Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: badheadache    31/05/2017    2 recensioni
Dal primo capitolo.
"Non ricordava cosa aveva sognato, ma ormai era consapevole del fatto che la differenza tra realtà e incubo era davvero sottile, quasi inesistente. Perso completamente il sonno, decise di alzarsi per dirigersi nel refettorio. Quasi ogni notte andava lì, solitamente senza grandi motivi. Semplicemente adorava, quando non riusciva ad addormentarsi, osservare dalle grandi vetrate la luna, che quasi gli sorrideva come una madre. [...]
“Quindi è per questo che la mattina fai così schifo durante gli allenamenti, moccioso?” Eren sobbalzò e si congelò sul posto.
Il capitano Levi era l’ultima persona che voleva incontrare, e per giunta in un’occasione del genere. Non aveva pensato a cosa dirgli, sapeva solo che doveva, prima o poi, dirgli qualcosa."
(Long sulla coppia Eren e Levi, che seguirà il corso degli eventi dell'anime, cercando di approfondire le interazioni umane, che nella storia, giustamente, non sono troppo presenti).
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Eren Jaeger, Levi Ackerman, Un po' tutti
Note: Lime, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Capitolo 5
 
Il mattino seguente arrivò presto. Troppo presto, pensava Eren. Sapeva che il mal di testa non sarebbe passato a breve, quindi si rassegnò a sopportarlo e ad affrontare una faticosa giornata. Sentiva il corpo protestare mentre si alzava, ma sapeva che se fosse arrivato troppo tardi non avrebbe fatto colazione, e sarebbe stato molto peggio. Sperò che i suoi poteri da titano facessero guarire presto anche un post sbornia, ma non ci credeva molto.

Mentre mangiava, notò che anche i suoi amici non erano messi meglio di lui: Connie aveva praticamente la testa dentro la scodella, Christa si stava addormentando sulla spalla di Ymir, la quale sembrava molto felice. Reiner e Berthold avevano due occhiaie che arrivavano fino al mento e si sforzavano di mangiare qualcosa, come faceva anche Eren stesso. Le uniche che sembravano invariate erano Sasha, la quale si abbuffava come al solito –beata lei -  e Mikasa, che non parlava guardando il nulla. Probabilmente, pensò, anche lei stava male, ma il suo comportamento restava invariato. Eren credette che se le avesse tirato la scodella piena in testa lei non si sarebbe spostata.
“Ciao Eren, prima il capitano Levi è passato a dirci di venire nel suo ufficio dopo la colazione… Sono terribilmente spaventato…” Connie aveva decisamente una brutta cera.
Jean, che Eren non aveva notato, sbucò dietro Ymir: “Stai tranquillo pelatone, quello ci farà pulire e basta!” sprezzante come al solito, ma anche lui distrutto. Davanti a Jean vide Armin: “Siete delle teste vuote, ve l’avevo detto che era una pessima idea! Era palese che ci scoprissero, e per di più Mikasa è rimasta sul mio letto per tutta la notte senza farmi chiudere occhio!” L’attenzione si rivolse alla diretta interessata, concentrata a spalmare la marmellata sul panino.
“Avevo sonno, Armin. Scusa.” Sussurrò. Eren si chiese se Mikasa fosse davvero un organismo con un organo sessuale riproduttivo. Sapeva che lei aveva occhi solo per lui, ed Eren si sforzava di ignorare tutto ciò, anche se doveva ammettere che senza lei ora lui si sarebbe trovato mangiato dai titani, o peggio, rapito da Annie. Sentiva però che Mikasa era troppo ossessionata da lui; era quasi inquietato dal suo atteggiamento, seppur abituato ad esso da tutta la vita.
Jean scoppiò in una fragorosa risata, e anche gli altri se la risero sotto i baffi. Armin era evidentemente frustrato, ma anche lui trovava la situazione divertente.
Eren sapeva che Armin non sarebbe mai riuscito ad arrabbiarsi veramente verso i suoi amici, da ragazzo dolce qual era. Mikasa ritornò a dare tutte le attenzioni al suo panino.


