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Autore: Lady I H V E Byron    10/06/2017    0 recensioni
Una conferenza sul cambiamento climatico.
Una possibilità di salvezza per il mondo dall'effetto serra.
Un'improvvisa esplosione.
Un caso da risolvere.
Un inganno da sventare.
Il mondo sembra essere nelle mani di un investigatore privato un po' scemo e quattro musicisti un po' imbranati.
P.S.: sia chiaro, i musicisti lo fanno solo per il loro spettacolo, non per un insensato senso di giustizia...
Genere: Comico, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Note dell'autrice: salve, salve, salve, so che è da un po' di tempo che non pubblicavo gli altri capitoli di questa storia, ma vi faccio un riassunto veloce.
Un noto climatologo sta per preparare una conferenza che potrebbe cambiare il mondo, ma l'istituto dove lavora è stato bombardato e la patata bollente passa ad un investigatore tendente al delirio e a quattro musicisti fuori di testa. Scoperta l'identità del presunto terrorista, l'investigatore trascina i quattro musicisti verso quasi morte certa, tale da rendere uno di loro un ostaggio nelle mani del terrorista. Gli altri cercano di salvarlo, ma creano un casino della madonna e scatenano il terrore in ogni angolo di Roma.


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Danza e gelosia
 
 
 
Roma.
Gambrinus. Uno dei resort più noti di tutta la capitale. Era spesso luogo di galà e cene importanti.
Vantava un ampio salone, usato per i balli.
C’erano tante persone quella sera: un evento organizzato da Alfredo Nereo in onore della conferenza di Marco Auditore della sera successiva.
Nessuno si accorse della giraffa che correva per strada.
Fra tante limousine, un’Alfa Romeo bianca (tradotto, un taxi) parcheggiò lì davanti: vestiti con lo smoking, sotto le proprie giacche, uscirono Ettore e Francesco.
Il secondo appariva alquanto nervoso: era ancora in pensiero per i quattro musicisti. O forse era per il colletto della camicia che gli stringeva la gola.
-Questo affare mi sta facendo impazzire!- imprecò, mettendovi un dito dentro, cercando di allargarlo –Dovevo venire con i miei soliti vestiti…!-
Il cugino lo osservò divertito, mentre salivano le scale per avvicinarsi all’entrata.
-Dei jeans strappati ad una cena di gala?- ironizzò, ridacchiando al solo pensiero –Sarebbe uno spettacolo interessante, ma non conveniente. E ti ricordo che sei stato tu ad insistere a venire qui…-
-Sì, ma se avessi saputo che dovevo mettermi questa roba mi sarei rimangiato la parola!-
-Dai, Cesco, rilassati. Fa’ un bel respiro e continua a camminare.-
Erano ormai all’entrata. Come previsto dall’etichetta, si tolsero i giacchetti. Un inserviente si avvicinò a loro.
-I vostri giacchetti, signori?- domandò, senza alcun cenno di dialetto romano.
Ettore fece un lieve cenno con la testa, mentre Francesco: -Eh? Sì, sono nostri. Se vuole, abbiamo la ricevuta…-
-Vieni via!- lo esortò il tenente, trascinandolo lontano da lì, per evitare un’altra situazione imbarazzante.
Per raggiungere la sala da ricevimento, dovettero salire altre scale.
Improvvisamente, Ettore impallidì, appena vide in alto.
-Merda…!- disse, sottovoce.
Francesco si allarmò.
-Cosa c’è? Si tratta di Nereo?-
-Peggio… quella donna è Anna Del Bravo, il mio capitano…-
Poco avanti loro, infatti, una donna era quasi vicina alla sala da ricevimento, sottobraccio, guarda caso, ad Alfredo Nereo. Dimostrava circa la stessa età di Alberto. Aveva i capelli corti color oro, probabilmente tinti, sopracciglia nere quasi folte e il fisico, una volta muscoloso, ma ormai abbandonato dallo scorrere del tempo, era nascosto in un abito color verde bosco. I tratti del volto erano molto duri, tali da incutere timore anche ad un terrorista.
Tuttavia, raramente si faceva vedere nel dipartimento: diceva sempre di essere impegnata in altre faccende, ma nessuno ha mai saputo di cosa si trattasse. Tuttavia, non si perdeva una serata importante, un galà o un ricevimento. Infatti, era quest’ultimo motivo ciò che la rendeva “famosa”. Questo suo strano atteggiamento, questa sua tendenza a dare importanza all’immagine, piuttosto che adempiere ai suoi doveri di capitano, faceva spesso sorgere qualche dubbio all’interno del suo dipartimento, ma nessuno ha mai avuto il coraggio di indagare, per evitare il licenziamento per insubordinazione.
