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Autore: Elisa24g    09/06/2017    0 recensioni
In una terra dove la parola pace vuol dire solo un intermezzo tra una guerra e l'altra, senza possibilità di scampo dal terribile popolo del Vento, una famiglia decide di non arrendersi e di prepararsi alla battaglia, apprendendo i segreti e le magie di chi si nasconde da anni, in attesa della vendetta.
Teresa: dolce e buona;
Enn: curiosa, testarda e coraggiosa;
Rodd: di buon appetito, impaziente e sempre pronto alla risata;
Marcus: allegro e vivace, a volte provocatorio
Serin: reso muto dalla sofferenza, leale.
I genitori : innamorati, forti e coraggiosi, saranno disposti a rinunciare a tutto pur di proteggere la loro famiglia.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Non-con
Capitoli:
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Noi rimanemmo per molto tempo a fissare le colonne d’entrata alla nostra città, aspettandoci che, da un momento all’altro, lei sarebbe tornata. Continuammo a guardare finché fu troppo buio per vedere ad un palmo dal naso, finché non rimase più nessuno per le strade, finché solo i pipistrelli e qualche gufo volavano in cielo.

<< Andiamo a casa. >>  disse mio padre, con un volto così triste, da far venire le lacrime agli occhi.

<< Ma…Teresa? >> chiesi io.

<< Non tornerà. >> disse lui, cacciando ogni parola come un macigno dal cuore.

<< Si che tornerà. >> rispondemmo in coro i miei fratelli ed io.

<< No. E non è stando qui ad aspettare che lei potrà tornare a casa. >> disse lui, con un tono duro che non ammetteva repliche. 

C’incamminammo silenziosamente verso casa, senza guardare dove stavamo andando; erano i piedi a guidarci, mentre le nostre teste si trovavano molto lontane. Entrammo dalla porta di casa ed andammo a dormire, tutto senza rendercene conto, ci muovevamo in modo meccanico.

Il mattino dopo arrivò, e nessuno di noi se ne accorse, cosa avremmo fatto? Come avremmo agito? Non sapevamo cosa fare. Nessuno osava parlare, nessuno osava pensare a come comportarci. Io restai nel letto per molto tempo, rifiutando di alzarmi, coperta da un lenzuolo continuavo a rigirarmi nel letto, piangendo, gridando, parlando, o forse solo pensando.. Ad un certo punto mi convinsi che tutto quello che era successo nei giorni passati era  stato solo un brutto sogno, un incubo che sarebbe finito non appena mi fossi alzata. Così levai il lenzuolo, e feci per alzarmi, ripensandoci l’attimo successivo, sapendo che se mi fossi alzata, e se non fosse stato un sogno allora veramente mia sorella era stata rapita.

 Infine mi decisi ad alzarmi, scesi in cucina e trovai tutto apparecchiato. C’era una ciotola con il pane, una brocca piena di latte, e delle marmellate confezionate prima che il mondo ci crollasse addosso. Seduto in una sedia accanto alla porta si trovava Serin, solo lui. Nessuno degli altri si era alzato. Mi sedetti, ma non riuscivo a toccare cibo. Serin si alzò, venne accanto a me e mi fece cenno di mangiare, un cenno brusco con il capo, non cercava mai di mimare quello che voleva dire, forse perché il mimo, anche se silenzioso, è pur sempre una forma di comunicazione, e lui non voleva comunicare. Come avesse trovato la forza per prepararci da mangiare non so dirlo,  quindi, solo per ringraziarlo, acconsentii a mangiare mezza fetta di pane. Passarono alcune ore e nessuno si decideva a scendere, così mi avviai verso la camera dei miei genitori, giusto per dare un’occhiata. Mia madre era stesa nel letto, con la faccia pallida e le occhiaie, indossava ancora gli abiti del giorno prima; mio padre non c’era.

<< Dov’è papà? >>

<< È  andato. Anche lui. >>

<< Cosa vuol dire andato? >> chiesi con il tono angosciato.

<< Andato. >> ripeté lei. 

<< Mamma cosa vuol dire “andato”? >>

<< Via, da Teresa. >>

<< La riporterà qui? >>  dissi speranzosa.

