22nd March 2014
-Quindi
mi stai dicendo che sei quasi sicura sia di questo Nate la voce che
senti nei flash?
-Sa
dottoressa Lang...
-Non
la smetterai mai di darmi del lei, vero??
-No,
non credo. La mia mamma mi ha educato troppo bene...
La
dottoressa Lang sorrise a quella frase detta con un tono volutamente
infantile. Lexi era anche quello: battute sarcastiche ed improvvise
affermazioni da bambina di quattro anni.
-Ad
ogni modo, sono quasi certa che lui sia venuto a trovarmi molte
più
volte rispetto a quelle che Mia mi ha confermato... E' una sorta di
sensazione, non so spiegarmi bene. -Posso farti una domanda
Lexi?
Il
volto improvvisamente curioso ma sottilmente tirato della dottoressa
Lang le fece temere che quella sarebbe stata una delle tipiche
domande “spinose”, come la psicologa adorava
definirle e che
l'avrebbe sicuramente messa in difficoltà. Ma si fidava di
quella
donna perennemente tutta vestita d'arancione e le concesse di entrare
per l'ennesima volta nella sua testa.
-Come
descriveresti Nate?
-Fisicamente?
-Lexi
mi avrai fatto vedere quintali di foto loro: so com'è
fisicamente!!
-Scherzavo,
scherzavo...
Il
fatto di vederla sorridere ed essere così a suo agio nel suo
studio,
tranquillizzò la dottoressa Lang su come ancora una volta
sarebbe
riuscita a vedere dentro quella ragazza nascosta dietro a chilometri
di spessi muri fatti di maschere, paure ed insicurezze. Ma Lexi le
stava dando gli strumenti per abbatterli tutti, forse perché
ne era
stanca anche lei. -Vediamo... Nate è Nate. Insomma:
è difficile da
descrivere un ragazzo come lui... Se dovessi parlarle di Lewis le
direi che è un logorroico burlone dallo spiccato interesse
per gli
affari degli altri... Per Hugh le direi che è un ragazzo dal
cuore
d'oro, capace di essere felice con pochissimo... Zach è la
persona
più taciturna che abbia mai incontrato, ma anche quella a
cui
racconterei tutti i miei segreti e se ti degna della sua fiducia,
allora devi solo considerarti fortunato... Poi beh, Lucas è
di una
dolcezza infinita e, soprattutto, si preoccupa per tutti,
sempre...
-E
Nate?
-Nate
è... Speciale.
Lexi
si appoggiò con la testa allo schienale morbido della
poltrona,
sistemandosi meglio il cuscino a fiori che teneva in grembo, sopra le
gambe incrociate: come poteva trovare delle parole vagamente adeguate
per descrivere Nate? Poi le venne in mente.
Un
giorno di qualche anno prima, mentre accompagnava sua madre in
cimitero, poco dopo la morte di nonna Lucy, si erano fermate dal
fioraio per prendere qualche fiore da mettere sulla tomba. Karen era
andata letteralmente a colpo sicuro ed aveva comprato tre rose di un
intenso color blu notte, che aveva fatto legare assieme con un nastro
di raso dello stesso colore. Quando Lexi le aveva chiesto
perché
proprio quella tonalità, Karen l'aveva guadata dritto negli
occhi e
le aveva raccontato di come sua madre Lucy, un giorno di tanti anni
prima, quando ancora la giovane Karen doveva incontrare lo
scapestrato Morgan che le avrebbe rapito il cuore, le avesse detto
come il colore più speciale per una rosa fosse il blu, e
come questo
significasse l'essere estremamente unico e speciale. Se mai un
ragazzo gliene avesse regalate un mazzo, allora quello poteva essere
l'uomo da sposare. Non per nulla, quando Morgan l'aveva chiesta in
sposa, lungo il bagnasciuga della stessa spiaggia dove si erano
incontrati, si era presentato con una dozzina di spettacolari rose
blu. Quindi sì: Lexi aveva trovato il modo per descrivere
Nate.
-Lei
sa qual'è il significato delle rose blu?
La
dottoressa fece un cenno d'assenso con la testa e Lexi si
sentì
legittimata a continuare la sua profonda metafora per descrivere quel
ragazzo che era letteralmente piombato nella sua vita nel modo
più
stravagante possibile.
-Ecco:
Nate è come una rosa blu. E' rara da trovare e quando si
è così
tanto fortunati, bisogna tenersela stretta e curarla con
attenzione... Ma al tempo stesso, essendo una rosa, per sua natura ha
le spine e bisogna stare attenti... Nate è così.
Ho come la
sensazione che potrebbe essere la persona più speciale che
io abbia
mai conosciuto ma anche quella che potrebbe ferirmi di più.
Eppure,
benché io non lo conosca, ho quasi la certezza che non mi
farà mai
del male... Almeno non intenzionalmente.
-E
come fai a dirlo?
-Aspetti.
Lexi
appoggiò il cuscino per terra, si alzò dalla
poltrona in cui si era
sostanzialmente inabissata e prese la borsa dall'angolo della stanza.
Tirò fuori l'ipod dal fondo, assieme ad un foglio piegato in
quattro
che porse alla dottoressa Lang. Appena lo ebbe dispiegato davanti a
sé, vide il testo di una canzone che non conosceva. Alcuni
versi
erano sottolineati con l'evidenziatore arancione, mentre altri erano
addirittura cerchiati con la matita. Guardò con sguardo
interrogativo una Lexi tutta concentrata nel dipanare il groviglio di
nodi che erano diventate le sue cuffiette. Quando ci fu riuscita, ne
passò una alla dottoressa, che la prese senza fare domande
ma
aspettando che fosse Lexi stessa a darle una spiegazione a tempo
debito. Premette play, senza dire nulla, ed ascoltò quella
canzone
per la milionesima volta. La dottoressa Lang ascoltava quelle voci
incantevoli, scorrendo con lo sguardo le parole tracciate sul
foglio e comprendendo, sillaba dopo sillaba, nota dopo nota, che cosa
stesse tentando di dirle Lexi. Quando la musica finì e le
ebbe
restituito la cuffietta, Lexi si risedette sulla sua poltrona e
riprese il fidato cuscino in grembo.
