Anime & Manga > Kuroko no Basket
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Autore: vivienne_90    07/06/2017    3 recensioni
Akashi e Kuroko stanno insieme da diverso tempo quando quest'ultimo parte all'improvviso senza avvisare nessuno, costruendosi una nuova vita a Los Angeles.
Adesso, otto anni dopo, Kagami e Kuroko stanno tornando a Tōkyō, ognuno con le proprie preoccupazioni, chi l'aereo e chi una determinata persona, inizia tutto così...
Dal cap 5
"Il ritorno di Tetsuya metteva in discussione ogni cosa, ogni equilibrio che si era creato, si stava per rompere, perché guardare nei suoi occhi era come ammirarsi in uno specchio che non rifletteva mai l'immagine originale [...] Aveva sempre avvertito quelle piccole, grandi, differenze. Era come se una sottile parete trasparente li dividesse e Seijuurou, incurante, la buttava giù ogni volta, perché sapeva che al di là di essa avrebbe trovato Tetsuya, che lo avrebbe abbracciato, che lo avrebbe fatto sentire a casa."
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AkaKuro || AkaMayu || KagaKuro || MidoTaka || MuraHimu || AoKi || Past!AoMomo || Past!KagaHimu ||OOC!Mayuzumi || No!Bukushi/Oreshi || Future!AU
Genere: Angst, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altri, Chihiro Mayuzumi, Seijuro Akashi, Taiga Kagami, Tetsuya Kuroko
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer: Kuroko no Basuke è un'opera di Tadatoshi Fujimaki, io non traggo alcun profitto da questa storia.





 

I piedi si fermarono davanti un imponente grattacielo e non fu particolarmente sorpreso quando scoprì che non era stato il solo ad avere la splendida idea di andare lì.
Non c'era un motivo preciso, semplicemente pensavano allo stesso modo.

«Chihiro mi aveva detto che oggi avreste lavorato tutto il giorno. Come mai sei qui Tetsuya?».
«Non c'è un motivo preciso Akashi-kun. Tu invece? Come mai sei qui?».
«Non c'è un motivo preciso, Tetsuya.».
«Capisco.».

Uno di fianco all'altro, decisero di non guardarsi rimanendo in silenzio.
Kuroko, con la testa rivolta verso l'alto, continuava a guardare rapito l'edificio in cui era cresciuto; dopo aver fatto visita ai suoi genitori, si era reso conto di quanto in realtà gli fosse mancata casa in cui era cresciuto e di quanto avesse sempre sperato di poterci fare ritorno, almeno una volta.
Senza far trasparire le sue emozioni e ostinandosi a non guardarlo, spezzò la calma apparente, «Vuoi salire?» — E si pentì subito di averlo fatto. Poteva sentire distintamente il sorriso che conosceva bene farsi strada sul volto dell'ex compagno.

«Con piacere.».

*
 

«Se mangi così in fretta ti prenderà una congestione Taiga.».
Il ragazzo in questione, ingoiò l'ennesimo boccone che aveva in bocca, «Oi Tatsuya! Non sei mia madre, smettila!».
Il moro si concesse un sorso d'acqua e si pulì le labbra con il fazzoletto, nascondendo il sorriso divertito, «Almeno mastichi quello che mangi o lo ingoi sano?».
«Ti ho detto di smetterla!».

Era una piccola okonomiyaki-ya il posto dove avevano deciso di fermarsi a pranzare; i tavoli non erano coperti da tovaglie, bensì delle grandi piastre – incorporate all'interno di essi – occupavano quasi tutta l'area disponibile, lasciando però il giusto spazio per non ustionarsi accidentalmente.
Nel locale caldo e accogliente che profumava di cucinato, risuonava il chiacchiericcio della gente e lo sfrigolio degli impasti sulle teppan.
Tatsuya aveva optato per un okonomiyaki a base di pesce, mentre l'amico ne aveva ordinate troppe per potersele ricordare. Il fatto che Taiga mangiasse tanto – no, ‘tanto’ era riduttivo – non era una novità, nonostante tutto non ci si sarebbe mai abituato.

