Anime & Manga > Tokyo Ghoul
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Autore: heather16    28/05/2017    1 recensioni
"Shu si vide nel grande corridoio della sua casa, totalmente vuoto, freddo e morto. Quello con la grande vetrata sul cielo, che di notte rifletteva in mille finestre la luna. E la vide legata, vide il suo cuore che spingeva da sotto il torace veloce, più veloce, più veloce. E lui, con un dito soltanto, a percorrere le curve del suo corpo mentre lei, povera sconosciuta, restava inerme a subire quel lento terribile preliminare..."
Genere: Erotico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Nuovo personaggio, Tsukiyama Shū
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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“Sono. Sono o mi sento? Sono terribilmente solo, mi sento… ah, non lo so. Ma sento. E sento. E tutto ciò che amo mi rovina. Perché io sono un perverso, un malato. Ma cosa amo? Cosa sono? Tutto ciò che è in me agli occhi degli altri è sbagliato. Feccia, che disprezza ciò che non comprende. E chi tengo al mio fianco è solo la personificazione di un mio interesse. Ma poi? Come cartonati. Vuoti, tele su cui ho dipinto un quadro grazioso, ma totalmente privo di profondità. Sono tutti freddi, privi di odore, la loro essenza è aliena ad una qualsiasi forma di vitalità. E io non voglio restare solo.”
-Che ti prende Shu?-
Sul letto sfatto i ricordi della notte. Hideki strinse il suo petto alla schiena del gourmet, cingendogli la vita con le braccia. –Sembri turbato. E ieri sera non hai mangiato. Ancora.-
Tsukiyama sentiva il corpo nudo del ragazzo vicino al proprio. Il contatto fisico gli piaceva. Saziava un vuoto che nessun altro piacere riusciva a soddisfare, talvolta nemmeno il cibo. “Un alto grado di intelligenza tende a rendere un uomo asociale”, così diceva Schophenauer, e secondo lui aveva perfettamente ragione. Aveva  incontrato Hideki all’università. Era del secondo anno, ventunesimo distretto. Così ingenuo e infantile, sembrava non essere nemmeno in grado di procacciarsi del cibo da solo; tuttavia la sua bellezza offriva al gourmet uno stimolo artistico e fisico non indifferente, due elementi che erano sufficienti a giustificare l’esistenza del loro rapporto.
 – No Hideki Chan, sto bene. Stavo solo pensando.-
-A cosa?-
-Ai tuoi occhi, al colore del sole all’alba;- Shu avvicinò sorridendo il proprio viso a quello del ragazzo, che era poggiato sulla sua spalla - sei molto bello stamattina.-
Hideki si spostò a cavalcioni sulle sue gambe, cingendogli il collo con le braccia. Accarezzò il viso morbido e glabro del gourmet. Giocò con una ciocca dei suoi capelli tenendola fra le dita. –Tu sei sempre bello.-
Il desiderio vinse il sonno e le riflessioni. Mentre la lingua assaporava la sua saliva e scopriva la conformazione del suo palato, Tsukiyama fece sdraiare il ragazzo su di sè spingendosi all’indietro sul letto. Le mani di Hideki allora si spostarono sul suo torace, la destra si mosse dal suo ventre verso l’inguine e Shu lo strinse ancora di più a sè, giocando con le proprie labbra e il lobo del suo orecchio.
Il sospiro del gourmet si fece più pesante ed affannato; aveva sempre potuto avere tutto ciò che voleva, donne, uomini, pasti. Il sesso lo appagava non solo di per sé, lo faceva sentire grande, lo rendeva assolutamente onnipotente. Era quasi come quando mangiava: il Gioco era nelle sue mani, c’era un dominatore e un dominato, c’era lui che era in grado di fare e potere qualsiasi cosa.  
Poi, come un ricordo lontano tornato ad imprimersi vivido nella memoria, il suo profumo sembrò penetrare violentemente le sue radici. Akane Nishimuro, università di lettere. Sapeva di gelsomino e spezie. La sua mano era morbida, la sua pelle delicata. E rivide in quel momento tutti i particolari del suo corpo, sentì le ossa del suo cranio, la cartilagine del suo naso, i nervi delle sue dita sottili, percepì il suo cuore pulsante da sotto la camicia a righe bianche e nere, il ventre caldo, tutto, provò ogni sensazione che quel ricordo avrebbe potuto dargli, in preda ad un orgasmo in cui predominava un incontrollabile senso di fame.