-L'ha
scritta per me...
Il
tono di voce decisamente troppo orgoglioso ed emozionato sorprese
persino Lexi, figurarsi la dottoressa Lang a cui risultò
difficile
trattenersi dal sorridere compiaciuta: che si fosse accorta del non
molto contenibile interesse della ragazza per Nate era scontato, ma
vederle quel barlume di esaltazione nello sguardo la
incoraggiò
parecchio.
-Non...
Non lo sto dicendo per vantarmi, cioè... Io non volevo dire
che sono
speciale o che so io... Insomma, ha capito no?
-Stai
tranquilla Lexi! Con me puoi permetterti di essere quanto vanesia
vuoi, in ogni caso credo di aver colto il succo del discorso. Ha
scritto per te una canzone che contiene una notevole promessa: quella
di restarti accanto, di accompagnarti attraverso tutte le
difficoltà
non solo per farti uscire dal coma, ma anche per farti uscire da un
altro tipo di oscurità... E tu sei certa che
rispetterà questa
promessa, perché lo ha già fatto e continua a
farlo. Ho detto
bene?
-Credevo
di essermi immaginata tutto.
Lexi
trasse un respiro profondo e si sentì estremamente sollevata
dalla
conclusione che la dottoressa Lang le aveva fornito: Nate era davvero
un'ancora a cui appoggiarsi, doveva solo trovare un modo per farlo
senza rischiare di innamorarsi di nuovo di un ragazzo che non avrebbe
mai potuto avere, anche se una lontana vocina interiore continuava a
sussurrarle che ormai fosse già troppo tardi per
quello.
-A
proposito: mi faresti un cd con alcune loro canzoni? Non sono mica
male sti ragazzini...
Athena
Lang sentì finalmente ridere di cuore la sua paziente
più illustre
e capì perché chiunque l'avesse incontrata, anche
solo per pochi
secondi, la ritenesse una ragazza speciale: era contagiosa la sua
felicità e potersene beare sembrava un vero e proprio
regalo.
Quando
Lexi uscì nella pioggia torrenziale che stava annaffiando
Londra, si
chiese cosa le fosse passato per la testa quella mattina decidendo di
indossare un paio di scarpe di tela. Poteva distintamente udire il
chiacchiericcio delle paperelle che si stavano facendo il bagnetto
nelle sue scarpe, nonostante lo scrosciare della pioggia le riempisse
i timpani a tal punto da non permetterle quasi di sentire il rumore
di una macchina a tutta velocità che inchiodò
giusto qualche
istante prima di centrarla in pieno, sul passaggio pedonale.
Alzò la
testa di scatto verso quei fari abbaglianti di una macchina enorme e
decisamente costosa, già pronta per sommergere con un fiume
di
ingiurie chiunque fosse il guidatore, ma quando lo sportello si
aprì
rimase letteralmente senza parole, tanto che l'ombrello a pois di Mia
le cadde di mano.
-Lexi!
Il
tono di voce apprensivo del ragazzo ormai fradicio tanto quanto lei,
scatenò l'ennesimo flashback e tutto divenne buoi per un
attimo:
quell'inclinazione preoccupata in una voce solitamente
gioviale
l'aveva già sentita mentre era in coma, anzi, le
sembrò come se
fosse stata proprio quella voce a farla tornare vagamente
cosciente.
Scosse
la testa e con essa una miriade di gocce di pioggia che si erano
incastrate sulle lunghe ciglia, rimandando ad un altro momento la
spiegazione di quanto avesse visto: ora doveva coprire di insulti
quel ragazzo che continuava a sconvolgerle la vita.
-Ma
sei scemo?! Dico: chi ti ha dato la patente?! Un babbuino?! Potevo
morire! Di nuovo!!
Quel
poco velato riferimento al fatto che lui fosse già stato la
causa
una volta di una sua possibile dipartita, fece sentire Nate davvero
una persona orribile e gli diede la conferma che un qualsiasi
confronto con Lexi, nonostante la loro telefonata del giorno prima,
sarebbe stato un'impresa epocale. Chiuse lo sportello della Range
Rover e senza curarsi minimamente della pioggia che gli stava facendo
appiccicare la maglietta grigia al petto, cercò di sistemare
la
situazione.
-Lexi,
non ti avevo vista, davvero! Come stai??
Fece
qualche passo avanti, sistemandosi meglio il cappello da baseball che
aveva calato sulla testa, per proteggersi da quel tempaccio che
sembrava fatto apposta per rendere il tutto più difficile.
Il
pensiero che fosse stata Lexi con tutta la sua rabbia a scatenare
l'acquazzone lo fece ridere involontariamente, ma se ne
pentì subito
quando rialzò il viso a pochi centimetri da quello di lei e
si sentì
incenerire.
-Ti
faccio tanto ridere, Hanson?
-No,
no... No! Lexi, dico sul serio: come stai?!
Nate
allungò una mano per sfiorarle un braccio, ma Lexi fu
più veloce e
si scansò di lato, con un'espressione che agli occhi del
ragazzo
risultò disgustata, ma che in realtà era
terribilmente
sorpresa.
“Che
cosa vuoi da me, Nate? Dimmelo...”.
Forse
avrebbe dovuto dar libera voce ai suoi pensieri, ma non poteva, non
aveva la forza di fidarsi ancora di qualcuno che non conosceva
davvero.
-Sto...
Sto bene... Devo andare ora.
Il
traffico dell'intera Londra sembrava essersi concentrato davanti lo
studio della Dottoressa Lang, creando una sinfonia di suoni, fatto di
strombazzare di clacson e di rombare di motori, che si stava
mescolando con il rumore costante della pioggia, ma nulla sembrava
sovrastare il pulsare del cuore di Nate mentre vedeva Lexi
allontanarsi. Non poteva lasciare che se ne andasse da lui ancora,
fosse stato anche solo per quella giornata. Così la
rincorse,
lasciando la macchina in mezzo la strada, incurante degli insulti
urlati dai finestrini abbassati negli accenti più disparati,
e
riuscì a raggiungerla giusto prima che sparisse tra la folla
del
marciapiede.
