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Autore: Tigre Rossa    31/05/2017    5 recensioni
‘Tornerò da te, amore mio. Te lo prometto.’
Sfioro la sua guancia per quella che, lo so, sarà per lungo tempo l’ultima volta.
Il mio piccolo mezzuomo chiude gli occhi e, perdendosi in quella carezza fugace, mi stringe la mano tra le sue, cercando di far durare quel flebile contatto il più a lungo possibile, prima che l’oblio ci separi.
‘Sai che non puoi fare una promessa simile, Thorin.’
Sussurra, la voce spezzata di chi ha smesso di sperare.
Incapace di sentirlo parlare in questo modo, gli sollevo delicatamente il mento con due dita ed aspetto che riapra esitante quei grandi occhi blu di cui mi sono innamorato.
‘Posso, invece.’
Mormoro dolcemente, affidandogli il mio giuramento.
Non lo perderò, non più, mai più.
‘Tornerò, Bilbo. Dovessi metterci mille secoli, tornerò da te.’
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Reincarnation AU-Bagginshield
Genere: Angst, Romantico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri, Bilbo, Thorin Scudodiquercia
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 8 – Perduto –seconda parte-

 

 

 

Ci sono volte, quando mi sveglio la mattina che . . . non so per quale motivo, ma mi ritrovo con le lacrime agli occhi . . .

 

Il solito sogno che ho già fatto, ma che non riesco mai a ricordare, però . . .

 

Però . . . la sensazione di aver perso qualcosa, quella rimane anche dopo molto tempo.

 

 

 

-Your name

 

‘Qual è il suo nome?’

 

 

 

‘Bilbo. Bilbo Baggins.’

 

 

 

“Dovresti dormire, mastro Baggins.”

 

 

Le mie parole, basse ed inaspettate nella notte, colgono il piccolo scassinatore di sorpresa, facendolo sobbalzare.

 

Si gira verso di me quasi con esitazione, imbarazzato da quella reazione e un po’ nervoso per la  mia presenza accanto a lui, adesso che ogni cosa tace.

 

Incontra il mio sguardo e subito lo distoglie, tentando di formulare una qualsiasi risposta di senso compiuto.

 

 

 

“Si, l-lo so, ma ecco, io..”

 

 

 

Incapace di continuare, rimane in silenzio a strofinarsi con forza le mani l’una contro l’altra, alla ricerca di un po’ di calore.

 

Una sensazione di dolcezza infinita mi stringe il cuore ancora più del solito, e per un attimo ho il folle istinto di allungarmi verso di lui, tirarlo contro il mio petto e stringerlo tra le mie braccia fino a quando non avrà smesso di tremare.

 

Scaccio con decisione quel pensiero, ma non riesco proprio a guardarlo così.

 

In momento di folle coraggio, mi avvicino a lui e di fronte al suo sguardo confuso mi sfilo la pelliccia.

 

Con delicatezza, gliela poggio sulle spalle, e a questo mio gesto le guance, già arrossate per il gelo, gli si fanno ancora più rosse.

 

I suoi grandi occhi sorpresi salgono a cercare i miei, come a volersi assicurare di non essere in un sogno, in un’illusione fugace che svanirà al mattino.

 

 

 

Lo sguardo che quegli occhi blu mi rivolgono è qualcosa di così dolce e delicato, eppure di così ardente, che io posso letteralmente sentire il mio cuore tremare.

 

 

 

“Non voglio che il mio scassinatore si riduca a un ghiacciolo tremante.”

 

 

 

Riesco appena a sussurrare, anche se vorrei poter dire molto di più, soprattutto quando vedo i suoi occhi rabbrividire nel sentire quelle parole soffocate, quasi come se non aspettassero altro, come se anche il suo cuore non  ce la facesse più.

 

 

 

Oh, Bilbo, tu non hai idea . . .

 

 

 

“Vedi di riposare, domani ci attende una lunga giornata.”

 

 

 

Mi costringo ad andarmene prima di perdere il controllo, prima di lasciare che quegli occhi blu mi streghino, prima di dimenticare qualsiasi altra cosa che non sia lui e solamente lui.

 

Prima di scivolare via, però, non riesco a trattenermi dal sfiorargli una mano con la punta delle dita, alla ricerca del più flebile contatto che possa in qualche modo placare la mia anima in fiamme.

 

 

 

Mi allontano, ma non posso non lanciargli un’ultima furtiva occhiata alle mie spalle, e quello che vedo –lui, piccolissimo e fragile, stretto ad occhi chiusi nella mia pelliccia e con un sorriso spontaneo sulle labbra- mi calma e mi infuoca dentro.

 

Il mio piccolo scassinatore.

 

Sorrido, non visto, a quel piccolo miracolo che mai avrei creduto di poter ricevere.

 

 

 

Un giorno, forse, avrò davvero il diritto di chiamarlo mio.

 

 

 

 

 

‘E questo, zio, è il famoso Bilbo Baggins!’

 

 

 

‘P-piacere di c-conoscervi, signor . . .’

 

‘…Durin.’

 

 

 

 

 

Un mugolio sommesso richiama la mia attenzione, e i miei occhi attenti scattano alle mie gambe, sulle quali è poggiata con delicatezza una matassa disordinata di riccioli ramati, così scomposti da nascondere quegli occhi blu mozzafiato, chiusi per il sonno e la stanchezza, che ormai conosco tanto bene.

 

 

 

Scosto appena qualche ciocca ribelle, per poter osservare alla pallida luce delle stelle il viso addormentato del mezzuomo.

 

Nonostante tutta la sua buona volontà e il suo proposito di farmi compagnia nel mio turno di guardia, è comunque crollato, assopendosi letteralmente sulla mia spalla.

 

Avrei potuto svegliarlo, ma ho preferito lasciarlo riposare, dopo averlo sistemo in una posizione un po’ meno scomoda rispetto a quella in cui si era addormentato e averlo coperto con la mia pelliccia, in modo da ripararlo dal freddo della notte.

