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Autore: Tsukuyomi    11/06/2009    6 recensioni
Salve a tutti! Finalmente prendo coraggio e pubblico.
Questa fanfic mi ronza in testa da tanto di quel tempo che ormai si scrive da sola.
Per il momento avrete sotto agli occhi dei futuri Gold Saint, ancora bambini e innocenti (più o meno), alcuni ancora non si conoscono e altri sì, alcuni sono nati nel Santuario e altri no, alcuni dovranno imparare il greco e, di qualcuno, non si sa per quale recondito motivo, non si conosce il nome. Spero che apprezziate. La storia è ambientata ai nostri giorni, per cui, le vicende conosciute avranno luogo nel futuro.
Genere: Comico, Generale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo Personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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capitolo 08 Angelo aprì gli occhi alle prime luci dell’alba. Non aveva mai dormito così tanto. I due bambini che occupavano il letto assieme a lui ronfavano ancora beati. C’erano solo loro nella stanza. Gli adulti si erano alzati.
Scese dal letto facendosi scivolare verso il basso, cercando di non svegliare i compagni di sogni. Uscì dalla stanza entrando nella stanza principale della casa. Trovò Galgo intento a preparare un po’ di caffè e João, con gli occhi ancora carichi di sonno e seduto attorno al tavolo,  fissava un punto non ben definito del muro.

«Buongiorno» azzardò Angelo
«Kalimera!» trillò contento Galgo. João biascicò lo stesso saluto, poco convinto e ancora immerso in una sorta di dormiveglia.
«Devo andare in bagno» disse tranquillamente il bambino.
«Ma certo. – canticchiò l’irlandese  avvicinandosi alla porta del bagno – Ecco qua! Non chiuderti a chiave, non funziona la serratura. »
«Non mi interessa la chiave. Posso stare anche con la porta aperta. Non mi vergogno.»
«Bravissimo! Siamo tutti uomini grandi e forti qui! Non ci si vergogna di niente!»
Angelo aveva già fatto suo un piccolo rituale. Appena sveglio svuotava la vescica,  sciacquava le mani e il viso subito dopo. Quando uscì dal bagno trovò una tazza di latte fresco ad attenderlo sul tavolo.
«Vieni a mangiare. Questa è la prima colazione della giornata!»
«Perché, quante colazioni fate qui?»
«Minimo due – rispose il suo maestro – massimo tre. No, a volte anche quattro. Vedi, generalmente facciamo la prima colazione a casa. Poi andiamo ad allenarci e finito l’allenamento andiamo alla mensa e facciamo una seconda colazione. Poi se si continua con l’allenamento si mangia qualcos’altro anche a metà mattinata. Se si ha molto appetito capita di mangiare qualcos’altro prima di pranzo.»
«Ah, bello così.»
«Non mi sembri convinto.»
«E’ strano. Devo abituarmi a mangiare duemila volte al giorno.»
«Tranquillo, con tutto il moto che farai sarà necessario per non crollare.»
«Che facciamo oggi?»
«Beh, pensavamo di cominciare ad insegnarvi un po’ di greco. Io e João ci rivolgeremo a voi solo in greco e piano piano comincerete a capirci.»
«Va bene.»
«Mangia ora, io vado a svegliare gli altri due.»
«Ok, ma che ha João?»
«Perché?»
«Si è imbambolato.»
«Tranquillo, ci mette sempre un po’ a carburare la mattina. Tra cinque minuti sarà totalmente sveglio, fidati.»
«Mi fido, mi fido.»
Angelo cominciò a consumare la sua colazione, João continuò a fissare il muro e Galgo andò a svegliare i due pargoli.