Lexi
si sentì afferrare la mano e la prima reazione fu quella di
voltarsi
di scatto per interrompere quel contatto indesiderato, ma il suo
passato le mandò un altro messaggio e le fece percepire
quella
stretta come stranamente familiare.
“Non
può essere... Non posso ricordarmi qualcosa che non
è possibile sia
successo...”.
-Aspetta
Lexi!
Lo
sguardo di Nate era troppo complesso da decifrare per Lexi, che ne
rimase a dir poco stupita: sembrava preoccupato, nervoso e
speranzoso. Ma speranzoso per cosa? -Sei in macchina?
-No.
Quella
mano attorno al suo polso stava serrando la stretta, non in maniera
possessiva ma protettiva.
-Ti
viene a prendere qualcuno?
-No!
Nate ma che diavolo vuoi?!
Nonostante
avesse alzato la voce, la sua mano era rimasta ferma dov'era,
incapace di interrompere un contatto che stava diventando sempre meno
sbagliato per il suo subconscio.
-Se
vuoi ti do un passaggio...
Perché
a Lexi sembrava di trovarsi di fronte ad un piccolo esemplare di
labrador al canile quando vede entrare una famiglia in cerca di un
animale e spera che la scelta ricada su di lui? Come faceva a dirgli
di no? Poi le venne in mente le parole dure con cui si era concluso
il loro ultimo incontro e d'istinto ritirò la mano da quella
stretta
troppo intima. -Lexi, per favore: sta diluviando ed io devo passare
da quelle parti... Accetta...
“In
fin dei conti se sto un altro po' sotto la pioggia mi spunteranno le
pinne...”
-Va
bene.
L'aveva
detto talmente tanto a bassa voce che Nate fece fatica a sentirlo
sotto lo scrosciare incessante della pioggia sull'asfalto, ma gli
occhi improvvisamente gentili ed imbarazzati di Lexi diedero conferma
alle sue speranze. Le fece strada con la mano e la seguì,
perdendosi
nella contemplazione dei capelli lunghi e castani che si erano
appiccicati al leggero giubbotto di jeans che indossava, del tutto
bagnati. L'affiancò dal lato del passeggero per aprirle lo
sportello
e si accorse che alcuni ciuffi le ricadevano fastidiosi sul viso e
l'irrazionale istinto di spostarli gli fece prudere le mani, ma
dovette trattenersi prima di giocarsi quella che poteva essere la sua
seconda possibilità. Una volta che Lexi fu salita a bordo,
tornò
dal lato del guidatore e chiese scusa con un gesto agli automobilisti
in coda, controllando se ci fossero stati paparazzi in giro: forse
era stato abbastanza fortunato quella volta. Si tolse il berretto da
baseball, che lanciò sui sedili posteriori del suv, e mise
in moto,
immettendosi nel traffico congestionato di una Londra all'ora di
punta.
Il
silenzio nell'abitacolo si poteva tagliare con un coltello,
così
Nate optò per mettere un po' di musica e Rather
Be dei
Clean Bandit si diffuse per l'abitacolo.
L'ironia
della situazione non sfuggì a Lexi, che riportò
la sua attenzione
sul ragazzo che stava guidando tranquillamente al suo fianco: con
tutti i posti che c'erano sulla faccia della terra quello, a
differenza di quanto sosteneva la canzone, era l'ultimo in cui Lexi
si sarebbe voluta trovare.
“Cacchio,
i capelli bagnati e schiacciati sulla fronte gli stanno un sacco
bene... Ma che diavolo sto pensando?!”.
Scosse
la testa per togliersi da davanti gli occhi l'immagine delle sue mani
tra quei capelli castanobiondi e tornò a guardare la pioggia
che
scivolava veloce lungo la superficie del finestrino, cercando una
maniera efficace per imbrigliare la sua fervida immaginazione.
-Hai
freddo?
La
domanda colse Lexi completamente alla sprovvista, anche se poteva
considerarsi tra le più adatte alla situazione dato che
erano
entrambi bagnati fradici e fuori sembrava esser tornato
l'inverno, ma lei quel genere di attenzioni e di premure nei suoi
confronti non le aveva mai sperimentate, quindi le ci vollero dieci
secondi buoni prima di riuscire a rispondere.
-Un
po', a dire il vero.
-Lo
immaginavo: hai le gambe che tremano...
Gli
occhi di Lexi caddero sulle sue gambe e si accorse di come
sembrassero effettivamente possedute da un qualche genere di
spiritello dispettoso. Le bloccò all'istante con le mani, ma
il
contatto delle calze bagnate sulla pelle la fece rabbrividire
all'istante, suscitando un sorriso divertito e mal celato di Nate,
che intanto aveva azionato il riscaldamento al massimo.
-Ti
fa tanto ridere Hanson?
-No,
no scusa.
Improvvisamente
era tornato serio e la sua fronte si era corrucciata, come se stesse
tentando di risolvere una difficile equazione ma gli mancasse la
formula chiave. Il silenzio tornò a farsi pesante
all'interno della
macchina e a Lexi sembrò mancare l'aria: quel ragazzo la
faceva
stare sulle spine e la sensazione non le piaceva per nulla.
-Puoi
pure lasciarmi all'inizio di quella strada, poi vado a piedi.
Nate
le lanciò un'occhiata fatta di incredulità e puro
panico che lasciò
Lexi ancora più interdetta ed infastidita per la sua
incapacità di
decifrare quel ragazzo dagli occhi troppo splendenti per essere
reali.
-Ma
sta diluviando ancora...
-Ti
ho già disturbato troppo Nate.
Il
sentirsi chiamare per nome ebbe su di lui l'effetto di una doccia
fredda, tale da fargli imbracciare tutto il coraggio di cui disponeva
e tentare il tutto per tutto pur di riuscire a sentirle pronunciare
ancora quelle quattro lettere che lo identificavano.
