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Autore: Signorina Granger    05/06/2017    6 recensioni
INTERATTIVA || Conclusa
Vienna: la Città dei Sogni.
La capitale austriaca è però anche l'emblema mondiale della musica classica, e per questo è qui che ha luogo, ogni tre anni, un concorso per i più promettenti giovani musicisti europei, da poco diplomati ad Hogwarts, Durmstrang o Beauxbatons.
Un concorso che avrà termine con il Concerto d'Inverno al Teatro dell'Opera e che segnerà la vittoria di tre tra questi aspiranti musicisti...
Vienna è la Città dei Sogni, ma solo alcuni vedranno il loro realizzarsi.
- Questa storia, con il permesso dell'autrice, prende ispirazione da 'House of Memories' di Slytherin2806 -
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Maghi fanfiction interattive
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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Capitolo 15 
 
Mercoledì 31 Ottobre, 2:00 


Si socchiuse la porta alle spalle, camminando in punta di piedi fino al letto e preparandosi al fiume di parolacce che, probabilmente, stava per investirla.

"Becky?"

Eleanor scrollò leggermente la spalla dell'amica, che si limitò a sbuffare e a girarsi dall'altra parte. La Tassorosso però non demorse e la chiamò di nuovo, scrollandola con maggior veemenza e facendo finalmente voltare l'amica verso di sè: Rebecca borbottò qualcosa di incomprensibile prima di sollevare con un gesto secco la mascherina che teneva gli occhi, fulminandola con lo sguardo:

"CHE C'È?" 
"Ehm... ho bisogno del tuo aiuto." 
"Sono le due, che cosa diamine devi fare a quest'ora?" 
"Credo che dovresti venire fuori..." 


Eleanor sfoggiò un sorriso tirato e Rebecca sospirò, alzandosi dal letto scalciando le coperte e infilandosi le ciabatte prima di seguirla fuori dalla sua camera:

"Ok, arrivo. Ma spero vivamente per te che sia qualcosa di grave!"


Pochi minuti dopo le due stavano percorrendo il corridoio a ritroso, mentre Eleanor teneva con una mano la bacchetta per fare un po' di luce mentre al contempo sorreggeva, con fatica, un Gabriel che non la smetteva di parlare. 

"Ma si può sapere come lo hai trovato?" 
"Mi sono svegliata e mi è sembrato di sentire un rumore, l'ho trovato in corridoio... era inciampato su un tavolino."
"Grandioso. Ma se non sta zitto ti giuro che lo Schianto... Gabriel, piantala di parlare!" 

Rebecca sbuffò, fulminando il ragazzo con lo sguardo e intimandogli di fare silenzio senza risultati, visto che Gabriel continuava a blaterare sconnessamente.

"Posso dargli un colpo in testa, secondo te?" 
"Meglio di no, domattina si sveglierà comunque con un mal di testa atroce.. meglio non mettere il dito nella piaga. Ok, qual è la sua camera?" 
"Lo chiedi a me? Gabriel, il numero della tua camera?" 

"Non mi hai appena detto di stare zitto?" 
"Hai ragione, dimmi il numero e poi starai zitto. Coraggio... la mia schiena si sta per spezzare in due. Ma dov'è Bach quando serve? Non potevi svegliare lui?" 

Eleanor sfoggiò un sorriso carico di scuse mentre Gabriel faceva vagare lo sguardo sul corridoio con aria vaga prima di borbottare un numero. E a quel punto entrambe pregarono che fosse quello giusto e di non capitare in camera di chissà chi. 

"Ok, andiamo allora... hai un alito che spaventa Undersee, ma perché devi bere così tanto? E sei stato di sotto fino ad ora?" 
"Mi sono addormentato su un divano e mi sono svegliato mezz'ora fa, sono tornato di sopra, ma non vedevo niente..." 
"E usare la magia per fare luce no, vero?" 
"Temo di aver lasciato la bacchetta in camera..." 

Rebecca roteò gli occhi e borbottò qualcosa come "e meno male che è Corvonero" mentre lo trascinava verso la porta giusta e Eleanor chiedeva gentilmente al ragazzo se avesse la chiave della stanza. 

"Tieni." Gabriel porse la tessera alla Tassorosso, che gli sorrise prima di aprire la porta ed entrare nella stanza, con Rebecca che sospirò di sollievo mentre lo faceva scivolare sul suo letto:

"Finalmente... bene, leviamogli le scarpe e poi ce ne torniamo a letto." 
"Forse dovremmo assicurarci che stia bene..." 
"Sto benissimo." 

Gabriel sbuffò, seppellendo la faccia nel cuscino e borbottando qualcosa di poco comprensibile mentre Eleanor lo guardava con espressione dubbiosa:

"Non ne sono poi così sicura... Coraggio, almeno togliti gli occhiali." 

Eleanor si avvicinò al ragazzo per rivoltarlo e sfilargli gli occhiali neri, sospirando quando si rese conto che si era già addormentato.

