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Autore: Elisa24g    01/06/2017    0 recensioni
In una terra dove la parola pace vuol dire solo un intermezzo tra una guerra e l'altra, senza possibilità di scampo dal terribile popolo del Vento, una famiglia decide di non arrendersi e di prepararsi alla battaglia, apprendendo i segreti e le magie di chi si nasconde da anni, in attesa della vendetta.
Teresa: dolce e buona;
Enn: curiosa, testarda e coraggiosa;
Rodd: di buon appetito, impaziente e sempre pronto alla risata;
Marcus: allegro e vivace, a volte provocatorio
Serin: reso muto dalla sofferenza, leale.
I genitori : innamorati, forti e coraggiosi, saranno disposti a rinunciare a tutto pur di proteggere la loro famiglia.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Non-con
Capitoli:
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Lui era sdraiato sul letto, la tenda della porta era stata aperta, credo a voler dire che ciò che doveva essere fatto era già stato compiuto. Era nudo, coperto solo da un telo. Lei era accoccolata al bordo del letto, con le braccia che stringevano le gambe, e si era rivestita.  Fissava quell’uomo che dormiva beato, incurante di lei e dei suoi sentimenti. E lei in quel momento già portava in grembo suo figlio.

 Si raccontava che i Figli del Vento sapessero quando le loro donne rimanevano incinte, sentivano il vento che entrava nei loro corpi. E solo quando ognuna di quelle donne era stata fecondata, allora le riportavano indietro. Non ci voleva molto tempo. Non era stato violento o crudele, non l’aveva malmenata, si era dimostrato gentile, prima. Poi quello che doveva essere fatto l’aveva fatto, incurante delle sue grida e dei suoi pianti. Si chiese se nelle case attorno qualcuno si fosse svegliato, se avesse pensato che anche l’ultima donna era stata presa. Se qualcuna tra quelle giovani madri avesse versato una lacrima per una loro compagna di tragedia. Poi in poco tempo fu tutto finito. Adesso aspettava di tornare a casa, anche se, una piccola parte di lei, non voleva più farvi ritorno. Non voleva guardare sua madre, o peggio ancora suo padre, sentendosi così sporca. Infangata. Non sarebbe mai più andata al mercato di Gioven pensando al ragazzo che amava; la  sua fanciullezza era sparita, e lei si sentiva solo macchiata, ed arrabbiata. Avrebbe voluto ucciderlo, ucciderli tutti, mentre ancora dormivano, ma sapeva che non ci sarebbe riuscita. 

Poi lui si sveglio.

<< Qui. >> disse, poggiando la mano forte ed ambrata sul letto, la sua pelle era stata scurita dal sole, come anche quella di Teresa, in questo si somigliavano, però lui aveva molte cicatrice sulle sue mani, mani con cui aveva ucciso, mentre lei al massimo aveva strappato qualche ortaggio o frutto della terra. Lei non si mosse, rimase nel suo angolo, determinata a non alzarsi da lì finché non fosse tornata a casa.

<< Io no cattivo. >> ripeté lui, come aveva detto qualche ora prima.

<< Si. Sei cattivo, crudele. Siete tutti crudeli. >> disse, con gli occhi che gridavano la rabbia, mentre le braccia erano ancora strette intorno al corpo.

<< Così vita. >> rispose lui, con la fronte aggrottata. Teresa non capì.

<< Vita. >> disse lui indicandole la pancia al di sotto delle sue ginocchia. Per un attimo mia sorella ebbe l’impulso di colpirsi a sangue sul ventre, così da uccidere la sua preziosa “vita”.

Rimasero in silenzio per un po’. Poi lui si alzò, s’infilò i pantaloni ed uscì dalla casa, sempre senza chiudere la tenda. Ritornò poco dopo, con un secchio pieno d’acqua e lo poggiò accanto a lei. Teresa lo guardò titubante, cercando il permesso per alzarsi e lavarsi, non voleva scoprirsi di fronte a lui, non di nuovo. 

