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Autore: IwonLyme    28/05/2017    1 recensioni
‘Il Principe’ è un racconto sulla libertà, sul significato che essa ha soprattutto per il giovane Nivek, protagonista e narratore, che verrà messo a confronto fin da subito con la bellezza di essa, la sua importanza e, almeno per lui, il suo difficile raggiungimento. Non è facile essere liberi e Nivek desidera talmente tanto esserlo che romperà ogni regola per raggiungere questo scopo.
Tuttavia ciò che inizia come un gesto ribelle e di rivalsa gli costerà proprio ciò che da principio inseguiva e si troverà catapultato in una realtà ed in un mondo molto più duro e severo di quanto non fosse suo nonno ed il villaggio in cui viveva da emarginato. Una guerra contro un re malvagio ed un padrone pronto a legarlo per sempre a se stesso saranno le cause delle sue vicissitudini che lo porteranno a riflettere sulla propria vita, sul vero scopo di essa e sulla sua nuova condizione: essere un Drago Domato.
“[…] tutto sta nel comprendere che qualcosa non ci è davvero tolto se noi non lo lasciamo andare via.”
Genere: Avventura, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ora che i primi Draghi Liberi sono arrivati, cosa succederà? Nivek è stato in grado di convincere anche gli altri? 
 
La Voce del Re - Parte XI

Quando mi svegliai il giorno dopo, sebbene il mio desiderio di scoprire cosa avesse in mente Nowell era forte, altri sentimenti contagiavano il mio cuore ed esso, così come è prevedibile, venne disciolto dal timore per il futuro. Infatti, sebbene fossi a conoscenza che qualcosa si stava predisponendo alle mie spalle, ben sapevo che nulla sarebbe potuto avvenire se prima non avessimo vinto la grande battaglia che così a viso aperto si schierava avanti a noi.
I preparativi si velocizzarono. L'arrivo del primo gruppo di Draghi Liberi aveva sollevato l'animo dei Ribelli ed essi procedevano più velocemente di quanto non facessero prima. Fu così che io e gli altri Draghi, lasciando i Domatori a discutere delle faccende più importanti, decidemmo di aiutare coloro che preparavano le armi ed i carri che sarebbero serviti per il trasporto del cibo. Shiloh si oppose, non desiderava mi sporcassi le mani, tuttavia non avrei ascoltato ragioni, prima partivamo prima avremmo scoperto il nostro destino.
Il sole era caldo e violento mentre mettevamo insieme le assi ed i chiodi. Jethro sembrava abituato ai lavori pesanti e quasi non ne sentiva alcuna costrizione, lo stesso non si può dire per Elmer che invece sembrava lamentarsi più che lavorare. Io, d'altro canto, non avevo troppe occasioni per stancarmi veramente. I Draghi che seguivano i Ribelli cercavano di aiutarmi il più possibile ed io non facevo mai un lavoro completamente solo. Mi sentivo al contempo lusingato e seccato. La sera però rientravo nella casa di Ormond stanco e con il passare dei giorni la loro apprensione diminuì sempre di più.
La notte raramente parlavo con il mio padrone e sempre più mi sembrò di sentire il suo animo allontanarsi dal mio. Ero come un bambino messo all'angolo ed il freddo cominciò ad assalirmi dalla punta dei piedi fino al viso e, sebbene lui sapesse tutto questo, ignorò ogni mia sofferenza.
Una settimana passò senza che io fossi veramente necessario all'impresa ed ancora la calma e lo sconforto sembrarono calare su coloro che ci seguivano. Questo avvenne soprattutto dopo che Shane e suo padre si allontanarono per preparare le Terre dei Vulcani. La fiducia verso coloro che erano liberi da legami diminuì ancora e le mie parole non riuscirono a mantenere saldi i cuori.
Un'altra settimana trascorse ed il sole ormai batteva con forza ed il tempo giungeva veloce così come non aveva mai fatto. I giorni sembravano ore e le ore singoli minuti, era come una corsa contro il tempo e la sera si dormivano sonni veloci ed inquieti. L'attesa sarebbe diventata snervante se un'altra buona notizia non sarebbe giunta.
Il mattino sorse sul sedicesimo giorno di attesa e subito furono ripresi i lavori ed anche io, insieme a Jethro ed a suo fratello, cominciai ad occuparmi del carico di un carro finito. Cominciammo a riempirlo di armi pesanti e le trasportavamo dalle fucine fino ad esso per poi sistemarle con ordine. Dovendo viaggiare per terra e non per aria il trasporto sarebbe stato più difficoltoso. Vivace sentii la gialla risata di Jethro e mi voltai a guardarlo. – Hai visto? – Disse mentre ancora rideva del fratello con in testa un elmo da Domatore. Sorrisi contagiato da quella felicità. – Davvero ridicolo … – Disse mentre rideva ed io, ripensando al nostro lavoro, sollevai con più forza gli scudi sulla schiena. Lo sentii mentre si avvicinava con le armi che sbatacchiavano tra loro.