“Eren, ma il capitano ti ha veramente accompagnato fino ai sotterranei? Ha detto qualcosa per la punizione di oggi?” Connie era davvero agitato; la domanda risvegliò i ricordi della sera prima, offuscati ma più lucidi rispetto agli altri della stessa serata. Ricordò come il capitano capisse perfettamente il perché delle sue azioni sconsiderate, e come in poche frasi riusciva a farlo stare meglio.
Eren si era reso conto, nella sua ubriachezza, che senza il capitano sarebbe stato molto più vicino al crollo nervoso. Aveva capito di aver bisogno del capitano più di quanto pensava, e soprattutto aveva compreso quanto riusciva a sentirsi in pace con sé stesso quando era vicino a Levi. Si ricordò di come l’aveva accompagnato alla sua stanza facendo in modo che Eren si appoggiasse a lui, e non poté fare a meno di arrossire. Era stato un gesto che non si sarebbe mai aspettato dal capitano, ma che si era accorto di desiderare. Stare vicino a lui aveva risvegliato l’antico calore che provava per la sua famiglia ormai non più in vita, ma era contemporaneamente qualcosa di totalmente diverso.
Aveva sentito il cuore scoppiare, ma provò anche una felicità genuina, seppur avesse avuto l’ansia o la paura di rovinare quei momenti che considerava perfetti facendo un movimento sbagliato. Si chiese se stava esagerando, ma per la prima volta dopo tanto tempo aveva concluso la giornata con felicità, seppur le prerogative avrebbero previsto una fine tutt’altro che piacevole.
“Eren?”

Si rese conto di aver piantato gli occhi nel nulla. Sorrise lievemente ricordandosi della domanda di Connie, lieto di poter ricordare e parlare di quei momenti: “Sì, mi ha accompagnato nel sotterraneo, ma non mi ha parlato della punizione. Io non mi reggevo in piedi e mi ha sostenuto, è stato veramente gentile, non me lo sarei mai aspettato!”
A Reiner andò di traverso il the: “Ti ha portato in braccio fino ai sotterranei come una principessa?” Tutto il tavolo scoppiò in una fragorosa risata. Eren arrossì e si immaginò l’imbarazzante scena per un nanosecondo, obbligandosi a cancellarla, ridendo poi con gli altri.
“Parliamo invece di te che da ubriaco hai baciato Berthold ieri sera!” Dalla tavolata risuonò una risata ancor più fragorosa, mentre Berthold diventava rosso come un peperone. Reiner face finta di arrabbiarsi: “Solo così potevo baciare Christa, ma quando ci ho provato Ymir mi ha quasi messo le mani addosso!” Puntò il dito contro la diretta interessata, che strinse la testa di Christa nel suo petto, quasi soffocandola. “Non ti azzardare a toccarla, maniaco!” Tutto il tavolo stava ridendo, perfino Mikasa accennò un sorriso divertito. Erano riusciti a calmare Connie, che, dopo altrettante battute sulla sera prima, propose di andare nell’ufficio del capitano.
 
Eren capì subito che Levi voleva stessero il minor tempo possibile nel suo ufficio. Erano in una decina, assieme al capitano, e nel suo ufficio stavano davvero stretti. Probabilmente Levi, pensò Eren, si preoccupava anche della sporcizia che avrebbero portato tutti assieme. Gli venne da sorridere, pensando a quanto il capitano stesse attento a ciò.
“Credo che avrete già indovinato la punizione, mocciosi cretini che non siete altro. Tutti i vostri compagni oggi faranno una scampagnata a cavallo a provare nuove formazioni, mentre voi approfitterete della loro assenza per pulire tutto il castello”. Gli comparve un ghigno sadico, quasi felice.
“Solo noi? Ma capitano, credo che neanche stasera finiremo di pulire, il fortino è enorme!” Protestò Jean. Il ghigno del capitano si allargò: “Per questo dovreste sbrigarvi. Muovetevi! Jeager, tu hai altre due ore in più di pulizia con me. Mi aspetto che tu finisca le tue mansioni per tardo pomeriggio, in modo da raggiungermi nei sotterranei e mettere a posto l’archivio”.
Eren se ne era completamente dimenticato. Si sentì quasi svenire pensando a tutto il lavoro che poteva potenzialmente esserci nell’archivio, ma non tentò di opporsi, lasciando che il capitano li congedi.
 
*
 
Dopo una mattinata estenuante ed un pranzo veloce, i soldati dell’ex 104esimo corpo di addestramento reclute si resero conto di essere davvero disperati. Soprattutto Eren, che doveva finire tutto almeno cinque ore prima degli altri. Si erano divisi le parti del castello, e a lui era toccata la stalla, impossibile da rendere linda poiché sempre sporca da vari escrementi delle bestie. Pulì velocemente e senza badare ai particolari, in quanto confidava nel fatto che, essendo delle stalle, nessuno si aspetterebbe di vederle pulite. Nessuno tranne Levi, pensò Eren, ma scacciò il pensiero di essere obbligato dal capitano a ripulire le stalle. Avrebbe seriamente potuto suicidarsi.

