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Autore: Aliaaara    06/06/2017    2 recensioni
Un dottore enigmatico che non va d’accordo con i tornadi.
Il secondo uomo di un Imperatore che schiaccia pisolini ovunque.
Una bizzarra attrazione.
E una convivenza forzata per una settimana sulla stessa nave.
Cosa porterà tutto questo?
________
Sorrisi soddisfatto “A quanto pare sarò in debito con te Portuguese-ya” dissi.
“Puoi sempre pagarlo in natura se vuoi” mi propose lui, voltando il viso per lanciarmi un sorrisetto malizioso.
“Con tutto il rispetto, ma non me la faccio con i ragazzini” ribattei.
“Ah no? Eppure la faccia da psicopatico ce l’hai” mi contraddisse “Hai pure le occhiaie”
Sbuffai una risata “Almeno io non vado in giro a torso nudo sventolando la mia ninfomania in faccia a chiunque”
Sul suo viso si formò un caloroso sorriso “Un vero peccato, lo apprezzerei” affermò prima di ridarmi le spalle ed uscire.
Che tipo. Ma davvero un soggetto simile era il secondo uomo più fidato di un Imperatore?
Genere: Avventura, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Portuguese D. Ace, Trafalgar Law
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Fire Of The Sea
 


Sesto Giorno
























Mi passai una mano tra i capelli prima di posarci sopra il cappello mentre percorrevo il corridoio che portava alla mensa. Stavo pensando alla sera prima, di come Ace mi aveva lasciato sul ponte facendo il distaccato dopo la conversazione che avevamo avuto. Poi non lo avevo più rivisto, quella mattina aveva detto che sarebbe stato a fare quella missione per il suo capitano, quindi lui e qualcuno dei suoi uomini mancava.
Mi chiedevo se una volta tornato mi avrebbe rivolto ancora parola o si sarebbe limitato ad ignorarmi fino la mattina dopo quando sarei partito.
Di colpo davanti a me si pararono cinque figure a me sconosciute, che di sicuro facevano parte dell’equipaggio ma che mi rivolgevano uno sguardo per nulla amichevole e sembravano del tutto intenzionati a non farmi passare.
Mi arrestai a poco più di un metro da loro “Cosa volete?” gli domandai.
Due di loro sorrise a quella domanda e dietro di me sentii la presenza di altri. Voltandomi notai altri uomini bloccarmi anche la via da dove ero venuto.
“Tu adesso vieni con noi” disse uno di loro.
Non replicai, li seguii attento guardandomi attorno, memorizzando la strada mentre mi portavano nella stiva della nave. Quando raggiungemmo il suo interno, notai altri uomini già lì ad aspettarci, tra cui Jura, in tutto dovevano essere più di una decina e sembravano tutti avere qualche antipatia nei miei confronti. Non che la cosa mi stupisse.
Rimasi calmo “Lo ripeterò, cosa volete?” domandai ancora, leggermente seccato.
Jura si fece avanti, prevedibilmente “Siamo stanchi di te, Trafalgar” affermò “Non ti vogliamo più tra i piedi. Hai deriso troppo noi, ti sei preso gioco dei pirati di Barbabianca e non possiamo chiudere un occhio per questo” dichiarò severo, e gli altri sembravano tutti della stessa idea.
“Te ne devi andare” disse qualcuno lì dentro.
Mi guardai attorno con la coda del’occhio, valutando la situazione “E se non avessi intenzione di farlo?” domandai col fare provocatorio, mostrando che non ero affatto intimidito.
“Ne pagherai le conseguenze” rispose Jura, stringendo i pugni tra loro.
Capii subito che non c’era modo di evitarlo, così non mi trattenni dal dire “Sono curioso come”
Subito Jura si fiondò su di me, cercando di colpirmi e lo evitai senza problemi due suoi colpi. Non potevo contrattaccare o nel torto ci sarei andato io. Non ero un idiota, sapevo cosa volevano fare quelli.