– Nivek … – Sussurrò e lo guardai. – … lo sconforto coglie anche il Re? – Domandò e sorrisi mentre del sudore mi colava dalla fronte.
– No, pensavo solo al lavoro che ancora manca. – Il suo viso si tranquillizzò e silenziosi entrambi procedemmo avanti verso il carro dove avremmo potuto posare le armi.
Sollevai il viso verso il cielo quando le mie spalle furono libere dal peso ed il mio spirito si alleggerì come se lo fosse, un pezzo di nube che volava e veniva sospinto dal vento. I raggi brillavano e colpivano forti gli occhi. Sollevai una mano per coprirli e qualcosa baluginò nel cielo come una stella che si sveglia solo di mattina. Ed allora restai fermo ad osservarla tanto che coloro che erano con me si fermarono a loro volta.
La luce brillò ancora intensamente e guardai come i miei occhi mi consentivano e vidi che era un grande uccello scuro. Mi domandai se venisse dalla foresta o se, solo, vagava per il mondo. Poi mi sembrò di udire il suo acuto verso ed allora alcuni Draghi si voltarono verso il cielo. Tutti cominciarono a vederlo e solo pochi sembravano comprendere cosa fosse.
Fu così che l'animale voltò su se stesso e planando verso terra scomparve dalla nostra vista e si posò oltre il mio sguardo. Sarei tornato a lavoro se a quel bizzarro fatto non ne fosse seguito uno ancora più bizzarro. Come un manto la terra cominciò a vibrare e, prima debolmente poi sempre più forte, il campo sembrò oscillare e da lontano, da oltre l'orizzonte, emersero imponenti massi che correvano giù per il prato. E con frastuono e maestosità giunsero i Draghi di Terra, coloro che non avevo potuto convincere con mie parole.
Gli occhi vigili di Jethro si volsero verso di me. Sembrava chiedermi cosa desiderassi fare, tuttavia non c'era tempo per pensare a qualcosa, loro giungevano ed io dovevo dargli il benvenuto. Gli feci cenno di andare e lasciare libera la piazza, cosa che, senza discutere, fecero sia Jethro che suo fratello. Poi voltandomi alle mie spalle vidi i Draghi accorsi e tra loro mio nonno, Faron, Ormond con Rastus, Wardell ed Ishmael e poi, accanto a loro, Nowell. Osservandoli mi preparai a parlare per la prima volta con coloro ai quali non avevo che inviato un debole messaggero. Pensai però che se erano giunti infine credevano a ciò che la mia voce aveva detto loro da lontano.
Scivolavano così quattro grossi Draghi giù per il pendio oltre le tende e solo i miei occhi potevano vederli con tanta precisione. Il primo che attirò la mia attenzione era imponente, più grande di tutti gli altri, la sua pelle sembrava corteccia ruvida e scura, le ali foglie verdi e luminose piene di rugiada scintillante. Il suo sguardo era severo e dolce tanto che ci misi un po' a distogliere da lui lo sguardo. Il secondo era sottile, piatto come un sasso ovale e di un colore simile alla sabbia, aveva una lunga lingua e squame grosse. I due uguali, invece, erano grossi come massi, dalla pelle di roccia e dagli occhi castani luminosi, come pietre preziose incastonate nelle profondità del terreno. Le lunghe zampe erano forti e muscolose, le loro ali non sembravano poter sostenere tutto quel peso, però, così appresi poi, i Draghi di Terra raramente si alzano in volo e corrono veloci per ogni luogo. Il grosso uccello sorvolava la testa del più grande di essi. Lento planò e si avvicinò alla spalla del suo padrone che, dopo avergli soffiato sulle piume, lo fece volare via ed i miei occhi videro il grande corvo sparire nell'azzurro del cielo. Probabilmente, pensai, tornava dai Draghi a dare notizie. Così giunsero ai margini dove presero forma umana ma lì li persi di vista poiché si mischiavano agli altri Domatori e Draghi, ciò fino a quando, facendosi strada tra coloro che erano accorsi per vederli, non giunsero nella piazza dove mi trovavo.
In quel luogo li ammirai per la prima volta con le loro sembianze meno spaventose ed uno era Ripradus. Egli stava vicino ad un uomo più anziano che, così pensai, doveva essere suo padre, e dunque loro erano i due Draghi dall'aspetto simile. Dietro di loro c'era un uomo alto e flessuoso dai lunghi capelli scuri e dalle mani gentili il quale portava vestiti del colore delle foglie e dolce era il suo viso. Poi vi era l'ultimo, basso e dai capelli castano chiari con un sorriso dipinto sul viso e le labbra scure e sottili. I suoi occhi marroni erano acidi, quasi dorati, come veleno.