 

 

 

Il piccolo scassinatore si lascia sfuggire nuovamente dalle labbra socchiuse un lamento soffocato e si agita un po’, come se stesse cercando di scacciare qualcosa di intangibile.

 

Sta avendo un incubo, senza dubbio.

 

 

 

“Shhh.” sussurro, anche se so che non può sentirmi, accarezzandogli delicatamente i lenti ricci in timide carezze “Stai tranquillo. E’ tutto a posto.”

 

Sembra quasi sentirmi, o forse avverte semplicemente il tocco della mia mano, perché smette pian piano di agitarsi e si spinge ancora di più contro di me, alla ricerca del calore del mio corpo, come un bimbo addormentato bisognoso di sicurezza.

 

Questo gesto, così inconsapevole eppure così tenero e colmo di spontanea fiducia, mi accende dentro un calore incontrollabile, e non posso fare a meno di chinarmi su di lui e sfiorargli la fronte con le labbra, in un bacio delicato celato dalla notte e dal silenzio.

 

“Dormi sereno, amrâlimê.” mormoro con voce roca, anche se so che non potrà sentirmi, e anche se potesse non capirebbe mai il significato profondo nascosto dalla mia lingua natia “Ci sono io, con te.”

 

 

 

‘Arrivederci, Thorin.’

 

 

 

 

Lo spingo contro la parete, in modo che non possa allontanarsi ancora, che non possa sgusciarmi via tra le dita un’altra volta. Le mie mani sono strette attorno ai suoi polsi, che premo contro il muro senza eccessiva forza, ma abbastanza per impedirgli di liberarsi.

 

Il mezzuomo si dimena, cercando di sottrarsi alla mia stretta, ma la sua forza non è nulla in confronto alla mia, e alla fine non può fare altro che irrigidirsi e serrare la mascella, mentre i suoi occhi blu scattano verso i miei.

 

“Lasciami.”

 

Sibila, ma la sua voce trema, spezzata da qualcosa che per qualche momento ho difficoltà ad identificare. Ma, quando vedo le sue labbra tremare appena e il suo volto farsi sempre più pallido, capisco.

 

Mi avvicino ancora di più, tanto che i nostri respiri finiscono per mescolarsi e la punta del mio naso quasi sfiora la sua, e lo sento sussultare per l’eccessiva vicinanza. Posso quasi sentire il suo cuore battere disperatamente a pochi centimetri dal mio, come se volesse uscire dal petto e fuggire via, il più lontano possibile.

 

 

 

“Hai paura di me, Bilbo?”

 

 

 

Gli chiedo, la voce bassa e roca, mentre studio quegli occhi in cui tante volte mi sono perso e che negli ultimi giorni continuano a sottrarsi ai miei, come se non potessero più reggerne il confronto.

A quella domanda trattiene il fiato, preso alla sprovvista, e deglutisce visibilmente. Resta in silenzio per un lungo, interminabile momento, e deve bagnarsi più volte le labbra per riuscire finalmente a parlare.

 

 

“No, non ho paura di te.”

 

 

 

Mormora, e dai suoi occhi mi rendo conto che è sincero, che lui non potrebbe mai avere veramente paura di me,e per un attimo mi sento rincuorato, ma poi lo vedo respirare a fondo, come se stesse raccogliendo coraggio, e il dubbio torna a sussurrarmi all’orecchio.

 

Parla di nuovo, ma quasi costringendosi, come se non volesse davvero farlo, e la voce gli esce spezzata dalle labbra.

 

 

 “Ma q-questo, questo non sei tu. Non sei più tu, Thorin. Non sei più il mio Thorin.”

 

Quelle parole mi colpiscono come una pugnalata, anche se non riesco a capirne il senso, anche se vedo che lui stesso sta soffrendo nel pronunciarle.

 

“Il Thorin che conosco, lui non si comporterebbe mai così. Il Thorin che io . . . d-di cui. . . di cui io . . .”

 

 

 

Si ferma, incapace di continuare, e distoglie gli occhi che hanno iniziato a tremargli, mordendosi le labbra e cercando di calmarsi, di recuperare il controllo di sé.

 

 Sta crollando di fronte ai miei occhi, me ne rendo conto.

 

Ma non posso lasciare che quella frase resti in sospeso nell’aria, non ora che l’incendio che lui mi ha acceso dentro e di cui è responsabile brucia ed arde come non mai, come il fuoco implacabile del drago.

 

 

 

“Di cui tu . . .?” ripeto, spingendolo silenziosamente a parlare ancora, bramando con tutto me stesso di poter finalmente sentire quelle parole dalle sue labbra. Ma queste restano sigillate, e lui volta il viso dall’altra parte, schiacciandosi contro la parete e rifiutandosi di incontrare il mio sguardo.

 

 

 

Irritato da questo suo silenzio, gli stringo entrambi i polsi con una sola mano e con quella libera gli afferro con decisione il mento e lo volto verso di me, costringendolo a guardarmi di nuovo negli occhi.

 

Avvicino ancora di più il viso al suo, tanto che potrei aprirgli quelle labbra serrate con la forza, solo con pochi, rapidi movimenti della mia bocca, e costringerle in una danza infuocata di cui a lungo mi sono privato, ma che adesso ogni singola parte di me pretende, insieme a quelle parole a lungo attese che lui si rifiuta di pronunciare.

 

 

“Continua.”

 

Gli ordino, la voce dura di un sovrano, di un re che pretende ciò che gli spetta di diritto.

 

Il mezzuomo sostiene il mio sguardo, e per un attimo mi sembra quasi di perdermi nei suoi occhi, colmi semplicemente di troppo.

 

Quando parla, la sua voce è di nuovo ferma, ma trasmette un dolore e una sofferenza che mai, prima di questo momento, avrei creduto potesse provare.

 

 

“Non costringermi a dirlo. Non ora.”

 

 

I suoi occhi diventano un po’ più lucidi ad ogni sillaba pronunciata, come se non stesse ferendo solo me ma anche se stesso, e quando dalle sue labbra sfuggono due parole, simili a gemiti, che mai avrei voluto sentire pronunciate da lui, sento ogni cosa crollarmi addosso.