«Comunque Tatsuya, tu e quel gigante come vi siete conosciuti?».
«Intendi Atsushi? — Potresti almeno ricordarti come si chiama.».
«Lo sai che non sono bravo con i nomi.», borbottò mentre versava l'ennesimo impasto sulla teppan, «E poi non si è nemmeno presentato.».
«Ora che ci penso hai ragione. Era troppo preso da Kuroko-san.».
Improvvisamente una forte tosse coprì gli altri rumori e Tatsuya si affrettò a versare dell'acqua nel bicchiere dell'amico, «Tutto bene? — Ecco perché ti dico sempre di masticare.».
Ignorando la presa in giro, Taiga finì di bere calmando la tosse e ricominciò a mangiare chiudendosi nei suoi pensieri.
Per quanto ci avesse provato proprio non riusciva a togliersi dalla testa il nome ‘Aka-chin’. Non poteva essere lui giusto? Non doveva essere lui — «Senti, posso farti una domanda Tatsuya?».
Gli occhi grigi si fissarono sull'altro cercando di capire quale fosse il problema, perché ormai era ovvio che qualcosa non stesse andando nel verso giusto.
Con un cenno del capo lo esortò a continuare, «Dimmi pure.».

«Ecco... il tuo fidanzato ti ha mai parlato di questo ‘Aka-chin’? Sai come si chiama per caso?».
«No, Atsushi non ha voluto dirmi niente, questo mi fa capire che tu e Kuroko-san non siete ancora arrivati a parlare delle storie passate, è così?».
«Non proprio. Kuroko sa che io e te siamo stati insieme, però lui non ha mai voluto parlarmi del suo passato. Lo ha fatto solo una volta ma... ».
«Ma?».
«Niente, lascia perdere.».
Un sorriso comprensivo apparve sul volto del moro, «Da quanto state insieme?».
«Quasi tre anni, più o meno. Perché me lo chiedi?».
«Curiosità.».
Un sonoro sbuffo scappò dalle labbra del ragazzo dai capelli rosso scuro, «Odio quando fai così, non riesco mai a capire cosa ti passa per la testa.».
«Stavo semplicemente pensando che è strano, state insieme da tanto tempo eppure continuate a chiamarvi per cognome, comunque tolta questa stranezza, mi piace Kuroko-san.».
«Ti piace?».
«Sì, è una brava persona e state bene insieme. Vuoi un consiglio? — Cerca di dargli più tempo, si vede che Kuroko-san è una persona riservata, ma la gelosia non ti porterà da nessuna parte Taiga.».
Energicamente il più alto iniziò a stiracchiarsi sulla sulla sedia per cercare di alleviare la tensione che sentiva sulle spalle, «Sì, cercherò di fare come dici. Grazie Tatsuya.».
Ma in verità Taiga non era semplicemente geloso, era preoccupato e sapeva che, sì, il suo compagno era la persona più riservata che avesse mai conosciuto, ma non era solo quello; Kuroko nascondeva un segreto.

«Taiga, stai bene?».
«Sì, tutto apposto, sono solo... stanco, credo.».

No, non stava bene — «Scusa Tatsuya, esco un momento, devo fare una chiamata importante.».

Non poteva stare bene, perché volente o nolente, sapeva cosa avesse costretto il compagno a lasciare il Giappone.

*
 

L'appartamento in cui viveva, era un grande attico costruito su due piani, caldo e pieno di luce, le ampie vetrate lasciavano poco spazio all'immaginazione e l'arredamento rispecchiava a pieno lo spirito artista dei suoi genitori: era colorato ed eccentrico, senza risultare pacchiano o volgare. Era così che se lo ricordava.
Con le mani che tremavano leggermente per l'emozione, inserì la chiave nella serratura e quando aprì la porta tutto quello che vide fu ‘bianco’.
Dov'erano finiti i colori? Perché quella casa era così fredda? — Per un attimo si sentì le ginocchia deboli e la tentazione di stringere la mano del ragazzo affianco a lui era tanta, respirò a fondo, una volta che ebbe ritrovato il controllo di sé non ne sentì più l'urgenza.

I suoi genitori erano morti e lui otto anni fa era partito, ecco perché.

