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Autore: SomethingWild    12/06/2017    3 recensioni
[Clexa, Ranya, AU]
Lexa dirige una delle società più prestigiose di Wall Street, ma sono poche le persone con cui riesce ad essere realmente se stessa, lasciando da parte la maschera che il passato e il suo ruolo le hanno imposto. Clarke si è trasferita a New York da qualche mese per realizzare il proprio sogno, supportata dalle sue migliori amiche e in fuga da una vita che non le appartiene più.
Genere: Comico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Clarke Griffin, Lexa, Octavia Blake, Raven Reyes, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo I

«Lexa, aspetta.»
Con le braccia piene di carte e la borsa che stava ormai cadendo per terra, la ragazza si fermò, girandosi verso Anya che, con un sorriso, le stava porgendo un bicchiere di Starbucks. 
L'aroma del caffè le accarezzò le narici. Sospirò esausta, mentre cercava di liberare una mano per accettare il caffè che la collega le stava porgendo. La ringraziò con un sorriso prima di riprendere a camminare verso l'ufficio. 
«Non vedo l'ora di tornare a casa» sbuffò, aprendo la porta con un ginocchio e tenendola aperta con un piede per far passare anche Anya.
«Sei sempre così noiosa» le fece notare la ragazza, mentre appoggiava delle carte sul tavolo, a cui si aggiunsero quelle che Lexa faticava a tenere tra le braccia. Anya si accomodò sulla poltrona di fianco alla libreria sorseggiando il caffè. 
Solo quando si sedette sulla poltrona di fronte alla sua, Lexa notò le occhiaie che l’amica aveva cercato inutilmente di nascondere con del correttore. Probabilmente Anya dovette accorgersi dello sguardo perplesso di Lexa che non si staccava da lei, perché chiese: «Che cosa?»
Lexa scosse la testa, divertita: «Nottataccia?»
Anya non rispose, ma preferì finire la tazza e appoggiarla sul tavolino. 
«Sai chi farà nottataccia, se non finisce quelle carte prima delle sette?» domandò retorica.
Lexa alzò gli occhi al cielo: «Potresti aiutarmi, invece di-»
Non riuscì a terminare la frase, perché l'amica la interruppe con un verso di totale disappunto: «No. Tu sei il capo: fai il capo. Io appoggerò il mio bel sederino su quella sedia e mi limiterò ad ascoltare le lamentele dei tuoi dipendenti che non riescono a chiudere nessuna trattativa perché il loro capo è troppo impegnato ad acquisire una società solo perché la segretaria dell'amministratore le sta simpatica.» Con queste parole Anya si alzò dalla poltrona e uscì dall'ufficio dopo essersi girata e averla salutata con un cenno della mano e un sorriso impertinente.
In effetti, doveva ammettere che Anya non aveva tutti i torti: erano ormai due settimane che la Woods Corp. non quotava azioni in borsa perché aveva messo sotto torchio tutti i suoi dipendenti affinché trovassero una soluzione, anche un piccolissimo cavillo legale, che le permettesse di appropriarsi della Blake&Co. senza spendere troppi soldi e creando meno danni possibili ad ambo le parti. Ad aggravare la situazione vi erano gli ingenti debiti che nel corso di soli due anni l'amministratore era riuscito a procurare alla società. Tante volte i soci anziani le avevano consigliato di farsi da parte e lasciar affondare la società o di prendersela con la forza per ricrearla da zero, lasciando a casa i dipendenti considerati superflui e abbandonando i fratelli Blake ai loro debiti. E probabilmente avrebbe fatto così, in qualsiasi altra occasione: Alexandra Woods era uno squalo in borsa, su questo non vi erano dubbi. Eppure l'idea di mollare ai loro debiti Bellamy e Octavia, che si erano ritrovati a gestire un'azienda troppo grande senza la minima esperienza per la prematura dipartita dei genitori, e di lasciare senza lavoro la "segretaria dell'amministratore che le stava simpatica", la faceva rabbrividire. Solitamente non guardava in faccia i dirigenti delle altre società, si limitava a riconoscerne l'incapacità nella gestione degli affari e dei fondi. Ma in questo caso ammetteva che i due fratelli si erano ritrovati nella famiglia sbagliata al momento sbagliato. Proprio come lei, che però era riuscita a non far crollare l'azienda, perché vi era cresciuta. Sin da quando era nata, l'avevano preparata a quel lavoro. 