 

“Ti prego.”

 

Come se mi stessi risvegliando da un lungo sonno, lascio andare lentamente il suo viso e allento la stretta attorno ai suoi polsi, per poi lasciarlo libero del tutto ed indietreggiare di qualche passo.

 

Lo scassinatore riprende piano a respirare e si stacca appena dalla parete, toccandosi i polsi come se gli facessero male e continuando a seguire ogni mio movimento con lo sguardo, quasi temendo un altro attacco da parte mia.

 

 

 

Allora, gli avvolgo con urgenza la vita con un braccio e lo stringo contro il mio petto, e per un lungo, terribile momento lo stento irrigidirsi e tremare sotto il mio tocco.

 

 “Perdonami.”

 

Sussurro tra i suoi capelli mentre continuo a stringerlo, incapace di lasciarlo andare, in un abbraccio amaro che sa di pentimento e di rimpianto.

 

“Perdonami, amrâlimê.”

 

 

 

Bilbo rimane immobile e in silenzio per un tempo che sembra eterno, ma poi le sue mani salgono ad intrecciarsi tra i mie capelli, stringendomi, anche se con esitazione, più vicino a lui, e si lascia sfuggire il mio nome, come una preghiera affidata agli dei e mai ascoltata.

 

 

 

“Thorin . . .”

 

 

 

 

 

‘Mi aspetti da tanto?’

-Ti aspetto da sempre-

 

 

 

 

 

“No!”

 

 

 

La sua voce, soffocata dalla lacrime che non riesce più a nascondere, mi strazia dentro, ma non posso fare nulla per placarla, per calmare quel grido di dolore che mai avrei voluto ascoltare.

 

 

 

“No, no, no! Thorin!”

 

 

 

I suoi occhi, ormai lucidi, cercano i miei, tentando di tenermi in qualsiasi modo ancora aggrappato alla vita, anche se la sento abbandonarmi sempre di più, al ritmo del suo cuore sul punto di spezzarsi.

 


 “Thorin, non lasciarmi!”

 

 

 

Mi dispiace, Bilbo.

 

Non posso restare, anche se è tutto quello che vorrei.

 

Sarei disposto a qualsiasi cosa, pur di non lasciarti.

 

 
“Thorin! No, tieni duro Thorin, tieni duro.”

 

 

 

Ma te lo giuro, troverò un modo per tornare da te, e aspetterò fino a quando non potremo stare di nuovo insieme.

 

“Vedi? Le aquile. Le aquile sono qui. Thorin! Io . . .”

 

Ti aspetterò anche per sempre, se sarà questo il volere di Mahal.

 

 

 

 

 

‘Comunque, perché mi hai richiamato?’

 

 

 

‘Perché volevo rivederti. Perché dovevo rivederti. Non so nemmeno io come, ma è così.’

 

 

 

‘Mi crederesti se ti dicessi che per me è lo stesso?’

 

 

 

 

 

‘Tornerò da te, amore mio. Te lo prometto.’

 

 

 

Sfioro la sua guancia per quella che, lo so, sarà per lungo tempo l’ultima volta.

 

Il mio piccolo mezzuomo chiude gli occhi e, perdendosi in quella carezza fugace, mi stringe la mano tra le sue, cercando di far durare quel flebile contatto il più a lungo possibile, prima che l’oblio ci separi.

 

‘Sai che non puoi fare una promessa simile, Thorin.’

 

Sussurra, la voce spezzata di chi ha smesso di sperare.

 

Incapace di sentirlo parlare in questo modo, gli sollevo delicatamente il mento con due dita ed aspetto che riapra esitante quei grandi occhi blu di cui mi sono innamorato.

 

‘Posso, invece.’

 

Mormoro dolcemente, affidandogli il mio giuramento.

 

Non lo perderò, non più, mai più.

 

‘Tornerò, Bilbo. Dovessi metterci mille secoli, tornerò da te.’

 

 

 

 

 

Mi sveglio soffocando un urlo, il cuore che batte come mai prima d’ora e la ferita che brucia e brucia, come se mi fosse stata appena inferta.

 

Ci metto qualche momento per realizzare che si è trattato solamente di un sogno, un’illusione, un incubo, ma comunque il mio respiro non vuole saperne di calmarsi.

 

Mi passo una mano sul volto, quasi cercando di scacciare quelle immagini che continuano a danzare di fronte al mio sguardo –quel sorriso luminoso di cui mi sento dipendente, quegli occhi blu che mi fissano ora con sorpresa, ora con dolcezza, ora con timore, ora ancora con disperazione-, e sento i polpastrelli inumidirsi.

 

Confuso, apro gli occhi e osservo le mie dita, e solo allora me ne rendo conto.

 

Lacrime.

 

 

 

Ho pianto.

 

 

 

Ho pianto nel sonno, vedendo quei fantasmi di eventi mai realmente avvenuti, eppure così tangibili e reali.

 

 

 

Ho pianto per la prima volta dopo anni.

 

 

 

Angosciato, mi passo entrambe le mani sul viso, come se volessi cercare di cancellare le tracce di quelle lacrime, come se potessi in questo modo annullare tutte le emozioni che questi sogni folli mi accendono dentro e che non riesco mai a soffocare.

 

Non serve a niente, e quando mi alzo e mi sento girare la testa l’unica cosa a cui posso pensare sono un paio di occhi blu scuro che studiano i miei e il mio nome, sussurrato nella notte da una voce che sto imparando a temere ed amare allo stesso tempo.

 

 

 

‘Thorin...’

 

 

 

 

 

Senza nemmeno rendermi conto di quello che sto facendo, accendo la piccola lampada sul comodino, afferro il mio cellulare e compongo un numero che ormai conosco a memoria, per poi aspettare, aggrappandomi a quel telefono come se fosse l’unica zattera sicura in mezzo a questa tempesta.

 

Resto col fiato sospeso, a pregare silenziosamente qualcuno che non c’è e a contare.

 

Uno squillo.

