Fanfic su artisti musicali > One Direction
Segui la storia  |       
Autore: Rebecca_Daniels    02/06/2017    1 recensioni
*DISCLAIMER: i nomi sono cambiati, ma i personaggi sono chiaramente appartenenti ai One Direction"
E' il 20 Agosto 2013 quando Lexi Golder, ventiduenne londinese per adozione, quasi dottoressa in Storia e fan sfegatata dei The Rush, vede la sua vita cambiare radicalmente. Che cosa potrebbe accadere se una pazza decidesse di sparare al suo grande amore risalente alle scuole medie, nonché cantante della band di cui è innamorata, durante il red carpet per il loro docu-film? Che cosa potrebbe riservarle il destino se per una volta decidesse di fare davvero qualcosa della sua vita? - Un viaggio ironico e introspettivo nella vita di una ragazza più o meno normale che forse capirà come non basta respirare per vivere. Buona lettura & Grazie xx
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Niall Horan, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Image and video hosting by TinyPic
10th March 2014



La chiamata arrivò in un noioso pomeriggio di inizio Marzo, mentre Lexi tentava di riprendere in mano alcuni appunti presi ormai più di nove mesi prima, per recuperare gli ultimi esami prima della laurea. Non aveva più voglia di rimandare quello per cui aveva lavorato negli ultimi tre anni e poi studiare riempiva quelle giornate infinite in cui non si sentiva ancora pronta ad uscire di casa ed essere costantemente fermata da qualche fan della band. Era andata altre due volte dalla dottoressa Lang e le cose cominciavano decisamente a migliorare: le aveva spiegato alcune tecniche per controllare i flashback e, nelle prossime sedute, le aveva promesso che avrebbero iniziato a parlare di quello che si ricordava per dedurne qualcosa di concreto.
Un timidissimo sole, che illuminava i fogli fittamente scritti di Lexi, entrava dalla finestra leggermente socchiusa del salotto e la stava distraendo più del dovuto. Da quando aveva tenuto quella conversazione nello studio della dottoressa Lang si sentiva strana, era come se tutto il suo passato interesse per la vita delle persone vissute molto prima di lei si fosse tramutato in una spasmodica voglia vivere la sua di vita, rendendo ostico qualsiasi tentativo di concentrazione. Così, quasi trasse un sospiro di sollievo quando il suo cellulare, appoggiato sul divano accanto ai suoi piedi, iniziò a diffondere nell'aria tiepida le note di Through The Dark. L'aveva messa come suoneria il giorno stesso in cui aveva ascoltato l'album, perché in fin dei conti, anche se Nate non si era più fatto vivo, era convinta che quella canzone fosse per lei. O almeno, Lexi la sentiva sua. -Pronto?
-Pronto Lexi? Sono Pablo... Pablo Higgins.
Cinque secondi di silenzio in cui il cervello di Lexi si accese come una lampadina e le fece rendere conto chi fosse davvero il suo interlocutore.
-Oh, buongiorno signor Higgins.
-No, no, no Lexi! Chiamami solo Pablo, per l'amor di Dio! Hai salvato la vita ai miei ragazzi, dovrei essere io a darti del lei! Ma, saltiamo tutte queste sciocchezze da galateo e dimmi invece come stai?!
La familiarità con cui le stava parlando era decisamente disarmante, ma Lexi decise di assecondarlo e capirne di più: non aveva forse deciso di vivere la sua vita fino in fondo? -Io sto bene, sì... Sto ricominciando a prendere in mano libri ed appunti per l'università dato che la mia vita deve andare avanti, giusto?
-Giustissimo cara! Ma credo che tu possa concederti una piccola pausa dallo studio per un pomeriggio, no?
-Sì... Penso, di sì... Ma perché dovrei?
-Perché ho una super sorpresa per te! Voglio dire: hai aspettato anni per poter incontrare di persona i ragazzi e l'unica volta in cui è accaduto, tu eri stesa su un letto d'ospedale senza poter fare o dire nulla, quindi direi che è giunto il momento di rimediare!
“Ehi, ehi, ehi! Fermi tutti! Pablo, il manager dei The Rush in persona, mi chiama per dirmi che non è giusto io abbia ottenuto un solo incontro così e che dunque... No, dai.. Non può essere... Sarebbe assurdo...”.
-Spero tanto tu sia libera questo sabato, perché cinque ragazzoni rompi scatole e molto riconoscenti desidererebbero incontrarti!
Ed eccola là, la notizia che aveva aspettato per gli ultimi quattro anni e che le fece ricordare qualcosa, di nuovo.
Era ormai nel familiare tunnel nero e la sensazione di non riuscire a svegliarsi nonostante lo volesse con tutte le sue forze, cominciava a farle mancare il respiro, ma ciò che le tornò in mente, in maniera stranamente chiara, era la voce di sua madre che le annunciava l'arrivo dei The Rush.
Prima che potesse annegare in quella tristezza che la stava sommergendo per non poterli incontrare davvero, uscì dal ricordo e respirò a fondo. La luce era diventata un pochino più forte e cominciava a scaldarle le gambe, lasciando un piacevole tepore che si diffuse per tutto il corpo.
-Lexi? Tutto bene?
-Sì, sì, è solo che fa strano pensare di poterli incontrare davvero... Grazie Pablo, grazie davvero.
-Lo prendo per un sì, allora!! Non vedo l'ora di rivederti Lexi ed anche i ragazzi, credimi! Un'auto passerà a prenderti verso le tre per potarti nel luogo dell'incontro... E stai tranquilla: sarà una cosa molto semplice ed informale, anche perché organizzare qualcosa di sofisticato con quei cinque è assolutamente impossibile... Bene: allora a sabato Lexi!! Buona giornata!!!
-Okay... Buona giornata anche a te Pablo!
Il silenzio.
Solo le particelle di polvere che fluttuavano per il salotto, illuminate dalla luce, a farle compagnia e quel fastidiosissimo ticchettio dell'orologio a forma di balena che Mia si ostinava a tenere appeso sopra la televisione.
Il rumore era tutto dentro di lei.
Ce l'aveva fatta, no? Era riuscita ad avere la possibilità di incontrarli e, perché no, di conoscerli. Si sarebbe dovuta sentire pienamente ed infinitamente felice.
“Ma allora perché mi sento così?”.
Era una sensazione di terrore subdolo che si espandeva dal fondo del suo stomaco, diffondendosi in ogni cellula del suo corpo, rimanendo nascosto in un angolo, ma costantemente presente. Lexi avrebbe tanto voluto capire da dove sbucasse fuori quella paura irrazionale, di non sapeva nemmeno lei cosa. Il suo sguardo cadde sull'album che i ragazzi le avevano fatto avere in anteprima e che ormai aveva consumato: era appoggiato sul tavolino basso, in mezzo a maree di bozzetti di Mia e fogli di appunti sulla gerarchia matriarcale delle società primitive, eppure un fascio di luce cadeva esattamente su di lui, come ad indicare la risposta a tutto.
-Ed ora?
Era quella la domanda che la terrorizzava: che cosa avrebbe fatto dopo?
Gli ultimi quattro anni erano trascorsi cercando di andare avanti, tra concerti in cui era sempre troppo lontana o anonima per essere notata e nuovi album che dopo tre mesi diventavano vecchi e la spingevano a voler qualcosa di nuovo; tra l'inseguire un amore lontano ed impossibile e la certezza che, non arrivando mai a ottenerlo, avrebbe potuto continuare a sognarlo, senza cercare altri sogni per cui lavorare.
