Chi sei?
Kara si svegliò, ma non aprì gli
occhi, invece si stiracchiò, sorridendo. Era da settimane che non si sentiva
così bene!
Non ricordava neppure che le sue
lenzuola fossero così morbide. Sorridendo beata aprì finalmente gli occhi e
sussultò. Quella non era la sua camera, quello non era neppure il suo letto!
Saltò in piedi e con un senso di vertigine si rese conto di essere in casa sua.
Sbatté gli occhi ed ecco che era di nuovo da qualche altra parte.
“Che cosa sta succedendo?” Chiese ad
alta voce, perché aveva bisogno di ancorarsi a qualcosa di reale.
“Chi ha parlato?” Il tono era leggermente acuto, come se contenesse una punta di panico.
“Oh Rao,
sto impazzendo.”
“Sto impazzendo.” Disse in contemporanea la voce nella sua testa.
Kara sentiva il cuore che batteva
veloce, i suoi occhi coglievano due posti, uno era casa sua, l’altro una camera
enorme, con un’ampia scrivania sul fondo e delle finestre dalle quali,
attraverso le tende, filtrava la luce del sole.
“Chi sei?” Mormorò piano.
“Chi sei, tu!”
Rispose con tono deciso la voce nella sua testa.
“Io… mi chiamo Kara.” Forse era da
pazzi parlare con una voce nella testa, ma era meglio che rimanere lì semi
terrorizzata.
“Lena.”
Rispose allora la donna e lei sentì la paura lentamente scemare.
“Quindi… sei nella mia testa?” Provò
di nuovo.
“Direi che, tu, sei nella mia di testa.” Nel tono della donna si percepiva la
tensione, ma anche dell’ironia. Si era ripresa in fretta. Kara non poté fare a
meno di sorridere.
“Oh, no. Se qualcuno deve essere
pazzo, quella sono io, quindi, tu, sei nella mia testa.” Controbatté e sentì
una piccola risata.
“Questa situazione è assurda: la voce nella mia testa cerca di fare
dell’ironia con me…”
Lena sospirò e Kara ebbe la sensazione che la stanza attorno a lei cambiasse,
fu colpita da un’idea.
“Ti stai muovendo?” Chiese.
“Sì…”
Ammise la donna.
“Sei in una stanza con delle tende
verdi chiare? Un grande letto dalle lenzuola di seta e alla tua destra c’è un
armadio di legno scuro?” Un lungo silenzio seguì le sue parole.
“E tu in una stanza dai colori caldi, vedo la cucina e il salotto e
un’ampia finestra dalle tende bianche.”
“Esatto!” Affermò lei, sedendosi sul
letto.
“Vuoi dire che sei… vera?”
“Sì!” Esclamò decisa. “Siamo reali
entrambi, solo che…”
“Siamo una nella testa dell’altra.” Concluse Lena. “Com’è
possibile?” Domandò.
“Non lo so… ma ti assicuro che ho
visto molte cose strane, questa non è molto più strana di altre.”
“Davvero?” Il
tono scettico non sfuggì a Kara.
“Sì, davvero. Una volta sono stata
intrappolata nella mia stessa mente da un parassita pianta schifoso e il mio
pianeta non era distrutto, la mia famiglia viveva e io ero felice, c’era
persino mio cugino e aveva quel ricciolino carino e…” Si interruppe portandosi
le mani alla bocca. Era ovvio che aveva detto troppo. Vi fu un lungo silenzio,
ma Kara sapeva che Lena era ancora lì, se stringeva appena gli occhi poteva
vedere le tende verdi ondeggiare ora che lei aveva aperto un poco la finestra.
“Lena?” Chiamò titubante.
“Sei Supergirl?” Chiese la donna e lei arrossì,
abbassando il capo.
“Io… ehm…”
“Ci sono molti alieni sulla terra, ma pochi hanno un cugino con un
ricciolo sulla fronte carino come quello di Superman o invocano Rao.” Kara chiuse gli occhi e provò un immediato divertimento. “Non credo che chiudere gli occhi basti.”