Finì il caffè e si alzò dalla poltrona. Avrebbe dedicato tutta la giornata a chiudere i contratti rimasti in arretrato. Erano ormai giorni che la Woods Corp. spuntava sulla prima pagina dei principali giornali di economia. E non di certo per essere elogiata. Passandosi una mano sul volto e togliendosi la giacca del tailleur, Lexa si sedette alla scrivania e prese il primo fascicolo.
"Buon lavoro, Miss Woods" pensò, prima di iniziare a leggere il primo di tanti fogli.


Clarke bussò alla porta dell'amministratore, aspettando impaziente che chiudesse l'ennesima chiamata con l'ennesimo cliente a cui doveva ancora dei soldi: ormai era diventata routine. Appena fu sicura che la chiamata fosse finita, aprì la porta senza aspettare un invito.
«Queste sono le carte che mi avevi chiesto.» Appoggiò dei fascicoli sulla scrivania, prima di continuare: «Ha chiamato Octavia. Ha detto che è riuscita a trovare un cliente in Europa che potrebbe stanziare dei fondi sul vostro conto per ripagare i debiti più ingenti. Ma chiede la cessione dell'80% della società. Il restante 20% sarà rilevato gratuitamente qualora non restituiste i soldi entro tre anni.» Fece una piccola pausa per permettere a Bellamy Blake di assimilare le informazioni. Quando lo vide scuotere il capo, continuò: «Hanno chiamato dalla Woods Corp.» A quelle parole riuscì ad attirare l'attenzione dell'uomo, che fino a quel momento era rimasto con una mano sulla fronte e gli occhi chiusi.
«Miss Woods gradirebbe un colloquio con voi entro la fine della settimana. Dice che è urgente» aggiunse Clarke.
Vide Bellamy sospirare, prima di prendere parola: «Chiama Octavia. Fissa un colloquio con la Woods e avvisala.» 
Clarke si limitò ad annuire e ad avviarsi verso la porta. Bellamy attirò la sua attenzione: «Grazie Clarke.»
Lei si girò verso l'uomo sorridendo ed uscì dall'ufficio.
"Dovrei iniziare a cercare un altro lavoro" disse fra sé e sé Clarke mentre si sedeva e iniziava a digitare il numero di Octavia, che ormai sapeva a memoria. 
Non era stupida Clarke. Certo, non aveva studiato economia, ma non ci voleva una laurea per capire che la Blake&Co. sarebbe presto affondata e con lei Bellamy e Octavia. E anche la paga che le permetteva di pagare il corso d'arte del college che stava frequentando, sperando di portare avanti il suo sogno. Per quanto ci tenesse ai colleghi e ad Octavia stessa, non poteva di nuovo metterli prima dei suoi bisogni. Presto o tardi, l'avrebbero licenziata. E, se non l'avessero fatto loro, sicuramente lo avrebbe fatto Alexandra Woods o il pazzo che avrebbe acquistato la società. Il taglio al personale superfluo era scontato e lo era ancora di più il fatto che lei rientrasse in quella categoria. 


Lexa non poté trattenere un sorriso mentre leggeva il titolo del giornale che teneva fra le mani: era valsa la pena trattenersi in ufficio fino alle due di notte per concludere più contratti possibili. 
Salì i gradini che si trovavano di fronte all'entrata del palazzo bevendo il solito caffè di Starbucks. Il vento di novembre stava iniziando a farsi sentire prepotente,  scompigliandole i capelli, quindi fu sollevata quando, dopo aver salutato il portiere con un cenno del capo, varcò la soglia della Woods Corp.
"Alexandra Woods fa scacco matto. La Woods Corp. è di nuovo una delle prime a Wall Street." Poteva abituarsi a certi complimenti. Annuì fra sé mentre entrava nell'ascensore e continuava a leggere l'articolo. 
Quando finalmente raggiunse il ventottesimo piano, si avviò verso il proprio ufficio, gettando il bicchiere ormai vuoto nel primo cestino che incontrò.
Mentre sfogliava il giornale, si sentì chiamare da Anya: «Ehi Lexa!» Le si affiancò.
Sembrava tranquilla e felice. "Un'altra cosa positiva" pensò Lexa guardando di sottecchi l'amica. 
«Nottataccia?» le domandò Anya mentre le apriva la porta. 
Lexa la fissò fra lo stupito e l'offeso. Notando lo sguardo della ragazza, Anya non trattenne un sorriso: «Avanti. Stavo scherzando.» 
L'amica si avviò verso il tavolino prendendo lo scotch e riempiendo due bicchieri. Si avvicinò a Lexa porgendogliene uno: «Ad Alexandra Woods. Il Commander di Wall Street.»
Fecero scontrare i bicchieri prima di svuotarli in un sorso. Ormai era un'abitudine la loro: ogni volta che Lexa e la Woods Corp. finivano in prima pagina con feedback positivi dovevano brindare.