Avevano deciso di usare la stiva dove nessuno ci avrebbe visto, sapevano che sapevo combattere e difendermi e probabilmente speravano in una mia reazione proprio per poter dare una scusa agli altri sulla nave per dovermi cacciare. A dire il vero quella situazione mi aveva snervato, sarei sceso di lì di mia spontanea volontà su quella nave ed avrei aspettato piuttosto un giorno in più l’arrivo della mia ciurma ma ormai si trattava di orgoglio, e non avrei permesso di darla vinta a Jura, non volevo dargli quella soddisfazione. Mi aveva irritato troppo per  poter lasciare le cose succedere e basta.
Così quando arrivarono tutti a colpirmi, parai solo i colpi. Ero abbastanza bravo nella lotta corpo a corpo da riuscire a difendermi abbastanza da non dover contrattaccare.
Però le cose si fecero complicate. Prima presi un pugno, evitai un calcio in viso col risultato di prendere un pugno in un occhio e poi mi ritrovai a parare una raffica di colpi all’addome.
“Codardo” mi insultò qualcuno quando parai l’ennesimo colpo, subito dopo però me ne arrivò un altro in viso.
Strabuzzai un attimo gli occhi tenendomi in piedi e parai altri tre colpi, spingendo indietro cinque di loro e facendoli cadere a terra. Diedi così le spalle a due di loro che mi presero per le braccia, cercando di tenermi fermo mentre altri mi riempivano di pugni.
Strinsi i denti con forza, reprimendo la voglia di urlare quando un grosso affondo prese la bocca dello stomaco “La tua taglia non è conforme alla tua persona, sei solo un ragazzino sopravvalutato” mi derise uno e presi un altro colpo in faccia.
Sentii la rabbia invadermi “Room” affermai e con le dita creai una sfera attorno a noi, abbastanza da attraversare la parete dietro di noi.
Pensai ad un milione di modi per  attaccarli e fargliela pagare, ma non potevo. Non solo perché gli avrei dato quel che volevano, ma anche perché avevo dato troppi problemi ad Ace fino a quel momento.
Feci un verso frustrato mentre mi costringevo a dire “Shambles” per essere teletrasportato via di lì.
Mi ritrovai in un altro corridoio con il fiatone. Cercai regolarizzare il respiro mentre stavo attento ai suoni dietro di me e mi assicuravo che i tizi che stavano partendo alla mia ricerca non venissero lì.
Solo quando non udii altri suoni mi diressi verso l’infermeria, dove mi tolsi i vestiti e li buttai da una parte, preferendo rimetterei i miei che il giorno prima Ron mi aveva portato dopo che li era riuscito ad rattoppare nei buchi. Mi diedi una ripulita veloce e provai a fare qualcosa per i lividi che sapevo che sarebbero comparsi entro l’indomani.
Infine mi buttai a letto, cercando di chiudere occhio e sperando che nessuno mi venisse a disturbare o cercare perché non ero certo che questa volta sarei riuscito a trattenermi di tagliarli in pezzi con un bisturi a due metri da me.
 


Facendo così passarono tre ore, ma quando mi svegliai mi sentii ancora più stanco di prima e la testa girarmi. Mi preparai qualcosa per farmelo passare e cercai di medicarmi come meglio potevo. Quando poi presi un attrezzo per guardare i denti e lo usai come specchio per vedermi il viso imprecai ad alta voce nel vedere i lividi che si stavano formando.
Sentii bussare alla porta in quel momento e sperai non fosse Ron a rompere il cazzo come al solito “Avanti” feci a malavoglia.
Sentii la porta aprirsi esitante “Sono io” sentii dire e riconobbi subito la voce di Ace, sorprendendomi dato che non me lo aspettavo dopo quello che era successo il giorno prima.
Continuai a dargli le spalle, sapendo di non poter farmi vedere così “Non credevo che mi avresti rivolto ancora la parola” affermai incerto sul cosa dire.