Almeno prima di andarsene si era assicurato che un'impresa di pulizie andasse a svolgere il proprio mestiere una volta al mese, senza contare che aveva continuato a pagare le bollette e il condominio per tenere vivo l'appartamento, questo era stato il minimo che aveva potuto fare.
Si era quasi rassegnato alla visione sterile, quando delle abili mani iniziarono a far tornare alla luce tutti i colori caratteristici dell'abitazione.
Seijuurou si era affrettato a togliere i teli bianchi, perché aveva visto gli occhi azzurri oscurarsi, annuvolarsi, come se fosse dovuto arrivare un temporale e lui amava troppo quello sguardo chiaro e caldo, non avrebbe mai voluto vedere Tetsuya piangere.
Con un unico movimento fluido scoprì l'elegante pianoforte a coda e lasciò cadere il lenzuolo a terra insieme agli altri, «Adesso va molto meglio, non pensi anche tu?».
Sentendosi stanco, l'azzurro si sedette sul grande divano rosso e Seijuurou non perse tempo per sedersi accanto a lui.
Gli sguardi s'incontrarono a metà strada per qualche secondo, poi Tetsuya distolse il proprio. Si sentiva a disagio e le iridi magnetiche, troppo intense, non lo aiutavano a rilassarsi, per niente.
Cercando di calmarsi inspirò profondamente, di nuovo, e si preparò per guardarlo un'altra volta, «Ti ho chiesto di salire perché volevo ringraziarti, Akashi-kun. Stamattina sono andato a trovare mamma e papà, era tutto pulito e in ordine, c'erano anche dei fiori e so che puoi essere stato solo tu, quindi, grazie.».
«Non devi ringraziarmi per una cosa simile, per me è un piacere fare visita ai tuoi genitori. E non sono il solo.».

Il silenzio e la tensione tornarono ad essere padroni indiscussi, era una situazione del tutto ridicola agli occhi di Seijuurou; quante volte erano stati semplicemente abbracciati a vedere la televisione su quel divano? Quante volte era stato in quella casa? — Erano troppe per potersele ricordare tutte e anche se gli aveva fatto male vedere l'abitazione ridotta in quel modo, da una parte si era sentito sollevato, le cose che avevano fatto insieme, erano rimaste solo loro, eppure non poté fare a meno di chiedere, «Come mai non sei qui con lui?».
«Non avrei mai potuto farlo, ci sono così tanti ricordi... Kagami-kun fa parte del presente, solo questo. Non ha bisogno di sapere il mio passato.».



Tra le pareti di una stanza color pastello risuonavano le note di un violino incostante. L'archetto si muoveva e poi si fermava quando toccava la corda sbagliata, spezzando l'armonia del pezzo che avrebbe dovuto eseguire alla perfezione affinché le orecchie potessero coglierne tutta la bellezza e la poesia.
Era stato suo padre ad assegnarglielo e Tetsuya ci teneva a portare a termine il compito, non voleva deludere il grande violinista, anche se sapeva che non se la sarebbe mai presa per così poco, anzi era stato Tetsuya stesso a decidere di imparare a suonare il violino, anche se allora era solo un bambino.
Stava per riprendere quando la porta si aprì «Come sta andando?».
«Non bene, continuo a sbagliare un passaggio.».
Sorridendo Seijuurou aprì le braccia invitandolo e l'altro non si fece problemi ad abbracciarlo posando la testa sul petto, «Forse hai solo bisogno di una pausa.».
La mano iniziò ad accarezzargli i capelli trattenendolo più a sé e l'azzurro ne approfittò per respirare l'odore che tanto gli piaceva. Seijuurou aveva un buon profumo, lo faceva calmare.

«No, ho bisogno di riuscire a suonare senza commettere errori.».
«Così cocciuto il mio Tetsuya... Se proprio non vuoi fare una pausa, allora non mi resta che aiutarti. Prendi il violino, scendiamo in salotto.».

Tetsuya curioso lo seguì e rimase ancora più confuso quando vide il fidanzato sedersi al pianoforte, ma i suoi dubbi vennero subito chiariti.

«Evidentemente il metronomo non ti è sufficiente per seguire il tempo, quindi ti accompagnerò io.».
«Sei — ».
«Prima suonerò da solo in modo che tu possa studiare lo spartito.».

E Seijuurou iniziò a suonare senza dargli la possibilità di replicare, mentre le gemme azzurre si soffermarono ad osservare le mani abili muoversi sulla tastiera bianca e nera. Erano eleganti e ipnotiche, quelle mani erano sue.
Riprendendo il controllo dei suoi pensieri iniziò a studiare lo spartito, ascoltò cercando di memorizzare tutte le pause e mentalmente cercò di sovrapporre i due strumenti creandosi una vaga idea di come sarebbe dovuto essere il risultato finale.

«Sei pronto?».

Non rispose, sorridendo Tetsuya posizionò il violino correttamente e poggiò delicatamente l'archetto sulle corde. Chiudendo gli occhi si concentrò sul pianoforte, quando riconobbe il momento per attaccare anche le sue mani iniziarono a muoversi e non si fermarono più, fino a quando non riuscirono ad eseguire il brano alla perfezione.