-Ormai
è ora di pranzo e conosco un posto qui vicino che fa dei
tacos
divini. Ti andrebbe di farmi compagnia?
Ecco,
l'aveva fatto. L'amo era stato gettato e con esso anche tutto il suo
coraggio, quindi ora poteva solo sperare che Lexi
accettasse.
“Cosa?!
Che?! Dove?! Credo di non aver capito molto bene... Oh, non fare la
finta tonta signorina, hai capito benissimo: ti ha appena invitato
fuori a pranzo! Quindi sbrigati a dargli una risposta! Oddio, sto
parlando di nuovo in terza persona...”.
-Prometto
solennemente che penserò sempre prima di parlare.
Quella
battuta spiazzò ulteriormente Lexi, ma il sorriso con cui
Nate
l'aveva accompagnata le fece capire che era il suo personalissimo
modo per chiederle ancora scusa per ciò che le aveva detto
l'ultima
volta in cui si erano visti. Fu proprio quella buffa ed adorabile
espressione che assumeva Nate ogni qualvolta ridesse che la fece
accettare: vedergli arricciare il naso e sentir riverberare la sua
risata contagiosa ancora per qualche volta non le sarebbe dispiaciuto
più di tanto.
Quando
la macchina si fermò di fronte ad uno dei tanti Nando's che
la città
di Londra ospitava, Lexi guardò Nate esterrefatta: non
poteva averlo
fatto davvero.
-Non
ci credo.
-Cosa?
La
faccia perplessa del finto biondo rischiò di farla ridere,
ma si
sforzò di mantenere l'aria scandalizzata che aveva
assunto.
-Mi
hai portato davvero a pranzo da Nando's?
-Perché:
hai gusti più sofisticati?!
“Dalla
perplessità all'allarmismo in meno di un decimo di
secondo...
Complimenti Hanson per la varietà di
espressioni...”.
Lexi
stava ridendo dentro di sé, ma ancora una volta
cercò di restare
impassibile.
-No,
ma fa strano constatare che tu mangi davvero da Nando's tutte le
volte che puoi. Se penso che hai avuto anche il coraggio di dirmi che
non ti conosco affatto...
Quando
Nate ebbe compreso il velato riferimento alla loro precedente
conversazione, si lasciò andare ad una risata
liberatoria.
-Ma
lo sanno anche i sassi che io sopravviverei solo con il loro
cibo!
-Beh,
era comunque qualcosa che io sapevo e che era giusta! Quindi, un
punto per me.
E
detto questo, scese dalla macchina, stando attenta a non finire di
nuovo dentro una pozzanghera, dato che le sue scarpe si erano quasi
finalmente asciugate.
Nate
la osservò mentre si dirigeva verso la porta a vetri del
locale, per
poi voltarsi e aspettare che lui la raggiungesse, e si chiese che
cosa avrebbe fatto se anche quella volta le cose fossero andate male:
non avrebbe più saputo dove sbattere la testa.
Lexi
alzò le sopracciglia, chiedendogli implicitamente che cosa
stesse
aspettando e Nate non se lo fece ripetere due volte. Rinchiuse in un
cassetto molto nascosto della sua mente tutte le prospettive negative
per quella giornata e, concentrandosi sul sorriso della ragazza che
aveva aspettato per cinque mesi, scese dalla macchina.
Quando
entrò nel locale riscaldato, Nick, il proprietario, gli
andò
incontro per salutarlo, stringendolo in una morsa letale che lo
lasciò senza fiato per alcuni secondi.
-
Nate! Vecchio mio! Come stai?? Oh, ma vedo che hai compagnia
oggi!
Nate
diede un'occhiata alla ragazza con i capelli ancora mezzi bagnati,
tutta concentrata a torturare il braccialetto che le avevano regalato
per il compleanno, evidentemente a disagio per le attenzioni che
stava ricevendo.
-
Piacere: io sono Nick, il proprietario di questo locale ed amico
d'infanzia di Nate!!
“Ma
perché deve urlare ogni frase che dice? Così ci
guardano
tutti...”.
Nonostante
l'istinto di tappargli la bocca, gli strinse invece la mano facendo
un sorriso di cortesia: se era amico di Nate, non poteva essere
proprio così male.
-Piacere,
Lexi.
-
Oh, ma tu sei quella Lexi!! Che onore averti qui!! Se Nate mi avesse
avvertito del vostro arrivo, vi avrei fatto trovare un'accoglienza
più calorosa!
“Più
caloroso di essere fissati da almeno cinquanta persone con tacos
ricoperti di salsa gocciolante tra le mani?? Credo sia più
che
sufficiente...”.
Fortunatamente
Nate fu più diplomatico nella risposta.
-
Sai, è stata una cosa a dir poco imprevista,
ecco...
I
due si scambiarono un fugace sguardo che li fece ridere entrambi,
ripensando all'imprevisto di quella mattina, ovvero l'ennesimo
mancato incidente mortale.
-
Piuttosto, hai un posto tranquillo per noi?
Non
seppe bene per quale motivazione, ma sentire Nate pronunciare la
parola “noi” fece contorcere le budella a Lexi,
come se in quelle
tre semplici lettere fossero racchiuse infinite promesse ed infiniti
non detti.
-
Certo!! Prego, da questa parte!!
E
mentre le teste di cinquanta persone li seguivano nella saletta
riservata del locale, Nate sentì il bisogno fisico di
proteggere
Lexi da tutte quelle attenzioni indesiderate, tanto da metterle una
mano sul fianco e spingerla davanti a lui.
Il
fatto di avere quella mano calda e grande appoggiata sul suo fianco
sinistro, non solo le stava mandando in panne il cervello, ma la
faceva sentire viva come mai prima di quel momento. Ogni cellula del
suo corpo sembrava essersi concentrata su quel piccolo lembo di pelle
sotto la mano di Nate e nemmeno gli sguardi indagatori delle persone
le risultavano più fastidiosi.