"Beh, almeno lui dorme... domani mattina tornerò a vedere come sta." 
"Spero solo che non ci sia un altro idiota che barcolla per l'hotel! E meno male che lo hai trovato, stava andando dritto verso gli alloggi degli esaminatori... volevo proprio vederla, la faccia di Koller svegliato a quest'ora da uno dei suoi ragazzi, specialmente se ubriaco." 


                                                                  *


La scrivania non era mai stata carica di lettere come quella mattina, probabilmente, da quando era arrivata a Vienna. 
Irina però, seduta sulla sedia di fronte al mobile, si limitò a frugare nel mucchio per cercare le poche che davvero le interessavano. 

Quando individuò la scrittura di Maya un sorriso le illuminò il volto, allungando una mano per prendere la busta e rompere la ceralacca con un gesto secco per leggere la lettera. 

Certo, aveva ricevuto frotte di lettere e regali da parte della sua famiglia, dai suoi genitori e dai suoi fratelli... ma quelle le avrebbe lette dopo, probabilmente. Di tutto quel mucchio, erano poche le lettere ad interessarle veramente. 


                                                               *


"Mi è sembrato di sentire delle voci in corridoio, ieri notte... voi ne sapete qualcosa?" 

Emil prese posto accanto ad Eleanor, che si limitò ad annuire:

"Diciamo che abbiamo dato una mano a Gabriel..." 
"Già. Sei andata a vedere come sta?" 
"Sì, prima di scendere. Non è al massimo della forma, probabilmente. Ma se ci pensi è un bene che si sia messo a bere sul tardi quando quasi tutti erano già saliti, altrimenti si sarebbe messo a provarci con tutte le ospiti dell'hotel!" 

"Sarebbe stato comico, però..." 

Rebecca si accigliò leggermente, immaginandosi la scena mentre anche Emil sorrideva, annuendo con gli occhi chiari luccicanti di divertimento:

"Pensate se si fosse messo a fare avances a Christina..." 
"O a Koller, meglio ancora!" 

Il Tassorosso e la Serpeverde iniziarono a ridacchiare, tornando però seri di fronte all'occhiata torva che rivolse loro Eleanor, che sbuffò prima di prendere la sua tazza:

"Non siete divertenti." 
"Dici? Secondo me invece lo siamo... tu che ne pensi, Emil?" 
"Sì, sono d'accordo."   Emil annuì e sorrise allegramente in direzione dell'ex compagna di Casa, che invece roteò gli occhi: 

"Sto cominciando a rendermi conto che voi due insieme potreste essere veramente un pericolo pubblico. E pensare che ho cercato di farvi diventare amici per anni, se doveste diventare pappa e ciccia forse dovrei migrare in un altro Paese." 

"Secondo te era un complimento o un insulto?" 
"Onestamente non saprei." 


                                                                  *


Smise di correre quando si fermò accanto ad una delle panchine che costeggiavano le ringhiere a cui i turisti si appoggiavano per fotografare il Danubio, mettendo una mano sullo schienale lucido e recentemente verniciato della panchina scura mentre regolarizzava il respiro, passandosi istintivamente una mano tra i capelli mossi. 

Ivan deglutì, esitando prima di iniziare a camminare, facendo vagare lo sguardo sulla strada praticamente deserta. Erano appena le 8 e il periodo per niente turistico, non c'era da stupirsi che non ci fosse praticamente anima viva in giro, se non qualche macchina che gli sfrecciava accanto. 

Con uno sbuffo prese il bavero della maglietta e lo tirò nervosamente, pensando con leggero divertimento a quello che avrebbe detto una bionda di sua conoscenza in quel momento se lo avesse visto in quelle condizioni: molto probabilmente Cal avrebbe iniziato a rimproveralo, infilandogli a forza un maglione e sostenendo che prima o poi si sarebbe preso una broncopolmonite a furia di sudare e di prendere freddo subito dopo. 

Poco male, a lui il freddo era sempre stato indifferente... anzi, per lui in quel periodo a Vienna la temperatura non era certo poi così bassa. 

Il ragazzo si incamminò per tornare all'Hotel e fare colazione, continuando a camminare accanto alla fila deserta di panchine mentre lanciava un'occhiata al cielo, trovandolo più grigio che mai. 


Percorreva la stessa strada da due mesi e ormai camminava quasi con movimenti automatici, ma il ragazzo si fermò piuttosto bruscamente quando i suoi occhi chiari si catalizzarono sull'unica figura che aveva preso posto su una delle panchine. 

C'era un ragazzo biondo seduto qualche metro davanti a lui, indossava una giacca scura e teneva gli occhi fissi davanti a sè, sul fiume, la schiena leggermente piegata in avanti e i gomiti appoggiati sulle ginocchia. 
Come se stesse riflettendo... Ivan lo sapeva per certo. Quante volte lo aveva visto fermo in quella posizione?


Esitò, ma poi si mosse per raggiungerlo, lo stupore che aumentava ad ogni passo. Possibile che si stesse sbagliando? 
Quell’idea però lo abbandonò ben presto, più si avvicinava e più si rendeva conto di non essere affatto in torto... per una volta però non gli sarebbe dispiaciuto affatto non avere ragione. 