Sistemavo l’attrezzatura medica, preparando poi un intruglio per le nuove ferite, cercando in ogni caso di darmi da fare per avere una scusa per non dovermi voltare verso di lui. Perché ero certo, che nessuno sapesse cosa era successo prima nella stiva, dato che l’intento di Jura era fallito e l’unico che ci avrebbe rimesso a quel punto sarebbe stato lui. Ma non volevo girare le cose a mio favore, perché avrebbe fatto sì che Ace prendesse le mie difese, mettendosi ancora contro la sua ciurma per colpa mia.
“Ho solo dovuto pensare e riflettere per conto mio” rispose lui.
“E a che conclusione sei giunto?” domandai, davvero interessato. Forse alla fine, averlo allontanato, a quel punto era stata la scelta migliore.
Ci fu un attimo in cui non disse nulla “Ti credo” disse di colpo e io mi fermai un attimo sgranando gli occhi nel sentirgli dire quelle parole “Continuo a crederti. Non mi importa se sto facendo la figura dell’idiota o del ragazzino, voglio crederti” affermò sicuro.
“Perché?” non riuscii a trattenermi di chiedergli, oscurando gli occhi sotto la visiera del cappello “Perché continui ad insistere?” domandai non comprendendolo.
Tutto, qualsiasi logica, qualsiasi ragionamento di senso compiuto sarebbe stato contro. Eppure lui continuava a fare di testa sua, a insistere, a cercare in qualche modo di tenersi legato a me e non capivo come poteva farlo, non dopo tutto quello.
“Perché per la prima volta in vita mia sento che qualcuno è come me” rispose senza esitare immediatamente, serrai la mandibola mentre pensavo che probabilmente era lo stesso che pensavo anch’io ma che non glielo avrei detto “Per quanto la cosa sembri assurda so che è così. E nello stesso modo so che anche tu sei dello stesso parere anche se non lo ammetteresti mai” continuò a dire.
Osservai gli oggetti tra le mie mani senza vederli “E se ti dicessi che non è così? Che sbagli?”
“Non ti crederei” rispose lui tranquillo e lo sentii fare un passo avanti “Non sei il tipo che parla di sé con tutti, ma lo hai fatto con me. Lo hai fatto per farmi vedere quanto siamo simili”
“Potrei aver mentito” ipotizzai “Di nuovo”
“E saresti arrivato fino a tanto solo per assicurarti un posto sicuro sulla nave?”  ribatté lui, il tono ironico “Ti avevo già assicurato che saresti comunque rimasto a bordo, non avevi bisogno di arrivare fino a tanto” continuò e il tono mi sembrò divertito.
Innalzai un angolino della bocca “Te n’eri accordo allora” affermai, non credendo che le mie intenzioni fossero tanto leggibili a lui.
Lo sentii ridacchiare “Non sono tanto stupido”
Calò un attimo il silenzio e tornai serio mentre pensavo ad un modo per mandarlo via di lì, un altro “Forse allora è meglio che la chiudiamo qui, non credi? Domani mattina i miei uomini saranno qui, non c’è bisogno di salutarci ancora”
Ci fu un attimo di silenzio come se non sapesse come rispondere alle mie  improvvise parole distaccate “Hai già i tuoi vestiti”  era un affermazione, li aveva notati solo in quel momento “Posso sempre tenerti compagnia per oggi e poi domani mattina ci s…”
Lo interruppi “Preferirei  di no Portuguese-ya. Vorrei che si salutassimo qui e ora” ribattei.
“E… mi liquidi così? Senza neppure guardami in faccia?” mi domandò, il tono piatto e leggermente incredulo, sembrava quasi arrabbiato.
“Non sono mai stato bravo con gli addii” mi giustificai.
“Mi stai prendendo in giro, Water?”
Chiusi un attimo gli occhi, godendomi il modo in cui mi aveva chiamato, sentendo la nostalgia che mi invadeva e che in effetti mi era mancato sentire. Mi faceva piacere sentirmi chiamare ancora così.
“Voltati e ripetilo se ne hai il coraggio” lo sentii dire, irritato dal mio comportamento, facendomi capire che non ne sarei uscito questa volta “Voltati, è un ordine” insistette.
Sospirai, in qualche modo sapevo che sarebbe stato inutile provare a nasconderglielo fino ala mattina dopo, ed appoggiai la roba sul ripiano prima di voltarmi con calma verso di lui.