-E adesso che faccio? Lucas ha trovato la donna della sua vita ed io li incontrerò davvero... E poi? Poi cosa mi rimarrà? Perché sono stata così stupida da non crearmi un sogno mio in tutti questi anni?
Non cercò di fermarle quelle lacrime, poiché sapeva già che sarebbe stato inutile e frustrante, così le sentì cadere pensanti sui fogli appoggiati sulle sue gambe, cominciando a confondere le parole scritte con una grafia minuscola, quasi fossero anche loro impaurite del mondo come la mano che le aveva tracciate. La dottoressa Lang le aveva detto di assecondare le sue emozioni, ma che cosa sarebbe successo se un giorno non fosse stata capace di gestirle? Sarebbe finita alla deriva, senza la luce di un faro a guidarla verso un porto sicuro?
Di nuovo il buio.
Di nuovo lo stesso tunnel che ormai aveva imparato a conoscere. Solo che questa volta una voce le giungeva più chiara alle orecchie, come se però fosse emessa da un computer, mentre una chitarra cercava di suonare il più dolce possibile.
... Hope your heart is strong enough... When the night is coming down on you... We will find a way through the dark... Io... Sai... Insomma... Magari cantata solo da me non fa lo stesso effetto, però spero ti sia piaciuta lo stesso... Io... Sì, io l'ho scritta pensando a te... Volevo che lo sapessi...”.
Lexi riaprì gli occhi e sbatté le palpebre un paio di volte, incapace di credere a quanto avesse appena rivissuto. Quello era Nate, ne avrebbe riconosciuto la voce dolce e allegra anche in mezzo ad una folla urlante. Quel ragazzo era strano, parecchio strano. L'aveva sempre reputato una persona interessante da conoscere, una di quelle capaci di farti ridere solo con la loro presenza all'interno di una stanza, con un'innata propensione per fare figuracce e l'adorabile capacità di far sì che tutti si affezionino a loro. E quel ricordo sembrava confermare la sua ipotesi, ma l'atteggiamento che aveva tenuto nei suoi confronti nelle ultime due settimane non poteva che smentirla. Non le aveva più scritto su Twitter, ne' risposto e non si contavano più le sue foto con ragazze sempre diverse nei locali più disparati di New York: quello non era il vero Nate, lo sapeva lei, lo sapevano tutte le altre fan.

Ma soprattutto lo sapeva lui, che in quel preciso momento, si stava chiedendo come fosse finito ad essere etichettato “lo sciupafemmine” del gruppo nell'arco di dieci giorni. Nate, le ultime due notti, le aveva trascorse in camera di Hugh, poiché non riusciva più a stare in quelle stanze d'albergo troppo grandi e vuote per i suoi gusti. Fortunatamente, l'amico aveva accettato di buon grado, anche perché sembrava odiare parecchio quel viavai di ragazze alle prime ore dell'alba, che poi si trasformava inevitabilmente in una sequela infinita di foto e di illazioni su Twitter. Così, come quasi tutti i pomeriggi da quando erano arrivati nella Grande Mela, erano in attesa che li andassero a prendere per l'intervista del giorno, Hugh seduto sul letto a petto nudo e i capelli ormai troppo lunghi legati in un codino, che smanettava con il cellulare e lui appoggiato con la fronte sulla finestra fredda, cercando tra il traffico dell'ora di punta un segno che gli chiarisse le idee.
-Lexi ha appena tweettato...
La voce di Hugh lo riscosse dal torpore che la nebbia di pensieri ormai familiare gli faceva provare quasi costantemente e lo guardò con uno sguardo vacuo, che preoccupò parecchio il bel inglese.
-Nate: ho detto che Lexi ha tweettato! Non mi chiedi che cosa?
-Dovrei?
Lo vide alzarsi ed incedere ad ampie falcate verso di lui, agevolato dalle gambe lunghe che madre natura gli aveva regalato, cosa che invece non aveva fatto con lui, impedendogli anche solo di pensare di fuggire da lì. Hugh gli si parò davanti e, come se tutto il furore di prima fosse sparito in un soffio di vento freddo, si sedette sulla poltrona vicino alla finestra ed indicò a Nate di occupare quella di fronte: era giunto il momento di fare quattro chiacchiere.
-Sì, dovresti... Perché è vero che le cose non sono state semplici per voi e che con ogni probabilità, senza rendermene conto, sono stato io il primo a dirti di andare avanti ma non pensavo ti saresti ridotto così! Sei lo spettro di te stesso Nate! E poi che cazzo sono tutte quelle tipe che entrano ed escono dalla tua stanza ogni mattina?!
-E da quando in qua tu usi questo linguaggio?
-Sono serio, Nate! Non mi avresti mai dato una risposta del genere tre mesi fa...
-Tre mesi fa avevo ancora lei!!!
Nate si trovò in piedi, le braccia aperte come a voler dire quanto ovvia fosse quell'affermazione, la voce troppo alta per una pacata chiacchierata tra amici e uno sguardo frustrato più eloquente di tutto il resto. Si risedette stancamente sulla poltrona, lasciando che le mani torturassero i capelli sempre meno biondi che Lou avrebbe impiegato altri dieci minuti a sistemare, prima di andare in onda. Era stanco e non aveva più una singola idea sul da farsi.
-Ce l'avresti ancora, se solo volessi...
Hugh si era alzato, incamminandosi verso la porta della camera, forse anche lui stanco di tutta quella situazione ed incapace di trovare una soluzione. Poi, però, si fermò sulla soglia e, voltandosi velocemente verso Nate, gli disse:
-Leggi che cos'ha scritto...
Mentre il rumore del legno che schioccava sotto la spinta di Hugh riempiva la stanza, Nate prese il cellulare dalla tasca e andò sul profilo di Lexi. Le parole che lui aveva composto per lei, campeggiavano in quel piccolo spazio bianco che era l'ultimo tweet spedito. Che si fosse ricordata? O che avesse capito come quella canzone fosse per lei? In entrambi i casi, nulla avrebbe potuto semplificare le cose: lei era una ragazza normale, per quanto lo potesse essere una persona come Lexi, capace di ammaliare con un solo sorriso, mentre lui era quello che era. Quindi no: non l'avrebbe avuta lo stesso.




15th March 2014


-Questo o quello verde?
-Escludendo il fatto che non è banalmente verde, ma verde petrolio, direi questo...
-Escludendo il fatto che sei pignola come mia nonna Amalia, puoi per favore toglierti quel sorriso sornione dalla faccia, Mia? E' abbastanza irritante.
Lexi tornò in camera sua, gettando il vestito di pizzo bordeaux che teneva tra le mani sul letto e cominciando a togliersi il pigiama con cui aveva pensato di presentarsi all'incontro: che differenza avrebbe fatto, in fin dei conti?
-Si può sapere che succede Lexi? E' da quando hai ricevuto quella chiamata che sei irritabile come una donna in pieno travaglio!