Lui la guardò chiedendosi quale fosse il problema, infine si sdraiò di nuovo sul letto chiudendo gli occhi. Lei lo osservò per un po’, poi vedendo che non accennava ad alzarsi o girarsi verso di lei, si decise a lavarsi. Accanto al secchio c’erano dei teli appoggiati, apposta per lei. Li prese ed iniziò a lavarsi, sperando di levare tutto quello sporco di dosso. Quando ebbe finito di rivestì, e solo allora lui aprì gli occhi.

<< Tu bella. >>

<< Tu crudele. >> rispose lei. E lui sorrise. Teresa pensò che aveva un bel sorriso, e che, probabilmente, se fosse cresciuto in una città come la sua, sarebbe stato un uomo diverso, chissà, forse addirittura buono. Poi lui tese una mano verso di lei, per toccarle una spalla, e Teresa si ritrasse, spaventata, cambiando immediatamente idea: era un uomo cattivo, e cattivi erano tutti loro.

Iniziarono a sentirsi dei rumori, le donne venivano spinte a formare una fila, vennero strattonate, tutte tranne lei. Teresa continuava a stare nella stanza, e l’uomo continuava a non alzarsi, così lei si decise a mettersi in piedi, dirigendosi verso la porta.

<< No. >> disse lui, e lei si girò pietrificata.

<< Stanno tornando a casa. >> disse Teresa indicando le altre donne.

<< Tu no. >> ripeté lui ed uscì di casa. Era diretto alla dimora della Signora del Vento: praticamente identica alle casa degli altri, solo leggermente più grande, e con pochi uomini e donne a servire. Non c’era nessuna porta nemmeno lì.

<< Chiedo il permesso di parlare con la Signora del Vento >> disse, << nostra Madre >>  come forma di rispetto.

Il servo, un uomo della sua stessa età e vestito con pantaloni di tela bianchi, gli rispose di attendere. Parlavano una lingua diversa dalla nostra, molto più fluida, melodiosa, che contrastava con le loro azioni violente. 

<< Puoi entrare >> disse dopo alcuni istanti.

All’interno c’erano tre stanze: una cucina, una camera da letto e una sala per delle udienze, con un tavolo in legno pesante ed una vasca. La Signora del Vento sedeva al posto d’onore, con una grande, ma semplice sedia.

<< Salve Nostra Madre >> disse facendo un lieve cenno con la testa. La donna rispose con un sorriso.

<< Dimmi. >>

<< Voglio tenere la ragazza. >>

<< Che cosa?? >> disse lei alzandosi di scatto.

<< Non voglio che torni indietro. >>

<< Le regole non sono queste. Loro non sono degni di restare tra noi. Servono solo i figli, che noi educhiamo così che possano vivere qui. >>

<< La possiamo educare adesso. >>

<< Troppo grande >>, disse scuotendo il capo e sedendosi nuovamente. L’uomo era in piedi di fronte alla Signora, con lo sguardo deciso.

<< L’Uomo non è troppo grande per essere educato, perché non può essere educata anche lei? >>

<< Le regole non sono queste. >>

<< Te sei la Signora del Vento, Nostra Madre, puoi cambiarle. >> disse con fare adulatorio.

<< Perché vuoi tenerla? >>

<< Mi piace. >> 

<< Non è un motivo sufficiente per farmi anche solo lontanamente pensare ad un cambio di regole. >>

<< Sento che è speciale, voglio che resti. >>

<< Speciale? >>  ripeté con un sorriso di derisione.

<< Zasse, vieni qui. >>  disse chiamando il servo di prima. << Convoca gli Anziani. Sentiremo se loro credono che sia “speciale”. >>

Dopo pochi minuti entrarono tre Anziani, vestiti di tuniche bianche, scalzi, dai capelli lunghi, ma radi, e i visi rugosi. Una donna e due uomini.

<< Vuole tenere la donna. >>  disse la Signora, con disprezzo.

<< Perché? >>  gli chiese la donna Anziana.

<< È speciale. >> disse la Signora con tono ironico. << Può essere speciale, secondo voi, una di loro? >>

<< No. >> risposero tutti e tre in coro.

<< Bene, potete uscire. >> e li congedò.