Incrociai il suo sguardo corrucciato che in poco tempo si tese, diventando sorpreso. Sobbalzò appena poco prima di avvicinarsi a me e guardarmi più da vicino il viso.
“Come…” provò a dire, confuso, corrucciò lo sguardo mentre mi osservava “Chi te li ha fatti?” domandò poi più diretto alzando una mano.
Sfiorò appena la mia guancia, la sentii bruciare e mi scrostai appena sentendo che mi faceva male “Nulla di importante” risposi.
Lui però continuò “Quando è stato? Stamattina?” chiedeva “Quando non c’ero?” ma io non gli rispondevo “Chi è stato?” mi chiese ma rimasi ancora zitto mentre continuava a guardami negli occhi in cerca di risposte “È stato Jura e i suoi, vero?” domandò poi, aggrottando le sopracciglia irritato e io non risposi ancora “Per questo mi stavi dicendo quelle stronzate” affermò poi collegando tutto.
Sembrava arrabbiato e ne ebbi la conferma quando mi parve che la stanza si fosse fatta più calda, segno che aveva alzato la temperatura del suo corpo, lo vidi voltarsi di scatto ed andare verso la porta “Fermo, non ce n’è bisogno” gli dissi, facendolo arrestare “Non ne vale la pena”
Si voltò a guardarmi “Non ce né bisogno? Hai visto cosa ti hanno fatto??” mi domandò con rabbia.
Certo che aveva un bel temperamento. Si arrabbiava facilmente.
 “Rifletti” ribattei “Vorresti punirli per aver toccato il giocattolino sessuale del loro capitano?” lo sfottei, cercando di farlo ragionare.
“No” ribatté “Per aver disubbidito ai miei ordini” mi corresse, e fece per andarsene.
Lo seguii e chiusi la porta con una mano prima che lui potesse varcarla “Lascia perdere, domani a pranzo non sarò neppure più qui. Se li punirai ti metterai contro i tuoi stessi uomini per niente, è questo che vuoi?” gli domandai.
“Che ci provino, li rimetterò in riga uno ad uno” controbatté con arroganza.
“Sei un ragazzino presuntuoso se pensi che certe cose si possano risolvere con i pugni. A volte devi usare la testa” gli spiegai “Non tutte le battaglie si vincono con la forza” insistetti.
Mi guardò dritto negli occhi, ancora furente “Credi davvero che ti darò ascolto?” mi sfidò.
“No” ammisi e mi piegai in basso avvicinando il mio viso sul suo per poter congiungere le nostre labbra e coinvolgerlo in un bacio con trasporto.
Quando ci staccammo sembrò accigliato “Credi di potermi distrarre in questo modo?” mi domandò.
Ghignai, come solo io potevo fare “No, io so di poterti distrarre in questo modo” ribattei prima di baciarlo ancora obbligandolo a togliere le mani dalla porta per potermi afferrare e portarmi nel lettino dell’infermeria dove mi adagiò per poi iniziare a spogliarmi, tornando sempre a far combaciare le nostre labbra.
“La cosa non finisce qui” insistette lui dopo aver buttato a terra la mia maglia pulita e mettendosi sopra di me, tornando a baciarmi.
Strinsi le gambe che avvolgevano la sua vita per spingerlo di più contro di me “Certo, ripetilo dopo” lo sfidai, prendendo il cappello sopra la sua testa e facendolo cadere a terra per potergli stringere i capelli tra le dita.
Mi baciò con foga, stringendosi a me, facendomi sentire quanto il suo corpo fosse eccessivamente caldo, e mi tolse i vestiti senza staccarsi da me. Quando lo fece e mi guardò il corpo notò qualche livido nel basso ventre, immediatamente si staccò da me e fece per andare via, ancora arrabbiato ma lo afferrai in tempo prevedendolo, obbligandolo ad abbassarsi su di me e baciarmi, pretendendolo.
“Sei proprio un ragazzino maleducato. Nessuno ti ha mai insegnato che le cose che si iniziano si devono portare a termine?” domandai con ironia quando staccò le sue labbra dalle mie.
