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Autore: DarkYuna    10/06/2017    2 recensioni
"Inarca le sopracciglia, livida in viso, sta per dare sfogo alla furia e il malcapitato è il sottoscritto. Se è in fase premestruale posso iniziare a scrivere il mio necrologio. Migé avrebbe potuto cantare al funerale o magari Linde, un’Ave Maria Heavy Metal, con chitarre distorte e voci roboanti."
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti, Ville Valo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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17.
 
*Vorrei che fossimo eterni *








 

Il quadrante della macchina è come la prima volta che ho aperto il libretto d’istruzione di un elettrodomestico: in aramaico antico.

Fisso sgomento le lancette, le spie, i disegni bislacchi sullo sfondo nero, leve e bottoncini di cui non comprendo la funzione. Le nozioni -delle quattro volte a tempo perso- di quando ho frequentato la scuola guida, sono sfumate da qualche parte nel passato nebuloso. Preferibilmente nel dimenticatoio, assieme alle figure di merda e alle ex psicolabili.

 

 

<< Per prima cosa, metti la cintura. >>, suggerisce Amelia, seduta al mio fianco, che fa esattamente la stessa cosa. La proposta è giunta da lei, all’inizio credevo fosse una buona idea, quasi divertente, ma ora non ne sono più tanto certo.

Ai sedili posteriori Francesca e il suo fidanzato riccioluto Leo, stanno assistendo alla pietosa scena. Siamo parcheggiati in un grosso spiazzale allo scoperto, non ci sono pericoli, né altre macchine, un buon luogo per imparare a guidare, evitando di uccidere qualcuno.

 

 

<< Credo che sarebbe meglio rimandare. >>, mormoro pentito, non sono molto portato per la guida e mi sento parecchio scoraggiato.

 

 

Ricevo una pacca confortante.

<< Andiamo Ville, la prima volta mi si è spenta la macchina quattordici volte. Tu puoi fare di meglio. >>, ride Francesca, scatenando le ilarità dei presenti.

 

 

Amelia sorride, ma non mi prende in giro apertamente come gli altri, è da un po’ che non sono più la vittima preferita di punzecchiamenti vari. Ho l’impressione che stia male e che non dica nulla per non far preoccupare chi la ama, specialmente il sottoscritto.

<< Premi la frizione. >>, dice tranquilla, per togliere la marcia. Non ha paura che ci sia un incapace alla guida della sua macchina, si fida anche troppo e ne sono stupito. << Magari potresti provare a riprendere la patente. >>.

 

 

Scuoto le spalle, ho smesso di tentare tanti anni fa.

<< Se hanno cambiato istruttore, potrebbe essere. L’ultima volta sono entrato in una pescheria: è andato sotto shock per tre settimane. >>, cerco di sdrammatizzare e ci riesco, riprende colore, ha una posa rilassata, malgrado ciò sta attenta se faccio mosse avventate.

 

 

<< Non è difficile. Solitamente, se la marcia è ingranata, si schiaccia a fondo la frizione e si mette in moto, ma visto che la marcia è tolta, ti basta solo mettere in moto. >>. Indica la chiave inserita nel nottolino. È ancorata ad un portachiavi con la bandiera della Finlandia, Jack Skeleton e una piccola croce gotica.

 

 

Avvio il motore senza uccidere nessuno, è già un passo avanti.

 

 

<< Ora premi la frizione a fondo ed ingrana la marcia. >>, gesticola piano e replica con le mani, ciò che devo fare. Sembra più facile quando è lei a guidare. << Senza lasciare la frizione, premi l’acceleratore e porta la lancetta dei giri a due. >>.

 

 

Ho capito la metà di ciò che sta spiegando, non faccio in tempo a premere l’acceleratore, che mollo la frizione d’improvviso, la macchina sobbalza in avanti e si spegne.

 

 

<< Siamo ad uno! >>, sbotta Francesca concitata, iniziando a tenere il conto dei miseri fallimenti.

 

 

La faccia di Leo si insinua tra i sedili.

<< Meno male che non ho fatto colazione, altrimenti vi replicavo in diretta la scena dell’Esorcista. >>.

 

 

Amelia rimane in una paziente serenità, si aspettava già che sarebbe finita così. Non ha fretta, si gode in pieno la circostanza spensierata, tuttavia avverto che la situazione è cambiata, che è diversa, come una farfalla che sta vivendo oltre le sue capacità. Anche se ha promesso di resistere, non è lei che può decidere quando morire o no.