Si avvicinarono a me che, avendo interrotto il mio lavoro, mi trovavo vestito di poche cose e con il viso e le mani sporche di terra. Tuttavia non avevo dubbi che mi avrebbero riconosciuto come tale, i miei occhi parlavano prima di me e poi la mia voce sarebbe giunta. Strinsi le mani tra loro e attesi che fossero vicini. – Egli dunque è l'uomo di cui mi hai parlato, figliolo? – Tuonò la voce di colui che stava accanto a Ripradus. – Egli dovrebbe essere un Re? Il suo aspetto non sembra dirlo. – Obiettò subito stroncando il mio buonumore, per poi avvicinarsi e porsi davanti a me in aria di sfida. Compresi che non avrei avuto vita facile.
– Non credo che l'aspetto sia fondamentale per giudicare una persona, Signore delle Regioni di Terra, ma sono certo che il mio viso ed ogni cosa fisica di me siano sufficientemente adatti al ruolo che ricopro. – Risposi sorridendogli.
– L'audacia non ti manca. – Commentò lui sprezzante e sentii un fermento levarsi tra coloro che assistevano al nostro incontro.
– Di certo lei non desidera far presentare per primo un Re così come suo figlio invece ha fatto, o sbaglio? – Aggiunsi e fermo attesi la sua risposta.
– Mio figlio ha agito così come si conviene ad un Drago nobile quanto noi. – Disse ed allora cominciai ad indispettirmi. Se erano giunti da me dovevano aver accettato ciò che io chiedevo, allora perché rivolgersi a me in quel modo? Cercavano forse di farmi infuriare?
– Allora rimarrò senza il suo nome. – Conclusi e guardai mio nonno. Lui veloce si avvicinò e così gli chiesi di portare loro dell'acqua. Perplesso obbedì. Allora giunsero alcuni Draghi di Terra che servizievoli porsero da bere ai viaggiatori.
– Non è mia abitudine accettare acqua dai Domatori e nemmeno dai Mezzi Draghi. – Disse sprezzante l'uomo. Ed io allora sollevai il capo poiché la rabbia cominciava a fluire nelle mie vene densa come miele.
– Ed allora cosa siete venuti a cercare in questo luogo? Se non acqua, riposo o amicizia, cosa? – Domandai. – Non è mia abitudine essere gentile con coloro che non lo sono e non è mia abitudine ascoltare per troppo a lungo i capricci di un uomo più adulto di me. Se non desiderate bere la mia acqua o presentarvi, qui può finire la nostra conversazione e la vostra sosta. – Tuonai e lui si ritrasse.
– Non è mia abitudine essere scortese. – Flautò allora una voce ed io mi voltai verso l'uomo alto e buono. – E non è mai avvenuto che mio zio prendesse il mio posto. – Disse e dunque si avvicinò a me. Prese l'acqua da chi gliela porgeva e bevve fino alla fine. Le sue dita erano serrate sul bicchiere con leggerezza e forza allo stesso tempo. Lì piantato mi sembrò insormontabile e non posso negare che ne fui affascinato. Restituì il bicchiere a chi gliel'aveva dato e lo ringraziò. Poi tornò a volgersi a me. – Io, Signore del Cielo, sono il Re delle Regioni di Terra ed il mio nome è Nearel, sono lieto di incontrarvi e di parlarvi. – Mormorò e fu come se le foglie frusciassero ed il mio viso ne rimase estasiato.
– Perdonatemi, non potevo immaginare. – Dissi. – Sono lieto di sentire la vostra voce e di parlare con voi, il mio nome è Nivek e vi do il benvenuto. – Aggiunsi.
– La vostra acqua è buona così come la vostra voce. Sono convinto che potrei discutere a lungo con voi senza annoiarmi. – Si voltò allora verso coloro che aveva condotto con lui.
Il ragazzo dai capelli chiari si avvicinò ed il ghigno gli era dipinto sul viso. – Io sono Sorek, Signore delle Sabbie e sono lieto di conoscervi.
Lieto di parlarvi, il mio nome è Nivek.
Allora si voltarono verso l'unico di loro del quale non conoscevo il nome e lui, seppur riluttante, si avvicinò. – Io sono Redus, Signore delle Caverne, lieto.
A mia volta felice di fare la vostra conoscenza, mi chiamo Nivek e nutro grandi speranze verso colui che è il padre di un mio caro amico. – Lui sembrò indispettito dalle mie parole, ma chiaramente potevo vedere il desiderio di rincontrare Rastus. – E Ripradus, lieto di rivederti.
– Anche io, Signore.