 

Due, tre, quattro, cinque squilli.

 

Sei, sette squilli.

 

All’ottavo squillo, la telefonata viene accettata, e una voce, bassa e stanca ma reale, veramente reale, risponde, pronunciando piano il mio nome.

 

 

 

“Thorin?”

 

 

 

La voce di Bilbo mi raggiunge, non più pallida illusione dei miei tormenti notturni, ma calda e tangibile e reale, e nel sentirla un sospiro di sollievo mi sfugge dalle labbra, e il mio cuore riprende a battere un po’ più piano.

 

“Bilbo . . .”

 

Mormoro, chiudendo gli occhi ed aggrappandomi a quella voce, capace di fare da scudo da quei fantasmi dolorosi che urlano il mio nome e vorrebbero trascinarmi di nuovo indietro tra le loro grinfie.

 

“Thorin, è successo qualcosa?” chiede il piccolo scrittore, lievemente allarmato dal mio tono, e mi costringo a riaprire gli occhi e a tornare in me, o almeno provarci.

 

“N-no. Scusami, io. . . avevo solo bisogno di sentirti.” tento di spiegarmi, incapace di riuscirci davvero.

 

Avevo bisogno di sentire la tua voce.

 

Un piccolo momento di silenzio, e poi lui osserva, con un tono vagamente confuso ed un po’ divertito “ Sono le tre di notte, lo sai sì? “.

 

“Oh.” lancio un rapido sguardo alla sveglia, e nel vedere il quadrante luminoso confermare le sue parole per un istante mi sento un completo idiota.

 

L’ho chiamato nel bel mezzo della notte, senza pensare alla logicità del mio gesto, all’ora, alla possibilità che lui stesse dormendo, a niente se non quell’ardente bisogno di avere la certezza che lui fosse lì fuori, da qualche parte, sereno e al sicuro, che non l’avessi perso, che . . .

 

Tentando di fermare quel flusso incontrollato di pensieri, prendo a tormentare le piastrine che porto al collo e borbotto delle scuse, imbarazzato.

 

“Scusa, non mi sono proprio reso conto dell’orario. Io. . .”

 

“Non preoccuparti, non fa niente.” mi ferma gentilmente, e dal suo tono riesco a rendermi conto che sta sorridendo “Non stavo dormendo, comunque. “.

 

Poi, la sua voce cambia, facendosi nuovamente seria e preoccupata, e posso quasi vedere la sua fronte aggrottarsi e il suo sguardo farsi scuro e pensoso “Sei sicuro di star bene? Hai il respiro affannato.”

 

Mi affretto ad annuire e poi, ricordandomi che non può vedermi, sussurro un teso “S-sto bene.”

 

Ora.

 

Segue una piccola pausa in cui mi lascio cadere sul letto e penso a cos’altro potrei dire per giustificare quella telefonata random ad un orario improponibile, ma dall’altra parte lui mi procede, chiedendomi con un pizzico di tensione “Brutti sogni?”

 

Per un attimo resto senza fiato, e il cuore cerca di nuovo d’uscire dal mio petto.

 

“Come fai a saperlo?” domando, il tono più aggressivo di quanto vorrei, ma incapace di non mettermi sulla difensiva.

 

“Semplice logica.” spiega, senza all’apparenza notare il mio nervosismo “Se non è successo nulla, la ragione non può che essere qualcosa che ti ha turbato nel sonno, ma avevi bisogno di una voce amica per renderti conto che non era reale. Mi sbaglio?” dice, e per un attimo mi sembra una spiegazione così elementare da sentirmi un idiota per la seconda volta.

 

Stringo con un po’ più di forza le piastrine, cercando di scacciare le immagini di quei sogni che, una volta nominati, stanno facendo di tutto per tornare ad oscurare la realtà.

 

“No, non sbagli.” ammetto, senza però avere la forza di dire altro.

 

Lo sento esitare e poi domandare, il tono delicato e teso che usa solamente quando mi chiede qualcosa del mio passato e teme di osare troppo “Era la guerra?”.

 

Abbasso lo sguardo sulla mia ferita, che continua a bruciare come fuoco, e per un attimo sono tentato di dire di sì, sapendo che in quel caso non approfondirebbe, per rispetto nei miei confronti. Ma non voglio mentire. Non posso mentire, non a lui.

 

“Non questa volta.” ammetto, anche se non voglio rivelargli che è lui la ragione dei miei incubi, delle mie urla nella notte, di quelle lacrime di cui avevo quasi dimenticato il sapore amaro.

 

“Uh...” mormora pensoso, e per un attimo me lo immagino mentre ruota il naso in quel gesto inconsapevole che fa ogni tanto, quando è sovrappensiero.

 

“Sai, a volte quando parli così sembri quasi un vero strizzacervelli, con tanto di studio e via dicendo.” commento, tentando in qualche modo di cambiare argomento.

 

Lo sento soffocare uno sbruffo divertito “Diciamo che sono praticamente uno psicologo onorario ormai, quindi non sei troppo lontano dalla realtà. Ho abbastanza esperienza in queste cose.”

 

 “Quali cose?”

 

“Reazioni a situazioni traumatiche. Terrori notturni. Insonnia o incubi generati da un trauma o semplicemente dallo stress.” elenca con tono freddo e meccanico, come se stesse leggendo una lista della spesa “Ne ho visti gli effetti sulle persone che amavo, e in molti casi li ho vissuti sulla mia pelle.”

 

Quella risposta, sincera ma inaspettata, mi lascia di sasso, e mi ritornano in mente le sue parole di qualche settimana fa, durante quella discussione su Dis e il suo amico strizzacervelli.

 

“Per questo una volta mi hai detto che sei andato da uno psicologo? Hai dovuto affrontare una situazione traumatica?” chiedo, e immaginare Bilbo dover affrontare qualcosa che l’ha spezzato dentro mi fa stranamente ed incredibilmente male.

 

Esita, incerto se continuare o meno “Ecco, non . . . non è un argomento di cui parlare al telefono.”