Dormivano della grossa, quasi abbracciati e con le gambe incrociate. Erano tenerissimi. Quasi gli dispiaceva interrompere i loro sogni, ma non poteva fare diversamente. Quando Angelo si era alzato, i due avevano allargato gli arti ad occupare lo spazio lasciato libero e si erano addossati al muro.
Galgo si sedette sul bordo del letto, li sfiorò con dolcezza e li chiamò a bassa voce.
«Tyko? Shura? E’ ora di svegliarsi.»
I bambini aprirono lentamente gli occhi e cominciarono a stropicciarseli e stiracchiarsi. Si guardarono intorno, cercando di ricordare dove fossero. Furono felici di ritrovarsi. Ma qualcosa non andava. Dov’era Angelo?
«Angelo?» disse Tyko, sicuro che l’adulto avrebbe capito. Galgo in risposta gli fece il gesto che indicava ‘mangiare’. I bambini annuirono e continuarono a stiracchiarsi.
« Mis pierna … me duele. » si lamentò Shura e tirò fuori, da sotto il lenzuolo, la gamba incriminata. Un livido nero troneggiava sulla coscia, poco sopra il ginocchio. La lotta del giorno prima, contro Dioskoros, aveva lasciato i segni. Aveva sbattuto la gamba contro un tavolo quando venne lanciato dall’uomo, dopo avergli infilato il dito nell’occhio. Tyko, nel vedere il livido gli fece una carezza sulla gamba e fece quello che faceva sua mamma quando si faceva male. Era quello che facevano tutte le mamme. Quale rimedio più efficace dei baci? Tyko si avvicinò un indice alle labbra e vi depositò sopra uno schiocco di labbra. Toccò la gamba dell’amico con lo stesso dito e lo guardò sorridente. Galgo, intenerito dalla scena, sorrise e li prese entrambi in braccio, portandoli nell’altra stanza, dove Angelo guardava João che continuava a fissare il muro.

«¡Buenos días!» trillò Shura, mentre Galgo lo faceva scendere.
«God morgon!» fece eco lo svedese.
«Buongiorno.» rispose Angelo.
«Stamattina siamo tutti educati tranne João, che dorme con gli occhi aperti.» Sentenziò Galgo nella lingua di Angelo.
«Come pensi di svegliarlo?»
«State a vedere»
Shura e Tyko si guardavano con aria interrogativa. Cosa aveva  João? Stava male?
Galgo riempì un bicchiere d’acqua e si avvicinò all’amico portoghese. Glielo verso piano sulla nuca e sulla schiena. João si svegliò di colpo suscitando le risate dei bambini.
«Galgo, ma sei diventato scemo?»
«Buongiorno! Sei stato il primo ad alzarsi e l’ultimo a svegliarsi! Complimenti! »
«Che qualcuno ti fulmini.»
«Ma dai, guarda la gioia che ho creato nel farti la doccia – allargò le braccia ad indicare i bambini che si scompisciavano letteralmente dalle risate – mi adorano di già!»
«Continuo a sperare che ti cada un lampo sulla testa.»
«Certo che sei un filo scorbutico la mattina, eh?»

Il discorso venne interrotto da qualcuno che bussava.
«E’ aperto come sempre. Avanti!» incalzò Galgo con voce impostata. Era particolarmente allegro quella mattina.
«Buongiorno allegra marmaglia! - Leurak entrò trotterellando e portando con sé dei biscotti. – Questi ve li manda Akylina che è rimasta tutta la notte in piedi a tenermi sveglio. Sono per i bambini, ma vi concedo di assaggiarli e prometto di non dirle che lo avete fatto. Si è premurata di sottolineare un centinaio di volte che erano solo ed esclusivamente per i bimbi.»
«Grazie Leurak, ringrazia Akylina appena possibile, anzi, perché non vi unite a noi? Li portiamo in giro e gli insegniamo un po’di greco oggi.»
«Io ho un idea migliore – mentre parlava uscì dalla casa e rientrò tenendo qualcosa dietro la schiena – giochiamo a calcio!»
«Ottima idea» trillarono Galgo e João.