Lo sguardo inceneritore che Lexi lanciò alla ragazza appoggiata sulla porta ed intenta ad annegare un cornetto al cioccolato dentro una tazza di tea, fece capire ad entrambe che qualcosa non andava e che fosse giunto il tempo di una chiacchierata a cuore aperto tra amiche. Peccato che nessuna delle due fosse proprio un asso nel fare la prima mossa, ma quel silenzio carico di aspettative snervò definitivamente Lexi, che si lasciò cadere pesantemente sul letto, con ancora addosso i pantaloni consunti del pigiama ed uno sguardo perso ne vuoto. Istintivamente, si coprì la faccia con le mani, rischiando di rovinare lo smalto rosa antico (a detta di Mia) che aveva appena impiegato venti minuti a mettere, cercando di distrarsi dall'inevitabile. Sentì il corpo di Mia gettarsi sulle lenzuola ancora sfatte, facendola rimbalzare leggermente: l'aveva sempre pensato che quel materasso fosse troppo morbido per chiunque, ma sarebbe stata un'illusa a pensare di poter dare la colpa a quello per le ultime cinque notti passate completamente insonni. -Io non credo di farcela.
Ecco: l'aveva detto.
Quando quel giorno Mia era tornata a casa e Lexi le aveva dato la favolosa notizia, in meno di cinque minuti il cervello di Lexi aveva cominciato a lavorare correttamente ed una serie infinita di dubbi, domande, paure, insicurezze e discorsi senza senza senso si era indaffarata ad occuparle la testa, rendendo la prospettiva di incontrare i The Rush tutto fuorché una favola. Si tolse le mani dalla faccia e le intrecciò sulla pancia nuda: nonostante fosse solo Marzo, quel giorno faceva particolarmente caldo, come se anche il clima stesse impazzendo assieme a lei. Dopo un ultimo morso al croissant, Mia girò di poco la testa di modo da poter osservare meglio l'espressione dell'amica e si accorse di non averla mai vista così tanto stanca come in quel preciso momento. Le guance un poco scavate, continuavano a tirarsi sotto la stretta quasi compulsiva della mandibola; la fronte si aggrottava ad ogni respiro, come se questo portasse con se ondate travolgenti di pensieri; occhiaie violacee erano ben visibili sotto gli occhi leggermente gonfi, segno che anche quella notte fosse trascorsa piangendo ed ascoltando il suo Ipod. Lo sentiva benissimo quando accadeva, ma negli anni aveva imparato come fosse meglio lasciarla sola in quei momenti, sapendo quanto si vergognasse a farsi vedere così.
-Lexi, ne abbiamo già parlato: è solo uno stupido incontro. Con ogni probabilità vi stringerete la mano, vi scambierete qualche frase di circostanza e farete delle foto che finiranno su tutti i siti internet possibili. Fine della storia!
Cercò di suonare il più convincente possibile, ma sapevano entrambe che non sarebbe affatto andata così: conoscevano quei cinque ragazzi abbastanza bene per poter dire con certezza che non si sarebbero limitati a “qualche frase di circostanza”. Ad essere sincera, Mia sperava davvero tanto che nessuno di loro se ne uscisse con la fatidica domanda riguardante la motivazione per cui l'avesse fatto, ma ne dubitava fortemente, forse perché, nella loro situazione, lei avrebbe fatto altrettanto.
-Lo sai che non sarà così, Mia... Siamo sinceri: Lewis parla anche per buchi da cui non dovrebbero uscire suoni articolati...
-Ma che volgare che sei Lexi!!
L'aveva detto ridendo, ma sapeva di aver messo in imbarazzo Lexi, che infatti si stava accorgendo della frase ambigua che aveva appena pronunciato, alzandosi di scatto a sedere e guardandola sconcertata: quando faceva così era adorabile e non poteva credere che Nate se la sarebbe davvero fatta sfuggire.
-Non intendevo quello, cretina!!! Io pensavo alle orecchie! Sei uno strazio, Mia...
-E tu irrimediabilmente imbarazzante!
-Io non sono imbarazzante!!
-Vogliamo parlare del reggiseno che hai addosso?!
Adesso erano entrambe sedute e la faccia demoralizzata con cui Lexi si guardò il petto fece scoppiare a ridere Mia, tanto da costringerla a ributtarsi sul letto e tenersi la pancia.
-Che cos'ha che non va?! I pinguini sono bellissimi!
-Sì, se avessi dodici anni Lexi... Hahahahahaha!!! Ma che caz...
Mia non riuscì a finire la frase perché fu soffocata da una raffica di cuscinate che, una sempre più scarmigliata, Lexi non si risparmiava di lanciarle. Quando entrambe furono ad armi pari, cominciò una lotta all'ultima risata soppressa da un cuscino, che se il cellulare di Lexi non avesse cominciato a squillare sarebbe sicuramente finita per metterle a soqquadro la camera. Lo ritrovò sommerso tra le coperte e quando rispose, aveva il fiato corto, i capelli trasformati in un pagliaio e lo smalto del tutto rovinato.
-Pronto?... Sì, tutto bene... Io stavo solo... Nulla, dimmi Pablo... Anticipare l'incontro? Di un'ora? Quindi... Oh... Ehm... Okay, ora devo andare... Ciao! Abbiamo un problema.
-Un altro?!
-Mia: mi vengono a prendere tra quaranta miseri minuti!
Sguardo d'intesa tra Mia e Lexi, di quelli che si scambiavano da quando avevano sei anni ed avevano capito che in due era più divertente combinare malanni e più semplice sfuggire alla punizione.
-Allora all'opera!!!
Trentacinque minuti, una seduta di trucco intensivo, sette cambi d'abito, un incontro di pugilato con il phone e due paia di calze rotte dopo Lexi stava vagabondando come un'anima in pena per il salotto, mentre Mia cercava di recuperare le forze dalle punte dei piedi per dirle di calmarsi, come se non glielo avesse ripetuto già un milione di volte. -Mi stai consumando il pavimento così! Piantala di andare avanti e indietro, Lexi!
-Sono nervosa, okay? Sono dannatamente e fottutamente nervosa...
-Guarda: non l'avevo capito.
Lo sguardo inceneritore che ricevette in risposta fece capire a Mia di riservare il sarcasmo per altre occasioni e di trovare una soluzione a quel fascio di nervi iperattivo che si ritrovava come migliore amica. La blocco per le braccia quando le passò affianco e la fece voltare nella sua direzione.
-Adesso ti siedi ed aspetti che quel cavolo di campanello...
Non ebbe tempo di terminare la frase, perché un suono per nulla armonioso riempì la stanza ed avvisò entrambe dell'arrivo della macchina. Che fosse pronta o meno il momento era arrivato e l'opzione di tirarsi indietro non era contemplata.
-Non ce la faccio.
Mia si rese conto che Lexi era letteralmente terrorizzata da quell'incontro e non ne riusciva a capire bene le motivazioni.
Lexi invece le aveva tutte elencate in ordine d'importanza davanti ai suoi occhi sbarrati e non riusciva a far altro che scorrerle freneticamente.
-Ora tu apri quelle orecchiette a punta che ti ritrovi e mi ascolti.
Le mani sulle spalle dell'amica e il celeste affilato del suo sguardo puntato nel marrone cioccolato di Lexi, come a volerlo fondere per incastonare quelle parole dentro di lei. -Sei una persona speciale e chiunque abbia la possibilità di conoscerti lo capisce. Sono sicura che loro ti adoreranno proprio come faccio io e a me non hai nemmeno salvato la vita, fai te... Ora vai da loro e sii semplicemente te stessa!
Lexi avrebbe tanto voluto dirle che le voleva bene, che si sentiva fortunata ad averla come amica, ma si limitò a sorriderle e ad annuire, sperando che Mia le leggesse nel pensiero come faceva sempre. Piegò e mise in un cassetto della sua mente la lista dei motivi per cui fosse terrorizzata da quel pomeriggio, afferrò la sua fidata tracolla marrone ed una giacca di jeans leggera, ed uscì di casa, mentre Mia le urlava dalle scale di divertirsi e di comportarsi bene.