 

 

<< Non è meglio usare la bicicletta? >>, prego sconfortato. La utilizzo da tutta la vita, perché cambiare le abitudini adesso?

 

 

<< Non sei stanco di dipendere dagli altri, Ville? >>. È un quesito strano, che inquieta e non poco, è come se volesse rendermi completamente autonomo prima che lei se ne vada. Vuole essere certa che starò bene, nonostante tutto. << Non devi dipendere da nessuno, nemmeno da me. >>.

 

 

Di colpo un silenzio pesante cala nella macchina, è una sensazione asfissiante che si incunea nella gola e stringe i polmoni fino a soffocare. Amelia deve aver tenuto una conversazione su questo argomento in precedenza, con i suoi amici: loro sanno qualcosa che ignoro.

Se fossimo stati da soli, le avrei detto che adoro dipendere da lei, invece le rivolgo un’occhiata lancinante, affranta e l’allegra atmosfera si è disinvoltamente frantumata.

 

 

Riprovo di nuovo a mettere in moto, tengo la frizione schiacciata, ingrano la marcia e attendo ulteriori spiegazioni. Sono invaso dal fuoco della determinazione. Non sono io che la sto salvando, non posso fare niente per la mia dolce sirena, ma è lei che prova a fare qualcosa per me… per me, per cui c’è ancora speranza.

 

 

 

<< Porta la lancetta dei giri sul numero due e mentre lo fai, lascia piano la frizione, fin quando la macchina prenderà a muoversi. >>.

 

 

Mantengo l’acceleratore a metà, piano lascio il pedale della frizione e la macchina avanza lenta, senza scossoni, sobbalzi ed imprevisti. È più facile di come era avvenuto durante le lezioni di guida da ragazzo, Amelia è un’istruttrice superba, comprensiva e soprattutto paziente.

Non usciamo mai dallo spiazzale, altrimenti ci beccheremo una multa salata e il sequestro del mezzo. Alla fine della lezione, tra risate e battutine a mie spese, riesco a guidare egregiamente ed ho fatto spegnere la macchina solo sette volte.

 

 

La serata trascorre in pizzeria, qualche birra, una margherita divorata in men che non si dica, due coppie di innamorati, quattro persone totalmente diverse, legati indissolubilmente da un filo invisibile che non si scioglierà mai più.

Torno ad essere un ragazzino di quarant’anni tra ventenni, sono la nota che stona, eppure, per stasera non voglio darci peso.

Francesca e Leo si allontanano dal tavolo, più per assicurarsi che il resto dell’ordinazione non sia stata mangiata dagli alieni, che per darci un po’ intimità.

Amelia non è la stessa, è spesso silenziosa, presente il più possibile, ma è chiusa nel suo mondo, mi guarda come se volesse imprimere nella mente le fattezze del mio viso. Ho una brutta sensazione che mi impedisce di vivere con la giusta serenità l’uscita in pizzeria, temo che il paradiso possa trasformarsi in inferno, da un momento all’altro.

 

 

Sorseggio la birra, c’è divieto di fumo, ed ho voglia di scaricare la tensione con le sigarette, vorrei evitare discorsi penosi, ma non sopporto quella quiete tetra.

Sto per chiederle cosa c’è che non va, quando è lei ad anticiparmi, con una proposta che mi coglie alla sprovvista e sconvolge non poco.

 

 

<< Voglio fare l’amore con te. >>, rivela con una voce di velluto ammaliante, persuasiva e dannatamente carnale. Il viso di un angelo e gli occhi di un diavolo. << È da quando ti sei seduto alla mia macchina, che non penso ad altro. >>.

 

 

Batto più volte le palpebre, stupito. Mentre io credevo che stesse rimuginando su concetti lugubri, lei invece immaginava tutt’altro.

<< Era a questo che pensavi? >>, chiedo, ancora scioccato e non capisco il perché ne sono esterrefatto.

 

 

Piega la bocca carnosa in un ghigno malizioso.

<< E a cos’altro? Non l’avevi capito? >>.

 

 

Scuoto la testa, ed inarco un sopracciglio. Ho capito le donne, ma lei resta sempre una piacevole incognita, capace di disorientarmi.