Quando tutti ebbero fatto colazione, il gruppo si preparò ad uscire. Si diressero verso un campo incolto che circondava alcune delle arene.
«Possiamo metterci qui – disse Leurak – è riparato»
«Sì, non è male. Dammi la palla.»
Leurak tirò il pallone a Galgo. Appena ricevuto si mise in cerchio con i bambini. Lanciò la palla ad Angelo. Angelo colpì la palla indirizzandola a Shura, che a sua volta la indirizzò a Tyko. Tyko bloccò la palla, andò da Leurak e João che li guardavano e si fece seguire. Giocarono tutti insieme. Passarono qualche ora a tirare e rincorrere la sfera, senza sapere esattamente a cosa giocare. Quando il sole fu abbastanza alto, i bambini accaldati e sudati, cercarono riparo sotto un grosso albero che si stagliava nelle vicinanze, seguiti dagli adulti. Si buttarono tutti per terra ad ansimare per il caldo e la fatica dei giochi.
Galgo, d’improvviso, si tirò su e cominciò a farsi girare la palla sulla punta del dito, a far passare la palla roteante sulle braccia, da un dito all’altro e altri giochetti degni di un circense.
«Insegnamelo! Per favore! Voglio imparare anche io!» Angelo si avvicinò a quattro zampe al maestro, che gli fece mettere l’indice dritto e gli passò la palla che girava veloce su se stessa. Con un’abilità inaspettata la palla continuò a roteare sotto il tocco di Angelo, che cercava di imitare al meglio quello che aveva visto.
«Ah però, perché mi chiedi di insegnartelo se lo sai già fare?»
«Non sapevo di saperlo fare. »
«Ah.»
Il gioco continuò per un po’, finché Angelo non decise di averne abbastanza. Intanto Tyko si era distratto raccogliendo dei fiorellini che sbocciavano attorno all’albero. Erano bianchissimi e profumati, non ne aveva mai visto così. Ne fece un mazzetto che diede ad Akylina, che si era appena aggiunta al gruppo.
«Ma che galanteria! – disse lei schioccandogli un sonoro bacio sulla fronte, anche se attraverso la maschera – Grazie piccolo.»
«Anche io, anche io!» Leurak le porse un fiorellino sperando di ricevere anche lui una parola carina e magari anche un bacio, ma ottenne solo una dolorosa gomitata.
«Ma quanto sei dolce. Nessuna mi ha mai picchiato tanto.»
«Te le cerchi Leurak.»
«Gnè gnè Leurak» le fece il verso, ottenendo solo un’occhiataccia che non poté vedere ma che sentì comunque.
«Ma come fate a vivere assieme? Battibeccate in continuazione. Siete così anche quando siete soli?» chiese João incuriosito.
«Oh no – gli rispose Leurak, e dopo un breve silenzio aggiunse – siamo molto peggio.»
«Mi fa piacere!»  scoppiò in una fragorosa risata il portoghese.

Appena riuscirono a tornare seri, cominciarono ad insegnare qualche parola di greco ai bambini.

La giornata trascorse tranquilla e spensierata. Ricca di nuove parole di una nuova lingua. Quando venivano lasciati da soli i bambini si insegnavano a vicenda la propria lingua, partendo dalle nuove parole greche imparate.

-

Era trascorso un mese ormai. Il caldo sole di agosto accennava ad andarsene, lasciando spazio al fresco sole settembrino.
Galgo e  João si erano adoperati in modo che imparassero il greco il più velocemente possibile. Non fu difficile, i piccoli si dimostrarono svegli e rapidi nell'apprendimento. Aspettavano il momento in cui sarebbero stati in grado di parlare greco con scioltezza.

Quel momento era arrivato, benché a volte incespicavano tirando fuori parole in altre lingue o inventandole.
Da quella notte sarebbero andati a dormire con gli altri bambini nei dormitori. Erano nervosi. In poco tempo avevano vissuto tantissimi cambiamenti, forse non erano pronti all’ennesimo. Stavano bene insieme e avevano stretto una forte amicizia. Erano tutti e tre figli unici e solo ora sperimentavano cosa volesse dire avere un fratello. Solo Shura si era avvicinato ad averne uno vero. Quando la mamma morì, era incinta. Purtroppo la triste sorte della donna fu condivisa dalla creatura che portava in grembo.