“Nemmeno dovessi andare ad un rave... Alle volte è più iper protettiva di mia madre... Cazzo mia mamma!!”.
In quel momento si rese conto di non averla avvisata dell'incontro con i ragazzi tanto era stata impegnata a farsi paranoie su paranoie, così mandò un messaggio veloce a Mia per chiederle di farlo al posto suo, mentre un Pablo tutto sorridente si stava avvicinando a lei.
-Ciao Lexi! E' un piacere rivederti!
-Almeno questa volta sono sveglia!
“Ma che cazzo ho detto?! E' meglio se mi do una controllata e conto fino a undicimila prima di dire qualsiasi cosa...”.
Con sua grande sorpresa, però, sentì la risata roboante di Pablo diffondersi nell'aria frizzante di quel pomeriggio per poi stringerla, altrettanto inaspettatamente, in un abbraccio.
-Grazie Lexi! Grazie davvero.
Non poteva commuoversi o il mascara sarebbe colato sulle sue guance trasformandola in una maschera di Halloween in meno di due secondi, così ricambiò quella stretta potente e cercò di cambiare discorso.
-E' un piacere anche per me, conoscerti Pablo. Allora: dove mi porti?
Si staccarono e Lexi gli rivolse un sorriso dei suoi, quelli semplici ma incisivi, che rimangono dentro le persone che li ricevono, tanto che Pablo si trovò a pensare a come quella ragazza fosse veramente un dono venuto dal cielo per tutti loro, senza ombra di dubbio.
-Ti porto in un posto speciale che sono sicuro ti piacerà.
Le aprì lo sportello posteriore della berlina nera con cui era andato a prenderla e cominciarono a scorrazzare per Londra, attirando gli sguardi dei passanti per strada: evidentemente, i finestrini oscurati dovevano fare il loro effetto sulla curiosità della gente. Le strade illuminate dal primo timido sole di una primavera che stranamente sembrava aver voglia di arrivare, sfrecciavano davanti agli occhi brillanti di Lexi, ormai giunta a quello stato emotivo dove si è pronti ad accettare qualsiasi cosa possa accadere. Non era rassegnazione e nemmeno fibrillazione. Forse c'era un accenno di curiosità ed un pizzico di tensione, ma sicuramente era qualcosa di nuovo che Lexi non aveva mai sperimentato e la cosa le andava bene così.
Si fermarono davanti ad un enorme palazzo fatto di vetrate e metallo, capace di catturare i raggi del sole di Londra rendendoli mille volte più brillanti: una sorta di monito per chi ci entrava di come quella fosse la sede di una delle più famose case discografiche di successo al mondo. Pablo le aprì lo sportello sempre con quel sorriso enorme stampato sul volto, quasi fosse lui quello che stava per incontrare il suo gruppo musicale preferito e la accompagnò attraverso le porte girevoli di vetro e l'ampio atrio gremito di persone che si voltarono tutte nella loro direzione. Lexi non si sentiva così tanto osservata da quando era uscita dall'ospedale tre mesi prima ed era stata assediata da una folla inferocita di paparazzi. Nemmeno l'unica intervista che l'avevano convinta a rilasciare le era sembrata una tortura quanto attraversare quei dieci metri di marmo incerato, prima di nascondersi dentro l'ascensore che Pablo aveva chiamato per loro. Si appoggiò, senza farci molto caso, alla parete di legno scuro ed osservò il suo riflesso sullo specchio che faceva da soffitto. Una sola domanda le affollava la mente, pulsando a caratteri cubitali dentro alla sua testa.
“Che vita è questa??”.
Come si era ritrovata lei, anonima ventiduenne con un sacco di grilli per la testa e nessuna luna sotto cui frinire, a frequentare case discografiche di alto livello per incontrare cinque star internazionali, dopo essere stata prelevata dal suo appartamento da una vera e propria guardia del corpo? Doveva esserle sfuggito qualche passaggio e l'avrebbe volentieri cercato nei meandri della sue infinite congetture mentali, se la voce di Pablo non l'avesse richiamata a quella strana realtà che stava vivendo.
-Non ti devi preoccupare, Lexi. Anche se può non sembrare, sono ragazzi normali, dico davvero... Al massimo sono più casinisti ed infantili, ma credo che con te si comporteranno bene!
Altro sorriso incoraggiante da parte dell'uomo, altra fitta di apprensione dritta allo stomaco di Lexi. Lo sapeva bene che erano ragazzi come tutti gli altri, con uno di loro c'aveva frequentato la stessa scuola per tutta l'adolescenza, la sostanziale differenza stava nel fatto che: per uno aveva avuto una cotta colossale per undici anni della sua esistenza, un altro le aveva più o meno esplicitamente dedicato una canzone del loro ultimo album ed aveva sostanzialmente salvato la vita a tutti loro. Sì, quello non rendeva le cose più semplici. Le porte dell'ascensore si aprirono e Lexi si trovò di fronte un lungo corridoio dalle pareti bianche interrotte da qualche porta in vetro che si affacciava su numerosi uffici, da cui un numero non ben precisato di persone si stava sporgendo per poterla vedere di persona e salutarla. Non sapeva come comportarsi, ma soprattutto maledì mentalmente Mia che l'aveva costretta a mettersi un paio di decoltè nere con tacco dieci che la rendevano pericolosamente instabile sulla moquette grigia che ricopriva il pavimento. Sorrideva e non poteva far altro che continuare a riavviarsi i capelli sempre più lunghi con la mano libera da borsa e giacca, tralasciando il fatto che fosse sudatissima ed appiccicosa.
“Che figura ci farò quando dovrò presentarmi? Ma forse lo sanno già chi sono... No, loro lo sanno già chi sono... Oddio che ansia... Respira Lexi, su... Che cosa ti ha detto la dottoressa Lang? Controlla il respiro e tutto andrà bene... Inspira ed espira... Inspira ed espira... Inspira e”.
-Lexi? Dai pure la giacca a Lucy, siamo arrivati!
Si riscosse da quello stato di trance in cui sembrava essere caduta e consegnò distrattamente la giacca di jeans ad una donna sulla quarantina, con un caschetto alquanto alla moda ed un paio di occhiali dalla montatura rossa, che la stava guardando con uno sguardo tra l'ammirato ed il timoroso: che fosse lei a farle quell'effetto?
-Scusi, signorina Golder?
“Mi ha dato davvero del lei?? Oddio che ansia!”.
-Mi chiami pure Lexi, la prego...
Dal nulla, tra le mani della donna, comparvero una penna ed un blocchetto per gli appunti, di quelli costosi che Lexi aveva sempre sognato di possedere una volta che il suo primo romanzo storico sarebbe diventato un best seller in almeno dieci paesi europei, e ben presto se li ritrovò sotto il naso, mentre l'impiegata della Psyco Records le chiedeva:
-Oh, okay Lexi... Potresti farmi una dedica ed un autografo per le mie due gemelle? Sono due tue grandi fan, ti ammirano così tanto e questo sarebbe il regalo di compleanno perfetto per loro!
-Lucy per favore! Lasciala respirare! Ha un incontro importante che la aspetta!
-No, no... Va bene. Come si chiamano?
-Oh che gentile! Debra e Missy...
-Allora... A Debra e Missy un enorme augurio di buon compleanno ed un abbraccio! Lexi xx... Può andare bene?