«Ora che abbiamo consumato quest'usanza possiamo tornare al lavoro, Anya?» il capo della Woods Corp. indicò l'uscita dell'ufficio.
Anya si schiarì la gola: «Certo. Per questo siamo qui.» Prese il bicchiere dalle mani di Lexa e lo riappoggiò sul tavolino. 
«L'incontro con Bellamy e Octavia Blake è fissato per domani pomeriggio alle quattro. Credo che anche questa notte la passerai insonne.» 
Lexa alzò le spalle: «Mi limiterò a mettere le cose in chiaro. Non indorerò la pillola: non possiamo incontrarci a metà strada.»
«Quindi hai trovato una soluzione?» le chiese curiosa e stupita Anya.
«Forse. Ci sto lavorando. Ora che ho guadagnato un po’ di tempo, posso dedicare la giornata a questo» rispose, indicando il grosso fascicolo titolato "Blake&Co.".
Vedendo Lexa sedersi ed iniziare a sfogliare le carte, Anya uscì dall'ufficio. 
Finito il lavoro avrebbe dovuto trascinarla a festeggiare o, per lo meno, a svagarsi. Da quanto tempo non uscivano insieme a bere qualcosa? Anya scosse la testa: Lexa aveva decisamente bisogno di staccare la spina.

Lexa distolse lo sguardo dal computer. 18.30. Sbuffò. Anche quella giornata stava per finire e non era stata meno pesante della precedente. Nonostante non avesse dovuto controllare così tanti fascicoli, i documenti che aveva rianalizzato per avere un quadro più completo della situazione finanziaria della Blake&Co. erano molti e averli riletti di nuovo, senza che il suo attento occhio critico si facesse sfuggire un numero o una clausola, le aveva fatto desiderare un letto. E, soprattutto, di non essersi mai messa in affari con i fratelli Blake: la situazione era più grave di quanto avesse inizialmente previsto. Motivo per cui quella mattina, prima Titus e poi Indra, entrambi soci anziani, erano passati dal suo ufficio intimandole di lasciare la società. 
A poco erano valsi i tentativi di Anya di fare in modo che nessuno la disturbasse, come le aveva chiesto di fare Lexa per telefono verso metà mattina, più per paura che la trovassero con gli occhi chiusi fra i documenti che perché avesse molto lavoro da fare. I due avevano ignorato le parole dell'amica ed erano entrati nel suo ufficio, e per l'ennesima volta in poche settimane avevano scosso la testa alla sua richiesta di pazientare. 
La loro reazione non era stata diversa quando aveva esposto a grandi linee l'idea che l'aveva colta la sera precedente mentre tornava a casa. Ovviamente non era perfetta e andava ancora affinata. I documenti che aveva riletto quella mattina rendevano l'operazione più difficile, ma non impossibile. Aveva solo bisogno di qualcuno che la appoggiasse professionalmente, sia per definire più adeguatamente il piano sia per presentarsi meglio di fronte ai fratelli Blake. 
Il suo pensiero volò a Lincoln. Sicuramente lui non le avrebbe negato un consiglio ed un eventuale appoggio. Annuì mentre decideva che lo avrebbe chiamato appena arrivata a casa.
«Gustus è arrivato. Ti aspetta di sotto.» Anya entrò nell'ufficio di Lexa.
«Vuoi un passaggio a casa?»
«No, tranquilla. Ti chiamo più tardi. Devo ancora sistemare un paio di cose.»
«Come vuoi.» Lexa scrollò le spalle mentre Anya spariva nuovamente.
Si lasciò andare contro lo schienale della sedia e si girò verso le vetrate. Aveva già iniziato a fare buio. Si prese qualche minuto per osservare lo skyline di New York. 
18.48. Un lungo sospiro accompagnò i suoi movimenti mentre si alzava e si infilava il cappotto. Prese la borsa ed uscì dall'ufficio trovando la scrivania di Anya vuota. O, meglio, senza Anya. La sua borsa ed il suo cappotto erano malamente gettati accanto al computer. Preferì non farsi domande ed avviarsi verso l'ascensore. 
Come le aveva detto la collega, Gustus la stava aspettando di fronte all'uscita del palazzo. Appena la vide, la salutò gentilmente e le aprì la portiera. Lexa lo ringraziò prima di salire e chiedergli di accompagnarla a casa.
Era tanto presa ad osservare fuori dal finestrino dell'auto che si accorse solo dopo qualche secondo che l'auto si era fermata e che Gustus le aveva aperto la portiera per scendere.