Da quando erano arrivati al Santuario, João, Galgo, Leurak e Akylina erano riusciti a creare ai bambini un guardaroba non indifferente. Sapevano che si sarebbero sporcati con una velocità impressionante.
Mentre Galgo e João osservavano i loro discepoli raccogliere i loro vestiti e preparare le borse si scambiarono una fugace occhiata e decisero forse che era il caso di parlar loro.

«Come state bambini?» cominciò João.
«Bene, perché dovremmo stare male?» rispose Angelo alzando un sopracciglio.
«Beh, siete qui da poco più di un mese e siete stati con noi per tutto il tempo. Ora andrete a dormire con gli altri bambini. Magari qualcosa vi turba.»
«No – disse Shura – tanto ci vedremo comunque tutti i giorni, no?»
«Giusto – disse Tyko - siete i nostri maestri. Dovete insegnarci un sacco di cose»
«Ehi João, io e te siamo quasi in lacrime e loro se ne fregano.»
La risposta del portoghese fu un sorriso amaro. Si era abituato a dormire sul pavimento e avere quei bambini sempre attorno lo rendeva felice. Si chiedeva se Atena gli avrebbe permesso, un giorno, di averne di suoi. I cavalieri che erano riusciti ad avere una discendenza, alla fine, non erano riusciti a vederla andare avanti. La vita di cavaliere era estremamente dura e pericolosa. La morte era sempre dietro l’angolo. Non volle pensare che, forse, quei tre bambini sarebbero morti durante la fase successiva dell’addestramento. Anche se probabile.
Si riscosse dai suoi pensieri quando Tyko lo chiamò.
«João, guarda! La macchinina che mi hai regalato!»
Il biondo svedese si avvicinò all’uomo porgendogli la macchinina, che la prese tra le enormi mani e sorrise soppesando il giocattolo.
«Te la presto – disse infine il bambino – me la ridarai quando sarò cavaliere!»
«No dai, tienila tu. Me la darai quando partirai per la seconda parte dell’addestramento e poi verrai a riprenderla»
Quante finte promesse. Non avevano modo di sapere se Tyko sarebbe tornato e tantomeno se João sarebbe stato ancora vivo. Non voleva parlare dei suoi dubbi al bambino, era già fin troppo adulto ed era meglio lasciargli qualche certezza, almeno per un altro po’ di tempo.
«Poi – continuò il portoghese – questa macchinina ti ha fatto fare amicizia con Shura»
Porse il giocattolo al bambino che lo prese e disse:
«Allora ci giochiamo l’ultima volta e poi la nascondiamo. Verremo a riprenderla quando saremo cavalieri.»
Shura sorrise all’idea, Angelo era totalmente disinteressato poiché estraneo ai fatti e gli adulti risero.
«Shura, - lo interpellò Tyko – ti va bene?»
«Seguro. Possiamo fare un percorso e a turno la tiriamo. Possiamo scavare una buca e infilarci la macchinina, magari sotto il pesco»
«Eh bravo il nostro Shura – disse Galgo – sempre zelante e con le idee chiare!»
Andò a scompigliargli i capelli e poi si rivolse ad Angelo.
«Tu che ne pensi?»
«Io  penso di non doverci entrare.»
«Perché?» chiese Tyko, un po’ deluso.
«Noi ci siamo conosciuti alla mensa, allora dovremmo sotterrare anche le forchette.»
Gli adulti si abbandonarono ad una risata che durò diversi minuti. In effetti l’italiano aveva ragione. Avrebbero dovuto seppellire tutte le cose che avevano contribuito a creare quel legame.
«Povere lucciole» intervenne Shura, rendendo ancora più ilare la situazione.
«Bambini avete ragione – intervenne Galgo cercando di soffocare le risate – allora facciamo una cosa, prepariamo un sacchetto e ci mettiamo dentro tutto quello che è stato importante per il nostro incontro.»
João si alzò e andò a prendere un sacchetto di plastica. Torno nella stanza da letto e lo porse a Galgo, che a sua volta lo diede a Tyko che aveva deciso che la gara con la macchinina ci sarebbe stata per cui enunciò il suo piano.
«Chi perde scava la buca. Parteciperemo tutti. Noi tre – disse indicando se stesso e gli altri due bambini – voi due – indicando João  e Galgo – e infine Leurak e Akylina.»
«E cosa ci mettiamo in quel sacchetto?» chiese Angelo curioso.
«La macchinina di sicuro ma sarà l’ultima cosa, ci serve per la gara. Poi una forchetta. La lucciola no, anche se è importante, non voglio ucciderne una.»
I bambini pensavano a cosa mettere nel sacchetto, trascurando le loro borse. Angelo ebbe l’idea di scrivere su un pezzo di carta la parola lucciola, così se ne sarebbero ricordati. Tutti assentirono e gli adulti decisero di scrivere la parola in diverse lingue, una per ognuno di loro e ognuno nella sua.
João e Galgo presero un pezzo di carta e cominciarono a scrivere in inglese e portoghese, Shura sapeva scrivere e scrisse in spagnolo, Galgo scrisse per Angelo in italiano e per Tyko in svedese, sperando di scrivere nel modo giusto. La sera avrebbero fatto scrivere ad Akylina in greco e a Leurak in mongolo.