– Ora che vi è stato portato il rispetto che vi dobbiamo, avrei il desiderio di ascoltare ciò che avete da dire. Il viaggio è stato lungo e ancora con molti dubbi siamo giunti qui, sebbene, quando vi ho visto, molti si sono dissolti e, ora che vi ho sentito parlare, molti altri sono completamente scomparsi. Se il Re del Cielo è giunto da noi, per quale motivo egli si trova tra Domatori e non tra Draghi? E per quale motivo egli desidera la nostra alleanza con loro? – Domandò Nearel e vidi immediatamente come il suo sguardo scavava nel mio e cercava di rispondere alle sue domande senza attendere la mia voce. Allora io mi voltai verso coloro che erano giunti per vedere e tra loro vi erano i miei amici. Invitai Rastus ad avvicinarsi con Ormond e lui, fermo ma dubbioso, si fece avanti verso il padre ed il fratello che lo accolsero con piacere sebbene guardassero ancora con rabbia il suo padrone. Chiesi allora a mio nonno di occuparsi di coloro che erano giunti da lontano ed insieme al Re delle Regioni di Terra mi allontanai da loro.
Lo condussi verso la casa che condividevo con gli altri e lì entrammo. Camminare con lui alle mie spalle fu tremendamente spaventoso, mi sentivo seguito da uno spirito oscuro e luminoso allo stesso tempo, come un'inquietante presenza che riusciva a terrorizzarmi profondamente e non mi permetteva quasi di respirare. La grazia e la calma di quell'uomo erano impenetrabili ed il suo viso sottile, bellissimo e gentile doveva diventare davvero spaventoso quando infuriato. Con rispetto lo feci accomodare su una sedia che non parve nemmeno degna di sorreggerlo, ma lui, quasi noncurante della cosa, vi prese posto ed attese che cominciassi a parlare.
– I vostri dubbi sono forse legati alla crudeltà dei Domatori? Credete forse che un giorno possano volgersi ancora al male o piuttosto dubitate di coloro che ora si schierano contro il Re Orrendo? – Domandai per comprendere bene a cosa dovessi rispondere.
– Entrambe le cose mi spaventano. – Confessò ed avvertii la tristezza che invadeva la sua voce.
– Nessuna delle due dovrebbe. Essi desiderano il bene dei loro Draghi e di coloro che sono liberi più di ogni altra cosa, poiché l'amore che vi è tra un Drago ed il proprio Domatore è quello più profondo, essi comprendono la nostra importanza e desiderano la nostra salvezza poiché è anche la loro. Coloro che sono qui non potrebbero mai volgersi al male e non lo desiderano. E per quanto riguarda il futuro … se un altro Re Orrendo dovesse esistere, allora il Cielo risponderà ancora e così gli animi dei Domatori che serbano sempre bontà. – Risposi.
– È buffo. – Disse. – Credi forse che se una persona compiendo male per tutta la sua vita essa, quando improvvisamente decide di compiere del bene, non tornerebbe mai al male al quale è abituata o non volgerebbe anche quella decisione in qualcosa di crudele? – Mi chiese.
– Credo che potrebbe avvenire facilmente. – Risposi.
– E perché dovrebbe essere diverso per un popolo? Molto male hanno fatto i Domatori ai Draghi fin dai tempi antichi e noi siamo sempre fuggiti da loro. Non hanno mai compreso l'amore e non di certo ne hanno mai provato verso i Draghi. Ora per quale motivo dovremmo fidarci di loro? Su quali promesse? Su quale parola sincera? Su quale parola che una volta giunti all'obiettivo non si volga ancora in crudele e spietata? – Senza sapere cosa dire presi posto avanti a lui e guardai il legno del tavolo. Mi passai una mano sul viso e poi lo osservai.
– La mia potrebbe essere una parola. Quella del mio Domatore, colui che tanto patì per mano del Re Orrendo. Quella del mio maestro e della sua Domatrice che si amano e non sono compresi da molti. Quella di mio padre che si vide privato del suo Drago. Quella di mia madre che era innamorata del suo Domatore che gli donò il cuore ed il Re Orrendo l'uccise con crudeltà dopo averla torturata a lungo. – Sospirai. – Molti Draghi qui potrebbero parlare e dare la loro parola a favore dei Domatori poiché un popolo non è formato da una sola persona e molte sono le volontà ed altrettante le decisioni. Un popolo non riflette mai tutti coloro che vi fanno parte. Molti Domatori sono stati crudeli con i Draghi, ma altrettanti li hanno amati, ci hanno vissuto e sono morti per loro. Altrettanti vivono oggi per proteggerli e salvano coloro che possono. – Ed allora come un'oscura luce brillò in fondo al suo sguardo.
– Diverso è il modo di pensare di un Drago Libero da uno Domato, solo la loro esistenza è per noi un pericolo costante, un orrendo peso che mai lascerà il nostro fianco. Non c'è libertà nell'essere domati ed essi credono che questo sia amore?
