre.”
“Ah.” Bella
da fuori sentì la risposta secca e decisa della sua rivale per
eccellenza.
“Ancora vive con
Edward?” Chiese poi.
“Sì. Credo di sì.”
“Ho visto la sua
Volvo, qui fuori.”
“La Volvo dai
sedili comodi?” Bella riuscì a percepire il tono malizioso nella
voce di Rosalie. E la seguente risata di Tanya.
“Già. Ma era
più comodo il letto del Ritz a Londra.”
“Cosa?” La
voce di Rosalie, stavolta, era sbalordita.
“Mh Mh.”
“Edward
Cullen? Quando? Come? Perché?” Le
domande erano uscite dalla bocca di Rosalie a raffica.
“Due settimane fa.
Era a Londra per la società. Ed io ero lì per una sfilata. Una cosa tira l’altra…”
“Oh, cazzo!” Dopo
l’esclamazione di Rosalie scoppiarono entrambe a ridere sguaiatamente.
Inconsapevoli che fuori da
quella stanza, nascosta dietro la porta accostata, c’era una semplice donna
che si teneva una mano premuta fortemente sulla bocca, cercando di attenuare i
singhiozzi che non riuscivano a fermarsi.