I bambini finirono di preparare i loro bagagli e uscirono dalla casa dove avevano vissuto  con i loro maestri. Galgo e João non erano troppo sicuri del passo che si accingevano a far compiere ai bambini, ma ormai erano in grado di esprimersi e avrebbero potuto fare amicizia con gli altri.
Entrarono in un grande tempio, pieno di bambini. Gran parte di loro interruppe i  giochi e si precipitò da João e Galgo. Entrambi andavano spesso dai bambini per giocare con loro e si erano guadagnati la loro fiducia. Una marea di piccoli uomini li investì.
«Piano bambini!» trillò il gigante, cercando di bloccare lo scatto di gioia. Era felice di essere uno degli idoli dei pargoli, ma in quel momento era troppo preoccupato per Tyko, Shura ed Angelo.
Dopo aver calmato i bambini, affidarono i tre nuovi arrivati ad una nutrice, che li condusse in quelli che sarebbero stati i loro letti.
«Venite bambini.»
La nutrice era una giovanissima ragazza,con i capelli e gli occhi neri. Shura ebbe un tuffo al cuore quando la vide, per un istante ebbe la certezza di avere di nuovo sua madre davanti agli occhi. Una certezza effimera, che gli lasciò l’amaro in bocca. La donna aveva una voce dolce e rassicurante. Li condusse in una delle tante camerate, ammobiliata con letti e comodini. Il perimetro della stanza era tracciato da una serie di armadi. Ogni bambino aveva il suo spazio, seppur piccolo. Indicò ai bambini i loro armadi e i loro letti. Erano stati sistemati l’uno accanto all’altro. La donna li aiutò a mettere i vestiti negli armadi e poi li lasciò da soli per potersi ambientare. Chiamò via tutti gli altri bambini e con loro si allontanò.

«Mi mancheranno João  e Galgo» sospirò Tyko, seguito dai sospiri di Shura e Angelo che condividevano lo stesso pensiero
«Li vedremo fuori – intervenne Angelo, cercando di cambiare discorso – dopotutto sono i nostri maestri, ci alleneranno loro.»
«Già» la risposta di Shura.
«Avete visto quanti letti? Saranno tutti occupati?» Tyko si guardava intorno, incuriosito da quella moltitudine di brande.
«Spero di no – intervenne Angelo – siamo troppi»
«Io spero di sì – trillò Tyko – magari diventiamo amici di tutti.»
«Non credo – disse Angelo, con la mente che cominciava a tornare a dolorosi ricordi – non ho avuto una bella esperienza. In orfanotrofio non mi sono trovato bene e non ho mai avuto amici. Non credo che andrò bene neanche qui.»
«Ora hai noi – lo interruppe Shura con un sorriso – Noi siamo una squadra e saremo cavalieri. Torneremo qui come cavalieri d’oro»
Angelo non condivideva il buonumore e l’ottimismo dell’amico spagnolo, ma sperare non aveva mai fatto male a nessuno. Se Shura ci credeva, poteva farlo anche lui. Tyko annuì all’idea di Shura e tirò il cuscino ad Angelo.
Angelo fu colpito in piena faccia dal soffice guanciale e restituì il favore.
I tre bambini cominciarono così a giocare e a ridere. Sapevano che erano legati per sempre. Niente li avrebbe mai divisi, neanche la morte.