Praticamente, era Ettore che dirigeva il dipartimento.
-E allora?- domandò, quasi impassibile, l’investigatore.
-E allora?! Se scopre il casino che abbiamo combinato oggi, potrei rischiare il licenziamento!-
Infatti, da quel pomeriggio, Salverini sembrava scomparso. Aveva lasciato la periferia prima ancora che Ettore avesse dato l’ordine di cercarlo.
-Tu fai quello che devi fare, Cesco! Io torno a casa!-
Ma il cugino gli prese un braccio.
-Ma come?!- commentò, stranito da quel comportamento –Non eri tu quello che diceva che bisogna affrontare ogni conseguenza delle nostre azioni senza scappare?-
-Non se è previsto il licenziamento!-
Ogni tentativo di fuga era inutile: Francesco stringeva sempre più forte.
-Andiamo, Ettore! Di cosa hai paura? Ci sono io qui.-
-E’ questo che mi preoccupa…-
-Ricorda cosa mi hai detto prima…- disse, spingendolo verso le scale -Fa’ un bel respiro ed entriamo.-
-Speriamo bene…-
Anna ed Alfredo, intanto, erano vicini alla sala.
-Sa, signora, è stata una rappresentazione davvero…- disse il secondo, prima di venire interrotto da una suoneria.
-Oh, mi scusi, il cellulare…- si scusò la donna, frugando nella sua borsa.
-Non si preoccupi. Intanto, vado a prendere posto. Mi stanno aspettando…- salutò Nereo, congedandosi con un lieve inchino.
Anna appoggiò il suo cellulare all’orecchio.
-Sì?- il suo volto si fece più cupo –Cos’è successo? Quanti animali sono riusciti a fuggire? O mio Dio…-
In quel momento, Francesco ed Ettore (questi ancora spinto dal primo) erano proprio dietro di lei. In un modo o nell’altro, scoprirono che la telefonata non era direttamente rivolta a loro. Non completamente.
Il tenente si schiarì la voce, deglutendo.
-B-buonasera, capitano…- salutò, sudando freddo –Stasera ha una tenuta incantevole…-
-Signora…- aggiunse Francesco, con un lieve inchino.
Ma la donna non ricambiò la cortesia: si voltò verso i giovani, serrando le labbra.
Le storie sul suo sguardo minatorio erano vere: potevano far tacere anche l’uomo più determinato del mondo.
-Tenente Milanelli…- ringhiò, rivolto al più grande -Si rende conto che, a causa dei “collaboratori” di suo cugino, Roma è piena di babbuini?-
Ettore rimase senza fiato. Francesco, invece, aggrottò le sopracciglia, stranito.
-Ma perché dà la colpa a loro?- domandò, confuso -La colpa è degli elettori che…-
Anna aprì la bocca, scioccata da quella risposta, mentre il cugino si passò una mano sul volto.
L’investigatore sentì la sua colonna vertebrale rabbrividire.
-Scusate entrambi…- disse, entrando nel salone, lasciando dietro di sé una scia di imbarazzo.
“Sono rovinato…” pensò Ettore, quasi piangendo.
Dei suoni di trombe e tromboni provennero dal salone dei ricevimenti. Come ogni serata importante, era pieno di gente, soprattutto politici, celebrità e persone ricche da far schifo da permettersi di cenare in quel posto dove la roba costava l’ira di Dio.
Sopra il palcoscenico, davanti alla banda che aveva appena terminato di suonare, c’erano, in quest’ordine, Marco Auditore (alias Vincenzo Arcattati), Alfredo Nereo con suo figlio Matteo e Lisa, tutti e quattro vestiti eleganti.
Ricevettero gli applausi dei presenti, quelli che forse dovevano essere meritati alla banda.
Alfredo fu il primo e unico a parlare.
-Volevo ringraziare tutti voi per aver partecipato a questa serata in onore del professor Marco Auditore, che domani terrà la sua conferenza.-
Altri applausi da parte di tutti i presenti, mentre il sosia di Auditore faceva spesso cenni con la testa, sorridendo lievemente.