 

Mi rendo conto della sua tensione, e subito mi ritrovo a borbottare un frettoloso ed imbarazzato “Scusami.”

 

“No, va bene. E smettila di scusarti, è la terza volta nell’arco di dieci minuti.” mi rimprovera con tono leggero, prendendomi un po’ in giro per poi rassicurarmi “Non hai niente di cui scusarti.”.

 

Trattengo a stento un piccolo sorriso imbarazzato nel rendermi conto che in effetti mi sono scusato un numero assurdo di volte in brevissimo tempo, e non posso fare a meno di sputare fuori un altro e questa volta mezzo ironico “Scusa.”.

 

Bilbo ridacchia, e non mi serve vederlo per sapere che ha alzato gli occhi al cielo e si è passato una mano tra i lenti ricci ramati, come ogni volta che qualcuno riesce ad esasperarlo e divertirlo insieme.

 

L’ho studiato così attentamente, nell’ultimo mese, che potrei descrivere ogni suo singolo movimento con una precisione scientifica. Il che forse è un po’ inquietante, lo ammetto, ma non ho potuto farci niente.

 

Questo piccolo uomo pieno di lentiggini e dagli occhi di zaffiro ha semplicemente qualcosa dentro che mi fa perdere il controllo, che mi fa dimenticare me stesso e mi trasforma in qualcun’altro, qualcuno che credevo aver ucciso sul campo di battaglia tanti anni prima, e qualsiasi cosa sia non riesco a farne a meno.

 

“Sei un idiota.” commenta riconquistando la mia attenzione, per poi tornare serio “Te la senti di parlare dei tuoi incubi? So che non è piacevole, ma può aiutare, a volte.”.

 

A quella proposta mi irrigidisco. Mi rendo conto che vuole solamente aiutarmi, ma l’idea di raccontare a qualcuno di quello che vedo ogni volta che chiudo gli occhi, e soprattutto raccontarlo a lui . . . no, non posso farlo. Forse un giorno, in un lontano futuro. Ma ora no. Non credo che reggerei.

 

“No, meglio di no.”

 

“D’accordo allora.” accetta subito lui, per poi restare in un pensieroso silenzio per qualche secondo “ Uhm.. vuoi parlare di qualcosa?”

 

“Sì.” rispondo semplicemente, perché non voglio ancora dover mettere giù il telefono e tornare dai miei spettri.

 

“Cosa?”

 

“Qualsiasi cosa.”

 

Sì, qualsiasi cosa va bene, pur di non dover affrontare di nuovo le ombre.

 

“Qualsiasi cosa.” ripete, pensoso “Ok, vediamo... aspetta un attimo, faccio una cosa prima.”

 

Prima che io possa ribattere, lo scrittore chiude la telefonata, e io resto per un attimo a fissare lo schermo scuro del cellulare, senza voler ammettere a me stesso di esserci rimasto un po’ male, ma quando lo schermo si illumina di nuovo e vedo la richiesta di una videochiamata proprio da Bilbo, l’accetto senza pensarci, e senza poter nascondere il sorriso spontaneo che è riuscito a strapparmi con questo gesto inaspettato.

 

Il suo viso un po’ assonnato riempie lo schermo, e subito cerco quei grandi occhi blu capaci di scacciare qualsiasi incubo.

 

Bilbo mi sorride e la sua voce mi raggiunge forte e chiara, come se fosse davvero qui, a qualche passo da me, a riempire questo vuoto.

 

“Ecco. Meglio, no?” chiede, tirandosi indietro un ciuffo ribelle di capelli e cercando di capire se la sua improvvisata mi abbia fatto piacere o meno.

 

Il mio sorriso si fa, se è possibile, ancora più grande.

 

“Molto.” annuisco, mentre sistemo meglio il cellulare, in modo che possa vedermi anche con la scarsa luce nella stanza.

 

Lo scrittore sorride, e poi i suoi occhi saettano verso il basso, per allontanarsi subito imbarazzati mentre la guance gli si tingono di una lieve tonalità di rosso.

 

“Ehm . . .” borbotta, super imbarazzato “. . . ma t-tu dormi n-nudo?”

 

Aggrotto la fronte, confuso da quella strana domanda.

 

 “No, perch- . . . “ mi blocco, rendendomi improvvisamente conto del perché di quella timida domanda. Con questa angolatura, si vede soltanto il mio viso e una parte del mio torace, completamente nudo a parte le mie piastrine e quelle pallide cicatrici a cui non faccio più nemmeno caso.  

 

“Ah.” mi lascio sfuggire, accorgendomi che in effetti Bilbo non ha tutti i torti a fare una simile supposizione, per poi affrettarmi a negare ancora e a spiegare “No, comunque. Mi sono abituato a dormire senza maglia perché il tessuto mi irrita ancora la ferita, ma per il resto sono completamente vestito.”

 

Bilbo arrossisce ancora di più e prende a tormentarsi una ciocca di capelli, evitando con fermezza di guardarmi “Ah, o-ok...” borbotta, non sapendo cos’altro dire.

 

Sorrido un po’ al suo imbarazzo, e mi permetto di sfruttare questi momenti di silenzio per osservarlo meglio. A differenza mia, indossa una magliettina leggera di un pallido azzurro, e dietro di lui mi sembra di scorgere un cuscino alzato a sorreggere la testa.

 

“Non è vero che non stavi dormendo.” obbietto, i capelli arruffati e il viso pallido che confermano la mia ipotesi e smentiscono la sua educata bugia.

 

Subito Bilbo rialza lo sguardo e ribatte, un po’ offeso dalla mia mancanza di fiducia “Non stavo dormendo quando mi hai chiamato tu. Mi sono svegliato da poco più di mezz’ora, e stavo leggendo un po’ nella speranza di riaddormentarmi.”

 

“Se vuoi riposare ti lascio stare.” propongo seppur a malincuore, rendendomi conto che ha davvero bisogno di dormire, a giudicare dalle occhiaie scure che sottolineano i suoi occhi blu.