“Che
diavolo mi sta succedendo?? Non posso farlo... Non posso permetterlo
di nuovo...”.
Entrarono
in una saletta con una parete completamente fatta di vetro, ma
coperta da una sottile tenda di organza color crema che rendeva
l'ambiente luminoso e accogliente, nonostante le nuvole all'orizzonte
si stessero accumulando per scatenarsi in un secondo round. Cinque
tavolini apparecchiati per due occupavano la stanza, con tovaglie
rosse e oro a coprirli, e graziosi cestini di vimini pieni di
differenti tipi di pane e grissini che facevano da centrotavola. Le
venne da sorridere perché quello era esattamente il genere
di posto
che avrebbe immaginato per un tipo come Nate. Il fatto che poi fosse
anche il suo locale ideale non voleva prenderlo in considerazione in
quel momento.
Nick
si stava avvicinando alla sedia di Lexi per scostargliela, ma Nate,
che era ancora dietro di lei, fu più veloce e la fece
accomodare con
un sorriso dolce sulle labbra sottili. Nessuno le aveva mai scostato
la sedia per farla sedere, ma ad essere completamente sinceri,
nessuno l'aveva mai nemmeno quasi investita, quindi, nel cervello
iperattivo di Lexi, tutta quella gentilezza era un modo come un altro
per farsi perdonare. Nonostante le parole della canzone tornassero ad
occuparle la mente come un picchetto di operai in sciopero ogni volta
che incontrava lo sguardo di Nate.
Quando
anche lui si fu accomodato, Nick porse ad entrambi due menù
e disse
che sarebbe tornato a breve con un aperitivo offerto dalla casa e
pronto per prendere le loro ordinazioni. Il silenzio che
calò nella
sala divenne a dir poco insostenibile quando il tintinnare dei
braccialetti di Lexi, dovuto all'incessante movimento della gamba su
cui il suo braccio era appoggiato, fu il solo rumore a scandire lo
scorrere dei secondi.
-Scusami.
Nate
l'aveva quasi sussurrata quella parola, ma tra di loro ebbe l'effetto
di una bomba: abbatté le barriere che si erano create in
quei due
fugaci contatti che avevano avuto, mettendo sotto i loro occhi come
fosse giunto il momento di parlare apertamente. E furono proprio i
loro occhi, cioccolato contro ghiaccio, a scontrarsi per primi e a
cercare un punto di fusione.
-Per
cosa?
-Per
tutto.
Un
sorriso ironico comparve sul volto di Lexi: a lei le situazioni serie
facevano ridere, non poteva farci nulla.
-Quindi
intendi: per avermi dato della stupida, avermi accusato di non
conoscervi, aver chiesto il mio numero in giro senza domandare prima
il mio permesso e aver quasi rischiato di investirmi?
I
motivi li aveva elencati tutti sulle punte delle dita, guardandosi
attorno con espressione concentrata, come se non volesse dimenticarne
neanche uno, mentre la faccia di Nate diventava sempre più
scioccata
ed incredula.
-Va
bene, va bene, va bene!! Ho capito! Sono stato un vero coglione con
te, lo ammetto. E mi dispiace davvero Lexi...
-Lo
so Nate. E stavo scherzando, tranquillo.
-
Ecco a voi qualche mini tortillias con salsa piccante e alle erbe!
Spero vi piaccia! Siete pronti per ordinare?!
Mentre
Lexi si stava ancora chiedendo come quel ragazzo riuscisse ad
emettere ogni frase come se fosse un'esclamazione di gioia a decibel
decisamente troppo elevati, Nate le chiese:
-Posso
ordinare io per entrambi? Ti fidi di me?
Solitamente
non avrebbe mai lasciato che un ragazzo decidesse per lei che cosa
mangiare, ma il sorriso gentile e leggermente imbarazzato con cui
Nate glielo stava chiedendo la fece sentire stranamente coccolata da
quel gesto ed annuì con la testa, incapace di dire altro.
Che cosa
le stesse facendo quel ragazzo, rimaneva un mistero. Lo ascoltava
parlare con fare esperto, come se si trattasse di una questione di
vitale importanza e, per quanto Lexi fosse pienamente convinta che
per lui il cibo fosse sacro, le parve che volesse fare una buona
impressione. Su di lei.
“Okay,
ora sto decisamente superando ogni limite
consentito!”.
-Lexi,
tutto bene?
Era
talmente persa nella contemplazione di un temerario raggio di sole
che, lottando contro le nuvole, stava illuminando i capelli a dir
poco soffici di Nate che non si era minimamente resa conto di come
lui le avesse appena chiesto che stesse facendo in quella zona della
città quella mattina.
-Sì,
sì... Mi avevi chiesto qualcosa?
-Ero
solo curioso di sapere che ci facessi vicino a Chancery
Lane...
Improvvisamente,
la ciotolina piena di sala piccante divenne a dir poco interessante e
il cervello di Lexi cominciò a correre impazzito,
scartabellando
tutte le scuse che aveva utilizzato nella sua misera esistenza per
trovarne una appropriata all'occasione, con scarsi risultati.
-Ehi,
se non vuoi dirmelo non fa nulla... Era per parlare un po'. Non sono
un grande amante del silenzio.
Si
passò una mano tra i capelli troppo lunghi per i suoi gusti,
in quel
modo imbarazzato ed estremamente carino che fece sorridere di rimando
Lexi.
-Perché
sorridi?
“Oddio,
non me sono neanche resa conto...”.
-Perché
neanche io sopporto il silenzio quando c'è qualcuno con
me... E' un
sacco imbarazzante ad essere sinceri.
Allora
sorrise anche Nate: forse non sarebbe stato così difficile
come
pensava.
-Una
volta ero in ascensore con Lewis. Insomma, credo tu sappia quanto
logorroico sia, specialmente quando ha qualche storia nuova da
raccontare... Ad ogni modo, con noi c'era anche uno dei collaboratori
di Simon e...