"Che cosa ci fai qui?" 

Ivan si fermò accanto alla panchina mentre il ragazzo sollevava lo sguardo su di lui, sorridendogli con una punta d'ironia:

"Anche per me è un piacere vederti, fratellino... sono venuto a fare il turista." 
"Dico sul serio... che cosa vuoi?" 

Ivan contrasse la mascella studiando il profilo del fratello maggiore quasi con odio mentre Dimitri sbuffava, sfilandosi qualcosa dalla tasca interna della giacca:

"Come sei suscettibile Ivan... credimi, avrei fatto a meno di venire, ma ho bisogno che tu faccia un paio di firme." 
Ivan allungò una mano e prese i fogli che il fratello gli porgeva, lanciandogli un'occhiata vagamente scettica:

"Come mi hai trovato, comunque?" 
"Sono andato all'Hotel e ho incrociato la tua amica... Cal, vero? Mi ha detto che eri andato a correre. Avrei dovuto aspettarmelo in effetti, ma avevo quasi scordato questa tua mania." 


Ivan non rispose e lesse rapidamente le prime righe del documento che il fratello gli aveva portato, sbuffando sommessamente:

"Non puoi firmare tu? Ho altro a cui pensare qui." 
"Pensi che io non abbia niente da fare, Ivan? Se potessi firmare io l'avrei fatto e non sarei certo venuto in Austria... ma sai come funziona, hai tu la procura durevole sulle questioni di salute e benessere. Ergo, solo tu puoi firmare perché i documenti siano validi." 

"D'accordo, allora... ripassa stasera e li avrai firmati, ok? Prima voglio leggere con calma." 

Ivan ripiegò nervosamente i fogli, avendo quasi timore di leggerli da cima a fondo mentre Dimitri annuiva, restando seduto sulla panchina prima di sfoggiare un debole sorrisetto:

"D'accordo. Mi offrirai la cena in quel posto da ricchi sfondati?" 
"Al massimo userei la pessima cucina austriaca per provocarti un'intossicazione alimentare. Se venire qui ti ha scomodato tanto non potevi spedirmi tutto via posta come facciamo di solito?" 
"Disgraziatamente hanno mandato tutto al tuo indirizzo, non sapevano certo che fossi qui... non ricevendo risposta hanno contattato me, pare che sia abbastanza urgente. E sappiamo entrambi che scrivendoti avresti potuto benissimo ignorare la mia lettera." 

"Come sei perspicace. Ci vediamo alle 6. E non farmi aspettare come tuo solito."
"D'accordo fratellino... ci vediamo dopo." 

Ivan si allontanò a passo svelto, udendo a malapena le parole del fratello che lo seguì brevemente con lo sguardo prima di sorridere, scuotendo leggermente il capo mentre riportava lo sguardo sul Danubio che scorreva davanti a lui. 


                                                               *

"Ehy! Buon compleanno!" 

Irina si voltò, sorridendo a Cal mentre la bionda prendeva posto accanto a lei, ricambiando il sorriso.

"Grazie. È strano festeggiare in un contesto così insolito, ma forse non mi dispiace avere respiro dalla mia famiglia, per una volta... anche se mi hanno scritto frotte di lettere, certo." 

"Tra poco ci sarà anche il compleanno di Ivan... anche se, conoscendolo, non ne farà parola neanche una volta e preferirebbe che nessuno se ne ricordasse."
"Non gli piace festeggiare?" 
"Non molto... non ama stare sotto i riflettori. Credo che non vada ad una di quelle feste da Purosangue dai tempi della scuola, in effetti." 

Cal fece spallucce mentre si sporgeva per prendere la marmellata, guardandosi comunque intorno per cercare tracce del suo amico: quando aveva visto Dimitri nella hall aveva pensato di essere nel pieno di un'allucinazione... da quanto non vedeva il fratello di Ivan? Probabilmente da quando si era diplomato... aveva solo un anno più di lei, quindi aveva avuto modo di conoscere anche lui oltre che il fratello minore... e sapeva quanto poco si sopportassero.

Perciò se Dimitri era lì, a Vienna, non era certo per salutare suo fratello... doveva esserci un motivo ben preciso. 
Cal si stampò un gran sorriso sulla faccia quando intravide finalmente l'amico, rivolgendogli un cenno con la mano e invitandoli ad avvicinarsi:

"Parli del lupo e spunta la coda... ciao, maratoneta. Fai colazione con noi?"

Cal studiò con attenzione il volto del ragazzo mentre Ivan si avvicinava alle due, restando perfettamente impassibile... non era un buon segno conoscendolo, proprio per niente. 
"Ciao ragazze... veramente non ho molta fame, credo che andrò di sopra. Ma buon compleanno, Irina." 

Ivan si sforzò di sorridere, chinandosi leggermente per dare un bacio sulla guancia della rossa mentre Cal sbuffava, fulminandolo con lo sguardo:

"Non puoi non fare colazione proprio oggi... non fare l'orso e siediti! Anzi, vai a lavarti, puzzi come una capra di montagna... ma poi torna qui." 
"Va bene, mamma." 