Mi baciò ancora passando le mani sui miei fianchi per far scontrare la mia erezione contro la sua, gemetti appena “Tu devi proprio avere qualche strano squilibrio al cervello” commentò tra il divertito e il sarcastico “Sono certo che avresti potuto benissimo evitare di farti conciare così, o sbaglio?” mi domandò, posando le sue labbra calde sul mio colpo e succhiarlo forte.
Feci finta di pensarci “Mhm, chissà… forse” feci vago.
Sentii la sua risata contro la pelle “Sei un pazzo masochista”
“Meglio masochista e pazzo che essere narcolettico” replicai.
Rise ancora “Forse hai ragione” e stette per dire qualcos’altro ma gli tappai la bocca, preferendo che si affrettasse ed arrivasse al più presto al sodo.


 



“Potresti sempre unirti a Barbabianca” lo sentii dire.
Sorrisi appena mentre alzavo la testa da sopra il suo petto per guardarlo in faccia “Non mi sottometto a nessuno, Portuguese-ya”
“Puoi sempre cambiare idea, chissà” affermò in tono innocuo “Anch’io dicevo così prima di conoscere il vecchio, magari ti sta simpatico” provò ad insistere.
“Oppure” lo bloccai, tracciano appena la sua clavicola con le dita “Lascia la tua ciurma e vieni con me”
Mi guardò un attimo senza dire nulla, stringendo appena le labbra tra loro “Non posso” rispose infine.
Sospirai e mi sostai da sopra di lui, lasciandomi cadere al suo fianco e mettendomi a pancia in alto sul letto anch’io “Allora credo che non ci siano soluzioni” decretai.
Calò il silenzio tra noi, nessuno di noi due disse più nulla mentre guardavamo il soffitto  “Water” chiamò ad un tratto, a voce bassa , mi voltai verso di lui col viso notando che stesse ancora guardando in alto “Questa vendetta che devi fare…” iniziò col dire, esitante “Sopravivrai?”
Lo osservai un attimo “Chi lo sa” risposi “Adesso è presto per dirlo”
“Devi proprio?” provò a chiedere.
Tornai a guardare davanti a me senza vedere davvero qualcosa “Non posso tirarmi indietro” affermai “Non ora” e chiusi un attimo gli occhi, cercando la pace da quelle immagini che mi riempivano la testa..
“Perché?” lo sentii insistere.
Non esitai “Perché glielo devo” ammisi con tono basso e lento “Se non fosse per merito suo non mi sarei salvato, e proverei ancora odio verso tutto”
Evitò di ribattere su questo e lo sentii dire “È successo anche a me” facendomi aprire gli occhi e voltarmi per poterlo guardare “Odiare tutto” diceva mentre guardava sempre il soffitto con aria persa “Ma ho trovato chi mi ha allontanato da tutto questo” aggiunse voltandosi poi verso di me col viso, mi osservò un attimo prima di continuare “Non sarebbe meglio se anche tu vivessi libero e basta?”
Lo osservai in silenzio, quell’opzione era talmente lontana dalla mia mente che non riuscivo neppure a prenderla in considerazione “Non sarò mai libero finché i ricordi continueranno a tormentarmi” spiegai, senza staccare i miei occhi dai suoi.
Si voltò verso di me col corpo, girandosi sul fianco destro “E se una volta raggiunto il tuo scopo non sparissero?” provò a chiedermi “Cosa farai una volta che sarà finito tutto?”
Rimasi in silenzio, senza sapere che dire. Non avrei saputo cosa rispondere, non ci avevo neanche mai pensato. Ero sempre stato così concentrato sul mio piano, su quello che avrei dovuto fare, chiedendomi a volte se sarei riuscito a farcela, tanto da non pensare minimamente a cosa avrei fatto dopo. Non l’avevo mai considerato, di sopravvivere, di andare avanti, perché era un idea troppo lontana, troppo incerta e troppo insicura.
“Credo… che ci penserò una volta che sarà giunto il momento” affermai allora, incerto su cosa dire.