Kara li riaprì, sorpresa, non per la frase, ma per la sensazione, non proveniva
da lei, no, era evidente che provenisse dall’altra donna.
“Non possiamo solo vedere una
attraverso gli occhi dell’altra e sentire ciò che diciamo, posso anche sentire
le tue emozioni!”
“Cosa?” Questa
volta da Lena provenne un picco di panico.
“Oh!” Esclamò lei. “Questo era
intenso!”
“Hai sentito…?”
“La tua paura, sì, ma non devi
averne, le tue emozioni sono al sicuro con me.”
“Non ti conosco, come posso fidarmi? Nessuno è mai arrivato tanto vicino
a me da…” Si
interruppe e Kara sentì la sua tristezza.
“Lena.” La chiamò con dolcezza. “Tu puoi sentire le mie.” Cercò di infonderle quel senso di
protezione, di coraggio, di condivisione. Qualcosa che istintivamente, per
qualche oscura ragione, sapeva di poter offrire a questa perfetta sconosciuta.
“Va bene…”
Accettò la donna e Kara sorrise. Si alzò e si stiracchiò. “Non ti preoccupa neanche un po’ questa situazione?” Chiese, con
voce bassa, Lena.
“Non lo so… il fatto è che sono
giorni che non mi sento bene e ora che sei qui, beh, non mi sono mai sentita
meglio.” Provò un immediato senso di benessere e capì che Lena non solo aveva
apprezzato le sue parole, ma si era resa conto che era la stessa cosa per lei.
“Però dovremmo capire come gestire la cosa e… aspetta!” Si interruppe e sgranò
gli occhi. Davanti a lei si apriva un panorama sconosciuto. “Dove abiti?”
Domandò. Vi erano alberi alti e verdi, siepi elegantemente disposte a formare
disegni e poteva persino scorgere l’oceano.
“Questa è la casa delle vacanze della mia famiglia… vi sono tornata ieri
sera, perché adesso…”
Si interruppe. Kara percepì un dubbio, un timore, qualcosa di indefinito che la
tratteneva dal dire di più.
“Ho capito, sei una riccona! Ora mi
vergogno del mio appartamento minuscolo.”
“Il tuo appartamento è molto bello, luminoso, caldo, accogliente.” Era evidente il suo sollievo nel non
essere stata interrogata ulteriormente.
“Grazie.”
“Non avevo mai pensato al fatto che Supergirl
dovesse avere un appartamento, pagare le bollette e gettare la spazzatura.” Kara sorrise nel percepire la
curiosità serpeggiare in Lena.
“Devo anche mangiare.” Ricordò
dirigendosi in cucina. Bussarono alla porta e lei si voltò, rendendosi conto
solo dopo un istante che non era alla sua porta che avevano bussato.
“Buongiorno, miss. Ha dormito bene?”
“Sì, grazie.”
La voce della cameriera giungeva alle sue orecchie come se si fosse trovata
davanti a lei.
“Per Rao
sei davvero ricca!” Un profumino invitante raggiunse le sue narici e Kara sentì
il suo stomaco brontolare. “Colazione in camera? Stai scherzando?” Lena non
rispondeva, ma Kara percepiva il suo divertimento. “Aspetta un attimo, come
faceva a sapere che eri sveglia? Non è che entra in camera tua ogni dieci
minuti per controllare?” Scoppiò a ridere all’idea.
“Kara!” La
redarguì con divertimento Lena e attraverso gli occhi della donna vide la
cameriera fissarla.
“Come, miss?”
Chiese e lei soffocò le risate nelle mani.
“Nulla, Catherine. Grazie mille della colazione, sembra tutto
buonissimo.”
“Grazie, miss.”
“Deve sempre chiamarti ‘miss’? Devo
chiamarti ‘miss’ anche io?” Kara ridacchiava, ma quando vide la colazione
luculliana davanti agli occhi di Lena si zittì.
“Senti che profumino.” La provocò allora la ragazza, agitando la mano e abbassando
il volto sui croissant caldi.
“Ahhhh!
Questo non è giusto!” Protestò.
“Oh, perché provocarmi quando non posso rispondere è giusto?” Le rispose divertita la donna e Kara
corrugò la fronte.