Pablo intanto aveva aperto la porta dello studio di Simon, il fondatore della casa discografica, dove si sarebbe tenuto l'incontro, esponendo così Lexi allo sguardo di cinque ragazzi a dir poco spiazzati. Era vero: l'avevano vista parlare e respirare autonomamente durante quell'intervista che aveva rilasciato qualche tempo prima, ma l'ultima volta che l'avevano vista di persona Lexi era distesa su un letto d'ospedale, un camice bianco come abbigliamento e una marea di cavi che le uscivano da naso e braccia, un pallore impressionante a caratterizzarne il volto. Quella che avevano di fronte a loro, mentre firmava con un piccolo sorriso e un po' di incertezza nelle mani un autografo, era tutt'altra persona e ad ognuno di loro fece un effetto diverso.
Lewis non faceva altro che pensare che fosse più bella di quanto se la ricordasse e che Ellie avesse avuto ragione quando gli aveva detto che era una ragazza davvero gentile ed alla mano, lo poteva capire da come si stava comportando con quella donna che non aveva mai visto prima in vita sua.
Zach si perse a contemplare le movenze leggermente impacciate con cui Lexi faticava a destreggiarsi tra borsa, blocchetto per gli appunti, penna e capelli che continuavano, indisciplinati, a caderle davanti al volto. Era una persona spontanea e ben poche volte gli era capitato di incontrarne, così si sentì infinitamente sollevato da quella constatazione perché era stato fortunato: se mai Lexi si fosse ricordata qualcosa, le sue confessioni sarebbero state al sicuro perché di lei sentiva di potersi fidare davvero. L'unica domanda che affollava la testa di Lucas era: come aveva fatto a non accorgersi mai di Lexi? Insomma, doveva dare ragione a Sophia quando lo aveva chiamato, dopo la sua visita nell'appartamento di Lexington Street, per dirgli che era stato un cretino a lasciarsela sfuggire. Non solo perché era una ragazza indubbiamente bella ma anche perché sembrava dannatamente interessante da conoscere e lui non l'aveva mai degnata neanche di uno sguardo per undici interi anni. Forse era cieco e non lo sapeva. Hugh aveva appena mandato un messaggio a Mia per dirle che Lexi era arrivata ed aveva già fatto colpo su tutti. Lui in primis. Quella ragazza gli era stata simpatica dal primo istante, anche se non c'aveva mai realmente avuto nulla a che fare, eppure dai racconti che la sua ex ragazza gli aveva fornito si era fatto un'idea piuttosto precisa di Lexi ed osservandola con quella donna non poteva far altro che confermare la sua prima impressione: era speciale ed averla nella propria vita doveva essere davvero qualcosa di unico. Fu per questo che decise di trovare un modo per farcela stare il più a lungo possibile.
Sapeva che si sarebbe dovuto dare malato. O dire che gli era morto un gatto che non possedeva. Oppure inventare un'improvvisa invasione aliena sopra casa sua. In ogni caso, Nate sapeva che non sarebbe dovuto andare all'incontro di quel pomeriggio. Il motivo era semplice: ci sarebbe stata lei. Colei di cui non riusciva più nemmeno a pronunciare il nome e che ora era a pochi passi da lui, in tutto il suo disarmante splendore. Non assomigliava a nessuna delle modelle con cui se l'era spassata nelle ultime settimane, non aveva nulla in comune con le donne con cui aveva avuto a che fare in tutta la sua vita, non poteva essere messa a paragone con la compagna dei suoi sogni.
Lexi era semplicemente unica ed in quel momento Nate se ne rese conto con una stretta dolorosa allo stomaco. Il vestito a maniche corte di pizzo bordeaux le fasciava perfettamente il busto e il seno piccolo che aveva, per poi aprirsi in una gonna leggermente gonfia, fino a metà coscia. Le calze nere ed i tacchi non stavano avendo un effetto positivo sul cervello già in panne di Nate e, come se tutto questo non fosse già abbastanza, ci si mise pure il sorriso imbarazzato e dannatamente sensuale che dedicò alla donna con gli occhiali rossi, mentre le riconsegnava penna e blocchetto. Poi si voltò verso di loro e Nate capì di essersi perdutamente innamorato di una ragazza con cui non aveva mai parlato per la terza volta nell'arco di sette mesi.

Li aveva seguiti per quattro anni.
Era andata a tutti i concerti che le sue scarse finanze le avevano permesso.
Aveva fatto follie per i The Rush, tra cui quella di prendersi una pallottola in piena spalla e restare in coma per cinque mesi, ed ora erano davanti a lei, finalmente. Ed erano stranamente normali. Cinque ragazzi che avrebbero benissimo potuto essere suoi compagni d'università.
Questa nuova consapevolezza la lasciò interdetta per qualche secondo: che avesse idealizzato troppo quei cinque individui tanto da non ricordarsi più che fossero persone vere? La risposta arrivò chiara e lampante come il sorriso radioso che Hugh le stava rivolgendo, lasciandola senza fiato. Perché sì, per quattro anni aveva vissuto in funzione di quella band; per quattro anni aveva smesso di pensare che il tempo stesse scorrendo anche per lei, che la vita andasse avanti nonostante lei fosse bloccata in una gabbia che si era creata da sola, fatta di paure e sogni infranti; per undici anni era stata innamorata di una ragazzo di cui non sapeva realmente nulla e che ora la guardava vagamente imbarazzato, forse in cerca di una scusa plausibile da rifilarle qualora le cose si fossero fatte imbarazzanti tra di loro. Ma ora quel tempo era passato. Non poteva riscrivere la sua vita degli ultimi quattro anni, ma poteva sempre decidere con che colori dipingere il futuro che si apriva davanti a lei e che stava assumendo delle tonalità sempre più azzurre, come gli occhi di Nate, puntati nei suoi. Lexi si trovò in difficoltà sotto quello sguardo che sembrava voler dire molto più di quanto lei riuscisse a capire, così interruppe quel contatto con lui e si concentrò su un Pablo sempre più indaffarato con delle bottigliette d'acqua apparse da chissà dove che entrava nella stanza, sorridendo come se non fosse una delle situazioni più strane di sempre.
- Allora: avete già fatto le presentazioni?
Un silenzio indeciso cadde sulla sala e l'uomo, dopo aver appoggiato le bottiglie sul tavolo di vetro alla destra di Lexi, si voltò a guardarli stupito.
- Ma si può sapere che vi prende? Avete perso la lingua oggi?
Hugh scosse la massa ormai informe di capelli mossi che si ritrovava davanti agli occhi e sorrise a quell'ovvietà detta dalla loro guardia del corpo: il vero problema era che nessuno di loro sapeva bene come comportarsi ed essendo lui quello che di solito sistemava le situazioni difficili, decise di farsi coraggio e sciogliere tutta quella tensione.
- Direi che non ci sia bisogno di molte presentazioni, Pablo. Però un abbraccio a Lexi lo darei volentieri!
“Aspetta: com'è che si fa a respirare?? Qualcuno ha un manuale di istruzioni per l'uso dei polmoni? No? Peccato... Vorrà dire che avrò un collasso a breve! Oh, ma piantala Lexi! Ed ecco che riparlo con me stessa in terza persona... Diventerò mai una persona normale?”.
A quella domanda Lexi non ebbe il tempo di rispondere, perché Hugh si era avvicinato a lei con il suo imponente metro e ottantacinque di altezza e la camicia aperta fino a metà a lasciar intravvedere la catenina che indossava sempre e i svariati tatuaggi che gli coprivano la pelle e che la stavano vagamente imbarazzando. L'accolse letteralmente tra le sue braccia forti e per un attimo il cuore di Lexi si bloccò, perché quell'abbraccio era esattamente come se l'era sempre immaginato: rassicurante, protettivo e affettuoso oltre ogni limite sopportabile.