«A domani, Gustus.»
«Buonanotte, Miss Woods.»
Lexa si avviò verso la palazzina e varcò la soglia. Appena raggiunse il proprio pianerottolo iniziò a cercare le chiavi avanzando lungo il corridoio.
Quando il calore dell'attico la avvolse, Lexa si lasciò cullare dalla sensazione di pace. Non perse tempo: si tolse cappotto e scarpe e si avviò verso il bagno. Ignorò completamente il telefono e la posta che aveva recuperato. Prima si sarebbe concessa un po’ di riposo fra le bolle della vasca ed un bicchiere di champagne, poi avrebbe pensato a chiamare Lincoln e Anya. Per quanto volesse loro bene, il suo corpo e la sua mente reclamavano il silenzio e le telefonate con i due sarebbero durate parecchio. Per motivi diversi, ovvio, ma fra affari e ramanzine non sapeva cosa le avrebbe fatto peggio in quel momento.
Si immerse nella vasca e, dopo aver bevuto un sorso dal bicchiere, inevitabilmente il calore dell'acqua e il sonno ebbero la meglio e si appisolò per più di mezz'ora, ignorando il telefono che squillava. Non appena sentì tornare le forze necessarie per sostenere una chiamata di lavoro e di Anya uscì dalla vasca avvolgendosi attorno ad un asciugamano e tornò in salotto.
Ringraziò le luci automatiche che Anya aveva insistito si facesse installare -"Hai dei privilegi: sfruttali" le aveva continuato a ripetere per giorni, finché Lexa non aveva ceduto - in tal modo non dovette preoccuparsi di cercare gli interruttori o di camminare tentoni al buio. Arrivata di fianco al telefono riprodusse i tre messaggi in segreteria.
"Lexa, sono Aden. È molto che non ci sentiamo. So che l'azienda ti porta via molto tempo, ma io e Luna ci stav..."
Interruppe il messaggio prendendo un sorso dal flûte e riprodusse il successivo.
"Miss Woods, sono Murphy, del New York Times. Se si ricorda, mi aveva lasciato il numero con la promessa di un'intervista. Non si è fatta più sentire ed ho pensato di..."
Sbuffando sonoramente interruppe il secondo messaggio, sperando che il terzo non le provocasse noia, dal momento che aveva appena svuotato il bicchiere.
"Lexa, è un'ora che ti chiamo. - Il tono scocciato di Anya fece sorridere Lexa - Ti passo a prendere alle nove." Lexa stava per interrompere anche quel messaggio, ma il nome di Lincoln la fece desistere. "Lincoln ci aspetta al TonDc. Dice che è troppo tempo che non vede il tuo bel faccino e gli manca. Quindi ti conviene iniziare a prepararti. Il tempo scorre e la mia pazienza si sta lentamente esaurendo. Alle nove, chiaro? Non accetto scuse."
E Lexa non avrebbe provato a rifilargliene alcuna. Ci sarebbe anche stato Lincoln e la situazione non andava che a suo favore. 
Appoggiò il flûte vuoto sull'isola della cucina, guardando l'orologio. Anche quella sera non avrebbe cenato. Si passò una mano fra i capelli: aveva decisamente più bisogno di bere una birra in compagnia e lasciare la maschera di Alexandra Woods a casa per quella sera. 
Come promesso - o minacciato- Anya si presentò con un taxi alle nove in punto, sollevata dal fatto che non avesse dovuto supplicare l'amica per uscire: a volte era veramente irremovibile sulle sue decisioni. Non che lei fosse molto diversa, ma era sicuramente più incline a lasciarsi convincere.  

Vedendo TonDc non si sarebbe mai potuto dire che quello fosse un posto per Alexandra Woods: biliardo, tavolacci di legno abbandonati al centro del locale, pareti piene di foto e di pagine di giornale, atmosfera da venerdì sera e grandi altglass di birra che scivolavano sul bancone. Proprio per questo motivo Lexa amava andarci con Anya e Lincoln. Lì poteva essere una giovane donna qualsiasi a New York che si divertiva con gli amici e non Alexandra Woods. 
Appena la vide, Lincoln le si avvicinò abbracciandola affettuosamente. «Se non fosse che i giornali parlano di te in continuazione, penserei che tu sia spartita dalla circolazione» le disse ridendo.
«Lo so ma, come ben sai, è difficile allontanarsi dalle scartoffie.»
«Oh, certo, Lexa. Solo tu non ci riesci proprio» si intromise Anya, come sempre, mentre Lexa le rivolgeva un altro sguardo truce.
Lincoln indicò loro un tavolo in fondo alla sala e presero posto.