Mi osservò un attimo facendo una strana espressione, forse aspettandosi una risposta diversa, poi sul suo viso comparve uno dei suoi soliti sorrisetti “Puoi sempre rivalutare la mia proposta di unirti a noi a quel punto” propose.
Mi ritrovai a contraccambiare quel sorriso “Non cambierò idea neanche allora Portuguese-ya, non ti illudere” ribattei, per poi girarmi dall’altra parte e dandogli le spalle “E adesso dormi, hai avuto una giornata impegnativa, mi stupisco tu non si già crollato” conclusi quella conversazione, già troppo strana per i miei gusti.
Calò il silenzio e io mi sistemai meglio sperando per quella notte di riuscire a dormire almeno un po’, quando poi mi sentii stringere da dietro e percepii il naso di lui che mi sfiorava il collo, la sua mano calda che gli stringeva  il fianco.
Avevo riflettuto molto su quel calore che mi investiva ogni volta che stavo con lui, quel tempore che rilasciava dal suo corpo, dovuto al suo frutto. Ace era come la personificazione del fuoco, sprizzava energia ovunque, riscaldava qualsiasi cosa anche solo con la sua presenza, vaneggiava di libertà illimitata nel mare, tanto che ero arrivato a pensare che se per davvero il mare avesse avuto un fuoco, una fonte di alimentazione, questo sarebbe stato lui. Non avevo un modo migliore per descriverlo.
Ace era il fuoco del mare.
Libero, più di chiunque altro.
“Water…” mi richiamò ad un tratto nel buio della stanza “Sopravvivi”
Guardai il vuoto per interminabili minuti, riflettendo su cosa mi avesse chiesto con quelle parole. Mi persi in una miriade di immagini, tanto che arrivai a chiedermi per la prima volta se una volta fossi riuscito a compiere il mio piano cosa ne sarebbe rimasto di me, cosa sarei diventato, dove sarei finito.
Sfiorai appena con la mia mano la sua, un gesto inconscio che feci quando sentii il suo respiro appesantirsi fino ad addormentarsi alle mie spalle, ancora attaccato a me.
“Ci proverò” risposi, forse più a me stesso, nel buio della stanza.
 
 








Nota  dell’Autrice:
Non uccidetemi, vi prego. È vero ho fatto un po’ pestare Law, ma l’ho motivato bene, è stata una sua scelta non reagire, ha preferito vincere d’astuzia anche se avrebbe tanto voluto farli a pezzi nel suo lato sadico. L’ho fatto molto schivare, alla fine non ne ha prese molto, solo che sono un poco evidenti. E dato che Law ragiona, cerca di far ragionare Ace quando vuole seguire l’istinto bestiale, facendogli seguire quello sessuale (Law sa bene come lavorarsi Ace ù.ù) Li ho fatti un po’ parlare, e sì sono d’accordo sul fatto che Law gli mancasse il suo nome completo, che in qualche modo sentisse il bisogno di risentirselo dire per realizzare che non fosse solo la sua immaginazione da bambino, e sono anche convinta della sua affinità con Ace nel potersi comprendere a vicenda.
Per quanto riguarda l’ultima parte, voi ci avete mai pensato?
Io molto, davvero tanto, durante tutta Dressrosa ci ho pensato a cosa ne sarebbe rimasto di Law dopo aver sconfitto Doflamingo. Era il suo obbiettivo, la sua ossessione, ed era certo di morire, e gli andava pure bene. Ora però è vivo, Corazon è stato vendicato e lui non sa più cosa fare della sua vita dopo aver conosciuto solo la vendetta. Quindi boh, ho voluto che almeno una volta lui abbia provato a pensarci, poi ovviamente ha rimandato la cosa a più avanti, ma un po’ deve averci pensato in tutti quei anni di macchinazione di vendetta.
Questo è il mio parere almeno, ci sentiamo alla prossima con l’ultimo capitolo della storia, grazie infinite a chi è arrivato fino a qui ;)
Alla prossima,
Bye-bye








 
  
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