Nate si perse a raccontare uno dei tanti aneddoti
che riguardavano la band e che, ne era quasi certo, le avesse
già
raccontato quando lei era in coma. Ma la cosa non gli pesava,
perché
ora era tutto diverso: poteva osservarne le reazioni; vedere i suoi
occhi brillare e socchiudersi, accentuando ancora di più la
loro
forma a mandorla, quando trovava qualcosa molto divertente; veder
ridisegnare le sue labbra rosse a cuore in un sorriso, mentre
ascoltava finalmente la sua risata riempire quella stanza come il
sole in un'alba di metà giugno, risvegliando ogni cosa. Il
suo cuore
compreso.
“Come fa? Come fa ad essere così spontaneo,
solare... Felice?! Sembra che la vita gli sorrida costantemente e che
lui non possa fare a meno di contraccambiare... Ed è
dannatamente
contagioso, cacchio! Forse potrebbe insegnarmi ad essere
così
felice... Ma che sto dicendo?! Non devo più fare affidamento
su
nessuno... Eppure quegli occhi cristallini sembrano il regalo
più
bello che si possa desiderare...”.
-A proposito di Pablo: ti ha
già mandato i biglietti per il primo concerto a Wembley?
Lexi
tornò con i piedi per terra e si concentrò sulla
domanda di Nate:
non le era arrivato nulla, ma sapeva che il concerto sarebbe stato di
lì a dieci giorni, solo che non le era neanche passato per
l'anticamera del cervello di preoccuparsi di prendere i biglietti.
Considerando che erano andati in vendita quando lei era ancora in
coma e che di solito quei cinque disgraziati facevano sold out in
meno di cinque minuti, aveva perso le speranze molto tempo fa di
vederli per quell'anno: sarebbe stato il primo tour loro che si
perdeva. O forse no.
-No, non mi è arrivato nulla, perché?
-Oh, si sarà dimenticato con tutto quello che ha da fare...
E mi
chiedi anche perché Lexi? Davvero??
-Beh, sì... Insomma...
-Insomma nulla! Mi sembra il minimo che tu sia presente al nostro
primo concerto negli stadi! E a dire il vero, a tutti quelli a cui
vorrai venire... Te l'abbiamo promesso, ricordi?
Appena ebbe
detto quella frase, si morse la lingua: di tutti gli argomenti che
poteva tirare in ballo, quello era l'ultimo della lista. Come diavolo
gli era saltato in mente di chiederle se si
ricordasse qualcosa
di quei cinque mesi passati in coma, quando chiunque gli aveva detto
di non farlo per nessuna motivazione?! Si sarebbe giocato anche la
sua seconda chance. Ma la reazione di Lexi lo tranquillizzò
immediatamente.
-Non me lo ricordo, ma ora so che l'avete fatto.
Gli sorrise dolce e si chiese da dove sbucasse tutta quella
sicurezza in una situazione del genere, ma forse era solo merito di
Nate e del suo talento naturale per far sentire a proprio agio
chiunque. Così decise di chiedergli una cosa che non aveva
avuto il
coraggio di domandare nemmeno agli altri ragazzi: al massimo non le
avrebbe risposto. -Nate, posso chiederti una cosa?
-Certo!
-Che
cosa significano i ciondoli del braccialetto?
Fece tintinnare i
nove piccoli pensagli che le impreziosivano il braccio destro e Nate
notò per la seconda volta il bracciale che lui stesso si era
preoccupato di comporre.. Le sue labbra si curvarono in un sorriso
spontaneo e sottilmente malinconico nel ricordare il giorno in cui
gliel'avevano donato: le aveva sussurrato ad un orecchio che l'amava,
anche se in quel momento gli sembrava fosse accaduto in un universo
parallelo.
-Allora: beh, lo scudo è Pablo. Zach ha la bomboletta
spray che Lewis aveva scambiato per un deodorante, mentre lui ha
l'omino sullo skate... Poi il girasole è di Ellie, il
rossetto di
Page, il cuore di Sophia, lo snapback di Lucas, la rondine di Hugh
e...
Lexi prese tra le dita la chitarra e concluse la frase al
posto suo.
-E la tua chitarra...
I loro occhi si scontrarono
e per un attimo il tempo si bloccò.
Nate ebbe come l'impressione
che tutto fosse tornato a quel 20 Agosto di quasi un anno prima e che
quella davanti a lui fosse la ragazza a cui avevano sparato al posto
loro. E sperò che anche in quelle iridi stesse andando in
onda il
film di quei cinque mesi successivi e che la pellicola della memoria
di Lexi si stesse riavvolgendo nel giusto verso. Ma era troppo presto
o, forse, era semplicemente impossibile.
-Grazie Nate.
Notò
la fugace pennellata di delusione che oscurò per un attimo
le iridi
cristalline di Nate, ma cercò di non farsi condizionare:
voleva
essere sincera, per una volta in vita sua e dire quello che pensava
davvero. Senza riserve.
-Dico sul serio: grazie per tutto...
Certo non per il quasi incidente... Sto scherzando! Tranquillo: non
porto così tanto rancore io. Di solito avrei detto che sono
una tipa
che perdona, ma non dimentica, però non credo di poterlo
più dire,
data la mia situazione...
Lo vide scoppiare a ridere come un
bambino di tre anni quando di fronte al suo cartone animato preferito
e si chiese se fosse stata proprio lei a suscitare quella risata
perfetta. -Tu sei pazzesca Lexi! Comunque scusa, vai pure avanti...
-Escludendo la mia memoria, volevo solo dirti che voi siete stati
davvero importanti per me... Lo so che ve l'ho detto un milione di
volte, ma lo penso sul serio. Quando mi sono resa conto che questo
braccialetto era vostro davvero e che Mia non aveva mentito, mi sono
sentita importante per la prima volta in vita mia e... Ops, forse
questo non avrei dovuto dirlo.
Quando la vide mettersi le mani
sottili davanti le labbra serrate, gli occhi sgranati e l'espressione
di una bambina piccola che si era appena lasciata sfuggire il segreto
della sua migliore amica, Nate non riuscì più a
pensare lucidamente
e le sfiorò una mano, prendendola tra le sue.