<< Visto che non è speciale, perché vuoi che resti? >> 

<< Mi piace molto. Non sarà speciale secondo le Sacre Leggi, ma sento che lo è per me. >>

<< Questo vorrebbe dire che una donna in meno tornerebbe al suo villaggio. >>

<< Non è stata nemmeno preso nel villaggio! >> disse lui, con fare ostinato.

<< No, ma sai che appartiene a un villaggio. Che cosa manderemo in cambio? >>

<< Non lo so, ma voglio che resti. >>

In quel momento entrò dalla camera da letto una donna, con peli lunghi su braccia e gambe, l’unica diversa tra loro.

<< Lei è speciale. >> disse la Signora, guardando amorevolmente sua Figlia, anche se non partorita da lei. Era, in effetti, sua nipote.

<< Cosa succede? >> chiese lei.

<< Nulla di grave, torna nella camera. >> le disse << Anzi no, aspetta. Tra due anni sarai tu a regnare, sentiamo il tuo parere. >> e le disse ciò che l’uomo voleva fare.

<< Posso vederla? >> chiese lei.

<< Perché dovresti? È solo una loro donna, niente di più. >>

<< Però lui sembra tenere molto a questa donna. Non mi sembra che altri prima di lui avessero mai avuto un simile desiderio. >>

<< Hai ragione. Zasse, porta la ragazza. >> gli ordinò la Signora del Vento.

Zasse entrò nella casa, e vide Teresa, spaventata, che voleva aggregarsi alle donne, ma aveva troppa paura per farlo.

<< Vieni. >> le disse, e lei lo seguì. Passò davanti alla fila di donne in attesa per il loro ritorno. Avevano tutte lo sguardo spento, i capelli in disordine, e le più giovani erano in lacrime. Erano tutte donne e ragazze che lei conosceva, si guardarono senza parlarsi, senza nemmeno un cenno di riconoscimento.

Entrò nella casa della Signora del Vento. Vide una donna con i capelli lunghi, lisci e neri,gli occhi azzurri. L’età non si riusciva a capirla, ma non doveva essere molto giovane. Accanto a lei c’era una ragazza, con qualche anno più di Teresa, con capelli lunghissimi, fino alle ginocchia e peli su braccia e gambe. Aveva gli occhi più chiari di sua madre, lo sguardo deciso. Si fissarono per qualche istante. 

<< Va bene. Resta. >> disse ad un tratto la Signora del Vento, nella lingua che Teresa non poteva comprendere. << Penserai tu ad educarla, non deve dare problemi. E bisognerà dare in cambio qualcosa al villaggio. Un bambino… >> disse accennando al ventre di mia sorella.

<< No… è mio figlio ed erede. >> disse lui con lo sguardo per la prima volta titubante.

<< Cosa pensi, di averla senza dare niente in cambio? Ne avrai altri da lei. >>

<< Ma…. >>

<< Vuoi rimandarla indietro? Sei ancora in tempo. Decidi. Adesso. >> disse con tono autoritario.

<< Voglio che resti. Gli daremo il bambino. >>

<< Bene. È deciso. Ora va e ringrazia il Vento >> gli disse. 

Lui uscì dalla stanza, prendendo Teresa per mano, che ancora non capiva. La portò fino ad un piccolo prato, con dieci alberi messi a formare un cerchio. Si chinò per terra e disse alcune parole, poi alzò lo sguardo al cielo, e il Vento passò sulle loro teste. Era un Vento leggero, profumato, felice, e l’uomo seppe che aveva fatto la cosa giusta.

<< Cosa.. >> iniziò a dire Teresa, lui le fece segno di tacere e la condusse fuori dal cerchio, poi le disse, con uno sguardo contento ed un sorriso in viso:

<< Tu resti. >>

<< Io..devo tornare a casa. Con le altre donne, perché non torno? >> aveva iniziato a parlare con voce ferma, ma dopo poco sembrava una bambina, con le lacrime pronte a scendere, e la voce rotta dalla disperazione.

<< Non vuoi restare? >> disse lui, stupito.

<< No! >> rispose Teresa, quasi urlando.

<< Tu resti. Tu mia, io tuo! >> disse l’uomo, con un tono arrabbiato, che spaventò mia sorella.