 

“No no, mi fa piacere parlare con te.” si oppone subito, scuotendo la testa e accennando a un sorriso, mentre le guance tornano pian piano al loro coloro naturale. E sembra così sincero nel dirlo, come se davvero volesse solamente chiacchierare con me alle tre di notte, che una piacevole sensazione di pace mi stringe dolcemente il cuore, come succede solo quando sono con lui.

 

Restiamo per un attimo in silenzio a guardarci, e alla fine cerco qualcosa su cui continuare a parlare, qualsiasi cosa, pur di non smarrirmi in quei grandi occhi blu scuro di cui ho un disperato bisogno ma a cui non posso lasciarmi andare.

 

“Uhm . . . cosa stavi leggendo?”

 

Lo scrittore sembra per un momento sorpreso dalla mia domanda, ma poi si mette ad armeggiare con le coperte e tira fuori un volume per mostrarmelo e permettermi di leggere da me il titolo. Non riesco a trattenere un sorrisetto, nel farlo.

 

Harry Potter e l’ordine della fenice.

 

Avrei dovuto aspettarmi che il nerdissimo Bilbo Baggins fosse un Potterheard, dopotutto.

 

“Allora non ti saresti mai addormentato.” commento, sistemandomi un po’ più comodamente sul letto, mentre Bilbo poggia il libro su un probabile comodino che però non posso vedere.

 

 “Perché?”

 

“Fidati, la Rowling è capace di tutto, ma non far addormentare chi legge i suoi romanzi.”

 

“Oh?” un piccolo sorriso divertito gli illumina il viso, e posso giurare di vedere i suoi occhi brillare di gradita sorpresa “Non eri tu ‘Mister Isolato dal mondo intero- Ignorante della letteratura contemporanea’?” chiede, prendendomi palesemente in giro.

 

Sbruffo, anche se nelle scorse settimane ho sentito quel soprannome raccapricciante così tante volte da esserci quasi affezionato “Sì, ma si dovrebbe proprio essere degli ignoranti cronici per non conoscere Harry Potter. Quando tornavo a casa, lo leggevo a Fili e Kili per farli addormentare. Finiva sempre che restavamo svegli a  leggere fino alle due di notte e Dis veniva a sgridarci e a sequestrarci tutta la saga.” aggiungo poi, con un pizzico di tenerezza mal celata, senza rendermi conto di star rivelandogli qualcosa di così intimo e privato da non averne mai accennato a nessun altro. Per l’ennesima volta, tra l’altro.

 

Bilbo sorride, come se quella piccola confessione spontanea l’avesse intenerito.

 

“Posso immaginarlo fin troppo bene.” sussurra, per poi lasciare trasparire un velo di preoccupazione quando chiede “A proposito, non è che sto svegliando gli altri così?”

 

Scuoto appena la testa “Non preoccuparti. Kili credo sia ancora in discoteca a molestare qualche povera ragazza di turno, Dis è fuori per quel seminario di una settimana e Fili è rimasto a dormire dalla sua fidanzata.”

 

“Oh.” si lascia sfuggire “Quindi sei completamente solo?” chiede, e sembra così sinceramente dispiaciuto di sapermi da solo che non posso fare a meno di vedere in lui il riflesso di quel Bilbo che continua a beare e tormentare le mie notti, senza mai darmi pace.

 

Mi stringo nelle spalle, mostrando indifferenza e tentando di scacciare quelle immagini che mi stanno di nuovo affollando la mente, chiamandomi per nome “Sì, una volta tanto.”

 

Il suo viso si incupisce e i suoi occhi si fanno più scuri, come se non sopportasse l’idea della mia momentanea solitudine, e subito borbotta, forse senza nemmeno rendersene davvero conto “Ti inviterei a venire qui, ma la casa è disordinata da far schifo e dubito troveresti un angolino dove poterti anche solo sedere . . .”

 

Quella proposta, spontanea ed inaspettata, ma dolce proprio per questo, mi coglie completamente impreparato, e posso giurare di sentire il mio cuore battere un po’ più velocemente, come succede ogni singola volta che Bilbo fa o dice qualcosa di assolutamente incredibile eppure semplice come questo.

 

Trattengo il fiato, sperando che non si accorga della mia reazione e tentando disperatamente di riprendere il controllo di me.

 

 

 

Come può avere un simile effetto su di me, questo piccolo scrittore dagli occhi di zaffiro e dai capelli ramati?

 

 

 

Cerco quasi disperatamente un modo per riprendere la conversazione, e decido di buttarla sullo scherzo, per quanto non sia nelle mie corde. Qualsiasi cosa, pur di non fargli capire che . . .

 

“È fortunato che nessun altro abbia sentito le sue parole, signor Baggins, o il suo invito avrebbe potuto essere frainteso in maniera imbarazzante.” mormoro, assumendo un finto tono formale e tentando di nascondere i battiti accelerati che non vogliono saperne di zittirsi.

 

Bilbo mi osserva con aria confusa e la fronte aggrottata, preso in contropiede dalle mie parole “Cos..?”

 

“Dopo avermi chiesto se dormo nudo, mi ha invitato di notte, alle tre di notte tra l’altro, a casa sua, da solo, perché qui non c’è nessuno . . .” mormoro, abbassando progressivamente la voce come se stessi rivelando qualcosa di segreto, per poi aggiungere con un sorrisetto che dice tutto e niente “Devo ammettere che dietro quel visino da scolaretto nasconde una vena maliziosa che mai mi sarei aspettato di trovare in uno scrittore tanto affermato come lei.”

 

Non solo le guance, ma anche le orecchie gli si tingono immediatamente del rosso più intenso che io abbia mai visto, quando capisce cosa voglio dire. I suoi occhi blu sono spalancati per lo shock, e subito prende a balbettare, cercando di spiegarsi ma incapace di formare una frase di senso compiuto a causa dell’imbarazzo.

 

“I-io non . . . non stavo . . . n-non i-intendevo . . . “

 

 Non resisto oltre e scoppio a ridere, incapace di restare serio di fronte a quel visino sconvolto e a quegli occhioni colmi di imbarazzo.