Alle cinque in punto si presentò all’archivio dei sotterranei. Conosceva perfettamente la sua collocazione, in quanto era nel corridoio parallelo alla sua stanza. Entrando, la porta cigolò e un odore di muffa e polvere gli invase le narici. Soffiò infastidito: ovviamente il capitano era già dentro; sfogliava annoiato un libro su una poltrona abbastanza vecchia, le gambe fini accavallate in una posizione che Eren trovò quasi regale.
“Eccoti, moccioso”. Chiuse il libro con una mano. “Beh, direi che puoi cominciare. Qua dentro c’è la più grande mole di polvere che io abbia mai visto. Fai in modo che sparisca”. Eren fu preso da sconforto.
Sebbene l’archivio fosse decisamente piccolo aveva un’immane quantità di lavoro da svolgere, e per di più con Levi che lo osservava. Sì sentì quasi in imbarazzo, accentuato dal fatto che il capitano, avendo ripreso la lettura, non accennava parola. Eren, mentre toglieva vecchi libri dagli scaffali pulendo entrambi, pensò a un argomento per rompere il ghiaccio. Aveva ancora impressa a fuoco la scena della sera prima, con un discorso che era finito quasi a metà – Eren avrebbe continuato per ore a far capire l’importanza che il capitano aveva nella sua vita – per lasciar spazio alla fisicità, ai gesti che Eren non capiva come interpretare. Sapeva di non poter iniziare il discorso con una domanda diretta, si sentì stupido solo al averlo pensato. Arrossendo poco, diede tutta la sua concentrazione ai libri che stava spolverando, tutti sul dispositivo di movimento tridimensionale o sui rapporti delle vecchie spedizioni all’esterno delle mura, in cerca di ispirazione.
Eren si chiese che cosa c’era stato cento anni prima di tutto questo, di tutta la civiltà che avevano costruito e perfezionato fino ad ora. Pensò al nonno di Armin, che sapeva dell’esistenza del mare, un’infinita quantità di acqua salata. Come aveva vissuto l’umanità senza i giganti ed il terrore verso essi? Eren immaginò un mondo estremamente felice.

“Che ti eri infilato nel cervello ieri sera per dirmi quelle cose, Jeager?”
Eren sobbalzò. Ci mise trenta secondi buoni a comprendere il significato della domanda, e altrettanti a capire come rispondere. Nel mentre, non si era ancora girato: in quel momento sapeva di non poter riuscire ad affrontare lo sguardo diretto e tagliente del capitano, seppur solo la sua vista riuscisse a infondere pace in lui.
“Ehm, io le ho solo detto quello che penso di lei, capitano”.
Guardò Levi di striscio, che alzò un sopracciglio, accavallando le gambe nell’altro senso. Eren distolse subito lo sguardo, impotente davanti a tanta eleganza. Si chiese da quando considerava il capitano elegante.
“Quindi tu pensi di avere bisogno di me?”
A differenza sua, Levi andava dritto al punto, come al solito. Si chiese perché lui si sentisse stupido solo a pensarci, mentre il capitano lo faceva continuamente. “Sì, capitano”. Non riusciva e non voleva mentigli: aveva bisogno che Levi sapesse quanto riuscisse a calmarlo solo con lo sguardo, in un modo che gli infondeva anche sicurezza. Aveva bisogno di lui per continuare la sua battaglia.
“E di chi ho bisogno io, Jeager?”


Eren si bloccò dal pulire il libro, fissando con stupore gli occhi del capitano. Lui sostenne lo sguardo, come suo solito senza far trasparire emozioni, ma Eren capì che all’interno vi erano malinconia, tristezza, rabbia, solitudine. Probabilmente in quel momento lo considerò troppo emotivo, ma non ci badò: aveva iniziato a guardarlo con occhi diversi, sondando ogni gesto significativo che trasparisse dal suo corpo. Chi era veramente Levi? Cos’era stato prima di diventare soldato più forte dell’umanità? Eren si rese conto per la prima volta di averlo idealizzato dal momento in cui l’aveva conosciuto di persona.