- Sono felice che tu sia qui... Grazie.
Quel sussurro roco soffiato sull'orecchio la lasciò così destabilizzata che nemmeno si accorse dell'avvicinarsi di Lewis e Zach, il secondo decisamente più a suo agio del primo.
- Ciao Lexi! E' bello riuscire a parlarti e sapere che ora puoi anche rispondere!
Non riuscì a trattenersi dal ridere Lexi, mentre ancora scambiava con Lewis un abbraccio piuttosto impacciato, non essendo nessuno dei due un grande amante del contatto fisico. D'altra parte, Ellie l'aveva avvertita su quanto, alle volte, potesse essere imbarazzante il suo ragazzo. Quando Zach le fu abbastanza vicino, Lexi poté sentire l'odore di tabacco pizzicarle il naso, mescolandosi però con un dolce aroma di vaniglia che sicuramente proveniva dallo shampoo che usava, forse rubato a Paige, creando una fragranza inebriante, proprio come aveva sempre pensato Lexi. Le stava regalando uno di quei suoi sorrisi tra l'enigmatico ed il cordiale che facevano sciogliere chiunque li ricevesse, tanto che fu costretta ad abbandonarsi alle sue braccia per convincersi che fosse tutto reale e non l'ennesimo sogno.
- Ciao Lexi... Sono davvero felice che tu sia qui... Davvero.
Nel suo tono di voce, la ragazza vi scorse una sincerità così profonda da lasciarla senza fiato, nemmeno le avesse confessato di essersi innamorato di lei. Zach era destabilizzante e non l'aveva mai capito davvero, anche se lui sembrava esserci riuscito con lei in meno di un secondo.
E poi fu il turno di Lucas.
Che avrebbe dovuto fare? Che avrebbe dovuto dire? Che cosa si aspettavano tutti che accadesse?
“Sinceramente non mi interessa... Non ha senso vergognarsi per un sentimento come quello che provavo per lui... Basta solo che me ne convinca prima che si avvicini troppo...”.
- Ciao Lexi...
“Oh Lucas, perché non hai fatto come tutti gli altri e mi hai abbracciato senza rovinare tutto con le parole? Adesso come ne usciamo da quella che certamente sarà una delle conversazioni più imbarazzanti di sempre?!”.
-Ciao Lucas...
Lexi sorrise, perché nonostante tutto era finalmente riuscita ad avere quegli occhi nocciola posati solo ed unicamente su di lei. 
“Ho come la sensazione di averla già pensata questa cosa... Non ora Lexi, concentrati!”.
Lucas sorrise in quella maniera un po' sghemba, che le ricordava il bambino di undici anni che aveva varcato la soglia della sua classe in prima media, con il suo zainetto di Toy Story e lo stesso sorrisetto, semplicemente felice della vita, sconvolgendole l'esistenza per sempre. Era strano ripensare a tutto quello che aveva fatto per quel ragazzo, ad ogni sogno che aveva riempito le sue notti da adolescente, a tutte le lacrime versate per la subdola consapevolezza che lui non si sarebbe mai accorto di lei. Invece si era sbagliata, perché in quel momento era il centro del mondo di Lucas. Ed in quello stesso momento, tra le sue braccia possenti, una sensazione di pace si diffuse nel suo corpo, non perché avesse trovato il suo posto nell'universo, ma come se quel gesto suggellasse la fine di una sezione della sua vita e lasciasse andare una parte di lei, permettendole finalmente di voltare pagina.
- Sono contento di conoscerti davvero... Non potrò mai ringraziarti abbastanza, Lexi.
La presa del ragazzo si fece più potente, come se volesse farle capire quanto davvero sentisse quelle parole che le stava dicendo, tanto che Lexi non poté far altro che stringere a sua volta il tessuto della camicia di jeans che si stava tirando sulle spalle muscolose di Lucas.
- Lo stai già facendo, Lucas.
Era vero: quell'abbraccio le stava donando qualcosa che aveva cercato per così tanto tempo, da diventare abbastanza per ricompensare un coma durato cinque mesi ed una pallottola sulla spalla. Era libera da quell'amore platonico che si era radicato dentro di lei negli ultimi undici anni, soffocandole il cuore con le sue radici robuste ed intricate, come quelle di un baobab.
Era rimasto solo Nate.
Se le sue mani avessero potuto chiedergli pietà, l'avrebbero già supplicato di smettere quella tortura dall'istante successivo l'entrata di Lexi in quella stanza. E quell'abbraccio tra lei e Lucas, non lo aiutava per nulla a calmare i suoi nervi decisamente troppo tesi, per nessuna motivazione ragionevole. Ma Nate, oramai, aveva capito che di ragionevole e razionale in quella situazione non c'era rimasto proprio nulla quindi continuò indisturbato a martoriarsi le pellicine vicine alle unghie, mentre la mascella si irrigidiva assieme alla stretta di Lexi sulla camicia di Lucas. Non doveva esserne geloso, ma non gli riusciva il contrario e sia Hugh che Zach se ne erano accorti, dato che le occhiate preoccupate rivoltegli erano tutto fuorché discrete. Ma non avrebbe fatto nulla, se l'era ripromesso quando aveva saputo dell'incontro con lei, perché sapeva come quel giorno fosse importante per Lexi e non aveva alcuna intenzione di rovinarglielo. Almeno in quello poteva ancora esserle utile: le avrebbe donato un perfetto pomeriggio con i suoi idoli. Non doveva vedere come uno di loro fosse solamente una statuina di terracotta frantumatasi al suolo tempo prima e riattaccata con la colla per l'occasione.
Quando distolse l'attenzione dalle sue mani, Nate si accorse che lo stavano fissando tutti, Lexi compresa, con uno sguardo indecifrabile ad oscurarle vagamente le iridi color delle castagne appena mature.
Che fosse bello, Lexi  non ne aveva mai dubitato. E quel giorno, la semplice maglietta nera che indossava non faceva altro che accentuare maggiormente il candore della sua pelle, la luce del sole che entrava dalle grandi vetrate rendere più soffici i capelli lasciati ricadere sulla fronte, stranamente più lunghi del solito, i jeans chiari e skinny aderire in maniera quasi illegale alle gambe magre e sode. Ma gli occhi furono ciò che attirò nuovamente l'attenzione di Lexi sul volto del ragazzo: un vortice blu-azzurro di emozioni che si scontravano e si incastravano l'una all'altra, in un'intricata matassa seducente che li stava sconvolgendo. Impazienza, insofferenza, gioia, dispiacere, dolcezza, apprensione, rassegnazione. Lexi ne sarebbe stata sicuramente inghiottita se Zach non avesse dato una leggera spinta sulla schiena di Nate per farlo avanzare, costringendolo a voltarsi verso di lui per fulminarlo, rompendo quel contatto visivo. Si avvicinò a Lexi come un condannato a morte camminava verso la sedia elettrica, consapevole che, quando la scarica sarebbe arrivata, avrebbe portato con sé un male insopportabile ed assurdo.
E così fu per Nate un volta che fu abbastanza vicino per poter vedere le screziature nel rosa delle labbra di Lexi, le stesse che tre mesi prima aveva baciato e che l'avevano tormentato in sogno tutte le notti dal suo risveglio. Era di dieci centimetri più alto di Lexi, ma i tacchi facevano si che il loro nasi fossero praticamente alla stesso livello e che i loro respiri si fondessero in una maniera del tutto nuova. Strana. Troppo intima.