-No, Lexi... Ti
prego: dimmi questo ed altro. Dimmi qualsiasi cosa ti passi per la
testa... Dimmi che cosa vorresti diventare, che cosa sogni, che cosa
ti fa sorridere e cosa piangere... Che cosa ti fa corrucciare la
fronte in quell'espressione che fai spesso e che cosa ti manca...
Era il discorso più appassionato che qualcuno le avesse mai
fatto. No, era il discorso più appassionato che qualcuno
avesse mai
fatto nella storia delle dichiarazioni d'amore umane. E lei ne aveva
studiati di leggendari discorsi d'amore nei suoi libri di storia, a
centinaia, forse anche a migliaia... Ma nulla le sembrò
paragonabile
a quello. E se fosse stata la vecchia Lexi le avrebbe trattenute
quelle lacrime dispettose che avevano deciso di rigarle il volto, le
avrebbe bloccate appena oltre la soglia delle sue ciglia, ma non lo
fece. La nuova Lexi voleva sentire ogni emozione fino alla fine,
perché ne aveva già perse troppe e la sensazione
della mano calda e
rassicurante di Nate che le asciugava gentile la guancia, era
decisamente troppo perfetta per non essere vissuta fino all'ultima
goccia di essenza.
Era dannatamente bella e così vicina a lui,
il viso appoggiato al palmo della sua mano, gli occhi ad imprigionare
i suoi, le labbra rese ancora più rosse e desiderabili
dall'eccesso
di emozione: voleva baciarla come mai prima di allora, più
di quando
era in ospedale. Voleva amarla.
I loro volti si avvicinarono,
mentre il pollice ruvido di Nate carezzava con spirali immaginarie la
guancia di Lexi.
E lei lo sentì.
Percepì chiaramente quel
flash che stava arrivando a portarle altri frammenti di quello che
era stato, ma lo bloccò, perché in quel preciso
istante voleva solo
godere il presente del respiro caldo di Nate sulle sue labbra
tremanti.
-Ecco il pranzo!!!
La voce squillante di Nick ruppe
la cupola di vetro in cui si erano rifugiati, cuori esposti in un
mondo che non si faceva scrupoli a cacciarli e i due furono costretti
a separarsi. Lexi prese a torturarsi i braccialetti, la testa un
miscuglio di pensieri e il corpo un turbinio di emozioni, mentre Nate
si chiedeva per quanto ancora avrebbe resistito dal baciare quella
ragazza che lo aveva travolto e stravolto come un temporale estivo.
Cominciarono a mangiare e Nate pensò di dover rompere quel
silenzio
in una qualche maniera, perché non poteva sopportare un
secondo di
più il rumore dei pensieri suoi e di Lexi.
-Allora, hai ripreso
l'università?
Lexi gli sorrise riconoscente per quella prontezza
d'animo che lei non aveva mai posseduto e che in quel momento le
stava trasmettendo e si lasciò andare ad una dettagliata
descrizione
di come fosse sempre più difficile concentrarsi sullo
studio, quando
l'unica cosa che voleva fare era vivere ogni secondo qualcosa
di
nuovo. Non le era mai capitato e le risultava difficile anche da
spiegare, eppure Nate sembrava capire perfettamente di che cosa gli
stesse parlando e la conversazione procedeva tranquilla, spostandosi
poi sugli argomenti più disparati.
Si stavano conoscendo
davvero, come Lexi e Nate, due ragazzi di ventidue anni che avevano
visto le loro vite incrociarsi ed intrecciarsi, forse anche
complicarsi, come i fili di un paio di cuffiette: sarebbero riusciti
a districare il loro passato, le loro insicurezze ed i divieti
autoimposti, per confluire in un'unica strada? Quando Lexi
sentì
ridere Nate per l'ennesima volta a quella che lei non credeva fosse
una frase divertente e che aveva detto quasi per caso, si rese conto
che non si era sbagliata: quel ragazzo era speciale sotto ogni punto
di vista ed averlo vicino era come potersi beare del calore e della
luce rassicurante del sole in un giorno d'inverno, monito che
l'estate sarebbe tornata prima o poi. Bastava solo avere fiducia e
pazienza. Ma lei poteva permettersi di aspettare ancora e di
rischiare la sua fiducia per qualcuno che conosceva così
poco?
Stava pensando a questo mentre lo vedeva immergere il suo
muffin al cioccolato dentro la crema chantilly che era nel suo
piatto.
-Ehi! Questa è mia!
-Dai Lexi, solo un pochino! E'
troppo buona! Prova.
Senza darle il tempo di risponderle, immerse
di nuovo il soffice dolce dentro la crema che si era spalmata sul
piatto di fronte a lei e glielo portò alla bocca. Non poteva
credere
che stesse vivendo davvero una situazione di quel genere: anche un
cretino si sarebbe accorto di come l'atmosfera fosse cambiata nella
stanza, di come gli occhi di Nate si fossero fatti improvvisamente
più scuri, di come il respiro di Lexi fosse diventato
irregolare...
Ma per cosa? Addentò il muffin, cercando di non mordergli le
dita,
ma Nate fu più veloce e le sporcò la punta del
naso con la crema,
lasciandola imbambolata a guardarlo.
-Che cos'hai fatto?!
-Io?
Assolutamente nulla... Sei tu che non sei capace di mangiare.
Il
sorriso beffardo che stava curvando le sue labbra sottili fece
impazzire Lexi, che passò il dito tra la crema chiara e,
prima che
Nate avesse il tempo di accorgersi di che cosa stesse succedendo, gli
sporcò il viso, tracciando una striscia dolce e appiccicosa
sulla
guancia. Lui la guardò scioccato , preparandosi per
contrattaccare,
lo sguardo determinato che la fece ridere come una bambina, quando
Nick rientrò nella sala, scuro in volto, facendoli bloccare
entrambi.
-C'è un problema...
Nate, ancora con la
crema che colava sulla guancia, si voltò a guardarlo con un
sorriso
accondiscendente stampato sulle labbra e gli chiese cosa ci potesse
essere di così grave.