Ivan sbuffò, roteando gli occhi prima di allontanarsi mentre Irina ridacchiava e Cal gli raccomandava di darsi una mossa e di non metterci un'eternità.

"Fate così da sempre? Siete molto carini." 
"Infondo mi adora, lo so per certo... è il primo a prendermi in giro, ma c'è sempre per me, più di chiunque altro. In realtà è piuttosto dolce, ma non dirgli che l'ho detto, ho una reputazione da difendere." 

Cal si strinse nelle spalle e Irina sorrise, provando quasi una punta di invidia per il rapporto che i due avevano. Cal era molto estroversa in effetti, lei aveva sempre fatto molta più fatica ad aprirsi veramente con chi la circondava. 


La rossa però smise di pensarci quando qualcuno accanto a lei si schiarì leggermente la voce, e voltandosi si ritrovò davanti ad un cameriere che le stava porgendo un vassoio con una busta sopra. 

A quanto sembrava la posta per quel giorno non era ancora terminata... e quando Irina ebbe ringraziato il cameriere e voltò la busta una sensazione piuttosto spiacevole l'attraversò, nel leggere il nome del mittente. 

Certo, c'era da immaginarselo... probabilmente era buona educazione.

"Qualcosa non va?" 
Cal inarcò un sopracciglio, cogliendo la lieve smorfia che aveva inclinato le labbra della rossa. Ma Irina si limitò a scuotere il capo, appoggiando la busta sul tavolo senza nemmeno aprirla:

"Lettera di auguri, immagino. Solo che vengono da una persona che non mi piace molto." 
"Immagino che capiti a tutti... un parente poco simpatico?" 
"Non esattamente... in realtà è il mio fidanzato." 


Irina parlò con un tono piatto è piuttosto calmo, ma al contrario Cal sbarrò con gli occhi con evidente sorpresa, bloccando la mano a mezz'aria:

"Sei fidanzata, davvero? Non te l'avevo mai sentito dire prima!" 
"Diciamo di sì... è una lunga storia." 
"Oh beh, Ivan è lento come l'anno della fame a cambiarsi, abbiamo tutto il tempo del mondo!" 


                                                                   *


Venti minuti dopo Pawel Juraszek faceva vagare lo sguardo con perplessità da Irina ad Ivan che, seduti un di fronte all'altro, sfoggiavano due facce da funerale belle e buone. 

Si era perso qualcosa? Probabilmente sì. 
Lanciò un'occhiata incerta in direzione di Cal, ma la bionda si limitò a scuotere il caponcon un movimento appena percettibile, come a volergli suggerire di non fare domande... ma, tanto per cambiare, il polacco decise di fare di testa sua e si rivolse all'amico

"Ivan, che cos'hai? Pensavo che qui quella lunatica fosse Jordan." 
"Ma come ci riesci? Ogni volta in cui infili il mio nome in una frase diventa un insulto!" 

Cal sbuffò, appoggiandosi allo schienale della sedia e fulminando il polacco con lo sguardo, che però la ignorò deliberatamente e continuò a rivolgere la propria attenzione ad Ivan, aspettando che parlasse. Il russo esitò ma poi si voltò proprio verso l'amica, parlando con un tono neutro:

"Hai visto Dimitri stamattina?" 
"Io... sì. Vi siete incontrati?" 
"Sì, l'ho incrociato fuori." 

"Aspetta... tuo fratello è a Vienna? Perché?" 

Pawel si accigliò, guardando l'amico con stupore mentre Cal gli assestava un calcio sotto al tavolo, suggerendogli di tapparsi la bocca mentre Ivan sospirava, continuando a rigirarsi distrattamente l'anello d'argento che portava sempre:

"Aveva una cosa di cui parlarmi. E come al solito mi è bastato vederlo per dieci minuti per rovinarmi la giornata." 
"Se può farti sentire meglio a me è bastata una lettera." 

Irina sbuffò, laconica, fulminando la busta che giaceva ancora intoccata sul tavolo, accanto al suo piatto. Gli occhi chiari di Ivan si posarono sulla busta e, per un attimo, si chiese da chi provenisse... ma era, probabilmente, troppo discreto per chiederglielo direttamente. 

"Davvero? Mi ricordi qualcuno che è seduto a questo tavolo." 
"Ehy! Smettetela di parlare di me, qui si stava parlando di te Petrov. Che vuole Dimitri? Posso prenderlo a maledizioni io, se vuoi." 

"Grazie per la disponibilità, ma mi serve vivo e in salute, temo. Scusate, vado a suonare un po'... ho bisogno di rilassarmi." 

Ivan lasciò il tovagliolo sul tavolo prima di alzarsi sotto lo sguardo dei tre compagni. Si era appena allontanato quando Cal sbuffò, imitandolo e mormorando che sarebbe andata a parlare con lui. 

"Credo che andrò anche io... ho così tante lettere a cui rispondere che mi viene il mal di testa solo a pensarci." 