– Io lo credo. – Risposi. – Ma come avete detto voi stesso è diverso il modo di pensare di un Drago Libero da uno Domato, eppure, Signore, io vivo e volo alla luce del sole, canto con coloro che amo e parlo con la mia voce come desidero e con chi desidero, molti Draghi Liberi invece vivono nascosti e non osano guardare il cielo, temono i Domatori e da loro scappano e fuggono non potendo nemmeno restare con la loro famiglia, chi tra noi vive come schiavo? Chi è davvero il prigioniero dei Domatori?
– Vi siamo costretti.
– Ed io invece ho donato il mio cuore liberamente al mio Domatore. – Dissi. – Io lo amo per mia volontà e così amo tutti coloro che sono qui con me.
– Sebbene penso che oggi i Domatori desiderino veramente che i soprusi verso i Draghi finiscano, non credo che, una volta passato sufficiente tempo, essi non ritornino a cacciarci ed a uccidere. – Confessò ed io lo guardai con dolore poiché le sue parole erano dure.
– Ma potrebbero non tornare più indietro.
– Hai forse visto cosa fanno a coloro che catturano? – Domandò ed io raggelai pensando al luogo dove Yorick mi aveva condotto. – Sai cosa fanno della pelle dei Draghi, dei loro denti, del loro sangue? Essi non ci vedono come uomini, come loro pari, ma ingredienti, animali. Non cambierà. Parliamo, ci muoviamo come loro, ma siamo inferiori e non cambierà. Io so cosa fanno ai figli ed alle mogli. Io so cosa fanno a coloro che ritengono inutili. – Si chinò verso di me e sollevò le maniche del suo vestito verde fino ai polsi che vidi pieni di cicatrici e tagli. L'avevano legato crudelmente. – Molti anni fa avevo una moglie ed un figlio, era ancora molto piccolo, camminava a malapena. Quando un gruppo di Domatori ci prese desiderarono farmi loro, ma la mia volontà resisteva forte e non riuscivano a sottomettermi. Il mio nome serviva loro ed io non glielo davo. Così mi separarono da mia moglie e da mio figlio ed attesero che, per il desiderio di rivederli, dicessi come mi chiamavo. Io non cedetti convinto che i miei sarebbero venuti a cercarmi. Loro divennero sempre più impazienti e mi torturarono, cercarono di cavarmelo dalla gola, ma io non parlavo. Così presero mia moglie e mio figlio. Le fecero del male e fui sul punto di cedere quando lei mi esortò a restare in silenzio. Allora la uccisero. Poi presero anche la vita di mio figlio.
– Uccisi quei Domatori quando i miei riuscirono a trovarmi, li massacrai e ricordo che provai molto piacere. Tuttavia, ciò che mi portarono via non tornò mai indietro e mia moglie e mio figlio non ebbero una tomba poiché i loro corpi non riuscii a ritrovarli. – Si coprì ancora i polsi ed io avevo le lacrime agli occhi. Il suo volto era duro ed impenetrabile sebbene ancora brillasse una scintilla di quell'odio e di quella disperazione. – Non perdonerò mai i Domatori e chiunque di loro per me è senza bontà. – Strinse le dita tra loro e mi guardò negli occhi. – Potete forse promettere che nessun figlio di Drago morirà ancora per mano di un Domatore?
– Non posso prometterlo, ciò che mi chiedete va oltre il mio potere. – Si alzò. – Dunque siete venuto per farmi vacillare? Per farmi dubitare dei Domatori? Per dirmi che non ci aiuterete?
– Non per questo, mio signore. – Rispose. – Aiuteremo e saremo alleati e compagni quando il momento arriverà, ma desideravo sapere se ciò che credete di donarci è un'utopia impossibile o un mondo reale. – Mi alzai.
– E dunque, quale delle due propongo? – Chiesi lui.
– Un mondo troppo pieno di amore per essere reale e troppo pieno di dubbi per non esserlo. – Sospirò. – Non riuscirete a indurre in me la cieca fiducia in un Domatore e nemmeno nella loro bontà, ma la parola di vostra madre basterà per il momento. Ella deve aver patito molto per mano del Re Orrendo, e penso che mia moglie sarebbe della sua stessa opinione se fosse viva. Non vi può essere solo cattiveria in un popolo e su questo vi credo senza alcun problema, tutto ciò che è ancora da vedere è se essa risiede tra coloro di cui vi siete circondato oppure no. – Mi osservò silenzioso e mi sentii come nudo. – Mi domandavo com'è vivere senza il proprio cuore, mi chiedevo se è doloroso.
– Il mio cuore è in colui che amo ed egli è al mio fianco dunque non vi è dolore. – Sorrise e fu la prima volta che lo fece.
– Immaginavo che questa fosse la risposta. – Si voltò verso l'uscita. – Allora il Domatore che è vostro padre deve certamente soffrire molto pensando a colei che perse e della quale possiede ancora il cuore.
– È così, ma credo che tu possa davvero comprendere. – Mi guardò con gli occhi gentili che avevo già visto in lui.