I giochi furono interrotti da un’altra nutrice che entrava a chiamarli. Era più vecchia dell’altra e anche più antipatica. Non li sgridò, ma li chiamò fuori.
Li condusse in un’arena, dove c’erano tantissimi altri bambini. I tre riconobbero subito alcuni dei bambini che avevano incontrato pochi minuti prima.
Diverse nutrici intrattenevano i bambini più piccoli, mentre i bambini più grandi giocavano per conto loro. I tre vennero condotti dai bambini più grandi, con i quali nacque subito una certa antipatia.
Alla fine i nuovi arrivati restarono per conto loro, finché non arrivarono Galgo e João seguiti da tre bambini saltellanti.
«Angelo! Tyko! Shura! Venite un po’ qui!» trillò l’irlandese facendo ampi cenni con le braccia.
I tre ubbidirono al richiamo e si precipitarono dai loro maestri.
«Vogliamo presentarvi tre dei bambini più simpatici che abbiamo – continuò Galgo – queste due canaglie sono Saga e Kanon, imparerete a non confonderli col tempo e quest’angioletto è Aiolos.  Loro hanno già cominciato gli allenamenti, per cui li vedrete meno spesso degli altri.»
I sei bambini si studiavano e si guardavano sospettosi.
«Noi quando inizieremo  – chiese Angelo – con l’addestramento?»
«Tra qualche giorno mio adorato discepolo! Ora vi lasciamo soli, perché non fate amicizia nel frattempo? Tra meno di un’ora sarà pronta la cena, per cui avete un po’ di tempo.»
Galgo e João s’incamminarono lungo il sentiero dal quale erano arrivati.
Nessuno dei bambini mosse un muscolo, restarono impietriti. Ognuno sul posto. Restarono così qualche minuto. Alla fine una delle tre nuove conoscenze, si avvicinò a Shura e gli tese la mano, sfoderando un grosso sorriso.
«Mi chiamo Aiolos, spero che ti troverai bene qui. Non è male.»
«Shura. Grazie per il benvenuto» la risposta dello spagnolo.
Saga e Kanon seguirono l’esempio dell’amico e si presentarono a loro volta, prima a Shura, poi ad Angelo e poi a Tyko.
Ancora silenzio. Sembrava che davvero non sapessero che dirsi. Fu Tyko a rompere il silenzio.
«Da dove venite?»
«Siamo greci, tutti e tre – rispose Aiolos per tutti. – Voi?»
«Io vengo dalla Svezia, lui dall’Italia e lui dalla Spagna.»
Alla risposta di Tyko cominciarono i commenti degli altri tre bambini, che, pur non sapendo esattamente dove si trovassero quei paesi stranieri cominciarono a far loro domande e a fantasticare, immaginando lontani e perduti luoghi esotici. Angelo si ritrovò a parlare con Kanon, che gli raccontava a grandi linee le gioie e le fatiche dell’addestramento, Saga discorreva con Tyko del sole e ascoltava con interesse la notizia che in Svezia il sole era molto meno violento e che le giornate erano corte, Shura ascoltava Aiolos che tentava di strappargli qualche parola.
Alla fine, con le coppie che si erano formate si diressero verso la mensa, guidati da Aiolos e Shura, che continuava nel suo ostinato silenzio.
Mangiarono seduti allo stesso tavolo, ma c’era un nuovo bambino. Più piccolo.
«Questo è mio fratello – trillò Aiolos – si chiama Aiolia.»
Aiolia subito si diresse da Angelo, attirato dai capelli bianchi. Gli si allungò contro, chiedendogli con gli occhi di essere preso in braccio. Angelo accontentò il bambino, perplesso, non capiva cosa volesse.
Appena  Aiolia venne sollevato si gettò immediatamente ad impastare quei capelli così strani ed inusuali per un bambino. Angelo sorrise, contento di non aver causato il clamore che avrebbe portato all’ennesimo allontanamento. Il piccolo continuava a drizzare piccole ciocche di capelli, arrotolandole e poi scompigliandole, lasciandosi andare ad una risata di tanto in tanto.
Aiolos decise di interrompere il gioco del fratello e di permettere a tutti di mangiare, prendendolo con delicatezza dalle braccia dell’italiano e lo mise seduto.
Non gradì. Cominciò a frignare, incerto se lasciarsi andare ad un pianto sconsolato e consolatore.
«Dai, se Angelo vuole potrai giocare dopo i suoi capelli.» il fratello cercava di calmarlo, ma Aiolia voleva giocare con quei capelli.
Angelo si sentì in dovere di intervenire.
«Dai ci sediamo vicini e giochiamo assieme più tardi.»
Aiolia annuì poco convinto, cominciando a mangiare. La cosa positiva della mensa dei bambini era che loro dovevano solo sedersi e mangiare, non dovevano andare a prendere i vassoi e i piatti come invece toccava fare agli adulti.
La cena procedette tranquilla finché Aiolia non decise di voler giocare anche coi i lunghi capelli biondi di Tyko, trascurando Angelo. Aiolos e Tyko si scambiarono posto per non attirare l’ira delle nutrici su Aiolia.
Finito il pasto,  i bambini vennero condotti nei dormitori.
 Le speranze di Angelo furono esaudite. Erano solo in dieci in quella gigantesca camerata. I bambini sotto i cinque anni, che erano la maggioranza, dormivano in un altro stanzone.
Tutti e sei i bambini si sedettero ognuno sul proprio letto e cominciarono a parlare di come fossero arrivati in quello strano posto che ormai era diventato casa loro.