Teresa iniziò a piangere, con le ginocchia per terra, le mani a coprirle gli occhi. Non sarebbe più tornata indietro.

Passò una mezz’ora, con lui seduta sull’erba, a gambe incrociate, mentre la guardava disperarsi, finché non ebbe più lacrime da versare. Poi le offrì la mano, che lei non prese, così la prese per la vita e la fece alzare.

Tornarono alla casa di quell’uomo, che sarebbe diventata sua, passarono per la piazza dove prima erano in fila le donne, adesso non c’era più nessuno, loro erano in viaggio, e avrebbero raggiunto il nostro villaggio la mattina dopo. In casa l’uomo accese un piccolo fuoco ed iniziò a cuocere la carne, con molte spezie, che emanava un odore molto buono, e, nonostante le lacrime e la tristezza e la rabbia, fece venire l’acquolina in bocca a mia sorella. Finito di cucinare lui la portò dietro la casa, dove c’era un tavolo, con delle sedie, poggiò la carne su un piatto e la fece sedere. Rientrò in casa, prese piatti, bicchieri e posate e tornò da lei. Da bere le offrì del vino.

<< Io no cattivo >> disse per la terza volta. << Mangia. >> ed iniziò a mangiare la carne davanti a sé. Dopo poco Teresa lo imitò. Non mangiava da troppo tempo, da quando era partita con noi, e durante il viaggio il nostro cibo non era stato molto. 

Era un tavolo quadrato, e lui poteva toccarle la mano allungando il braccio; ci provò, una volta, ma vide che lei si spaventò e smise  di mangiare, così lasciò stare.

<< Tu no paura, io no male. >> poi sbuffò, evidentemente voleva dirle qualcosa, ma le sue conoscenza della nostra lingua erano limitate, e quella di Teresa, della sua, erano nulle. Finito di mangiare prese i piatti e li portò al fiume, dove uomini e donne stavano lavando le loro stoviglie. Se c’erano avanzi di cibo venivano dati agli animali, che si muovevano liberi per la città. C’erano cavalli, cani, gatti, mucche, pecore, topi, galline e molti altri ancora. Teresa rimase seduta al tavolo in attesa, senza sapere cosa dovesse fare. Mentre lo aspettava le si avvicinò una donna, aveva i capelli racchiusi in una treccia che le arrivava fino al sedere, una  tunica azzurra con alla vita una cinta; era scalza. Le disse qualcosa nella lingua che lei non capiva, così fu costretta ad usare le poche parole che conosceva della nostra di lingua.

<< Perché? >>  chiese, con la fronte aggrottata nello sforzo di comprendere.

<< Perché cosa? >> rispose mia sorella.

<< Tu qui. >> disse la donna. Le stava chiedendo perché si trovasse lì, invece che al suo villaggio, dove sarebbe dovuta tornare.

<< Mi hanno lasciato indietro, te mi sapresti portare a casa? >>  chiese Teresa speranzosa. La donna la guardò con fare sospettoso, poi, mentre stava per risponderle, l’uomo tornò indietro. Parlarono un po’ tra di loro, infine la donna andò via, portando con sé le ultime speranze di Teresa.

<< Tu qui. >> lle disse l’uomo con un tono arrabbiato, evidentemente il suo tentativo di fuga non gli era piaciuto.

<< Tu mia, io tuo. >>

<< Io non sono di nessuno. E non sono di qui.. Riportami a casa, ti prego. >> lo implorò con le lacrime agli occhi. Lui non rispose, strinse la sua mano intorno al polso di mia sorella e la portò fino al suo cavallo. La fece salire, poi montò anche lui. Galopparono per un po’, passando tra le case, tra gli animali, tra i bambini, senza mai rallentare il tempo. “ Mi riporta a casa ” sperò Teresa, finché non vide che la direzione in cui stava andando non era quella da cui erano venuti. Dove la stava portando? Cosa voleva ancora?

Galopparono per una ventina di minuti, finché si fermarono davanti ad una roccia spiovente, alta fino a toccare il cielo. La fece smontare.