-Merda, Tsukiyama! Cosa ti avevo detto riguardo a quello?- Shu aprì gli occhi e vide Hideki tenersi la mano poggiata all’orecchio. Sentì la propria bocca impastata. Il sangue gli colava sul mento, un sapore forte e ferroso in bocca si mescolava alla saliva. Il gourmet sputò il lobo destro del ragazzo sul letto. Ah, carne Ghoul. Non la sopportava.
-Ti chiedo scusa Hideki Chan, non me ne sono nemmeno reso conto.-
- Vaffanculo, mi hai fatto male!-
Shu lo guardò cercare i suoi pantaloni in giro per la stanza, senza muoversi. Gli faceva quasi ridere. Ormai rivestito, uscì dalla camera.Tsukiyama ascoltò, sdraiato sul letto, i suoi passi frettolosi lungo il corridoio. Lo sentì aprire la porta del salone, camminare sul morbido tappeto persiano, poi scendere la grande scala dell’ingresso.
Solo allora si alzò.
-Hideki, fermati!- La sua voce era ferma, quasi teatrale.
Il ragazzo ormai all’uscita si voltò, osservò il gourmet raggiungerlo, ancora svestito. – È stato un incidente.- Shu premette il corpo di Hideki contro la porta. Lo superava di una spanna in altezza; il suo corpo senza vestiti era bellissimo, di una perfezione in grado di generare una sorta di disagio. Il suo sguardo si addolcì:- Per farmi perdonare ti potrei portare in quel posto che ti ho promesso…-
Il viso dell’altro si illuminò. –Vuoi dire il ristorante Ghoul? Quello che..?-
-Esatto, quello. Allora Hideki Chan, mi perdonerai mai?-
Le braccia del ragazzo si strinsero al petto di Tsukyama. Si baciarono ancora, a lungo.
Hideki poi sorrise: –Tu sei malato… Ma sei bello, bellissimo.- Pervertito. Malato.
Tsukiyama sorrise. -Mi faccio vivo io. Ci vediamo a scuola.- l’altro gli stampò un altro bacio veloce sulle labbra, poi uscì.
Shu si sentiva insoddisfatto. Terribilmente. Al momento l’idea di vedere ancora qualcuno di tanto stupido lo disgustava. Avrebbe quasi potuto dire di odiare Hideki.
Poi sentì le gambe tremare. La sua schiena scivolò lungo la porta. Era seduto per terra, il viso fra le mani. Capì che non avrebbe davvero saziato nessun suo bisogno, finchè non avesse avuto quel sapore nella bocca.
Si alzò, si vestì; prese la giacca.
 
*************
 
Non la trovò. In nessuna aula, in nessun caffè, nemmeno nei giardini dell’università. E così per tre, quattro giorni, una, due settimane. Non una delle sue conoscenze che riuscisse a trovarla. E non una preda che lui avesse voglia di mangiare. Nulla aveva più sapore. I fiori avevano perso il loro profumo.
Stava tornando dall’università, erano le sei di sera, quando lo sentì. Un odore di gelsomino e spezie arrivò fino alle sue narici; ed eccola, un piccolo sogno seduto alla fermata dell’autobus. Era stato il suo pensiero fisso per giorni e giorni, il suo incubo ogni notte; ora era lì, a pochi metri da lui. Si stava guardando intorno annoiata; Tsukiyama pensò che sembrasse più giovane, con i jeans e le scarpe da ginnastica. I suoi begli occhi neri assorti nel vuoto di un manifesto. Il gourmet la osservò inclinando la testa di lato, sorrise e venne verso di lei.
La ragazza sembrò riconoscerlo.
-Tsukiyama San! – lo salutò con una naturalezza inaspettata.
Ancora quel gorgoglio che proveniva dalla gola inondò le orecchie di Shu. Un brivido percorse le sue braccia, nascoste da una morbida camicia di lino bianco. Lui era bello e impeccabile come sempre, nonostante il digiuno lo avesse reso più pallido del solito.
-Che piacevole coincidenza! È un piacere rivederla, Nishimura. Come procede Sartre?-
-Bene, grazie; nonostante lo studio sono riuscita a non interrompere le mie letture.- Quando Akane fece per alzarsi, Shu notò la sua incertezza sulle gambe; la ragazza barcollò e si costrinse ad appoggiare la schiena al palo della fermata.