– Lo comprendo. – E detto ciò uscì dalla casa che condividevo con gli altri senza aggiungere nulla.
Il Re delle Regioni di Terra era infine un Drago molto bizzarro. Il suo viso era gentile, la sua rabbia potente ed annientatrice. Il suo dolore profondo più delle radici degli alberi e grazie ad esso era ancorato al terreno dal quale avrebbe sferrato un potente attacco a coloro che nei Draghi non vedevano altro che inferiorità e, posto su di esso, avrebbe cantato il suo cordoglio per coloro che aveva perso ancora una volta.
 
Ero ancora immerso nei miei pensieri poiché alla fine Nearel era veramente riuscito ad insinuare in me dubbi e sfiducia, quando Rastus venne da me. Entrò e mi osservò con occhi particolari, pieni di dolcezza e felicità eppure preoccupati. – Desiderano vederti, mio Re. – Disse piano quasi comprendendo che stava interrompendo i miei ragionamenti. Lo guardai e mi alzai dal tavolo a cui ero ancora seduto.
– Sì, arrivo … – Mormorai.
– Mio cugino … ti ha parlato crudelmente? – Domandò osservandomi apprensivo.
– No, non ha usato crudeltà, ma la verità che mi ha rivelato ne portava molta. – Risposi dirigendomi verso l'uscita.
– Amava molto sua moglie. – Aggiunse. – Ed altrettanto provava per suo figlio. Il suo dolore è ancora forte, ma sono certo che ha molta fiducia in te. – Sospirò. – Da quando loro sono morti non desiderò mai cercare altra vendetta, si occupò del suo popolo e diventò un grande capo. Tutti noi, sebbene siamo di razze distinte, facciamo riferimento a lui. Protegge chi può ed è clemente e buono sebbene il suo aspetto suggerisca severità. Ha aiutato molti della nostra specie. – Si avvicinò. – Inoltre molti dicono che non vi è nessuno forte come lui. – Insieme imboccammo la strada che conduceva alla piazza.
– Non ci ho parlato molto, ma già lo rispetto. – Continuai.
– E lui rispetta te, altrimenti non sarebbe mai giunto in queste terre. Non metterebbe mai in pericolo il suo popolo se non vedesse una possibilità reale.
– Allora perché ha indotto in me tanti dubbi sulla natura dei Domatori?
– Penso desiderasse provare il tuo animo e vedere fin dove la tua fiducia si spingeva. Inoltre non è tipo da lasciarsi abbindolare da favole e forse voleva sapere se un ragazzo della tua età fosse infine spinto solo da esse. – Sorrise. – Credo proprio che le risposte che gli hai dato siano state all'altezza di un Re. Non nutrivo dubbi, ma spesso ho creduto che Nearel non avrebbe accettato.
– Tuo padre sembra indispettito da me. – Dissi allora cambiando argomento.
– Mio padre e mio fratello sono solo duri come la pietra, non desiderano ammettere la loro inferiorità ed il più delle volte nemmeno il loro rispetto. – Mi rispose divertito.
– Tu sei diverso da loro. – Mi guardò con occhi pieni di tenerezza.
– Io sono un Drago Domato. – Strinse le mani tra loro. – Sono abituato all'inferiorità ed alla mancanza di rispetto e non me ne lamento poiché Ormond è un uomo giusto e lo amo molto. – Rispose.
Da lontano cominciarono a delinearsi i visi dei miei amici e dei Draghi di Terra che amabilmente chiacchieravano e mi sembrò che ogni cosa andasse per il meglio. Faron e Murray parlavano con Nearel e ne sembravano entrambi ammaliati, di certo i poteri di quel Drago si mostravano anche quando non parlava. Era misterioso e buio come un fitto bosco, ma luminoso e dolce come il sole che passa attraverso le foglie gialle dell'autunno e tinge il mondo d'oro. I Domatori, compreso il mio padrone, parlavano insieme agli altri due che incuriositi si mostravano a loro e non credevano di poter parlare con così tanta scioltezza con coloro che avevano sempre creduto nemici. E mi sembrò che il mondo immaginato fosse ancora lì. Guardai Rastus che dolcemente mi posò una mano sulla spalla. Mi sorrise. – Devo dire che il sogno che ci hai fatto fare è davvero troppo bello per svegliarsi. – Disse e chinando il capo si divise da me ed andò dai suoi famigliari.
Infine presto ci saremmo dovuti svegliare da quel sogno poiché il tempo era sempre più vicino ed il nostro nemico ugualmente.
Mi feci avanti tra loro e guardai mio padre ed il mio Domatore. Guardai Jethro e Wren, Wardell ed Ishmael, Ormond e Rastus, e non potei fare a meno di chiedermi se quello non fosse amore. Presentai loro a Nearel e lui, sebbene non sembrasse apprezzare la presenza dei Domatori, con piacere accolse alla sua voce sia il mio maestro che il Drago dagli occhi gialli, il quale, anche se non desiderava ammetterlo, lo affascinava.