“Ok…” Lena rise e Kara provò un senso
di orgoglio e di felicità, era bello sentirla ridere, era bello essere la fonte
di quella risata. Di nuovo percepì quel senso di calore, provenire da Lena e si
crogiolò in quella sensazione.
La porta alle sue spalle si aprì e Mon-El fece la sua comparsa.
“Kara, sono a casa!” Sbraitò. Amava
troppo quella frase, era stata divertente le prime volte, ma ora iniziava a
essere ripetitiva.
“E questo chi è?” Chiese la voce perplessa di Lena.
“Il mio ragazzo.”
“Come, Kara?” Chiese Mon-El avvicinandosi a lei e dandole un bacio.
“Questo è stato strano.” La voce di Lena nella sua testa la fece arrossire.
“Credo che dovresti andare.”
“Andare? Ma sono appena arrivato?”
“No… ehm… non dicevo a te.” Kara fece
un sorriso al ragazzo. Poteva vedere Lena che stava tranquillamente spalmando
del burro su una fetta di pane tostato e, per quanto la conoscesse da pochi
minuti, poteva indovinare il sorrisino divertito che aveva sulle labbra.
“Mi dispiace, ma non so come andarmene. Fidati, neanche io vorrei essere
stata lì quando ti ha baciata.” Da Lena provenne un’onda di fastidio mista a divertimento
per la situazione scomoda in cui si trovava la ragazza d’acciaio.
“Posso prepararti i pancake?” Chiese Mon-El, affaccendandosi in cucina.
“Oh, un uomo che cucina!” Commentò Lena, adesso sorseggiava un caffè. “Una perla rara.”
“Sì, grazie… solo un minuto.” Kara
fece dietro front e si nascose in bagno. “Dobbiamo trovare un modo per…” Si
fermò e corrugò la fronte. Gli occhi di Lena erano caduti casualmente su un giornale
posato sul tavolo accanto alla marmellata. Kara non ci avrebbe fatto caso se
non avesse riconosciuto il titolo che campeggiava in prima pagina. “Luthor?” Chiese incuriosita. “Cos’hanno fatto questa
volta?”
“Come?” Kara
percepì qualcosa in Lena, per un istante le sembrò di cogliere del panico, di
nuovo, poi non percepì più nulla, sbatté le palpebre e capì che era sola. Lena
non c’era più.
Chiuse il pugno sul giornale, nel
panico. Percepiva la perplessità di Kara alla sua reazione e poi… nulla. Lena sbatté
le palpebre, confusa.
“Kara?” Chiamò. Non c’era più.
L’aveva spinta via?
Scosse la testa, scossa. Com’era
possibile che un simile legame si fosse creato? Com’era possibile che ora si
sentisse tremendamente vuota?
Chiuse gli occhi e respirò profondamente,
tutta quella storia non aveva senso. Si alzò, prese il telefono e chiamò il suo
medico. fissando una serie completa di test ed esami per quello stesso
pomeriggio.
Passare all’azione la calmò,
qualsiasi cosa non andasse nel suo cervello l’avrebbe risolta. Perché era
chiaro che qualcosa non andava in lei. Le avevano forse innestato un congegno
che le dava allucinazioni?
Doveva essere tecnologia di grido,
perché aveva avuto allucinazioni visive, olfattive, uditive, persino… non
riuscì a impedirsi di provare un senso di benessere mentre ricordava il
delicato, ma deciso, senso di protezione che aveva percepito dalla ragazza.
Supergirl. Era possibile? No, molto più
probabilmente qualcuno si stava divertendo con il suo cervello.
Questa era la parte razionale, ma un
piccola parte di lei, la parte emotiva, sapeva che Kara era reale, che era da
qualche parte intenta a mangiare pancake con quel ragazzo. Corrugò la fronte al
pensiero, dunque Supergirl aveva un ragazzo… chissà
se sapeva che lei era la supereroina di National City… e questo la portava ad
un altro pensiero: Kara. Era il nome con cui si era presentata, era forse il
nome kryptoniano o, più probabilmente, il nome con il
quale si presentava al mondo con la sua identità segreta?