«Allora, ditemi un po’. Oltre ad aver quasi fatto affondare la Woods Corp. e ad averla riportata in auge in sole due settimane, cosa avete fatto?»
«Niente di che Linc. Sai, questa testa calda qui, pensa solo ai numeri. Io invece il solito -»
«Una sera di qui, una sera di là. Un letto di qui, un letto di là» la interruppe Lexa imitando il tono con cui l'amica era solita descrivere le sue avventure.
«Mi dispiace deluderti, ma no. Una sera di qui e una sera di qui. E nessun letto.» Ammiccò a Lexa con un occhiolino.
I due ragazzi, increduli, passarono lo sguardo sulla figura di Anya, per poi guardarsi e scoppiare a ridere.
«Non sto scherzando» li rimproverò offesa.
«Avanti non te la prendere.» Lexa le diede una spinta sulla spalla.
«Lexa era molto peggio al liceo» annuì Lincoln mentre il barista porgeva loro le birre.
Toccò ad Anya prendersi gioco di lei, ora: «Oh già. Ricordi la mora? Come si chiamava?»
«Le more» specificò Lincoln. «E le bionde» continuò.
«Ma le migliori erano le rosse. Quelle sì che facevano staccare Lexa dai numeri.»
Lexa li guardò offesa. Ricordava come il liceo fosse stato il periodo più tranquillo della sua vita: niente a cui pensare, nessuno a cui pensare tranne che a se stessa. Poi il liceo era finito. Anya aveva dovuto accontentarsi di un college statale: la società del padre era fallita pochi mesi prima e aveva consumato tutti i risparmi di una vita. L'amica aveva poi dovuto abbandonare il sogno di diventare avvocato quando neppure i pochi soldi che aveva messo da parte da sé le bastavano per coprire le spese. Invece lei e Lincoln erano andati ad Harvard, chi per proseguire la tradizione di famiglia, chi per una borsa di studio. 
Harvard. Il luogo che più le aveva donato e che più le aveva tolto.
Il suo sguardo si incupì all'improvviso, spostandosi ad osservare il fondo della bottiglia di birra.
Non notò gli sguardi preoccupati che le lanciarono Lincoln e Anya. Era troppo presa a ricordare una vita precedente. Una vita che, purtroppo, non le apparteneva più, che le era stata strappata via in pochi mesi e il cui spettro le ricordava continuamente il peso delle responsabilità che veniva abbandonato all'improvviso sulle sue spalle, senza che nessuno le chiedesse se fosse pronta ad essere veramente adulta, veramente responsabile. 
E Lexa era diventata solo Alexandra Woods. Solo un'anima a cui era stata strappata via l'altra metà. Solo il Commander di Wall Street. Solo l'ereditiera di una delle famiglie più potenti di New York.
Fu Lincoln a rompere il silenzio che era sceso: «Che ne dici di darmi la rivincita a biliardo?» le chiese con tono comprensivo.
«Per quanto odi ammetterlo, Linc, Lexa è troppo forte con la stecca. Anche se non si direbbe.» Anya tentò di virare la conversazione verso acque più leggere, ma ciò che ricevette in cambio non fu altro che lo sguardo di supplica di Lexa. 
Era uscita quella sera per svagarsi. Per non pensare troppo alla Woods Corp., ad Harvard, a ciò che aveva perso, a ciò che aveva guadagnato. Voleva solo essere Lexa, quella sera. Eppure in pochi istanti si era resa conto di essere tutto quello: Lexa era anche Alexandra Woods, ma Alexandra Woods era anche Lexa. 
Svuotò la bottiglia di birra e si alzò di colpo dalla sedia: «Ti concedo la rivincita.»
«Perfetto allora.»
Lexa lo interruppe: «A patto che se vinco io mi dai una mano con la Blake&Co.»
Vide Anya alzare gli occhi al cielo e sbuffare.
«Affare fatto» rispose Lincoln.





NdA 
Dopo vari - e non ancora del tutto risolti - ripensamenti l'ho pubblicato: il primo capitolo della long a cui lavoro da ormai mesi.
Più rileggo più non mi convince, soprattutto i primi capitoli, forse perché avevo uno stile un po' diverso, forse perché in realtà la forma finale non mi convincerà mai. 
E quindi niente, questo è il primo capitolo in cui vengono presentati alcuni dei personaggi principali. Se vi va, fatemi sapere cosa ne pensate.
Grazie mille per aver letto.
Grazie mille anche alla mia pazientissima beta che sopporta ogni mio sclero. 
A presto, 

Chiara 
   
 
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