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Autore: Emmastory    03/06/2017    2 recensioni
Dieci anni. Questo l'esatto lasso di tempo trascorso dall'ultima battaglia contro i famigerati Ladri, esseri ignobili che paiono aver preso di mira la bella e umile Aveiron, città ormai divenuta l'ombra di sè stessa poichè messa in ginocchio da fame, miseria, dolore e distruzione. Per pura fortuna, Rain e il suo gruppo hanno trovato rifugio nella vicina Ascantha, riuscendo a riprendere a vivere una vita nuova e regolare, anche se, secondo alcune indecisioni del suo intero gruppo, tutto ciò non durerà per sempre. Come tutti ben sanno, la guerra continua, e ora non ci sono che vittime e complici. (Seguito di: "Le cronache di Aveiron: La guerra continua)
Genere: Avventura, Azione, Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Le cronache di Aveiron'
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Le-cronache-di-Aveiron-VI-mod
 
 
Capitolo XXXI

Partire e tornare

Mattina. Il risultato del sole che usciva dal suo nascondiglio dietro i monti visibili come in foto dalla finestra della mia casa, che non visitavo e dove non mettevo piede da circa un mese. Ben trenta giorni passati nell’accogliente campo di recupero, ma di cui cominciavo ad avere abbastanza. Lady Bianca aveva soltanto cercato di aiutarci, certo, e aveva anche fatto un ottimo lavoro, ma ad essere sincera, cominciavo a stancarmi di essere fissata da tutte le altre genti presenti come se fossi una sorta di abominio. In fin dei conti, quella gente mi conosceva per il mio passato, ed era a conoscenza del mio nome, ma non della mia storia. Quei poveri disgraziati sapevano che ero nata dall’amore di mia madre e mio padre, re e regina di Aveiron, ma giudicavano quel così puro e vero amore come il peggiore dei peccati, in quanto la vera e legittima erede al trono non era che la madre di mia sorella Alisia, venuta a mancare poco dopo la sua nascita. Non tentavo di negarlo, e le cose stavano davvero così, ma essere costantemente giudicata iniziava davvero a darmi sui nervi. “Noi ce ne andiamo.” Disse Terra, dopo aver chiesto con gentilezza e rispetto udienza a Lady Bianca, che era per così dire la direttrice del campo stesso. “Perché? Non state bene qui? C’è qualcosa che posso fare per voi? Basta dirlo, mi metterò al lavoro.” Rispose lei, confusa e stranita dalle parole di mia figlia, che dopo aver parlato, restava in silenzio. “Non fraintendeteci, qui è tutto perfetto, abbiamo solo nostalgia di casa.” Chiarii io, sempre con fare rispettoso e gentile. “Capisco.” Disse poi Lady Bianca, abbassando per un attimo lo sguardo prima di tornare a guardarci tutti negli occhi. “Potrete andarvene quando vorrete.” Aggiunse poi, in tono solenne, sicura di averci offerto tutto l’aiuto possibile. “Grazie, e a presto, Lady Bianca.” Questo il cortese saluto che a turno le rivolgemmo tutti, e che funse da formula di commiato fino a quando non sparimmo, assieme a Rachel e Lady Fatima dalla sua vista. Poco prima di andare, salutai anche Drake e Tanya, che contrariamente a noi, avevano deciso di restare ancora per un pò. Anche se con un velo di tristezza nel cuore, salutammo anche loro, e di lì a poco, il nostro viaggio di ritorno a casa ebbe inizio. Come di consueto, nella carrozza di Lady Fatima, trainata dal suo fedele e bianco cavallo, sempre pronto a galoppare spedito fino alla meta. Questa volta, però, ci fu qualcosa di diverso. Rispettando l’ordine della padrona e di Ilmion, che sostituiva Drake nel ruolo di cocchiere, il cavallo si lasciò andare ad un trotto sciolto e privo di esitazioni, andatura che ci riportò indietro nel giro di qualche ora. Mentre il selciato scivolava via, guardavo alternativamente il cielo e ciò che stava dritto di fronte a me, ovvero Rachel. Teneva saldamente la mano di Lady Fatima, e questa gliel’accarezzava. Non le rivolgeva la parola, ma stando a quanto avevo avuto modo di capire dal dottor Patrick, quel gesto poteva avere molti significati, e uno di questi poteva essere riassunto da una frase. “Ho bisogno di te.” Proprio queste le parole che in una sera d’inverno Rachel aveva rivolto alla sua amata, e che questa le aveva rigirato. “No, sono io ad aver bisogno di te.” Le aveva risposto, mentre insieme guardavano le stelle e lottavano contro sé stesse per non cedere alla tentazione di baciarsi. Tentazione alla quale la Leader non seppe resistere, e dalla quale si lasciò vincere stringendo a sé Rachel prima di prendere possesso delle sue labbra, calde e morbide proprio come le ricordava. Ad ogni modo, arrivammo a casa, e poco prima di mettere di nuovo piede in quella che era la mia umile dimora, mi resi conto che ad Alisia non era permesso di scendere, poiché Ilmion pareva aver deciso di onorare la promessa fattale con un semplice contratto orale. Sarebbero finalmente andati a vivere insieme in una casa rispettabile, lontani almeno per ora dal pericolo e dagli infausti ricordi impressi dal tempo nelle loro menti. Nel salutarla soffocai un pianto e asciugai una lacrima, e aggiornando il mio diario, vi scrissi anche di come, soltanto grazie alla bontà e all’amore di un uomo del calibro di Ilmion, fosse riuscita a riconquistare la sua personale libertà di essere. Eravamo tutti felici per lei, e le nostre realtà erano due. Per lei questa consisteva nell’allontanarsi e partire, mentre per noi si concretizzava nel tornare.
   
 
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