Lexi rimase stordita dalle sensazioni che Nate le stava causando: il suo corpo sembrava rispondere a quello di lui come se lo conoscesse da sempre, come se quella vicinanza fosse il riprendere un discorso lasciato in sospeso in un tempo di cui lei forse non ricordava nulla. Ed il suo profumo di fresco e pulito, che le stava inebriando l'olfatto, era dannatamente familiare.
Poi accadde di nuovo. Il tunnel. Un paio di labbra sottili e delicate che si posavano sulla sua fronte per lasciarle un bacio dolce ed innocente, tanto da scatenarle una scia di brividi sulla pelle, nonostante il suo corpo non rispondesse ai comandi del cervello e quello stesso profumo a riempire l'aria attorno a lei.
Ma quando Lexi riaprì gli occhi, i brividi c'erano davvero sulle sue braccia e le labbra posate sulla sua fronte erano quelle di Nate.
“Non è possibile... Non dire cretinate Lexi... Ad averti lasciato quel bacio potrebbe essere stato chiunque...”.
Eppure, in quel momento, l'inspiegabile stretta allo stomaco che la stava attanagliando non era dovuta ad una persona qualunque, ma ad un bellissimo Nate Hanson che si stava allontanando da lei a testa bassa, senza averle detto una sola parola. Era strano. Era sbagliato. Ma la fece sentire dannatamente viva.
Nate guardava fuori dalla vetrata, verso una Londra che si stava risvegliando come i suoi sentimenti dopo aver sfiorato la pelle delicata di Lexi, incapace di accettare la verità che gli si era appena palesata davanti agli occhi: la lacrima che aveva visto nascere sul suo viso e il battito accelerato che aveva percepito mentre le baciava la fronte, volevano  dire più di quanto sembrasse, perché se solo un semplice contatto come quello poteva scatenare una reazione del genere, lui doveva starle lontano, per il suo benessere. Doveva mettere da parte quel briciolo di speranza che ancora serbava dentro di lui di poterla riconquistare e dimenticarsi tutto quello che anche un semplice sguardo di Lexi gli faceva nascere dentro. Per la sua salute e per la normalità che era giusto lei conservasse. E pensò di sentirsi come Icaro, quello della mitologia greca di cui Hugh gli aveva raccontato qualche giorno prima. Dopo aver raggiunto l'ebrezza di volare tanto vicino al sole da potersi burlare dell'insipido mondo ai suoi piedi, aveva visto le ali sciogliersi sulle sue spalle, condannandolo a precipitare nell'oceano. Così Nate si era beato del sapore di un paio di labbra che non gli sarebbero mai appartenute, aveva sfidato la sorte donando il suo cuore a qualcuno che non l'aveva mai conosciuto davvero ed ora non poteva far altro che contemplare i suoi resti galleggiare sul mare di bugie che si sarebbe dovuto raccontare per sopravvivere.
- Allora: ci sediamo? 
La voce del suo vecchio primo amore arrivò provvidenziale alle orecchie di una Lexi confusa dal comportamento di Nate, così si sedettero sul divano ad L color malva che copriva la parte inferiore della vetrata e che era riscaldato da un tiepido sole primaverile, donando un'aurea di serenità a chiunque illuminasse.
- Io mi siedo vicino a Lexi.
La ragazza fu costretta a voltarsi verso Hugh, il quale si era messo al suo fianco neanche fosse una guardia del corpo.
- E perché scusa? Io devo chiederle un sacco di roba!
Lewis lo guardava indignato, incapace di non cadere nella solita rete di battibecchi che ogni volta si scatenava con il riccio.
- Ragazzi vi prego! Non cominciate...
A Lexi venne quasi da sorridere quando vide l'espressione esasperata sul volto di Lucas e ringraziò mentalmente Zach per riuscire a portare un po' di ragionevolezza in quella situazione surreale.
- E comunque Lexi ha due fianchi. Potete mettervi uno per parte.
La testa di Lexi scattava da uno all'altro, chiedendosi quanti anni avessero in realtà: ventuno, ventidue e ventiquattro primavere oppure cinque? Optò per la seconda, sorridendo per l'assurdità della faccenda: se pensava a tutte le volte in cui sua madre le aveva detto che era troppo vecchia per perdersi ancora dietro ad una boyband di ragazzini, cominciava anche a credere che avesse sul serio ragione. Per lo meno la consolava la consapevolezza di aver scelto un gruppo di persone decisamente simpatiche su cui investire tempo e soldi.
- E tu dove vorresti metterti Nate? Tanto, ormai, qui è la fiera dell'infantilità...
Cinque paia di occhi si concentrarono su di lui, che però era perso in una contemplazione senza poesia delle strade londinesi sotto i suoi piedi.
- Lascialo stare, Luc.
Il ragazzo mulatto prese Lucas sotto braccio e lo convinse a sedersi sul lato corto del divano e Lexi si sentì leggermente a disagio, come se loro sapessero qualcosa di cui lei, invece, doveva essere tenuta all'oscuro. Si sedette vicino a Zach, che le sorrise sincero, per poi essere affiancata subito dopo da Lewis, che le si lanciò praticamente addosso pur di arrivare prima di Hugh. Rimaneva giusto un posto per Nate, ma il ragazzo non sembrava intenzionato ad unirsi al gruppo, rimanendo in piedi, leggermente discostato dal divano.
- Allora, Lexi, toglimi una curiosità: qual'è stata la prima cosa che hai pensato quando ti hanno sparato?
Il rumore dello scappellotto che si schiantò sulla nuca del povero Lewis fu così forte da rimbombare nella stanza enorme in cui erano, lasciando tutti interdetti, fino a quando la voce roca di Hugh non riempì quel vuoto.
- Ma allora sei cretino davvero! Ma come fa Ellie a sopportarti? Ti avevamo esplicitamente detto “Non fare domande inopportune” e tu che fai? La domanda più inopportuna di sempre...
-A dire il vero, avrebbe potuto chiedermi perché mi sono presa un proiettile sulla spalla al posto vostro... Quello sarebbe stato imbarazzante.
Non se lo sarebbe mai aspettata. Nessuno in quella stanza si sarebbe mai aspettato di sentire Lexi stessa tirare in ballo l'argomento più spinoso e al tempo stesso più allettante che si mischiava tra le varie possibilità di conversazione. Ma lei si sentì stranamente sollevata di aver avuto tutto quel coraggio, ora doveva solo trovare un modo per scongelare quei poveretti che la fissavano in difficoltà, senza sapere che cosa dire. E poi, lo sguardo di ghiaccio con cui Nate la stava trafiggendo, cominciava a congelarla dentro.
-Ragazzi, davvero: va tutto bene. Cioè, forse non va bene che una tipa vada in giro con una pistola e spari a caso alla gente, ma quello che ho fatto lo rifarei immediatamente. Voi non avete neanche idea di quante volte mi abbiate aiutato in questi ultimi quattro anni, così ho solo pensato di ricambiare il favore... Si può dire che siamo pari, no?