-E insieme al Presidente del Consiglio, della Repubblica e al Ministro dell’Ambiente…- proseguì l’uomo –Anch’io mi impegnerò ad appoggiare i consigli del professor Auditore.-
Falso.
Ma ricevette ugualmente degli applausi.
In un tavolo lontano dal palcoscenico, gli stessi magnati petroliferi, carboniferi e nucleari che erano con lui la sera precedente al porto di Nettuno, si guardarono l’un l’altro, sorridendo malignamente, e brindarono a loro e alla falsa conferenza che li avrebbe salvati dalla bancarotta e da una vita passata a mendicare sulla strada.
-E ora, diamo inizio ai divertimenti!- annunciò, infine Alfredo, allargando le braccia.
Lisa prese Matteo per un braccio.
-Vieni a ballare con me?- lo invitò, sorridendo lievemente.
Il ragazzo fece di “no” con la testa, imbarazzato.
-No! No…- rifiutò –Lo sai che non so e non mi piace ballare…-
La ragazza assunse un’espressione dispiaciuta, spingendo il labbro inferiore in avanti.
-Peccato…- disse, scendendo ugualmente le scale, in direzione della pista da ballo –Allora dovrò cercare un altro cavaliere…-
Nel frattempo, Nereo e Auditore(Arcattati) si strinsero la mano, come per saluto.
Francesco entrò nella sala proprio in quel momento.
La banda aveva ricominciato a suonare e delle coppie stavano già ballando.
Tra di esse notò Lisa, ballare con un altro giovane.
Per l’investigatore, era incantevole quella sera: abito rosso (probabilmente preso a noleggio) che lasciava quasi le spalle scoperte, capelli raccolti alla Audrey Helbourne, con qualche ciuffetto che cadeva sulle orecchie, truccata con mascara e rossetto.
Rimase a fissarla per qualche secondo, studiando attentamente ogni centimetro del suo corpo e dei suoi movimenti, dopodiché trovò il coraggio di avvicinarsi e picchiettò la spalla del giovane.
-Smamma.- disse, bruscamente, in modo che l’altro non avesse il coraggio di dire di no.
Infatti, il giovane se ne andò, facendo un gesto come per dire: “Maledizione!”
Lisa si illuminò, appena vide Francesco, di fronte a lei. Il cuore le batté forte.
-Francesco!- esclamò, sorpresa, ma anche felice –Che ci fai qui?-
-Mi godo questa bella festa…-
Ballarono insieme. Non lo avevano mai fatto prima, nemmeno quando frequentavano il corso di piscina. Erano usciti insieme, qualche volta, ma sempre in compagnia di alcuni loro compagni di nuoto.
Per un’altra volta, la ragazza decise di far parlare la voce della ragione, invece che godersi quel momento e ballare col ragazzo che amava veramente.
-Qual è la vera ragione?- domandò, maleducatamente.
Il giovane sospirò: non si poteva nascondere nulla a quella lì…
-Mia cara Lisetta, posso riassumerlo in una parola, tre sillabe…- rispose –Con-for-mista.-
La ragazza assunse uno sguardo confuso.
-Tradotto: da quando ho posato i miei occhi sul tuo amichetto, non mi è mai piaciuto. Lui e suo padre insieme sono sporchi come la biancheria di un minatore a Gennaio…-
Lo sguardo confuso non svanì, anzi, crebbe.
-Francesco, che ti prende?- domandò –Matteo è gentile e sempre disponibile con me, e Alfredo è un brav’uomo, cortese, un uomo impegnato che si preoccupa degli altri e che NON tralascia gli altri per il suo lavoro come “certa gente” di mia conoscenza.-
Anche uno stupido avrebbe capito che si stava riferendo proprio a lui.
E Francesco lo intuì, infatti soffiò, seccato ed offeso, dal naso.
-Ah, sì?- domandò, con tono di scherno –E magari vorresti aggiungere che non sono sospettosi. Mettiamola così, allora: perché non domandi al caro Alfredo che legame ha con il furgone che hai visto la sera dell’esplosione?-
-Non so di cosa stai parlando…-
-Oppure, visto che ci sei… perché non gli chiedi se è amico di un sicario da quattro soldi chiamato Vittorio Salverini?-
Era troppo. Lisa non poteva tollerare certe accuse.
-Adesso basta, Francesco!- tagliò corto, senza smettere di ballare –Sei solamente geloso perché un ragazzo è riuscito a fare quello che tu avresti potuto fare prima che fosse troppo tardi!-
Avrebbe tanto voluto cancellarsi dalla faccia della terra, per quella risposta: in un’altra occasione e con un altro tono, avrebbe potuto essere una dichiarazione d’amore.