 

Bilbo resta di sasso, capendo di essere stato preso in giro.

 

“Oh, smettila di prenderti gioco di me, idiota di un Durin!” sbotta alla fine irritato, il rossore sul suo viso che non accenna a diminuire.

 

“Non è colpa mia, signor Baggins. Lei tira fuori il peggio di me, con la sua aria da falso innocente . . .” aggiungo dopo aver smesso di ridere, incapace di porre fine a quello scherzo tanto infantile, ma che comunque ha lasciato senza parole lo scrittore dalla risposta sempre pronta.

 

Le sue orecchie sembrano letteralmente andare a fuoco ora, e con un tono di stizza sibila “Sì, vedo che stai molto meglio, ti lascio ora, ciao . . .” e fa davvero per chiudere la chiamata.

 

Mi affretto subito a tornare davvero serio e dico, temendo per un attimo di averlo veramente offeso “Sto solamente scherzando. Davvero.”

 

Lo scrittore si ferma, mi lancia un’occhiataccia e si lascia cadere contro il cuscino, sconvolgendo ancora di più quella matassa ramata che ha in testa.

 

“Lo spero bene per te.” ringhia, il viso che sembra puro fuoco, ma gli occhi che tornano pian piano ad essere sereni, e questo mi rassicura.

 

“Scusa, ma mi piace stuzzicarti.” mormoro passandomi una mano tra i capelli, per poi aggiungere a mo’ di spiegazione “Sono anni che non incontro qualcuno che si imbarazza in questo modo. Nel mio reparto non c’era il minimo di pudore, il mio secondo se ne usciva con le più assurde barzellette sconce anche sul campo di battaglia, nel bel mezzo dell’offensiva.”

 

È tutto semplicemente vero, e continua a sembrarmi strano incontrare una persona capace di imbarazzarsi così facilmente, senza riuscire a celarlo.

 

Dain uno così se lo sarebbe spolpato in meno di un secondo, senza alcun dubbio. Ma a me quest’innocenza quasi adolescenziale non dispiace. È bello vedere che in un mondo così sporco c’è ancora qualcuno talmente puro da imbarazzarsi per una pessima battuta.

 

E poi, influisce anche parecchio il fatto che adoro letteralmente vederlo arrossire, ma questo non ho intenzione di ammetterlo nemmeno sotto tortura.

 

Lui non sembra particolarmente convinto, ma sceglie di credermi, anche questa volta.

 

“Non oso immaginare.” commenta, per poi lanciarmi uno sguardo attento e chiedere, con un velo di ironia nella voce ”Mi stai dicendo in modo indiretto che tra loro tu eri un esempio di classe e compostezza, allora?”

 

Annuisco senza un momento di esitazione “Ovviamente, e lo sono ancora.”

 

“Ho i miei dubbi.” ribatte, le orecchie che stanno lentamente tornando del loro colore, l’angolo destro della bocca sollevato nell’accenno di un sorriso.

 

Mi porto una mano al petto, fingendomi teatralmente offeso “Così mi ferisce, signor Baggins. Non pensavo che, oltre a malizioso, fosse anche crudele . . .”

 

Bilbo sbruffa e alza gli occhi al cielo, scuotendo appena la testa “Oh, finiscila, o chiudo davvero.” borbotta stanco, ma quell’accenno di sorriso non vuole proprio saperne di scomparire “Non hai qualcun’altro da importunare?”

 

Non ho nessuno, oltre a te. Non davvero.

 

Scaccio quel pensiero e butto fuori, stringendo nelle spalle come se fosse una cosa scontata, e forse lo è davvero “Dubito che qualcuno sia disposto a sopportarmi alle tre di notte.”

 

“A parte il sottoscritto.” sottolinea lui, con un sorrisetto a metà tra l’ironico e il sarcastico.

 

“Esatto.”

 

Bilbo sbruffa, come se non credesse a una singola parola di quanto detto fino a questo momento “Allora dovresti trattenere le battutacce da campo, o resterai a parlare al nulla la prossima volta.”

 

“Queste non sono battutacce da campo.” lo correggo, per poi non resistere ed aggiungere in tono un filino canzonatorio “Quelle le conserverò per un’altra occasione . . . sto scherzando, sto scherzando!” mi affretto ad aggiungere, quando lo vedo armeggiare per chiudere la chiamata.

 

Lo scrittore mi fulmina con lo sguardo, ma poi poggia il cellulare con un gesto stanco sul comodino in modo che una lampada o qualcosa del genere possa tenerlo sollevato e si stende su un lato, così che possiamo continuare a vederci e a parlare anche in questo modo.

 

“Continua così, e la prossima volta che vedrai la mia faccia sarà quando pubblicherò un nuovo libro e ci sarà la pubblicità dappertutto.” mi minaccia, ma dal suo sguardo capisco che non è serio, non ora almeno.

 

“Addirittura, che minacce.” lo prendo in giro, e quando lui mi risponde con una linguaccia non riesco a trattenere un sorriso, l’ennesimo spontaneo sorriso.

 

Forse Kili non ha poi tutti i torti, in fondo.

 

 

 

Restiamo un attimo in silenzio e allora, stringendo con forza le mie piastrine, mi decido a domandare, come se il pensiero mi avesse sfiorato adesso per la prima volta, nonostante in realtà lo stia rimandando praticamente dalla nostra prima passeggiata “A proposito di libri, mi stavo chiedendo . . . qual è il primo che hai scritto?”

 

Inclina appena la testa, un po’ come un gufo curioso, i profondi occhi blu colmi curiosità “Perché?”

 

Esito, incerto su cosa dire. Ecco, avrei potuto evitare questa conversazione, se solo avessi cercato i suoi libri su internet come mi ero ripromesso di fare. Però, volevo che lui in qualche modo sapesse che in realtà mi interessa la sua attività di scrittore, che sapere della sua capacità di dare vita a delle storie mi affascina, che le sue parole e il modo in cui le usa mi strega e affascina allo stesso tempo, che . . .

 

“Vorrei leggerlo.” rispondo molto semplicemente, ammettendo quella che è in fondo la pura e semplice verità.