-Ci sono cinque paparazzi qui fuori e
almeno una quindicina di fan... Sono mortificato.
“Ed ecco come
finisce il nostro spensierato pranzo... Dovevo aspettarmelo che cose
come questa non potessero andare bene fino alla fine... Ma di cosa mi
lamento, se non volevo nemmeno vederlo fino a questa
mattina?!”.
Ma Nate non aveva alcuna intenzione di rovinare quella giornata
che si stava rivelando una tra le
migliori
della sua vita nell'ultimo anno. Si rivolse a Nick con molta
tranquillità, il sorriso ancora sulle labbra, focalizzato
sul far
vedere a Lexi come ogni situazione sarebbe sembrata una sciocchezza
se l'avessero affrontata assieme: fosse stato un gruppo di fan o il
recupero della sua memoria, non gli importava, perché loro
potevano
farcela.
-Non fa nulla Nick, davvero. Sono abbastanza tranquille?
-Sì, sì... Stanno aspettando che tu esca. Il
problema sono i
paparazzi...
-Mmm... Hai un'uscita sul retro?
-Sì, dalla
cucina.
-Okay... Lexi tu che vuoi fare?
“Che?? Cosa??
Perché lo chiede a me?? E in che senso che cosa voglio fare
io??”.
Nate si accorse della sua faccia perplessa, così le sorrise
dolce e le spiegò le due possibilità tra cui
poteva scegliere.
-Puoi uscire dal retro ed aspettarmi in macchina, ti do le chiavi
per aprirla. Oppure...
-Oppure?
-Possiamo uscire assieme e tu
dovresti portare un po' di pazienza.
Lo sapevano perfettamente
entrambi che cosa implicasse la seconda opzione: illazioni di ogni
genere e forma su Twitter e su qualsiasi sito scandalistico della
rete nell'arco di dieci minuti, aumento dell'attenzione sulla vita di
Lexi e il rischio di mettere sotto i riflettori qualcosa che non
sapevano nemmeno che cosa fosse e se ci fosse. Ma l'avrebbero fatto
assieme. Forse fu quel ”assieme” a farla decidere o
il fatto che,
in ogni caso, non avrebbe permesso che fosse qualcun altro a definire
quello che loro erano, così Lexi decise di uscire con lui
dalla
porta principale.
-Credo di aver usufruito per troppo tempo di
quella sul retro.
Nate le sorrise raggiante, come se avesse
davvero capito che cosa significasse quella frase, come se avesse
deciso di renderlo partecipe di un altro passo importante della sua
vita: se la gente voleva interessarsi a lei, lo facesse pure,
perché
non aveva più motivi per nascondersi. Nate si
alzò e Lexi lo imitò,
prendendo la borsa dallo schienale della sedia, mentre lui chiedeva a
Nick di avvisare le ragazze che sarebbe uscito di lì a poco
ma che
avrebbero dovuto mantenere un certo ordine se l'avessero voluto
incontrare. Si avviarono verso la porta, ma prima che Lexi potesse
superarlo, Nate la bloccò per un braccio e la fece voltare
verso di
lui. Erano a pochi centimetri di distanza, gli occhi di Lexi giusti
all'altezza di quelle labbra che prima erano così vicine
alle sue da
farla avvampare al solo pensiero. Nate la guardava con uno sguardo
che non le riusciva di interpretare.
-Forse, però, prima è
meglio togliere questo...
Prese un tovagliolo dal tavolo e le
strofinò piano il naso, pulendolo dai residui di crema che
erano
rimasti appiccicati, per poi passarlo anche sulla sua guancia.
Avrebbe potuto baciarla, nessuno li avrebbe interrotti quella volta,
ma Nate sapeva che non era ancora il momento giusto: voleva
che
lei si fidasse del tutto di lui e capisse quanto ci tenesse a lei. Le
sorrise dolcemente e le prese la mano, intrecciando le loro dita in
un nodo che non si sarebbe mai dovuto spezzare se fosse dipeso da
lui.
-Pronta?
-Pronta.
Ed era vero. Si sentiva pronta. Ma
non solo per affrontare un gruppo di fan e dei paparazzi, ma per
fidarsi di quel ragazzo che aveva avuto il coraggio di dirle come
fosse stata stupida a rischiare la sua vita, solo perché lui
la
considerava troppo preziosa per essere gettata al vento pur di
salvare le loro. Di quel giovane uomo che stava camminando attraverso
il locale e fuori da quella porta non davanti di lei, non
conducendola come fosse una bambina piccola bisognosa di una guida,
ma al suo fianco, come un compagno di viaggio con cui condividere
qualsiasi cosa la vita gli offrisse. Si fidava di Nate come non si
era mai fidata di nessuno e non perché lo conoscesse da
chissà
quanto tempo, ma perché la sua pelle, le sue cellule le
stavano
dicendo che quella mano aveva stretto la sua più di quanto
lei
potesse immaginare ed era stata creata per farlo da quel momento fino
a quando lei glielo avesse permesso.
Hi
sweethearts!!
Non
mi dilungherò molto, sostanzialmente perché sto
piangendo come una
fontana, però alcune cose ci tengo a dirle. Questo capitolo
è uno
dei miei preferiti in assoluto. Punto. Fine. No, scherzo. Lo adoro
perché, per una volta, sembra che le tempistiche di questi
due
coincidano a sufficienza per regalare un pizzico di magia ad un
giorno qualunque. Poi ci sono un sacco di situazioni un po' "da
film" (mi sono lasciata un pochino andare la mano, ma dopo
più
di duecento trenta pagine ne avevamo bisogno tutte^^) come quella
della pioggia con il mezzo incidente, le lacrime, la crema sul
viso... Però penso sia giusto così. E' giusto per
Lexi che vuole
vivere la sua favola o semplicemente la sua vita ed è giusto
per
Nate che vuole vivere il suo amore. Basta. Mi eclisso.
Fatemi
sapere che ne pensate perché in questo caso ci tengo
tantissimo, sul
serio**
A
presto e grazie
Lots
Of Love xx