Lui rispose a quel tono, con un tono ancora più aggressivo, premendo la sua fronte contro la sua.
-Spero che il caro figlio di papà ci stia guardando, perché SO che è geloso.- poi la strinse a sé, facendola scuotere –E un uomo geloso fa sempre la mossa sbagliata! Conto solo su questo!-
La spinse verso un altro tavolo, e lei, piegandosi in avanti su di esso, finì faccia a faccia con un uomo che stava per bere un Martini. Senza dire una parola, le mise in bocca l’oliva che stava dentro di esso e lei inghiottì (il che è tutto dire, visto che lei ODIAVA le olive)
In quel momento, cambiò tutto; anche la banda cambiò musica.
Alfredo e Matteo, nel frattempo, stavano giocando a carte, a Solitario, per la precisione. Uno con le carte vere, l’altro nell’iPhone.
Solo il figlio, ogni tanto, rivolgeva degli sguardi verso la pista da ballo, per controllare la sua ragazza.
Ma l’ultima occhiata lo fece quasi paralizzare: Lisa e Francesco si erano trovati soli a ballare. Si erano fatti tutti da parte.
Nessuno sapeva perché, ma sembravano quasi la reincarnazione di Fred Astaire e Ginger Rogers.
Colto da un’improvvisa gelosia, il ragazzo chiamò un cameriere.
-Sì?-
-Li vede quei due? Lo so sono bravi, ma non è che potrebbe…?-
Applausi. Per Lisa e Francesco. Per una volta avevano fatto qualcosa insieme che non fosse il nuoto.
In realtà, nessuno dei due sapeva di poter ballare così bene.
Fecero un inchino imbarazzato di fronte al resto degli invitati, sorridendo nello stesso modo.
Un cameriere si avvicinò a loro.
-Signorina Vellei…- disse, con lieve accento veneto –Il signor Nereo vorrebbe che lo raggiungesse al suo tavolo…-
Lisa cadde dalle nuvole.
-Oh, sì! Subito!-
Nel frattempo, Nereo padre e figlio stavano continuando a giocare a Solitario.
-Il Solitario è un gioco per uomini soli, signor Nereo… Matteo…-
L’investigatore era proprio davanti a loro, preceduto da Lisa, che prese posto accanto a Matteo.
Lui le baciò la mano, dopo aver posato il telefono nella sua tasca.
-Il famoso investigatore Milanelli, suppongo…- salutò Alfredo, con un lieve cenno della testa –Non ricordo di aver visto il suo nome, nella lista degli invitati…-
-Non si preoccupi più di tanto…- rispose il giovane, mantenendo i nervi d’acciaio –A volte uso il mio nome da signorina.-
Sguardi allibiti e confusi furono la risposta di quella frase.
-Bella festa, comunque, signor Nereo…- aggiunse, cercando di rimediare al momento di imbarazzo appena creato –Noto molte facce familiari…-
L’uomo mostro una carta da cinque di picche.
-Gioca… d’azzardo, investigatore?- invitò.
-Sì, ogni volta che sono a caccia di qualcuno.-
Alfredo sentì una specie di morsa allo stomaco: “Possibile che abbia scoperto…?” pensò.
Anche il figlio si sentì nello stesso modo.
Ma cercò di controllarsi, per evitare di tradirsi.
-Que sera, sera…- mormorò, prima di posare la carta sul tavolo –Lei capisce il francese?-
-No. E non so nemmeno baciare in quel modo…-
Lisa si imbarazzò all’ultima frase, esattamente come i Nereo.
Una quinta figura si avvicinò a loro.
-Mi scusi, quello sarebbe il mio posto!-
Francesco si voltò: Auditore. Appariva piuttosto furioso. Notò qualcosa di strano in lui. Non sembrava essere l’uomo che aveva incontrato il giorno prima.
Persino la nipote apparve confusa da quel comportamento.
Non sapevano si trattava del sosia.
-Ma… zio Marco…- mormorò lei –Lui è Francesco, il mio amico, non ti ricordi di lui?-
Di nuovo quella parola. Amico.
Arcattati non era stato avvertito su Francesco. Non sul suo aspetto fisico, almeno. Alfredo gli aveva riferito di un investigatore, venuto per mettergli i bastoni tra le ruote, ma nient’altro.