 

A quella risposta, Bilbo spalanca gli occhi e mi osserva a lungo senza parlare, e posso leggere nel suo sguardo la sua sorpresa, mentre le sue orecchie tornano di nuovo a colorarsi, come se quell’ammissione lo cogliesse di sorpresa e lo lusingasse allo stesso tempo.

 

“Così smetterai di prendermi in giro sulla mia scarsità di conoscenze letterarie contemporanee e potrò rinfacciarti ogni singolo errore ed imprecisione dei tuoi primi lavori.” aggiungo, cercando di riportare un po’ di leggerezza e di non smarrirmi in quei occhi blu colmi semplicemente di troppo.

 

Abbassa lo sguardo, mentre le orecchie gli diventano sempre più rosse, e si passa una mano tra i ricci ramati, senza riuscire più a guardarmi.

 

 “ Cuore di inchiostro.” sussurra alla fine, così piano che per un attimo non sono sicuro di aver sentito bene.

 

“Hai rubato il titolo a Cornelia Funke?” chiedo, cercando di strappargli un sorriso, ma la reazione che ottengo è completamente diversa.

 

Alza il viso di scatto e mi fissa con intensità, quasi l’avessi offeso a morte “Non ho rubato niente a nessuno. È una storia completamente diversa.” Poi, abbassa appena lo sguardo e si morde le labbra, mentre anche le guance gli si colorano di rosso “Avevo quindici anni quando l’ho scritto, ero giovanissimo ed insicuro e con un’ingenuità stilistica non da poco e . . .” balbetta, senza riuscire a fermarsi, e nella sua voce ora posso chiaramente sentire l’insicurezza e l’imbarazzo e la tensione e mille altre cose insieme.

 

“Ehi, ehi.” faccio, tentando di calmarlo “Sarà sicuramente bellissimo.” dico, e non ho davvero alcun dubbio a riguardo.

 

Bilbo diventa ancora più rosso, ma finalmente alza lo sguardo e i suoi occhi, timidi ed impacciati, ma emozionati, sfiorano delicatamente i miei, in un timido contatto che mi fa tremare il cuore e allo stesso tempo me lo riscalda.

 

“E ti prometto che non sarò così cattivo con le critiche.” aggiungo poi, tentando di distrarlo e forse anche di distrarre un po’ me stesso da quella strana sensazione, e finalmente riesco ad ottenere una reazione normale –un sopracciglio alzato a mo’ di sfida, come ogni volta che dico qualcosa, per lui, di assurdo-.

 

“Perché, hai la capacità di fare critiche letterarie?” borbotta, a metà strada tra l’ironico e il teso.

 

“Ora mi sento offeso davvero, signor Baggins.” ribatto, riprendendo il tono finto formale di poco prima “Vengo da una famiglia di editori, critici e letterati. Sono cresciuto leggendo Dickens, Dante, Shakespeare, Dumas, Poe, Wilde e D’Annunzio. Sono più che capace di giudicare un libro.”

 

Lo scrittore mi studia per un lungo secondo, le orecchie e le guance ancora di un rosso intenso “Uhm, abbiamo un intellettuale allora.” commenta, prendendomi velatamente in giro.

 

 “È così assurdo?” chiedo, perché in fondo non è troppo lontano dalla realtà.

 

“Beh, no.” risponde, per poi passarsi una mano tra i capelli e continuare “Ok, forse non sei proprio la tipica persona che identificherei come un topo da biblioteca.”.

 

I suoi occhi, forse senza nemmeno rendersene conto, scorrono lentamente sulla mia figura, per poi fermarsi sulle mie piastrine e scattare velocemente in alto, ancora più imbarazzati di prima “Di solito, i veri topi da biblioteca assomigliano di più a quelli come me.” mormora in aggiunta, stringendosi appena nelle spalle, come se volesse scomparire.

 

“Non c’è niente di male ad essere come te.” mi affretto a dire, sincero, la voce bassa di chi sta rivelando un segreto noto a pochi “Anzi.”.

 

A quelle parole, gli occhi blu di Bilbo tremano, e il suo viso diventa ancora più rosso di prima. Resta in silenzio per un lunghissimo momento e ho paura di aver detto qualcosa di profondamente sbagliato, ma poi lo sento balbettare “Oh, i-io . . .”

 

Esita, e i suoi occhi, quei grandi occhi blu scuro che sono allo stesso tempo la mia salvezza e la mia dannazione, cercano i miei, come se non potessero farne a meno. Solo quando i nostri sguardi sono fusi insieme, e sento il mio cuore battere forte, come se stesse solo aspettando questo flebile contatto, Bilbo si lascia sfuggire un sospiro e dopo, con un piccolo sorriso, sussurra piano un’unica parola, semplice, ma che sembra nascondere molto di più “Grazie.”

 

 

 

Allora, anche io sorrido, perché semplicemente non c’è alcun motivo per non farlo.

 

 

 

“Sono io a doverti ringraziare, Bilbo.” sussurro, e so che c’è semplicemente troppo, dietro questa semplice frase, che nemmeno io posso coglierlo del tutto.

 

Ma Bilbo è qui ad ascoltarla, i suoi occhi di zaffiro che illuminano l’oscurità da cui sto lottando per risollevarmi, e questo basta.

 

 

 

Grazie, Thorin.’

 

‘Sono io a doverti ringraziare, mastro scassinatore.’

 

 

 

Basterà sempre.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Piccolo avviso: Voglio solo ringraziarvi per il vostro accogliente ‘bentornata’! Siete stati tutti gentilissimi e dolciosi, mi avete accolta con tanto affetto e devo ammettere che non me lo sarei mai aspettata dopo tanto tempo. Davvero, grazie! <3

 

 Ah, ho dovuto dividere il capitolo in due parti a causa di problemi tecnici con la pubblicazione, ma è comunque uno scritto unito ed infatti per questo ho preferito lasciare la stessa citazioni sia qui che nel capitolo precedente. Mi scuso per il disagio.

  
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