Irina quasi rabbrividì mentre si alzava, pensando già alla risposta che avrebbe rifilato a praticamente tutti i mittenti... disgraziatamente doveva anche leggere la lettera di Eleazar, chi avrebbe sentito i suoi genitori se non gli avesse risposto?



Rimasto solo Pawel sorrise appena, prendendo il bicchiere pieno di succo prima di berne un sorso:

"Già... pensavo davvero che quella lunatica fosse Jordan, ma forse mi sbagliavo." 


                                                        *

Uno sbuffo sommesso fuoriuscì dalle labbra di Gabriel Undersee mentre si rigirava sul materasso, maledicendo mentalmente la luce che filtrava dalla finestra.

Ma chi era l'idiota che l'aveva aperta?

"Alla buon'ora." 

Sentendo una voce Gabriel aprì gli occhi, mettendo là fuoco la figura che si era seduta accanto a lui prima di sobbalzare, mettendosi seduto di scatto:

"Che ci fai qui? Ahia..." 

Gabriel sollevò una mano per sfiorarsi la testa dolorante, mentre Helene si limitava a sorridergli:

"Sono venuta a vedere come stai... Rebecca e Eleanor mi hanno raccontato un aneddoto molto divertente su di te che barcolli alle due del mattino in corridoio. Speravo che avresti smesso di bere quando sono andata a dormire, ma temo che tu abbia continuato..." 
"Non ricordo granché... ti prego, dimmi che non ti ho detto qualche cretinata." 

"Oh, sì. Hai detto che mi adori, che mi trovi tremendamente bella oltre che simpatica ed intelligente... Gabriel rilassati, sto scherzando." 

Helene rise di fronte alla faccia allarmata del ragazzo, che tirò quasi un sospiro di sollievo:

"Meno male. Cioè, non che non pensi davvero quelle cose, ma... lascia perdere." 
Il Corvonero sbuffò e si limitò a scuotere il capo prima di abbandonarsi nuovamente sul materasso, sospirando. 

"Ogni volta dico che non berrò mai più niente in vita mia... ma non sono granché a mantenere la parola, temo." 
"Si può sapere perché bevi così tanto? Vuoi avere problemi di fegato a 25 anni?" 

"Ora sembri mia madre." 

Gabriel sorrise appena, ma tornò immediatamente serio di fronte alla faccia poco allegra di Helene, limitandosi a sospirare:

"Sto scherzando... e comunque, non lo so. Lo facevo anche a scuola, di nascosto." 

"Un modello di comportamento. Tieni, bevi." 

Helene gli porse un bicchiere d'acqua e il ragazzo lo prese, mormorando un ringraziamento prima di scolarselo.

"Ma mi adori lo stesso, vero Elin?" 
"Non usare il tono da marpione con me, Gabriel. Forse attaccava ad Hogwarts, ma con me no di certo." 

Helene provò a restare seria e a guardarlo male, ma finì col rilassarsi di fronte al sorriso che le rivolse Gabriel, guardandola con gli occhi scuri carichi di divertimento:

"Sarà, ma sei comunque qui a controllare che stia bene." 
"... odio ammetterlo, ma hai ragione questa volta." 


                                                                *


"Ti manca la tua famiglia?" 
"Abbastanza... ma sono abituato a stare parecchio via da casa, in effetti. A te manca tua zia?" 

Eleanor si limitò ad annuire mentre, seduta su un divano, continuava a scrivere distrattamente sul suo quaderno. Come al solito Emil moriva dalla voglia di sapere cosa scrivesse l'amica, ma probabilmente non avrebbe mai osato chiederglielo direttamente. 

"Un pochino. Non è strano per te lavorare in Danimarca ma vivere in Inghilterra?" 
"La mia famiglia si è trasferita in Inghilterra per il lavoro di mio padre quando ero piccolo... ho studiato in Gran Bretagna, ma amo la Danimarca. Non mi dispiace fare avanti e indietro, anche perché grazie al mio lavoro ho ottenuto una Passaporta personale che mi permette di viaggiare di continuo... non è poi così complicato." 

Emil si strinse nelle spalle mentre Eleanor invece continuò ad osservarlo, sorridendo lievemente:

"Sai... ti ci vedo proprio, a parlare e discutere con le persone. Sei sempre stato bravo a relazionarti con il prossimo." 
"Mi piace parlare con le persone e ascoltarle. Mia madre dice che è un talento naturale... ma immagino che il mio "dono" aiuti molto. Le persone rimangono spesso affascinate da quello che riesco a vedere." 
"Lo immagino. A volte vorrei vedere il mondo come lo vedi tu... magari capirei che cosa prova mia madre, finalmente. Com'è sapere sempre che cosa provano le persone, sapere anche che cosa provano per te?" 

"A volte piacevole, a volte un po' meno... se qualcuno mi disprezza lo capisco subito. Se tengo a qualcuno mi accorgo immediatamente se i miei sentimenti sono o meno ricambiati, o se magari una persona che prima teneva a me finisce col provare indifferenza." 