Troppe domande per cui lei non aveva
tempo, aveva appena accettato di guidare la Luthor
Corporation, non poteva pensare di avere un chip nel cervello o di essere in
contatto psichico con un Super!
Ma l’aveva spinta via… forse non
l’avrebbe mai più sentita. L’idea le provocò un senso di perdita acuto che lei
soffocò alzandosi con uno scatto e raggiungendo l’armadio. Avrebbe smesso di
pensare e avrebbe affrontato la giornata come ogni altra mattina.
“Tutto a posto.” Affermò Alex con un
sorriso.
“Davvero?” Chiese Kara, saltando giù
dal lettino con aria perplessa.
“Sì, perché?”
“Nulla, così…” Sorrise alla sorella
che la guardò corrugando la fronte. Kara capì che sarebbe finita presto sotto
interrogatorio se non si toglieva da lì in fretta. “Ora devo andare, mi
aspettano alla CatCo! Grazie Alex, questi test
mensili sono noiosi!”
“Tutti gli agenti del DEO fanno i
test mensili, nessuno escluso, Supergirl.” J’onn la guardò con aria seria.
“Ma certo!”
“Ma il tuo non era fissato tra una
settimana?” Intervenne Winn, perplesso, e Kara fece
una smorfia, maledendo la memoria del ragazzo.
“Davvero? Ero sicura che fosse oggi!”
Affermò, arrossendo un poco, mentre vedeva Alex che controllava le date
inarcando un sopracciglio. “Vado!” Sorrise a tutti e sparì prima che sua
sorella potesse interrogarla.
Nel cielo di National City non c’era
una nuvola e Kara volò piano, riflettendo. Lena.
Com’era possibile che ci fosse una
persona connessa alla sua mente? Era sembrato tutto così sensato, così giusto,
così vero eppure da quando non c’era più aveva vissuto nel dubbio. Aveva
sognato? Stava impazzendo? Le stavano controllando la mente?
Chiedere ad Alex di farle un
controllo era stata l’unica mossa logica a cui era riuscita a pensare, ma non
era riuscita a dirglielo. Perché? Non lo sapeva.
Una piccola vocina nella sua testa,
questa volta tutta sua, le diede della bugiarda. Lei sapeva perché non aveva
detto niente a nessuno, non a Mon-El, non ad Alex,
non a Winn e, meno che mai, a J’onn…
perché loro avrebbero fatto il possibile per eliminare quel collegamento.
Avrebbero pensato e lavorato ad un modo per separarle e lei… lei non lo voleva.
Era assurdo, ma, per la prima volta da quando ricordava, si era sentita
perfettamente completa solo con quell’estranea nella mente.
Atterrò in un piccolo vicolo dietro
al grande palazzo della CatCo e indossò gli abiti di
Kara Danvers, prese un profondo respiro e annuì.
Avrebbe affrontato la giornata come tutte le altre e sperato, con tutta se
stessa, che il miracolo si fosse ripetuto e che Lena sarebbe tornata.
Note: Primo capitolo, siete state così veloci ad arrivare a 5 commenti che ve lo siete meritate, anche se avevo pensato di lasciare un po’ più di tempo al prologo.
Le cose si fanno interessanti… spero… ;-)
Lena e Kara si solo incontrate, ma non nel modo “classico”, le loro menti si sono connesse e le due ragazze sembravano averla presa abbastanza bene, almeno fino a quando erano insieme, poi sono arrivati i dubbi e le preoccupazioni, ma anche il desiderio di ritrovarsi ancora.
Sorprese dalla rivelazione immediata di Kara? Sì, la nostra ragazza d’acciaio non ha saputo mantenere il suo grande segreto neanche per tre secondi, Lena invece non ha detto proprio tutto… guai in vista? Lascio giudicare a voi!
Nel prologo volevo lasciarvi un po’ di mistero sul legame tra Kara e Lena e non l’ho detto, ma ho pensato a questa storia dopo aver visto il film “In your eyes” se vi va di vederlo non è male.
Come sempre fatemi sapere cosa ne pensate! Rendere felice un autore non ha prezzo! Giusto? ;-)