<< Se non porteranno via anche lui. >> disse in tono piatto.

<< Vedrai che la riporterà qui. >>  risposi  rassicurando sia lei che me. E se invece l’avessero preso? Che cosa pensava di fare? Avevo perso una sorella, non potevo perdere anche mio padre. Ebbi un momento di enorme rabbia ,verso  lui, verso quegli Uomini, verso Teresa, mia madre, verso di me. Corsi fuori di casa, corsi e corsi e corsi, finché non seppi più dove mi trovassi. Ero in una viuzza, circondata da case ad ogni lato. Erano case piccole, grigie, con muri rovinati, e calcinacci per terra. Le porte erano scardinate. Dovevo essere in una delle strade rimaste abbandonate dopo la strage dell’Inverno, quando, molti anni fa, avevamo deciso di non arrenderci. Nessuno ci aveva messo più piedi, e le erbacce, i sassi, i topi, si erano accumulati. Iniziai a camminare a ritroso, cercando la via di casa.

<< Dove vai? >> chiese un uomo, sulla sessantina. Aveva i capelli quasi del tutto bianchi, il viso pieno di ferite, le sopracciglia quasi inesistenti. Non si doveva trovare lì, come non dovevo trovarmi io in quel posto. Si raccontavano tante storie di fantasmi. Erano uomini che avevano combattuto fino alla morte, cercando di difendere le loro mogli, finché non erano stati uccisi, tutti quanti. Ora le loro anime erano in attesa, pronte a vendicarsi del male che gli era stato fatto. Alcuni dicevano che avrebbero fatto del male solo agli uomini, qualsiasi uomo che avesse osato attraversare quella via, mentre avrebbero difeso le donne e i bambini. Altri dicevano che non avrebbe fatto alcuna differenza su chi fosse passato per la strada, che la loro sete di vendetta  fosse  talmente forte da renderli ciechi di fronte a sesso o età.

<< Io… >> balbettai.

<< Tu non devi essere qui! >>  e mi afferrò per un braccio, trascinandomi dentro la casa vicina. 

Era completamente buia, nessuna luce filtrava dall’esterno, si sentivano, però, dei rumori provenire dall’alto, o dal basso, non si capiva nulla in quell’oscurità.

<< Di chi sei? >>  chiese la voce dell’uomo che ancora mi stringeva il braccio.

<< Abito poco fuori dal villaggio. Brewi. Ci chiamiamo Brewi. >> dissi.

<< E che ci fai qui? Cosa cerchi? >>

<< Niente. Stavo correndo e mi sono persa. >>

<< Correndo dove? >> chiese con tono inquisitorio.

<< Io.. correvo. Via da casa, da tutti, non lo so. >>

<< Qualcuno ti ha fatto del male? >> disse con tono quasi ironico.

<< No. >>

<< E allora dove te ne volevi andare? Non si lascia la propria casa. Si combatte. >> mi strinse forte il braccio, << Sempre. >>

<< Mi lasci andare, la prego. >>

<< Hai paura di me? >> chiese sorpreso. << Non dovresti. >> disse lasciando il braccio. << Vattene. >> e mi spinse fuori dalla casa. Iniziai a correre a perdifiato, non so in che direzione stessi andando, ma lontano da lì, lontano da quell’uomo. Che cosa stava succedendo in questo mondo? Ogni cosa stava andando storta, ogni pericolo si trovava dietro l’angolo, in agguato, mia sorella non sarebbe più tornata, e probabilmente nemmeno mio padre.

 

NEL PROSSIMO CAPITOLO :

<< Noi tutti sappiamo. Uomo uguale donna. >>
<< Non mi sembra che le donne vengano a rapirci. >>
<< Ra..pirci? >>
<< Prendere noi donne, uccidere gli uomini. Fare del male. >>
<< Noi no male. Servono bambini. Voi portate figli. >>
<< Voi rubate i figli. >>
<< No. >> disse lui guardandola male, si stava arrabbiando. Dopo un po’ di tempo le chiese:
<< Nome? >>
<< Teresa. >>
<< Io Arsea >>
   
 
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