Emil si strinse nelle spalle e Eleanor gli sorrise con gentilezza, quasi a volerlo consolare mentre gli sfiorava un braccio con la mano:

"Beh, io ti voglio bene, lo sai no?" 
"Certo che lo so." 

Emil ricambiò il sorriso mentre l'amica lo guardava con affetto... e in ogni caso Emil vide comunque quanto fosse rilassata e di buon umore in quel momento a causa dei colori, dei fili dai rassicuranti colori caldi che la circondavano.

"Ti ricordi l'anno scorso, quando ti hanno chiesto di assistere a degli interrogatori degli Auror, a Londra? Il nostro Emil Bach è richiesto sia nel Regno Unito che in America, sono proprio orgogliosa di te. Anche se, prima o poi, andrò alla sala da thè di tua madre solo per vederti indossare un grembiule e aiutarla a servire." 

Eleanor ridacchiò e per tutta risposta il ragazzo la colpì con un cuscino, sbuffando leggermente:

"Non ridere, mi piace aiutare mia madre quando posso! E poi io sono bravissimo ai fornelli." 
"Lo so bene, la settimana scorsa quando Becky stava male ti sei infiltrato in cucina solo per prepararle il brodo... come sei carino." 
"Hai notato che non mi tira dietro una pantofola da più di due settimane? Sto facendo progressi... anche se farla irritare mi diverte, forse dopo andrò a prenderla un po' in giro. O magari potrei iniziare a farle complimenti così si imbarazzerà, adoro imbarazzare le persone." 

"Lo so bene, quando eravamo piccoli mi davi il tormento..." 
"Vero, diventavi cremisi quando ti facevo un complimento." 
"Sono timida, che posso farci?" 


                                                        *


Quando mise piede nella stanza Cal puntò dritta al pianoforte davanti al quale si era seduto Ivan, per una volta non si fermò nemmeno per un attimo ad ascoltare la musica e lo raggiunse in fretta, sedendosi accanto a lui senza tante cerimonie. 

Per un attimo rimase in silenzio, guardando le mani del ragazzo muoversi rapidamente sulla tastiera mentre Ivan non dava segno di essersi accorto della sua presenza, continuando a tenere il capo chino e gli occhi fissi sui tasti d'ebano.

"Riguarda tua madre?" 

Sentendo quelle parole le dita del ragazzo si bloccarono e per qualche secondo Ivan rimase perfettamente immobile e senza fiatare, per poi sospirare stancamente:

"Sì. Ma non l'ho ancora letto... non mi va di pensarci." 
"Ha bisogno di qualche firma, immagino... altrimenti non sarebbe venuto." 

"Forse avrei dovuto lasciare a Dimitri la procura sulle questioni di salute e prendermi quella per le faccende legali ed economiche... odio prendere decisioni sulla sua salute. Immagino che sia una cura da approvare, stasera passerà per prendere i documenti e poi se ne andrà, come sempre." 

Cal annuì, restando in silenzio per qualche istante prima di alzare lo sguardo dalle mani del ragazzo per guardarlo in faccia, sorridendogli:

"Sono sicura che prenderai la decisione giusta, come sempre. So che tu e Dimitri non andate d'accordo, ma fare uno sforzo per il bene di vostra madre è il minimo, non credi?" 
"Già... credo che lei sia l'unica cosa che ancora ci leghi in qualche modo." 

Cal sorrise all'amico prima di appoggiare una mano su quella del ragazzo, come a volerlo consolare:

"Lo so, è difficile... ma almeno non sei solo. Io ho un pessimo rapporto con mia madre, lo sai... e credo che nemmeno Irina se la passi molto bene." 
"Forse dovrei andare a scusarmi per come sono stato intrattabile a colazione..."

"Anche lei ha qualcosa a cui pensare, come tutti, sono sicura che capirebbe." 
"Che cos'aveva prima, in effetti? Ha a che fare con quella lettera?" 

"In un certo senso... le ha scritto il suo fidanzato e a quanto pare non moriva dalla voglia di avere sue notizie." 

Cal si strinse nelle spalle e fece per iniziare a suonare qualcosa a sua volta, mentre invece Ivan sgranava leggermente gli occhi grigi:

"Aspetta... Irina è fidanzata?"
"A quanto pare... sono rimasta sorpresa anche io, non glie l'avevo mai sentito dire prima. Perché quel tono?"  Cal gli rivolse un'occhiata incerta ma Ivan si limitò a stringersi nelle spalle, rimettendosi seduto dritto verso la tastiera:

"Niente... sono solo sorpreso, tutto qui. Dai, suoniamo qualcosa insieme... ma vedi di non pestarmi i piedi, Jordan." 


                                                                  *


Irina sbuffò debolmente, guardando la sua piuma muoversi magicamente sulla carta e scrivere l'ennesima risposta al biglietto di auguri di turno... se non altro aveva incantato la penna, così non avrebbe dovuto sopportare un crampo alla mano.

Moriva dalla voglia di finire quella noiosa procedura per andare a fare una passeggiata con Lena o magari suonare e rilassarsi un po'... ma il bussare alla porta la precedette e la ragazza si voltò verso l'uscio, guardando l’anta aprirsi.