«A me sembra più che sia tu a non voler avere un passato, sbaglio forse?».
A quella affermazione gli occhi di azzurri si fecero più grandi, no non sbagliava — Senza far trapelare le proprie intenzioni si alzò dal divano, voleva allontanarsi il più possibile, si voltò dandogli la schiena, però riuscì a fare solo qualche passo; Tetsuya sentì un leggero fruscio e due mani che conosceva bene si posarono sulle sue spalle, mentre un paio di labbra, le stesse che aveva amato perdutamente e che amava ancora, che non erano più sue, sfiorarono il suo orecchio — «Ma un passato ce l'hai, in quel passato ci sono io e io non ti permetterò di rimuovermi tanto facilmente.».
Incapace di rispondere, per uno stupido riflesso naturale, l'azzurro si girò cercando di scansarlo bruscamente, con il risultato di ritrovarsi ancora una volta a specchiarsi in quello sguardo risoluto.
Erano vicini, troppo vicini per Tetsuya, non abbastanza per Seijuurou; se il primo indietreggiava, il secondo avanzava e andarono avanti finché Tetsuya non urtò il pianoforte a coda, trovandosi incastrato tra quest'ultimo e il corpo dell'ex amante.

«Ti ricordi quanto ci piacesse suonare insieme Tetsuya? Ti ricordi quali brani?».

Sì — Non rispose.

«Ti ricordi che mi chiedevi sempre di leggerti poesie?».

Sì — Non rispose.

Seijuurou fece scorrere le mani lungo le sue braccia fino ad intrecciare le dita con quelle dell'altro, erano fredde.

«Ti ricordi come ci prendevamo per mano? — Era così naturale.».

Sì — «Akashi-kun, per favore — »,

«Quante cose hai dimenticato di me?».

Nessuna, nemmeno una — Con piccoli strattoni poco convincenti cercò di liberarsi dal contatto tanto intimo e delicato, senza riuscirci.

Tetsuya si sentiva debole, sia fisicamente che mentalmente, il suo corpo era pervaso da brividi di freddo e allo stesso tempo aveva caldo, non era nelle giuste condizioni per poter affrontare una discussione simile, anche se molto probabilmente non sarebbe mai stato pronto per quel tipo di confronto.

«Tetsuya, perché te ne sei andato?».

Perché — Non era necessario che Kagami conoscesse il suo passato e non era necessario che Seijuurou sapesse la verità.

‘La verità verrà sempre premiata’, era questo che gli era stato insegnato fin da bambino e aveva sempre creduto in quel valore, ma si era dovuto ricredere.
Otto anni fa l'aveva cercata, la verità, l'aveva trovata e tutto il suo mondo era andato in pezzi, perché il valore tanto nobile l'aveva costretto a lasciare da sola la persona che amava, la città in cui era cresciuto, tutti i suoi più cari amici.
La verità non aveva portato altro che dolore nella sua vita e non avrebbe mai permesso che la stessa verità ferisse qualcun altro, sopratutto non Seijuurou.

Deciso lo guardò negli occhi, «Te l'ho detto — ».
«No, mi dispiace, questa volta non accetterò un misero ‘perché dovevo farlo’ come risposta.».
«Si può sapere cosa vuoi da me? — Sono passati otto anni Akashi-kun.».
«Semplicemente la verità, Tetsuya.».

Cosa c'è di così nobile? Perché le persone si ostinano a voler sapere? — Finalmente riuscì a liberarsi le mani e con le poche forze rimaste lo scansò, il tanto che bastava per permettergli di togliersi da quella posizione pericolosa, anche se non servì a molto.
Seijuurou, rapido, lo aveva ripreso e messo con le spalle al muro – letteralmente – , mentre il cellulare nella tasca dei pantaloni iniziò a squillare.

«Non rispondere. Non abbiamo finito di parlare.».
«Invece sì, Akashi-kun. Non c'è nient'altro di cui discutere.».

Tutta la determinazione scomparve nel momento in cui Tetsuya sentì la mano gentile posarsi sulla sua guancia, per quanto non volesse interrompere il momento, sapeva che farlo sarebbe stata la scelta migliore, per tutti. Delicatamente afferrò il polso di Seijurrou con tutta l'intenzione mettere fine a quel contatto, poi si bloccò rendendosi conto che non avrebbe mai potuto farlo — No, non poteva farlo, non dopo aver sentito il bracciale che aveva disegnato per lui, la camicia bianca poteva nasconderlo ai suoi occhi, ma non poteva ingannare le sue dita che piano iniziarono a percorrerne i contorni.