 

 

<< Voglio fare l’amore con te, adesso. >>, specifica e la luce negli occhi diviene un fuoco corvino indomabile, deflagra nel basso ventre, che si contrae al suono della sua richiesta e risponde con un ingombrante desiderio nei pantaloni. Sono costretto ad allargare le cosce per trovare sollievo.

Scruto l’interno della pizzeria, gli altri tavolini sono occupati da clienti che chiacchierano tra di loro, nessuno bada davvero a noi o a me in particolare. Nessuno sta ascoltando la nostra conversazione.

 

 

Mi sporgo attraverso il tavolino, per avvicinarmi a lei e sussurrare.

<< Adesso? >>. Continuo a comportarmi come un coglione patentato. Almeno per essere un decerebrato la patente me l’hanno regalata alla nascita.

 

 

Scoppia in un’argentina risata cristallina, che è un piacere per le orecchie.

<< Pensavo per Natale, ma visto che manca ancora più di un mese, direi adesso. Non dirmi che non vuoi? >>, mi sfida apertamente e non c’è neppure bisogno che finisca la frase, che le ho già afferrato la mano e, come due adolescenti in preda agli ormoni, ci infiliamo nel bagno della pizzeria.

La chiave non c’è, potrebbe entrare chiunque e il pericolo rende il momento più eccitante.

 

 

La bacio con urgenza, non possiamo intrattenerci ad amarci con la giusta dolcezza, sarà sesso allo stato puro. Mi ritrovo contro il muro, sbalordito da tanta impetuosità, lascio che sia lei a comandare, a farmi suo, a governare il corpo, il cuore e l’anima. Divora la mia bocca come se dopo solo la morte l’attendesse, fruga nei pantaloni e, con un brivido di pura estasi, scova la mia cupidigia per lei. Sono completamente in suo potere.

Poggio la testa sulle mattonelle fredde, ed inarco la schiena sotto le carezze esperte, a malapena avverto le labbra umide scivolare sul collo. Tremo dal piacere e prima che io perda totalmente la concezione del tempo e dello spazio, la spingo verso il lavandino, non c’è gentilezza, solo una veemente passione impulsiva di soddisfare i bassi istinti, è come scaricare tutta la preoccupazione, il dolore e la rabbia in una sola volta.

Le mani accecate dalla passione, vengono sostituite dalle sue, che riescono a mantenere la giusta calma. I jeans scivolano sulle gambe magre e lisce, si piega verso il lavabo ed allarga il più possibile le cosce, nonostante i pantaloni le limitano le azioni, esibendomi la paradisiaca visione del suo sedere morbido e le intimità umide svelate ai miei occhi affamati.

Dire che sono senza parole è un sottile eufemismo, per spiegare che, ancora una volta, è stata in grado di confondermi.

 

 

<< È così che devi prendermi. >>, annuncia accalorata.

Zero preliminari, nessun preludio a ciò che sta per accadere di lì a poco.

 

 

Non me lo faccio ripetere due volte, che le sono già dentro per dare sollievo alla mia eccitazione e alla sua. Amelia è costretta a tenersi assicurata ai lati del lavandino, le spinte sono forti, profonde e colpiscono esattamente il punto più delicato in lei. Difficilmente riesco a rallentare la folle corsa, le stringo i fianchi e l’attiro verso di me. Da fuori quel bagno saturo di odori lussuriosi, sospiri soffocati, rumori liquidi di carne che incontra altra carne, riesco ad udire la musica e il mondo che continua a girare, mentre il mio s’è fermato da un bel pezzo.

Non so quanto possa resistere, sono un pezzo di ferro incandescente che sta ardendo vivo nelle brame dell’inferno, avverto i primi spasmi dell’orgasmo farsi strada imperiosi, scalciando smaniosi per salire in superficie.

Mi basta sfiorare la pelle serica tra le sue gambe, per innescare l’esplosione devastante che la fa sciogliere contro il lavandino e, nella foga brutale dell’attimo, è l’anelito di puro godimento che innesca il mio piacere. Affondo dentro di lei e supero il limite terreno che mi lega ad Amelia, siamo fusi in un unico essere, una sola anima con un cuore che scandisce il ritmo dell’amore.

 

 

Restiamo un paio di minuti così, mi fischiano le orecchie, respiro a fatica, non riesco a rendermi conto di cosa è appena successo, è stato come dominare un altro essere umano, non come se l’avessi denigrata, ma più come un rapporto consensuale dove uno dei due vuole essere preso con la “forza” per aumentare il godimento.