"Ciao." 

Ivan abbozzò un sorriso, tenendo ancora la mano stretta sulla maniglia mentre la ragazza lo osservava con leggero stupore, chiedendosi che cosa ci facesse lì... ma la risposta arrivò ben presto, quando lui continuò a parlare:

"Ti va di andare fuori invece di marcire qui dentro? Credo di aver bisogno di distrarmi." 

Irina esitò ma poi ricambiò il sorriso, annuendo prima di alzarsi:

"Con piacere." 

Probabilmente aveva bisogno di distrarsi un po' anche lei, tanto che nell'arco di un attimo si era infilata scarpe e giacca, aveva preso il guinzaglio di Lena ed era uscita dalla stanza insieme al cane e ad Ivan, sorridendogli con sincera gratitudine. 


                                                                  *


"Che cosa stai mangiando?" 
"Sacher." 
"Ce n'è una fetta anche per me o l'hai già fatta sparire?" 

"Non farmi la predica, è Halloween... ergo, si mangiano dolci." 
"Allora per te ed Emil ogni giorno è Halloween..."

Eleanor rise sotto i baffi mentre guardava i due con aria divertita, uno seduto accanto all'altra sul divano e impegnati a sbafarsi un paio di fette di torta. 

"Sapete, se devo essere sincero sono un po' deluso... qui non c'è uno straccio di decorazione, rimpiango Hogwarts e il banchetto annuale..."  Emil sbuffò, guardandosi intorno nella stanza priva di decorazioni quasi con aria malinconica mente Rebecca si limitava a stringersi nelle spalle: 

"Si vede che in Austria non festeggiano granché Halloween... o forse più semplicemente in posti come questo non mettono decorazioni. Dopo che si fa, comunque?" 
"Che domande, guardiamo un film horror! 

"Un che?" 
"Un film che fa paura, Becky." 
"Ma neanche morta! Mi è bastato quello dell'altra sera, con il tizio che sorrideva in modo inquietante e inseguiva sua moglie con un'ascia!" 
"Tranquilla Becky, se hai paura puoi sempre abbracciare me!" 


                                                               *


"Come mai tu e tuo fratello non andate d'accordo?" 
"Siamo piuttosto diversi... se non fosse per mia madre credo che non ci parleremmo nemmeno." 

"Ed è qui, adesso?" 

Ivan annuì, continuando a tenere gli occhi fissi davanti a sè mente Irina camminava accanto a lui, tenendo il guinzaglio di Lena stretto in mano. 

"Sì. Ha bisogno di me per una cosa, diciamo. Tu vai d'accordo con i tuoi fratelli?" 
"Abbastanza, ma a volte non sopporto il non poter fare nulla se loro o mio padre non lo approvano... la condanna di essere la più piccola in famiglia, immagino." 

"Quindi di solito è la tua famiglia a prendere decisioni per te?" 
"A volte. Ma venire qui è stata una mia scelta, se non altro... anche se senza dubbio interessata, sono qui più che altro per non restare a casa con la mia famiglia e fare quello che vogliono loro." 

"Beh, io sono qui per rilassarmi, siamo nella stessa barca." 
"Non definirei una competizione "rilassante"."
"Forse, ma almeno qui non devo tenere in considerazione certe responsabilità... fino ad oggi almeno. Devo fare una cosa per mio fratello, e penso che quando lo farò mi sembrerà di essere di nuovo a casa..." 

"Stare qui è come essere dentro una bella bolla... o sotto una campana di vetro. Ma prima o poi si rompe... come oggi, quando ho avuto notizie da parte di alcune persone." 

Irina sbuffò debolmente e Ivan rimase in silenzio per un attimo, trattenendosi dall'indagare oltre e ripetendosi di non fare il ficcanaso, prima di parlare nuovamente, sorridendo leggermente:

"Sbaglio o oggi siamo particolarmente negativi? Dai, basta fare i musoni e andiamo a prenderti una fetta di torta... non è un compleanno senza una torta, no?" 
"D'accordo... ma voglio anche le candeline, sia chiaro!" 


                                                                 *

"Vi prego, ditemi che non lo fa..." 

Helene piegò le labbra in una smorfia mente continuava a prendere nervosamente pop corn dalla ciotola e a tenere gli occhi incollati al grande schermo della televisione, iniziando già a temere il peggio. 
Accanto a lei invece Gae sembrava divertirsi parecchio e seguiva le scene con interesse, incurante delle facce disgustate di alcuni tra i suoi compagni:

"Questo film è una gran figata... perché non l'avevo ancora visto?" 
"Io invece vorrei non averlo fatto..." 

Il sibilio dell'amica non sembrò scuotere per niente la belga, che continuò a mangiare tranquillamente i suoi pop corn mentre sull'altro divano Rebecca stava stritolando un cuscino, tenendolo stretto al petto come se volesse nascondercisi dietro mentre teneva gli occhi sgranati e incollati allo schermo, guardandolo con orrore crescente:

"No... no! Ma che fa? IDIOTA, non andare!" 
"Shh!" 
"Shh un cavolo, come si fa ad essere così stupidi? Un tizio strano con la faccia bianca e il naso rosso nascosto dentro un tombino ti dice di avere la tua barchetta e tu cosa fai? Ci vai dentro? No, scappi alla velocità della luce, ecco cosa fai! Ora se lo mangia, me lo sento." 