“Capitano, io non posso sapere di chi ha bisogno lei ora. La conosco troppo poco per saperlo”. La tristezza riempì il suo cuore. C’era stato qualcuno ad aver amato Levi come, ad esempio, Armin e Mikasa amavano lui? Si rese conto di essere anche troppo fortunato, capendo che il capitano, per molto tempo, se l’era cavata il più delle volte da solo. “Però capitano, ora ha Erwin, Hanji, Mike e tutti noi. So che non siamo molto per lei, ma comunque è meglio di niente”.
Levi non rispondeva. Si limitava a fissarlo atono, con la testa appoggiata alla mano. Eren si costrinse a continuare il discorso: a riprenderlo non avrebbe mai avuto il coraggio. “Piuttosto, perché lei ieri è stato così gentile? Conoscendola, mi avrebbe preso a calci, e invece mi ha aiutato a camminare. Anche lei ieri era strano, comandante”. Non si preoccupò di essere stato troppo invadente, perché quella non era una conversazione normale che capitano e cadetto potevano avere. No, era qualcosa di molto più importante.
“Non volevo rimanessi in giro, moccioso. Giri già troppe volte per i miei gusti”.
Eren provò delusione. Era una risposta sensata, ma non quella che voleva sentire. Guardò ancora una volta il capitano, che aveva posato lo sguardo su qualcosa di indefinito alla sua sinistra.
“Lei mente, capitano”.
Levi tornò a guardarlo, ed Eren fu percorso da un brivido. “Pensala come vuoi, Jaeger. Ma ora dovresti finire di pulire”.
Eren tornò al suo lavoro e calò il silenzio, ma non nella sua testa.
 
Finito il faticoso lavoro, Eren aveva intenzione di andare direttamente a letto, distante da quella stanza circa venti metri, ma il capitano glielo impedì. “Domani dobbiamo andare nei territori interni, moccioso. Devi mangiare qualcosa, altrimenti mi accuseranno anche di denutrirti, oltre che di lasciare libero un potenziale gigante”.
Si avviarono al refettorio con passo veloce. Evidentemente il capitano aveva avvertito di lasciare il pasto per loro due, perché lo trovarono tiepido al suo tavolo abituale. Eren non aveva mai mangiato con Levi, per di più da soli. Deglutì mentre cercava di sedersi il più silenziosamente possibile. Davanti a lui, il capitano sembrava perfettamente a suo agio. Eren si ricordò della notte in cui l’aveva trovato nello stesso posto: era davvero andato a fare una ronda notturna, come aveva detto? Eppure Eren non aveva mai sentito parlare di turni notturni svolti dai capitani. Si era reso conto che, come lui, anche Levi vagava la notte per insonnia. Con coraggio, iniziò il discorso facendogli notare proprio ciò: “Capitano, secondo me anche lei, l’altra sera, non riusciva ad addormentarsi; così si è fatto un the ed è venuto qui, al refettorio, per rilassarsi. Mi ha dato la punizione per giustificare il fatto di essere stato lì in quel momento, in modo che non mettessi in giro altre voci”.
Levi alzò gli occhi, poi accavallò le gambe, ancora. Eren le poteva vedere anche se in mezzo c’era il tavolo. “Pensavo non ci saresti mai arrivato, moccioso”. Lo vide quasi sorridere e il suo cuore mancò un battito. Che gli stava succedendo?


“Voleva lo capissi, capitano?” Levi non rispose subito. Fece scorrere lo sguardo su tutto il suo corpo, come se la risposta l’avesse già detta. Eren intese e aspettò paziente. “Siamo molto simili, Jeager, per fortuna non in tutto. Però sappiamo entrambi di essere nella stessa situazione con lo stesso peso sulle spalle, giusto?” Cercò il suo sguardo, ed Eren annuì. Levi spostò il peso dall’altra parte del corpo: “E allora come fai a non aspettarti di trovarmi in giro la notte come fai tu? Dio, sapessi quante volte io ti ho visto farlo, Jeager. E poi non sono un essere sovrannaturale, io, ma un umano come tutti voi, cazzo.  Smettetela, tu primo tra tutti, di idealizzarmi”.
Spostò lo sguardo, ed Eren realizzò quanto fosse fragile quella persona che all’esterno era considerata la più forte di tutti. Notò le sue occhiaie, le imperfezioni dei capelli che puntualmente si tagliava da solo, qualche graffio sulle mani dalle dita affusolate e infine l’attenzione che lo stesso prestava alla gamba infortunata.
“Mi dispiace, ha ragione. Per qualsiasi cosa capitano Levi, sono qui”. Si sentì stupido: cos’era lui per Levi? Poteva anche non fregargliene nulla di ciò che gli stava offrendo.
“Cioè, se ha bisogno di sfogarsi per qualcosa, oppure non riesce a dormire, conti su di me per un giretto notturno”. Fece un mezzo sorriso imbarazzato, non riuscendo a immaginare la reazione dell’altro, aspettandola con impazienza.
Levi fece uno strano suono divertito, che Eren assimilò come una risata. Si tirò i capelli indietro con la mano: “Grazie Eren. Conto su di te allora?”
“Certo capitano!”
“Allora andiamo in cucina a farci un the. Poi filati a letto, che domani dobbiamo partire presto. Niente passeggiatine notturne, Jaeger. Hai già avuto questa”.
Eren si sentì bene mentre rideva alle ultime parole del suo capitano. Sollevato, lo seguì nelle cucine, aspettandolo paziente mentre scendeva le scale. Quando si offrì di aiutarlo, venne mandato istantaneamente a quel paese, e rise di gusto. Vide che anche il capitano aveva accennato un sorriso, e lo guardò incantato. Era decisamente stata la passeggiata notturna più piacevole degli ultimi cinque anni.
 