Fu così che i Draghi di Terra si unirono al gruppo dei Ribelli e così il loro Re accettò la mia presenza e quella di coloro che credeva di dover odiare accorgendosi, senza alcun dubbio, che in coloro di cui mi ero circondato vi era più amore che crudeltà.
 
L'inquietudine si sciolse nuovamente tra coloro che vivevano tra i Ribelli e la sera si aprì in festeggiamenti e caldi fuochi. Sebbene il tempo fosse contro di noi e la paura poteva assalire presto gli animi di coloro che ci seguivano, eravamo felici di aver dato il benvenuto ad una nuova tribù e perfino Nearel ne sembrò lusingato e quasi si sciolse in sorrisi per i figli dei Domatori che si avvicinavano a lui pieni di meraviglia.
Nowell, tra tutti, sembrava quello meno sereno e con dubbio avvertivo cosa lo tormentava. Non sapevo più dire se ciò che vedevo era verità o menzogna ed i nostri animi si dividevano sempre più per colpa di quel mio continuo dubbio. Lui lo avvertiva, ma non mi consolava. Eravamo vicini e distanti allo stesso tempo.
Mentre rientravo e salutavo coloro che erano giunti quel giorno e che si sarebbero diretti verso le dimore che Ormond aveva preparato per loro, Yorick si avvicinò a me. Vederlo mentre si metteva al mio fianco mi fece sussultare il cuore e, anche se Nowell era lontano, aveva avvertito la mia agitazione e certamente ne era a sua volta turbato, ma io credo per motivi diversi. Pensai volesse dirmi qualcosa riguardo a ciò di cui aveva parlato con il mio padrone e così, pieno di aspettativa, cercai di liquidarmi velocemente dagli altri e mi avvicinai a lui a mia volta. – Padre … – Sussurrai e lui mi guardò con un miscuglio di sentimenti.
– Nivek, posso scambiare con te alcune parole? – Domandò ed io frettolosamente annuii.
– Qualcosa ti turba? – Chiesi più per cortesia che per un reale interesse. Sapevo bene cosa speravo lui mi rispondesse, ma, non appena i suoi occhi abbandonarono i miei, seppi che non voleva rivelarmi cose a me sconosciute, ma voleva rinsaldare ciò che già sapevo.
– Non posso parlarti di ciò che io e Nowell ci siamo detti e non nego che sia un fatto di enorme importanza e che, contro ogni mia aspettativa, ancora una volta mi sono trovato a trattare. – Disse. – Volevo rassicurarti.
– Su cosa?
– Sulla bontà del tuo Domatore e sull'amore che egli nutre per te. – Sospirai.
– So che egli mi ama. – Dissi e lo guardai. Insieme cominciammo a tornare verso il luogo dove dormivamo.
– Siete distanti. – Aggiunse e capii cosa desiderava sapere da me.
– Lo siamo? Egli mi nasconde parte del suo cuore, cela a me ciò che non vuole farmi vedere ed io dovrei sempre accettare? Il mio cuore è aperto a lui mentre il suo può chiudersi quando egli desidera.
– Egli è il tuo Domatore. – Rispose. – Sebbene tu lo veda come pari e nei sentimenti lo siete, egli rimane sempre il tuo padrone, per quanto tu possa pensarlo buono e generoso.
– Dici cose tristi.
– Dico la verità. – Concluse il Cacciatore. Sospirò. – Non credere che sia facile essere un Domatore, non credere che sia difficile solo essere schiavi. È quasi arrogante dirlo da parte mia, ma perfino il padrone che non vuole comandare prova dolore per la propria condizione e questa è la nostra natura. Desideriamo che i Draghi siano nostri pari eppure non possiamo renderli tali, unendoli a noi li sottomettiamo e questo è il nostro più grande dolore. – Mi guardò in viso e sorrise. – Non potervi chiamare per nome è una tortura grande per noi che vi amiamo. – Sospirò. – Ora che tua madre è morta posso pronunciare il suo nome quanto voglio, eppure esso mi pare così estraneo tanto che non mi sembra nemmeno il suo. È buffo che in esso risieda la condanna di entrambi, non credi?
– Non credo sia facile essere un Domatore e forse più spesso di quanto vorrei dimentico la mia posizione, tuttavia anche essere un Drago è difficile. – Lo guardai negli occhi e lui tese le labbra. – Spesso i nostri sentimenti ci conducono su strade che dovrebbero essere proibite e finiamo per amare coloro che ci soggiogano restando sempre con il dubbio di doverli odiare. Restiamo sempre con il dubbio che essi ci vedano solo come schiavi. – Strinsi le mani tra loro e sospirai a mia volta. – Come dice Jethro è davvero difficile provare sentimenti. – Borbottai.