Con un’apprensione fin troppo evidente, Tsukiyama le si avvicinò:-Si sente bene Nishimura?-
Lei sorrise debolmente:-Oh, sono solo davvero stanca. Oggi non ho fatto in tempo a mangiare nulla. Mi preoccupa il viaggio di ritorno, casa mia è lontana dalla fermata.-
-Proprio qui c’è un locale che frequento spesso; venga con me a prendere qualcosa.-
La ragazza sembrò nascondere uno strano sorriso, di cui Shu non riuscì a cogliere la natura. –Io…-
-Non potrei mai lasciarla andare in queste condizioni.-
- Ecco, il mio autobus passa ogni quindici minuti, quindi potrei benissimo prendere il prossimo... Perché no?-
Akane fece per incamminarsi, ma di nuovo barcollò. Tsukyama le afferrò il polso, per farla restare in equilibrio. Riuscì a percepire battiti flebili e lenti del suo cuore. Sentì il sangue scorrere dalle vene di lei fino alla propria gola; decise che l’avrebbe invitata ad uscire ancora, e poi avrebbe iniziato tagliandole le vene, succhiando il suo giovane sangue.
Lei sorrise. Camminarono fianco a fianco lungo la strada.Sudore e deodorante e il suo persistente profumo di gelsomino.
Il locale era luminoso. Una grande vetrata mostrava il traffico di Tokyo, in particolare l’andirivieni incessante di corpi sul marciapiede. I tavoli erano di legno grezzo, quadrati. Le sedie semplici, rivestite di stoffa violacea.
-Cosa prende, Tsukiyama San?-
- Un caffè freddo. Glielo consiglio, è rinfrescante e rinvigorente dopo una giornata di studio.-
-Allora berrò quello. Ma lei non mangia nulla?-
Oh, se solo avesse potuto, Shu le avrebbe mostrato la sua dieta abituale. –Oh no, sono sazio.-
 L’osservare incessantemente le linee del suo viso e le forme del suo corpo per immaginare quale parte di lei garantisse il più ricercato dei sapori, lo aveva spinto a concentrarsi anche sul loro effettivo aspetto; il gourmet ne aveva concluso che Akane fosse di una bellezza straordinaria. Decise che non sarebbe usito da quel locale senza la certezza di poterla avere ancora, sola con lui.
-Bene, so del suo amore per Sartre. Ma al di fuori di questa nostra passione comune, cosa legge solitamente?-
Shu fece per aprire bocca, ma lei lo interruppe:- Aspetti, mi faccia indovinare; sicuramente le dovrebbe piacere Kenzaburō Ōe.-
Una cultura che spaziava dagli autori giapponesi del ventesimo secolo fino agli esistenzialismi francesi. Tsukiyama si ritrovò a stringere le mani talmente forte da rendere le nocche bianche.
-È uno dei miei scrittori preferiti. È così crudo, forte nelle sue idee… Cosa le ha fatto pensare che potesse piacermi?-
Lei arrossì. –Il suo volto, i suoi occhi.. non lo so, c’è qualcosa di molto malinconico in lei.-
Il cameriere venne a prendere le ordinazioni: lei chiese una torta al caffè, proprio come il primo giorno in cui lui l’aveva incontrata.
-Ancora una pessima tornta, Nishimura San.-
-Lo so, ma d’altronde non ci posso fare nulla. Non riesco a trovare un dessert degno di questo nome in nessun locale!- mentre la ragazza rideva, Shu pensò che fosse l’occasione perfetta. Eccolo a servirsi della scusa da sempre utilizzata per attirare tutte le sue vittime in trappola.
-Conosco una sala da tè esclusiva, dove servono dei dolci eccezionali. Forse potremmo andarci.-
Tsukiyama temette di essere stato troppo sfrontato e che lei fosse in imbarazzo. Non poteva perdere quell’occasione.
Vennero serviti i bicchieri di caffè freddo, il dolce per lei. Bevvero in silenzio.
Il ghiaccio tintinnava contro il vetro.
Tsukyiama decise che avrebbe tentato ancora una volta: -Che ne direbbe di venire a provare qualche dolce insieme a me in quella pasticceria, qualche volta?-
Akane alzò ancora gli occhi verso di lui. Dalle labbra socchiuse il gourmet credette di percepire il suo respiro. Il suo sorriso era più sicuro. La sua espressione era nuova.
-Tsukiyama San, cosa risponderesti se io ti dicessi qui davanti a tutti che so benissimo cosa sei e anche che cosa vuoi fare con me?-

 
  
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