-Ehm… oh, sì, sì! Certo, naturalmente…- fece finta di ricordare l’impostore, con aria imbarazzata –Signor…-
-Francesco Milanelli, investigatore privato di Grosseto.- tagliò corto Alfredo, imbarazzato anche lui –Vi siete conosciuti ieri all’Istituto.-
-Oh, certo, ma che testa che ho!- si fece subito cortese -Prego, si accomodi faccio aggiungere un posto al tavolo…-
Quel comportamento fece insospettire il giovane; anche il modo con cui si era rivolto a lui. Il giorno precedente gli aveva dato subito del “tu” e quella sera del “lei”. Molto strano, pensò.
-No, non intendo restare.- rispose, tirando fuori qualcosa dalla giacca dello smoking, una foto di Salverini, ai tempi del MMA, e mostrandola a Nereo padre –Ma che ne pensa di questo, di gioco? Chi è lui?-
Alfredo lo osservò, apparentemente indifferente: ma sia lui che il figlio stavano pensando: “Merda, ci ha scoperti…”
Lisa riconobbe l’uomo che aveva visto la sera dell’esplosione e alzò le sopracciglia, sorpresa.
-Non lo conosco.- rispose l’uomo, mostrandosi innocente.
Anche Arcattati venne mezzo sorpreso da un piccolo brivido che gli percorse tutta la spina dorsale.
Francesco, a quel punto, strizzò gli occhi e serrò le labbra.
-Ha fatto il bambino cattivo facendo esplodere un edificio che non avrebbe dovuto nemmeno toccare e guida un furgone registrato a nome suo.-
-I nostri mezzi sono tanti, investigatore Milanelli…- si giustificò il magnate –E, guarda caso, uno è stato rubato proprio tre giorni fa…-
-Tre giorni fa?- si insospettì l’investigatore –Mio cugino non mi ha detto nulla su furti di suoi mezzi. Quindi i casi sono due: o non ha ancora asporto denuncia oppure collabora veramente con quella belva…-
Alfredo stava per rispondere, ma il figlio lo bruciò sul tempo: scattò in alto, piegandosi in avanti e poggiando le mani sul tavolo, con aria minatoria.
-Stammi a sentire, investigatorino delle mie chiappe.- avvertì -Mio padre non ha nulla da nascondere e tu dovresti vergognarti anche al solo pensare che sia coinvolto in questa faccenda!-
Francesco non fu per nulla intimorito: rispose alle minacce nello stesso modo, finendo faccia a faccia con il ragazzo.
-Può darsi che sia così…- mormorò, aggrottando le sopracciglia –Ma ti avverto, figlio di papà, tu prova solo a starnutire e mi precipiterò da te per soffiarti il nasino…-
Ad interrompere il litigio furono le trombe che componevano l’orchestra, suonando una melodia che sembrava presentare un trionfo.
A salire sul palco fu il capitano Del Bravo, con una busta tra le mani.
-E ora, signore e signori…- presentò, cordialmente –E’ arrivato l’atteso momento del primo premio della serata; una meravigliosa crociera tutta compresa sull’oceano Atlantico per un mese intero per due persone.-
Applausi ad accogliere quell’annuncio.
-E per annunciare il primo vincitore… invitiamo a salire sul palco il nostro ospite d’onore, il professor Marco Auditore.-
Il citato fece un breve inchino di saluto, prima di avvicinarsi al palco.
Francesco sapeva che non avrebbe ottenuto altre informazioni per quella sera. Nereo padre e figlio si ostinavano a non voler confessare e avere Lisa lì di fronte non aiutava.
Dovette rinunciare, almeno per quella sera.
-Beh…- fece, con un lieve cenno della testa –Visto che il professore sta andando, credo che prenderò congedo anch’io. Signor Nereo, Matteo, Lisa…-
Voltò loro le spalle senza dire altro. Il suo sguardo si fece malinconico.
La ragazza si morse entrambe le labbra nel vederlo andar via in quel modo.
-Non capisco cosa gli sia preso…- mormorò –Non lo avevo mai visto così…-
Matteo le prese delicatamente le spalle, per farla sentire a suo agio.
-E’ un comunissimo caso di gelosia, mia cara. Nient’altro…-
Il giovane stava ormai camminando senza avere la minima idea di dove andare. Vagava in quel salone, davanti agli occhi straniti degli ospiti. Volle vedere Lisa ancora una volta, sperando di non incrociare il suo sguardo.