«Tetsuya, guardami.».

Lo fece, lo guardò e quando si specchiò negli occhi dell'altro non si pentì di averlo fatto, almeno con se stesso doveva essere onesto.
Una delle cose che gli era mancata di più, era proprio di poterlo guardare negli occhi per capire come si sentisse. Non lo faceva perché Seijuurou fosse chiuso nei suoi confronti, semplicemente adorava poter cogliere le più piccole sfumature dei suoi umori e per poterci riuscire gli bastava guardarlo; in quel momento poteva vedere della confusione.
Le iridi dal colore diverso davano voce a tanti sentimenti contrastanti, uno in particolare prevaleva sugli altri ed era ‘preoccupazione’.

Perché quello sguardo inquieto? — «Akashi-kun?».

Non ricevette nessuna risposta, come se non bastasse Seijuurou era vicino, troppo vicino e non accennava minimamente a volersi fermare.
Immobile, senza sapere cosa fare, Tetsuya gli permise di invadere ulteriormente il proprio spazio personale. Non sarebbe dovuta andare così.
No, non avrebbe dovuto incontrarlo, non avrebbe mai dovuto trovarsi in quella situazione, perché tutto di lui gli era mancato. Seijuurou lo rendeva vulnerabile.
Era tutto sbagliato, decisamente, irrimediabilmente sbagliato, eppure l'unica cosa che riuscì a fare fu chiudere gli occhi e aspettare che le labbra che amava lo raggiungessero — «Sei-kun.».

*


Il cliente da lei chiamato non è al momento raggiungibile. La invitiamo a richiamare più

Kagami inspirò ed espirò lentamente per cercare di mantenere la calma, non sarebbe servito a niente agitarsi per una sciocchezza simile. Kuroko glielo aveva detto che sarebbe stato impegnato tutto il giorno con il lavoro, ecco perché non aveva risposto, non doveva allarmarsi inutilmente.
Continuando a ripetersi che sarebbe andato tutto per il meglio, rientrò nel locale dove ad aspettarlo c'era il sorriso comprensivo di Tatsuya.

«Non ha risposto?».
«No, comunque aveva detto che sarebbe stato occupato, in più lui ama il suo lavoro quindi... ».

Ed era vero, era tutto vero, ecco perché Kagami non riusciva a capire. Perché non poteva fare a meno di sentirsi tanto angosciato?







 

Angolino dell'autrice, si fa per dire u.u

 

Eccoci alla fine del quinto capitolo. Oh well, that escalated quickly :vv

Andiamo per ordine va xD Dopo essere uscito dall'ospedale Akashi va davanti all'edificio dove viveva Kuroko e Kuroko fa lo stesso dopo aver lasciato il cimitero, inoltre abbiamo scoperto chi è stato a portare i fiori sulla tomba dei genitori di Kuroko, Akashi sottolinea di non essere il solo, perciò anche i membri della Kiseki ogni tanto hanno questa accortezza.
Akashi versione stalker perciò fa la sua comparsa diventando molto insistente, vuole sapere la verità e qui si scopre che Kuroko si è pentito di averla cercata, perché lo ha portato a lasciare tutto e tutti, una verità dolorosa eeeeh vabbè------
Kagami invece è con Himuro ad arrovellarsi il cervello su chi sia “Aka-chin”, scopriamo inoltre che Kagami conosce il segreto di Kuroko, ed è preoccupato. La domanda è: Kuroko glielo avrà detto spontaneamente o no? Mah a voi la risposta.

Per i più curiosi vi metto il link del brano che Kuroko suonano insieme nel flashback

https://www.youtube.com/watch?v=wznQQv1IOW4

Qui invece trovate i brani che Kuroko e Akashi suonavano insieme nella mia testa, ascoltateli perché sono davvero molto belli <3

https://www.youtube.com/watch?v=mZapeCW_QPY 
https://www.youtube.com/watch?v=IPYHy8k9Z34 
 

Piccoli chiarimenti: come ho già spiegato in un precedente capitolo, l'okonomiyaki-ya è un locale che serve solo okonomiyaki e le teppan sono le piastre incorporate nel tavolo

 

Spero che i personaggi siano IC come sempre, chiedo scusa per eventuali errori di battitura. Leggete e lasciate una recensione se vi va in modo da poterci confrontare sulla fic, adoro le vostre teorie <3

Ci vediamo lunedì con il prossimo capitolo, se vi va ~

Ja ne ^_^

 

  
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