*
 
Si svegliò a causa di un tonfo proveniente dalla porta. Socchiuse gli occhi, e vide che era stata sfondata, mentre una figura avanzava sbraitando verso lui: “Jaeger, cazzo! E’ dieci minuti che busso a questa cristo di porta, ho dovuto sfondarla per entrare, ti rendi conto?!” Eren realizzò che il capitano Levi era entrato nella sua stanza mentre lui stava ancora dormendo. Perché? Si tirò su le coperte e continuò a cercare di dormire.
“Eren cazzo svegliati e sii attivo, non ho tempo!” Gli strappò le coperte di mano, ed Eren fu attraversato da un brivido di freddo. Mugugnò e si rinchiuse in posizione fetale. “Jaeger, che cazzo dormi in mutande?!”


Eren spalancò gli occhi. Quello era il capitano Levi. Nella sua stanza.
Lui stava praticamente ancora dormendo e non aveva la coperta. Scattò in alto e si coprì, per poco non prese la testa del capitano. “S-signore che ci fa lei qua? E dormo in mutande perché nei sotterranei non c’è aria”. Disse l’ultima frase con un tono tagliente: era stato Levi a posizionare la sua stanza lì.
“Sì sì, va bene Jaeger. Ora ascoltami. Fra due ore partiremo per i territori interni e Arlert ha ideato un piano per catturare Annie Leonhardt in forma umana. Eren, ascoltami cazzo!” Il ragazzo si era risdraiato; Levi lo prese per un braccio e lo rialzò.
“Tu, Arlert e Ackerman andrete a ingannarla. Non sarai con me Jaeger, e non ti potrò controllare. Dovrai gestire tu la situazione assieme ai tuoi amici. Stai attento”. Eren non aveva ancora acquisito la facoltà di ragionare, ma più o meno aveva capito cosa gli stava dicendo il capitano: non sarebbe stato con lui durante una nuova missione, che, da ciò che aveva recepito, era potenzialmente pericolosa.
“S-sì, capitano. Starò attento”.
“Jaeger tu non hai capito un cazzo di quello che ti sto dicendo!” Lo scosse. Eren si era svegliato del tutto; Levi si calmò e si sedette sul letto di fianco a lui. “Allora, ricominciamo tutto da capo. Oggi andrai nei territori interni e metterai in azione un piano con i tuoi due amichetti. Il piano ti verrà svelato completamente questa mattina, quando partiremo. Dovrete cercare di catturare Annie Leonhardt in forma umana. Sono qui per dirti che oggi non sarai con me durante la missione, e io non potrò direttamente controllarti”.
Prese una pausa. Eren assimilò ciò che aveva detto il capitano: seppur aveva mille domande da fargli, lo lasciò continuare. “Quindi stai attento. Oggi non ci sarò io a farti ragionare, dovrai prendere tu le tue decisioni, e non pentirtene. Cerca di capire ciò che è giusto per tutti noi anche se potrebbe essere sbagliato per te. Hai capito, moccioso? Sii sempre lucido. Conto su di te. Hai compreso?”
Lo guardò perforante. Eren annuì, e capì che ci sarebbe stato un altro momento per le domande. Levi fece per alzarsi dal letto, ma il braccio di Eren lo bloccò. “Faccia attenzione anche lei, capitano”.
Era preoccupato senza vera motivazione.
Levi sbuffò: “Come al solito ragazzo. Io faccio sempre attenzione”. Si alzò e se ne andò, lasciando Eren nei suoi pensieri.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Angolo dell’autrice:
Yes! Capitolo interamente basato su Eren e Levi, ma visto che adesso dovranno separarsi ho deciso di esagerare un po’. Pian piano si stanno capendo, e questo li porta ad essere sempre più vicini.
Ditemi che ne pensate! Al prossimo capitolo.
  
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