– Ami quel Drago, non è così? – Domandò allora Yorick ed un caldo sorriso era sul suo viso. Ed allora io fui a metà tra l'imbarazzato ed il sereno.
– Egli è colui che mi ha portato in Cielo. – Risposi. – Per me è come un padre. – Confessai e nel suo viso non vidi alcun turbamento.
– Ti ha protetto fin dove ha potuto e con tutte le sue forze, ti ha amato come fossi figlio suo fin dal primo momento e non ho dubbi che egli sia stato per te indispensabile nel tuo breve ma intenso percorso. Gli sono grato per aver visto in te ciò che a me è rimasto così a lungo celato. – Ci fermammo davanti alla porta d'ingresso. – Credo che alla fine Jethro abbia saldato con me e con Naisse qualsiasi debito, è stato un buon amico e lei sarebbe sicuramente felice nel sapere quanto affetto provi per lui. – Il mio cuore ebbe un fremito e mi sciolsi in un sorriso pieno di amore. Sapevo che le sue parole erano vere e che mia madre sussurrava all'orecchio di Yorick dal mondo dei morti.
– Un tempo credevo che loro due fossero innamorati, sai? Ero geloso della loro amicizia e non desideravo che Naisse stesse con lui. Poi compresi che Jethro amava Wren con tutte le sue forze e, sebbene con lui non sia mai riuscito a scusarmi davvero, per me fu essenziale vedere quanto può spingersi lontano l'amore di un Drago e riconoscerlo in colei che io amavo a mia volta. Fu grazie a loro se io e Naisse ci consacrammo e non fu una scelta facile, mio fratello e mio padre avevano insegnato a me la crudeltà tanto che la bontà sembrava quasi assurda. Ma non avrei mai potuto nuocere a tua madre e l'amore alla fine vinse su di me più di quanto non facesse l'odio e la mia educazione. – Rise ed il suo cuore mi sembrò traboccante d'amore. – Non ho mai compiuto scelta più insensata ed indispensabile. – Sospirò e guardò le stelle.
– Comprendo Nowell poiché anche io un tempo trattai con crudeltà i Draghi e lasciai che il mio animo ne venisse infettato. Mio padre mi scherniva e mi umiliava poiché provavo dolore nel sottomettere con la forza un Drago. Fu quando conobbi Wren e suo padre che il mio mondo mutò. Loro avevano idee diverse e trovarono in me un forte legame. Lei poi salvò Jethro dalla tortura e lui si lasciò domare. In quel momento capii cosa significava fare del bene e farlo ad un Drago e mi odiai per ciò che io compii. Senza pace mi allontanai dal castello e mi trovai, senza desiderarlo, nei boschi di quelle montagne. Amavo e volevo il Cielo, ma non lo desideravo con crudeltà e piansi e pregai affinché lì fossi condotto anche se ero pieno di cattive azioni. Me ne pentivo, tutto scivolava via da me come fosse pioggia che scorreva e poi incontrai tua madre. Il Cielo la mandò da me. E da lì in poi desiderai solo amore. – Sorrise. – Comprendo Nowell poiché anche io mi odiai per aver ceduto al male. Non vi è cura, figliolo, solo il tempo può condurlo sulla strada che gli spetta. Solo il tempo può risanare questa sua ferita. – Mi posò una mano sulla spalla. – Devi attendere che egli apra il suo cuore a te così come tu sei costretto. L'amore che nutre per te è forte e senza confini, se ne accorgerà e capirà che esso è più saldo di qualsiasi odio e di qualsiasi colpa.
Entrò in casa ed io, soffermandomi ancora con gli occhi sul cielo, lasciai che le sue parole mi ronzassero in testa e la tranquillità poi discese su di me. In silenzio entrai nella sala dal grande tavolo e guardai Nowell steso sul nostro letto che dormiva profondamente. Mi avvicinai e, sedendomi su di esso, mi sfilai le scarpe e lasciai che la stanchezza scivolasse via dalle mie spalle. Mi sdraiai accanto a lui e posai il capo sulla sua spalla. Quel suo amore era tutto ciò che desideravo.
Immerso tra la luce delle stelle e della luna un brivido mi corse su per il corpo e mi accorsi che tutto ciò che volevo era che lui dicesse il mio nome con forza e mi tenesse per sempre con sé. Non importava chi il padrone e chi lo schiavo. Desideravo solo sentire il mio nome anche se questo avrebbe significato eterna sottomissione.

Cosa ne pensate del rapporto tra Nivek e Nowell ancora rinnovato? Credete che Nivek sia un pazzo a desiderare la sottomissione al suo padrone o credete che sia una prova di amicizia, di affetto? Credete che riuscirà a trovare la felicità stando con Nowell?
Spero continuiate a seguire la storia!
Iwon Lyme
   
 
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