No, non erano pari. Almeno non secondo Nate che si voltò di scatto verso la porta, come pronto ad oltrepassarla da un momento all'altro. Tutto quel discorso per lui non aveva senso, perché nessuno avrebbe dovuto rischiare la vita per qualcuno che non aveva fatto altro che inseguire i propri sogni avendo la sfacciata fortuna di riuscire a realizzarli. Non Lexi che era così speciale e non se ne accorgeva. Hugh si rese conto dell'improvvisa reazione del biondo e cercò di trovare qualcosa da dire che lo dissuadesse dall'abbandonare la stanza: sapeva che stava impazzendo dalla voglia di urlare quello che sentiva dentro e che si stava però trattenendo per il bene di Lexi, ma doveva cercare di nasconderlo meglio di come stava facendo.
- Credimi, noi non potremmo mai ricambiare un  gesto come quello che hai fatto tu, Lexi. Sei stata coraggiosa. Ma soprattutto hai dimostrato un altruismo che in pochi hanno al giorno d'oggi...
- Da quando in qua fai questi discorsi filosofici?
- Tu sei un caso disperato Lewis...
- Ma che ho detto di male, ora?! Insomma: stai parlando come quando abbiamo incontrato  il principe William e Kate! Con tutto il rispetto per Lexi, ma anche se fai meno il lecchino risulti orsacchiottoso lo stesso...
- E ci risiamo...
Dall'affermazione sussurrata di Zach, Lexi ebbe la conferma che quelle discussioni senza senso fossero decisamente all'ordine del giorno per quei due.
- Io non sono orsacchiottoso, smettila di dirlo! Sei tu quello che chiamano “boo bear”...
- Io ho un sacco di soprannomi, se è per questo. Devo per caso ricordarti quello che ha a che fare con il mio...
Come al solito Lucas intervenne prima che fosse troppo tardi.
- No! Non serve!! Per l'amor del cielo, abbiamo una ragazza qui!
- Come se non avesse mai sentito certe cose...
-Grazie Lucas, ma sono cresciuta con un fratello maggiore ed i suoi amici che giravano per casa: ne ho sentite anche di peggio... E poi sono una vostra fan, certe cose le so prima di voi.
- Cazzo, c'hai ragione!
-Già.
Le venne da sorridere e lo stesso fece Zach che, durante tutto quel teatrino, se ne era stato bello tranquillo a godersi la scena e che sembrava quello più consapevole di come potesse sentirsi Lexi in quel momento, tanto da continuare a lanciarle sguardi complici.
-Sei stata stupida, invece.
La sua voce era risuonata più dura persino di quanto fosse nella sua mente, ma Nate non riusciva più a trattenersi dal dire quello che gli passava per la testa, nonostante fosse la cosa sbagliata da fare.
-Come scusa?
Lexi si era voltata verso quel ragazzo dalle spalle larghe sottolineate dalla maglietta attillata e gli occhi pieni di emozioni di cui non poteva saper di essere la causa. Hugh si passò nervosamente una mano tra i capelli lunghi, rassegnato all'idea che stesse per accadere l'inevitabile, mentre Lucas cercava di fare cenni di diniego a Nate con la testa, sperando di convincerlo a tapparsi la bocca. Zach scosse la testa, conscio che poi avrebbe dovuto fare una lavata di capo a quel piccolo irlandese troppo innamorato.
-Sei stata stupida a fare quello che hai fatto. Per noi, poi...
-E perché scusa?
-Perché non ci conosci! E noi non conosciamo te! Non avresti dovuto rischiare la tua vita per cinque idioti come noi! Sei stata dannatamente stupida, Lexi!!
-Lo credi davvero Nate?! Pensi davvero che sia stata una sciocca nel cercare di dimostrare quanto tenga a voi? Forse voi non mi conoscete, ma io so qaunto mi bastava per prendere una decisone del genere!
Lexi si era involontariamente alzata in piedi, facendo preoccupare tutti i presenti: su una sola cosa era stato perentorio il Dottor Lawson, ovvero niente emozioni forti e loro le stavano procurando esattamente quelle.
-Ma cosa credi di sapere, eh?! Solo perché hai letto qualche intervista e ascoltato un po' più attentamente le nostre canzoni non significa che ci conosci sul serio e non potevi pensare davvero che fossimo abbastanza da meritarci il sacrificio della tua vita! Anche Nate si era spostato dal ciglio del suo burrone che si affacciava su Londra per cadervi definitivamente dentro, incrociando lo sguardo infuocato e ferito di Lexi.
Erano uno di fronte all'altra, a separarli solo il divano e un muro di non detti che stava crescendo come una muraglia impenetrabile.
-Allora, se la pensi così, credo sia il caso che me ne vada!
Non aveva mai perso la pazienza in vita sua, mai urlato contro qualcuno eppure lo stava facendo davvero, sentendosi strana, forse quasi libera, benché le facesse un male cane metabolizzare le parole che proprio Nate le aveva appena rivolto.
-Tranquilla: me ne vado io.
E detto questo se ne uscì sbattendo la porta.
Il silenzio che si creò dentro la stanza subito dopo era un misto di imbarazzo, incredulità, rabbia e tristezza. Lexi non sapeva che nome dare a quella voragine che si stava lentamente aprendo al centro del suo petto, inghiottendo qualsiasi cosa si trovasse nei paraggi. Doveva andarsene anche lei o si sarebbe sgretolata davanti alle statue di cera che ancora fissavano sconcertati la porta. Quella stessa porta che si stava riaprendo per far entrare un Pablo più confuso che mai e decisamente preoccupato.
-Ma che è successo?
“Già: cos'è successo? Qualcuno me lo spieghi perché non credo di averlo nemmeno lontanamente capito... Chi era quello? Non di certo il ragazzo che mi ha mandato quei tweet qualche mese fa...”.
Ci pensò come sempre Hugh a sistemare le cose.
- Diciamo che Nate non stava molto bene... Dico sul serio, Lexi: non so cosa gli sia preso.
Le sfiorò una mano con le sue dita lunghe ed eleganti, sorridendole in quella maniera dolce che rispecchiava perfettamente il suo animo: non aveva mai conosciuto nessuno di più gentile e attento al prossimo quanto Hugh. Istintivamente, Lexi si ritrovò a stringere la mano del ragazzo dai capelli lunghi e i tatuaggi incomprensibili, sentendosi subito meglio.
Lei non si era sbagliata su di loro, aveva scommesso la sua vita per le persone giuste ed ora doveva solo farlo capire a Nate. Doveva riuscirci.
- Lexi, che ne dici di raccontarci qualcosa di te? Vogliamo conoscerti anche noi.
E a quel sorriso di Lucas che per tanti, troppi anni non aveva saputo resistere, cedette di nuovo per cominciare a prendersi quello che le spettava davvero: la sua vita come l'aveva sempre immaginata.

 

 
Hi sweethearts!
Ed eccoci qui. BOOOM!!! I Nexi si incontrano da svegli e.... Ed è solo un gran disastro -.-" Insomma: oltre che le tempistiche sbagliate, questi due sembrano avere anche le convinzioni sbagliate e boh: io la vedo sempre più ardua. Ma mai disperare, no?
Quando ho scritto questo capitolo, era piuttosto incerta su come far andare le cose, specialmente su cosa far dire a Lexi (per non farla sembrare una pazza invasata) e a Nate (che obbiettivamente parlando non è capace di gestire lo stress emotivo, dato che non farebbe parte del suo carattere). Quindi mi piacerebbe davvero sapere che cosa ne pensate di questo primo approccio da "svegli" **
Ps. Grazie infinite per essere giunte fin qui: questa storia sta diventando uno dei pochi punti fissi al momento e sapere di poterla condividere con voi mi dà sicurezza.
A presto
Lots Of Love xx
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > One Direction / Vai alla pagina dell'autore: Rebecca_Daniels