 

 

<< N-non sono sicura di non cadere. >>, ammette, sembra sul punto di mettersi a ridere, non si aspettava un simile trattamento alla sua fantasia erotica.

 

 

<< Ti aiuto. >>, le dico e vorrei aiutarla in tutto, invece le mie forze si limitano a rimetterla in piedi fisicamente e nulla più.

Lentamente l’aiuto a raddrizzarsi. È bellissima, sudata, il caschetto leggermente scompigliato, gli occhi due tizzoni accesi, le labbra schiuse, le guance arrossate. Con un’accortezza che non sapevo di possedere le rialzo i pantaloni e sistemo i miei, mi prendo cura di lei, perché è ancora scossa per ciò che abbiamo fatto.

Non la smette di scrutarmi estasiata, poi il sorriso appagato, diviene un misto tra amarezza e dolcezza, che mi si stringe nel petto come un nodo di cemento armato.

Le prendo il viso tra le mani, rendendomi conto di quanto sia riuscita a soggiogarmi, come nessuno mai era riuscito in precedenza. Nemmeno Jonna. Mi tiene in pugno, seppur non si è mai sforzata nel farlo.

 

 

La traggo a me premendo le labbra sulle sue, in una comunione di amore, che non avrei mai immaginato di volere, tanto meno di riverire. È la persona giusta, che il destino ha deciso di non lasciarmi.

<< Non guardarmi come se fossi la tua vita. >>, la prego turbato, mentre l’abbraccio e sono io che rischio di cadere stavolta… cadere nell’abisso.

 

 

<< Vorrei che non fosse così, Ville. Ti giuro che ho provato ad andarci piano, ma non posso. È che, quando si tratta di te, io non riesco a fare a meno di amarti con ogni fibra di me stessa. >>.

 

 

Chiudo gli occhi, immergo la bocca nei capelli e respiro il profumo fresco dello shampoo. Deglutisco appena.  

<< Sposami. >>, espongo nuovamente, consapevole che sarà un secondo “no”, per le ragioni che mi ha spiegato, vorrei che fosse in grado di leggermi nel pensiero, perché questo è il mio modo del tutto personale che ho per dirle che la amo.

Si alternano attimi di totale lucidità, ad attimi in cui il solo concetto di perderla, strazia l’anima e spegne la ragione. Non riesco a pensarlo, figuriamoci se sarò abbastanza forte per viverlo.

Capisco che sono fatto di lei, è dentro di me, nelle cellule che mi compongono, nel sangue che scorre nelle vene, ma è più di questo, avverto la sua essenza che mi ha plasmato, una parte di lei vivrà per sempre dentro di me e viceversa.

 

 

<< Non sarà un contratto a legarmi a te, Ville. Io sono completamente e totalmente tua… non hai bisogno di una firma su un foglio. >>, sussurra sul mio torace, alza il viso e negli occhi languidi vedo il mio riflesso: il riflesso di un uomo disperatamente innamorato. << Però ammetto che continua a piacermi come lo dici. Ha qualcosa di così… come dire: solenne. Sembra tu faccia sul serio. >>.

 

 

Adesso sono profondamente offeso, cosa del mio atteggiamento non la convince?

<< Usciamo di qui, entriamo nella prima chiesa e sposami, Amelia. >>, la voce è arrochita dal bruciante desiderio di farla mia in questa vita e in quelle avvenire. Ho come l’impressione che, se un qualche Dio esiste davvero ed accoglie la nostra unione, mi darà modo di rincontrarla anche nelle vite a seguire. Lo so che è una riflessione stupida, però mi dona conforto e vorrei realizzarlo sul serio.  

 

 

Schiocca la lingua al palato e fa un passo indietro.

<< Nah, Valo, non lo vuoi veramente. Non è un buon affare legarsi in quel modo ad una malata terminale, non sono un serio investimento a lunga scadenza. >>, la butta sul ridere, mentre io non ho alcuna intenzione di demordere.

 

 

<< Perché fai così? Io voglio davvero che tu diventi mia moglie. Non scherzo. >>.

 

 

Il sorriso pieno, man mano si spegne e una sottile malinconia le affluisce nello sguardo dolce.

