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Autore: Emmastory    01/06/2017    1 recensioni
Dieci anni. Questo l'esatto lasso di tempo trascorso dall'ultima battaglia contro i famigerati Ladri, esseri ignobili che paiono aver preso di mira la bella e umile Aveiron, città ormai divenuta l'ombra di sè stessa poichè messa in ginocchio da fame, miseria, dolore e distruzione. Per pura fortuna, Rain e il suo gruppo hanno trovato rifugio nella vicina Ascantha, riuscendo a riprendere a vivere una vita nuova e regolare, anche se, secondo alcune indecisioni del suo intero gruppo, tutto ciò non durerà per sempre. Come tutti ben sanno, la guerra continua, e ora non ci sono che vittime e complici. (Seguito di: "Le cronache di Aveiron: La guerra continua)
Genere: Avventura, Azione, Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Le cronache di Aveiron'
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Le-cronache-di-Aveiron-VI-mod
 
 
Capitolo XXVII

A occhi e orecchie aperti

Ancora una volta, la luna restituiva il trono al sole, e un nuovo giorno iniziava. Eravamo ancora al campo di Lady Bianca, e per pura fortuna, Alisia era stabile. Ben sapendolo, ne ero felice, e lo ero ancora di più nello scoprire che anche Lienard non aveva un graffio. Un vero e proprio miracolo, in quanto ero completamente sicura che quel mostro avrebbe potuto benissimo spostare tutta la sua attenzione sul figlio che tanto odiava. Un povero bambino nato da un amore non classificabile come tale, ma che nonostante questo aveva fatto il suo ingresso in un mondo come quello odierno, dove dolore, fame, miseria, dolore e sfortuna regnavano sovrani. Il tempo scorreva, e completamente all’oscuro di tutto, il piccolo dormiva. Mantenendo il silenzio, lo guardavo, e avvicinandomi, gli sfiorai una guancia. Respirava calmo e tranquillo, e pur non potendo vederlo e averne la certezza, immaginavo che sognasse lande colorate, dove il male non esiste, e tutto è positivo. Nient’altro che il pensiero di una zia che vuole bene al nipote, e che com’è ovvio spera nel meglio per lui. Ora come ora, sono ferma in piedi in una delle tende del campo, e voltandomi ne esco, imbattendomi di nuovo in Stefan. “Vieni, devi vedere una cosa.” Mi dice, prendendomi delicatamente per mano e conducendomi nella tenda adiacente. È grande e accogliente, e lì alloggia mia sorella Alisia, che ancora riposa tentando di riprendersi dal dolore e dalle ferite che quello schifoso verme del suo fidanzato le ha inflitto. Pur non volendo, continuavo a pensarci, e le mani tornavano puntualmente a prudermi per la rabbia. Mi giungeva incredibile, eppure era così. Ashton. Un odioso doppiogiochista bugiardo, che aveva mentito a me e ad Alisia sin dall’inizio. Lo avevo capito subito dal modo di fare troppo infido e dalla sfumatura color ghiaccio che aveva negli occhi, ma inizialmente avevo taciuto, non volendo rovinare la festa alla mia tanto amata sorella, che considererò sempre tale nonostante la mancanza di sangue uguale nelle nostre vene. A quanto sembrava, il dolore le aveva di nuovo fatto perdere i sensi, e notandolo provai ad avvicinarmi, per poi scoprire che non era sola. Difatti, qualcuno era con lei, e quel qualcuno mi colpì. Moro e con gli occhi verdi. Per quanto ne sapevo, il verde era il colore della speranza, e per qualche strana ragione, qualcosa, un sesto senso o una voce nella mia testa mi parlavano, continuando a tentare di convincermi di aver già visto e conosciuto quella persona. Incalzata da Stefan con una dolce spinta, mi avvicinai, e colto alla sprovvista l’uomo si voltò. Solo allora, me ne resi conto. “Ilmion?” lo chiamai, incerta e dubbiosa, ma anche sconvolta. “Ma cosa… Come fai a…” azzardai poi, biascicando queste frasi e assistendo alla loro morte nella mia gola. “Io so tutto di lei, Rain.” Mi rispose, secco, lapidario e al contempo solenne. A quelle parole, mi bloccai. “Com’era possibile?” “Ci aveva seguiti?” “Ci spiava? Da quanto tempo?” domande che in quei momenti di silenzio mi vorticavano in mente, e che trovarono una risposta solo dopo un’affatto lunga ma paziente attesa. “È la tua sorellastra, e in qualche modo siete legate, ma ricordo il giorno in cui ti ho conosciuta, quando la menzionasti per puro caso nel sonno, e…” iniziò a raccontare, fermandosi solo per deglutire e riprendere fiato, poiché le emozioni lo stavano divorando. “Andai alla ricerca di una sua foto, ma non ne trovai, e così mi basai su una descrizione, per poi immaginarla, e pur non avendola mai vista, sapevo di aver perso la testa per lei. Io la amo, la amo davvero, ed è per questo che voglio aiutarla.” Disse poi, più serio e convinto che mai. “Ti ascolto, ma cos’hai in mente?” gli chiesi, fornendogli comunque il mio appoggio. Avevo conosciuto Ilmion anni prima, e sapevo che la sua aria da duro era soltanto una farsa messa in atto ogni volta che doveva obbedire a Lady Fatima, e che in realtà era buono, dolce e docile come un agnellino. Forse un pò guardingo e lento a imparare come fidarsi delle persone, ma pur sempre buono. “Aspetterò che si riprenda, e poi la porterò via con me.” Continuò, cogliendomi leggermente alla sprovvista ma stuzzicando il mio interesse. “Ad Aveiron?” azzardai timorosa, paventando il peggio. “No, lì no di certo.” Dichiarò, riuscendo con quelle semplici parole a risollevare il mio spirito. “Sempre qui ad Ascantha, ma poco al di là del bosco ci sono delle vecchie case. Non ci vive nessuno da anni, e sono sicuro che…” provò a continuare, non avendo comunque modo di completare quella frase. Non ci riuscì, e in un certo senso, fu colpa mia. Capendo al volo dove volesse arrivare, lo fermai con un gesto della mano, poi gliela mostrai per stringergliela. “Va bene, mi fido.” Gli dissi soltanto, rimanendo calma e sorridendo debolmente. “Perciò affare fatto?” chiese lui, andando alla ricerca di una conferma. “Affare fatto.” Ripetei, facendogli eco e terminando quel discorso con una stretta di mano. Leggera ma decisa, ci aveva appena dato modo di suggellare un patto e firmare un contratto orale. In quel momento, fui felice, e guardando per un attimo mia sorella, sorrisi. “Sei salva adesso, e lui non ti toccherà più.” Sussurrai, facendomi più vicina per accertarmi che fosse ancora fra noi. Per fortuna era viva, ed emettendo una sorta di rantolo, confermò tale tesi. Con un secondo tentativo, mi chiamò per nome, e prendendola per mano, le mostrai un secondo sorriso. Lei stava bene, e tutto pareva andare per il meglio, ma il nuovo viaggio alla volta del bosco che ormai conoscevamo implicava soltanto una cosa. In ogni momento, restare a occhi e orecchie aperti.
   
 
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