Rebecca scosse il capo, distogliendo lo sguardo dallo schermo illuminato per evitare di assistere alla scena e posando invece gli occhi sui suoi compagni, chiedendosi come accidenti riuscissero a mangiare mentre guardavano un film che parlava praticamente di cannibalismo. 

"Caspita, se l'è mangiato per davvero..." 

Emil si accigliò leggermente, chiedendosi come fosse venuta un'idea simile a qualcuno mentre se ne stava seduto accanto a Rebecca, occupando da solo praticamente tutto il divano mentre Eleanor si rivolgeva a Gabriel, sbuffando:

"Ma non potevi sceglierne un altro?"
"Beh, tu hai detto "horror"!" 
"Si, ma questo è rivoltante!" 

"A dir poco. Manca molto alla fine?" 
"Becky, è iniziato dieci minuti fa." 


                                                               *


"Ma perché i Babbani si vestono in questi modi assurdi?" 

"Chissà, magari è una strana usanza per Halloween..." 

Ivan si strinse nelle spalle mentre lui e Irina camminavano per tornare all'Hotel, guardandosi intorno verso il fiume di persone che indossava costumi piuttosto strani, più degli abiti che i Babbani erano soliti indossare.

"Può essere, sì. Allora... ora che torniamo indietro leggerai quello che ti ha portato tuo fratello?" 
"Immagino di doverlo fare... e tu risponderai a tutte le lettere?" 
"Devo! Coraggio, non sarà poi così male. Ah, e... grazie per avermi aiutata a distrarmi oggi."   Irina sorrise con sincera gratitudine al ragazzo, che per tutta risposta si limitò a stringersi nelle spalle, parlando con un tono piuttosto sbrigativo:

"Figurati, credo che sia servito a tutti e due." 

Di fronte a quella risposta e al tono del ragazzo il sorriso di Irina si allargò, guardandolo quasi con aria divertita: 

"Cal ha ragione, a volte fai davvero l'orso." 
"Non è affatto vero!" 
"... ma infondo sei piuttosto dolce."
"Non è vero neanche questo, che eresie dite alle mie spalle?" 


                                                          *


"Giuro che dopo aver visto quella roba non indosserò mai un impermeabile giallo..." 

"In effetti il giallo non è il tuo colore, decisamente." 

Gabriel osservò Helene con aria critica, guadagnandosi un'occhiataccia da parte della rossa mentre Gae invece sorrideva, prendendo entrambi a braccetto con fare allegro:

"Non fare tragedie Elin, non era poi così male... hai visto quando la bambina si pettina i capelli e..." 
"Si Gae, splendido, non farmici ripensare." 

Helene sfoggiò una smorfia, rabbrividendo al solo pensiero e ringraziando mentalmente che il film fosse finito, appuntandosi al contempo di guardare un film a tema di unicorni arcobaleno e teneri orsacchiotti il giorno successivo. In realtà ci sarebbe stata anche la seconda parte da vedere, ma di sicuro non moriva dalla voglia di sapere come terminava la storia. 

"Che delicata..." 
"Zitto Gabriel, ho chiaramente visto la tua faccia schifata in certe scene... e domani si guarda qualcosa adatto ad una fascia d'età a bambini dell'asilo, chiaro?" 
"Tipo cosa, La spada nella roccia?" 
"Benissimo, approvato." 


                                                               *


Quando ebbe individuato la figura pressoché inconfondibile - nel bene e nel male - di suo fratello nella hall Ivan si affrettò a raggiungerlo, piazzandogli frettolosamente in mano i documenti che aveva firmato solo poco prima.

"Ecco, tieni... firmati, come hai chiesto. Vedi di portarli a destinazione, per favore." 
"Tranquillo, lo farò... se l'ospedale dovesse farsi sentire ti farò sapere, ti terrò aggiornato sui progressi, se ce ne saranno."

Dimitri rimise a posto documenti mentre il fratello minore sbuffava, liquidando il discorso con un gesto sbrigativo della mano:

"Non ce ne saranno, ho firmato solo perché altrimenti passeresti anni ad incolparmi di aver danneggiato la sua salute... e ora, gradirei non vederti più finchè mi trovo qui." 

"Come sei ottimista, fratellino." 
"Oh, no, sono solo realista. Non esiste una cura per tutto, lo sai anche tu... salutamela, quando la vedrai." 

Ivan rivolse un ultimo cenno al fratello prima di girare sui tacchi e allontanarsi, chiedendosi ancora una volta se avesse fatto la scelta giusta mentre sentiva la voce di Dimitri giungergli di nuovo alle orecchie, con quel tono sarcastico che tanto aveva imparato ad odiare nel corso del tempo:

"Certo... se si ricorderà di te." 








   
 
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