<< Non me lo chiederesti, se non stessi morendo, Ville. È questo che ti spinge, sei mosso da compassione, tutto questo che sta accadendo è perché ti faccio pena. >>, inspiro brusco, pronto ad interromperla, lei alza le mani per farmi tacere. << Non intendo “pena” nel senso negativo del termine. Chiamo le cose con il proprio nome. Sposarmi non è quel che vuoi davvero. Credi di volerlo, ma non è così. È una situazione particolare, dove le emozioni, le sensazioni e le percezioni sono alterate, lo capisco bene. Probabilmente in un frangente normale, non mi avresti neppure calcolata. >>. C’è amarezza nelle parole. Piedi ben piantati per terra, anche troppo. Cosa le fa credere che ciò che provo sia finzione?

 

 

Stropiccio il naso, devo spiegarmi come si deve. Ha il vantaggio di essere brava con i discorsi, ma questo non significa che abbia ragione.

<< Amelia, ho quarant’anni. Alcune relazioni alle spalle, ne so qualcosa di amore e vita, ho fatto molte esperienze e, senza offesa, una venticinquenne non ha tale potere di farmi provare cose non vere. Quando ho capito che con te era diverso, ancora non ero a conoscenza della malattia. Non sono mosso da compassione o qualsiasi altra diavoleria, tu possa pensare. >>. Le prendo la mano e la poggio sul mio petto, così da avvicinarla di nuovo a me. << Senti questo? Senti come batte energico e veloce? Sei tu che gli fai questo effetto. >>.

 

 

Diviene un arcobaleno, sorride colpita, ora mi crede senza riserve e, anche se siamo in uno squallido bagno di una pizzeria qualunque, il fatidico “ti amo” è risalito su per la gola, rotola sulla lingua ed aspetta che io apra la bocca per colmare il breve spazio che ci divide.

 

 

D’un tratto qualcosa va indiscutibilmente storto.

 

 

Un rumore basso e cavernoso rincara minaccioso dai polmoni di Amelia e deflagra in un colpo di tosse sfregante.

Non assimilo subito ciò che sta avvenendo, ho il sangue in faccia, una chiazza scura sulla maglietta e tra le mani un liquido vischioso me le fa ritrarre atterrito. La bocca ansimante di Amelia è sporca di cremisi, altro sangue pericoloso le cola giù per il mento, sulla maglia, ce l’ha sugli avambracci. Negli occhi individuo per la prima volta, una paura cieca, ha perso il controllo, indietreggia verso il lavandino. Non vuole che la tocchi.

Sono fuori di me, le mie mani la raggiungono, non riesco a fermare l’attacco, sono totalmente inutile, intanto che la donna che amo sta morendo sotto i miei occhi terrorizzati.  

Non respira e nel tentativo di trovare ossigeno, un secondo colpo di tosse, le fa espettorare una quantità impressionante di sangue, sembra un rubinetto aperto. Piega malamente la schiena, spalanca all’inverosimile le palpebre ed inspira convulsa, come se stesse avendo un attacco violento di asma.

Il terzo colpo di tosse è devastante, c’è sangue ovunque, le esce anche dal naso e l’emorragia non accenna ad arrestarsi. Sento un brusio indistinto, poi riconosco che è la mia voce che implora il suo nome, riempendolo di un panico palpabile.

Tutto tace, come la calma prima di una tempesta.

 

 

Le iridi calde spariscono, lasciando solo la sclera bianca, un ultimo colpo di tosse le sconquassa il torace provato e prima che cada a peso morto sul pavimento, riesco ad afferrarla, ma lei non si muove più. 









Note: 
Uhm, forse sono una brutta persona, però era inevitabile che scrivessi una cosa simile, sono un tantino sensibile alla morte, per questo ho fatto molta fatica scrivere questo capitolo e la storia in generale. La trama era questa sin dall'inizio. Credo che tutti aveste intuito, ad un certo punto, come sarebbe andata a finire. 
Comunque, questo non è l'ultimo capitolo, ce n'è ancora qualcuno prima della fine. Non sto cercando di darvi false speranze, pardon! 
Cosa dirvi... non so scrivere cose allegre, il dolore è qualcosa che conosco bene e che, in un modo o nell'altro, è sempre ben presente in ciò che scrivo. 

Non dirò "se il capitolo vi è piaciuto" perché, non credo che possa piacere un episodio così, spero almeno che vi abbia colpito e che sia riuscita a trasmettervi un po' di me.
 

Ringrazio come sempre chi legge, chi commenta e chi fa il fantasmino. 


La storia può presentare errori ortografici.

Un abbraccio.
DarkYuna   
 
  
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