Ma il suo stomaco si irrigidì all’istante: Matteo la stava baciando. Proprio sulla bocca.
Ora sì che il suo senso dell’orientamento era pari a zero. Gelosia e rabbia si impossessarono della sua testa.
Non si era reso conto di essere vicino ad Auditore (Arcattati), mentre stringeva la mano a degli ospiti.
Si scontrarono senza accorgersi di essere l’uno vicino all’altro. L’uomo barcollò all’indietro, finendo, involontariamente, sopra il carrello dei dolci, che un cameriere stava portando proprio in quel momento.
Il completo si sporcò completamente di panna.
Tutti i presenti si alzarono in piedi, preoccupati per il climatologo.
Francesco si sentì improvvisamente a disagio ad avere gli occhi puntati verso di lui.
-Mi dispiace, signor Auditore!- si scusò, aiutandolo a scendere; anche la faccia e i capelli erano sporchi di panna, tale ad avergli coperto gli occhi –Ecco, permette che l’aiuti…!-
Ma l’uomo non sembrava volere l’aiuto dell’investigatore.
-Lasciami andare, maledetto moccioso!- imprecò, dandogli una gomitata, che, tuttavia, fece barcollare entrambi all’indietro (poiché Francesco non aveva smesso un solo secondo di tenere Auditore/Arcattati per i fianchi).
Erano ad un tavolo vicino al muro; al muro c’era una sedia a rotelle vuota. Guarda caso, i due finirono proprio lì: Auditore/Arcattati si sedette sopra. Il movimento che fece sbilanciò Francesco, finito dietro di lui, che cadde in avanti, finendo con la testa tra le gambe dell’uomo. Anche questi si ritrovò in mezzo alle gambe dell’altro.
Nel tentativo di liberarsi, il giovane mise la mano sulla leva che stava sul bracciolo destro, spingendola involontariamente la mano.
Lì, l’inferno.
Milanelli e Auditore/Arcattati girarono l’intero salone, scatenando il terrore tra i presenti.
Il primo agitava le gambe, agitato, stringendo involontariamente la testa dell’uomo, che cercava anche lui di liberarsi, e alzò la testa, urlando, per vedere dove stavano andando: stavano praticamente girando in tondo.
-Ehi! E’ la mia sedia!- sentirono urlare.
Tutti i tavoli furono spostati per non venire urtati.
Lisa assunse un’aria preoccupata, sia per lo zio sia per Francesco, mentre i Nereo apparivano allarmati.
Girarono per cinque minuti. Poi, l’investigatore si rese conto di avere la mano sulla levetta che serviva per far muovere la sedia e l’aveva spinta in avanti. Non sapeva cosa fare, quindi pensò che la cosa giusta da fare fosse tirarla, per fermarsi.
Mai cosa fu più sbagliata: il movimento brusco li fece ribaltare.
Francesco finì per terra, ma Auditore/Arcattati rimase lì.
Le ruote posteriori girarono da sole, in avanti. La levetta si era bloccata.
L’uomo urlò, mentre si dirigeva, a sua insaputa, verso la finestra, che infranse.
Il volo che fece quasi lo paragonava alla scena delle bici del film “E.T. L’extraterrestre”. Il fatto che sopravvisse fu un miracolo.
Ma quello che l’investigatore aveva fatto non poteva essere perdonabile.
Infatti, due guardie del corpo, inviate dal capitano Del Bravo, lo agguantarono per poi lanciarlo dalla stessa finestra dalla quale era caduto Auditore/Arcattati.
Era accaduto tutto di fronte a Lisa, che osservò tutto con aria sgomenta. Mai come quella sera l’investigatore si sentì tanto umiliato.
Per sua fortuna, atterrò sull’erba.
Fece una smorfia di dolore.
-Sono caduto sulle mie chiavi…- mormorò.
Avvertì una presenza sopra la sua testa. Esattamente ad altezza occhi si trovò il cavallo di Ettore.
Aveva le braccia sui fianchi e la bocca storta.
-Beh, immagino che il tuo piano non abbia funzionato, Cesco…- commentò, sarcastico.
L’altro ribatté, cercando di alzarsi.
-E’ qui che ti sbagli…- spiegò –Credo di avere una pista, Ettore…-
Si alzò completamente, togliendosi di dosso tutti i frammenti di vetro su cui era atterrato.
-Ma prima devo fare un’ultima cosa.-
   
 
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