Perdonate l'intervento dell'altra volta, ma benché le mie notti trascorrano insonni, verso le 4:30 del mattino tendo a non essere troppo lucida :P
La storia continuerà a svolgersi attorno al magico trio per un altro po' e col tempo conosceranno tutti i bambini che in futuro saranno loro compagni d'arme. Per ora abbiamo quattro new-entry  ^_^
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto!

Grazie a Clarysama che ha aggiunto la fic tra le preferite e a Shaka che l'ha aggiunta tra le seguite ^_^
Mille milioni di grazie anche a:
Saruwatari_Asuka. Ciao! Grazie mille per la recensione, mi fa un piacere immenso che ti piaccia la storia. Dioskoros ha avuto la punizione che meritava ed è stato giustamente allontanato da Sion. Mi dispiace aver trattato così male una mia creazione, ma una testa d'osso alle volte ci vuole. Dopotutto doveva cominciare a tirare fuori l'indole guerriera di Shura e Tyko. Son felice che apprezzi la dolcezza di Akylina e la pazzia di Leurak ^_^ Che ti sembra questo nuovo capitolo? Un bacio :*
whitesary. Ecco qui il nuovo capitolo con  un altro lato del piccolo capricorno ^_^ Forse la sua è una delle storie più tristi che ho immaginato, ma quegli occhi a metà tra il folle e il malinconico che ha nell'anime non mi hanno ispirato altro. Spero di farti amare Shura ancor di più, anche se il mio intento segreto è quello di far innamorare il mondo di Death Mask :P Ciao e grazie mille per la recensione ^_^/
RedStar12. Vai tranquilla che probabilmente hai il supporto di tutti e sei autorizzata alla carneficina XD Te l'avevo detto che avresti avuto una concorrente come baby-sitter al Santuario, una dolce concorrente ^_^ A presto, un bacione! P.S. Per il simpatico duo ti farò penare ancora un po' nell'attesa :P
stantuffo. Ciaooo!! Sei troppo gentile ^//^ e non c'è bisogno che ti scusi, davvero! Come avrai letto Milo e Camus arriveranno un po' più avanti, ho voluto dare la precedenza ai più grandicelli per il momento ^_^ e anche loro avranno modo di raccontare la loro storia. Grazie mille e al prossimo capitolo!! Un bacio!
   
 
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