<< Seguimi. >> le disse. L’uomo si avvicinò al muro, e lo toccò, cercando degli appigli che conosceva perfettamente. Si batté con le mani sulla schiena, facendole cenno di aggrapparsi. Teresa lo guardò quasi inorridita, non l’avrebbe voluto toccare per nulla al mondo. Eppure lui insisteva, voleva che lei gli si aggrappasse, continuò a farle cenno finché non vide i suoi occhi spaventati, e le mani che tremavano; da sola, non si sarebbe mai avvicinata. Così le prese un braccio e se lo fece passare sulla spalla, stringendole la mano, fece lo stesso con l’altra, e poi le tenne i polsi stretti per un po’, finché lei smise di ribellarsi. 

Infine iniziò ad arrampicarsi, e allora fu lei a stringersi a lui, con il terrore di cadere.

Poteva sentire il contatto della sua pelle, scoperta sulle braccia e sul collo, con la schiena di lui. Sperò che fosse così forte come sembrava, così che lei non sarebbe caduta. 

Iniziarono ad arrampicarsi, lui che si muoveva rapido da un appiglio all’altro, mani e piedi in perfetta sincronia, lei con le braccia strette e gli occhi chiusi per la paura. Nel giro di qualche minuto lui la fece scendere. Teresa aprì gli occhi su un mondo magico. Erano al di sopra della montagna, e da lì poteva vedere ogni cosa. Vedeva il villaggio di questo uomo tanto temibile, con case senza tetti, animali che escono ed entrano dalle abitazioni, un altare al centro di una piazza. Vide un fiume, di un blu intenso, che si gettava nel mare. Soprattutto vide tanti alberi, un mare di foglie verdi che brillavano per la luce del sole. In lontananza riusciva a vedere la casa nel bosco, dove sapeva che seguendo il sentiero sarebbe potuta tornare a casa. Lo guardò con occhi pieni di meraviglia.

<< Tu qui. Con me. >> disse. Teresa non seppe cosa rispondere, nemmeno riuscì a capire cosa volesse dire con quella frase, però era un posto incantato, quello in cui si trovava, e non lo voleva sporcare con parole che non avrebbero avuto senso. L’uomo si sedette sul bordo, con i piedi persi nel precipizio, sicuro di sé, la guardò facendole cenno di sedersi. Teresa si accucciò piano, temendo di cadere. Si sedette con le gambe strette al petto, ben lontana dal precipizio. 

<< Perché non mi riporti a casa? >> chiese Teresa dopo un po’, decidendo che quella sarebbe stata l’ultima volta in cui l’avrebbe implorato.

<< Questa casa. >> disse indicando il suo villaggio.

<< Questa è la tua, di casa. Io sono di Rannar.>> 

<< Tu qui. >>

<< Ma perché? Da quello che mi hanno insegnato voi riportate le donne alle loro famiglie, e così avete fatto con tutte le altre, perché io devo restare qui? >>

<< Perché tu mia, io tuo. >> disse guardandola con uno sguardo dolce.

<< Io non sono tua. Non sono di nessuno. Nessun uomo mi ha sposata, sono mia e basta. >>

<< Cosa sposata? >> chiese lui non capendo.

“ Non sa cosa vuol dire! “ pensò mia sorella stupita.

<< Marito e moglie.. una famiglia, dei figli. Sai cosa vuol dire? >>

<< Tu mia, io tuo. >>ripeté lui ancora una volta, esasperando Teresa.

<< Non secondo me!Non secondo la mia legge! >>

Lui si guardò intorno confuso, non riuscendo a capire cosa lei volesse dire. Restarono in silenzio per molto tempo, finché il sole iniziò la sua discesa, allora lui si alzò, le fece cenno di aggrapparsi e la riportò indietro, nella casa dove lei sarebbe stata costretta a rimanere.

 

 

NEL PROSSIMO CAPITOLO :

. Mia madre era stesa nel letto, con la faccia pallida e le occhiaie, indossava ancora gli abiti del giorno prima; mio padre non c’era.

<>

<<È andato. Anche lui.>>

<> chiesi con il tono angosciato.

<> ripeté lei. 

<>

<>

<> dissi speranzosa.

 
   
 
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