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Autore: Emmastory    08/06/2017    1 recensioni
Dieci anni. Questo l'esatto lasso di tempo trascorso dall'ultima battaglia contro i famigerati Ladri, esseri ignobili che paiono aver preso di mira la bella e umile Aveiron, città ormai divenuta l'ombra di sè stessa poichè messa in ginocchio da fame, miseria, dolore e distruzione. Per pura fortuna, Rain e il suo gruppo hanno trovato rifugio nella vicina Ascantha, riuscendo a riprendere a vivere una vita nuova e regolare, anche se, secondo alcune indecisioni del suo intero gruppo, tutto ciò non durerà per sempre. Come tutti ben sanno, la guerra continua, e ora non ci sono che vittime e complici. (Seguito di: "Le cronache di Aveiron: La guerra continua)
Genere: Avventura, Azione, Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Le cronache di Aveiron'
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Le-cronache-di-Aveiron-VI-mod
 
 
Capitolo XXXIII

Giovani e forti

Anche se da poco, eravamo finalmente tornati a casa, un luogo per noi paragonabile a un nido, in quanto ci forniva calore e protezione. Ora come ora, sto rileggendo il mio diario, e fra una riga e l’altra, smisi di farlo, poiché distratta da un suono appena fuori dalla mia finestra. Proprio nel giardino di casa, Rose e Isaac si stavano di nuovo allenando in vista della prossima battaglia, e con loro c’era anche Chance, intento a scagliarsi contro alcuni manichini realizzati per lui proprio dai ragazzi. Dieci anni di vita canina equivalgono a settanta di quella umana, ma nonostante questo, nulla sembra fermarlo. Ricordo ancora quanto Terra insistette perché Stefan ed io lo salvassimo dalla strada quando era soltanto un cucciolo emaciato e prossimo alla morte, e guardandolo, non faccio che sorridere. In fin dei conti, è molto legato ai miei figli, e ne sono davvero felice. In qualità di madre, quella vista è per me motivo di orgoglio, e mettendo via la mia passione per la scrittura, scendo a far compagnia ai ragazzi. Una volta raggiunto il giardino, trovai Rose e Isaac intenti a centrare diversi bersagli costruiti da lei, scambiandosi complimenti, pacche sulle spalle e consigli. Rimanendo ferma a guardarli, non mi avvicinavo, salvo poi scegliere di andar a far compagnia a Samira, madre orgogliosa almeno tanto quanto me, che teneva lo sguardo fisso sul figlio. “Pensi che ce la faranno?” mi chiese, apparendo immensamente preoccupata. “Samira, sta tranquilla, sono ragazzi, ma sanno ciò che fanno.” La rassicurai, regalandole poi un debole sorriso. “Mi fido di te, sai?” rispose, sorridendo a sua volta e riuscendo solo allora a calmarsi. Di lì a poco, accadde qualcosa. Subito dopo aver scoccato la sua ultima freccia, Isaac si avvicinò a Rose, e guardandola intensamente negli occhi, scelse di baciarla su una guancia. “Se sto imparando è solo merito tuo. Grazie davvero, Rose.” Le disse, allontanandosi subito dopo e notando con la coda dell’occhio la reazione della sua amica. Come sapevo, erano entrambi poco più che bambini, ma lei aveva finito per arrossire, e questo poteva significare due cose. Era imbarazzata, o semplicemente innamorata. Personalmente, propendevo per la seconda opzione, e soltanto incrociando lo sguardo di Samira, potevo capire che era del mio stesso parere. Ancora piccoli, certo, ma sicuri di poter contare l’uno sull’altra. Intanto, silenzioso come i topi a cui a volte dava la caccia per gioco, Chance assisteva alla scena, e avvicinandosi, parve voler incitare Rose a fare la sua mossa. “Dai, diglielo.” Sembrava dire, guardandola e colpendole un fianco con il muso. “Cosa? Sai che non posso!” gli rispose lei, sussurrando e comprendendo alla perfezione quel muto linguaggio e divenendo ancora una volta rossa in viso. Poteva apparire strano, ma in questo frangente, mia figlia Rose mi ricordava i tempi ormai andati, in cui avevo conosciuto Stefan e avevo finito per innamorarmi di lui, ma esitavo nel dirgli la verità. Pensandoci, compresi che a lei stava accadendo la stessa cosa, e pur non intervenendo, diedi un buffetto a Chance. “Non ti sfugge proprio nulla, vero?” gli dissi, non appena tornammo entrambi in casa con il calare della sera. Per tutta risposta, lui mugolò leggermente, e di lì a poco, spostai lo sguardo. Stanca a causa degli sforzi derivanti dall’allenamento, Rose mi seguì senza parlare, e dopo la cena, andò subito a letto. Così, rimasi da sola con il cane, seduta sul divano di casa a leggere mentre lui muoveva un pò l’aria sbattendo la coda. Dopo circa una decina di minuti, decisi di andare a dormire, e quasi leggendomi nel pensiero, Chance mi seguì fino alla camera da letto. Vi entrai lentamente, e notando che Stefan era ancora sveglio, mi avvicinai per baciarlo. Paziente come sempre, mi lasciò fare, e poco dopo, ruppe il silenzio. “Sei felice, come mai?” curioso riguardo alla mia forse eccessiva ed evidente letizia. Decisamente troppo presa da lui, non risposi, e riprendendo a baciarlo, gli diedi modo di capire che le parole non sarebbero servite a nulla. In una vita come la nostra, le azioni contavano molto di più, e ad essere sincera, mi era mancato. In quel momento, lo desideravo ardentemente, e non volevo che farmi stringere e abbracciare come ogni volta. intuendolo, Stefan esaudì il mio desiderio, e non appena fui calma e soddisfatta, decisi di essere onesta. “I ragazzi stanno crescendo.” Dissi, guardandolo con gli occhi di chi ama. “Domani sarà un giorno speciale, ricordi?” risposi, terminando quel discorso con una domanda. Mantenendo il silenzio, non feci che annuire, e un ennesimo bacio unì le nostre labbra. Di lì a poco, ci addormentammo l’uno fra le braccia dell’altra, con Chance accucciato placidamente sul tappeto ai nostri piedi. Nel mio sonno, ripensai a quanto era accaduto fra Rose e Isaac, lasciando alla mia mente la libertà di replicarla infinite volte. Come sempre, ero orgogliosa. Entrambi raggiungevano traguardi sempre nuovi, e sapendolo, sentivo il mio animo riempirsi di gioia. Chi li conosceva sapeva che erano ancora poco più che adolescenti, e per certi versi ero d’accordo. Come ripetevo ai miei amici e a me stessa, ero orgogliosa dei loro gesti e della loro seppur lenta crescita morale, che li rendeva di giorno in giorno più umani, giovani e forti.
   
 
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