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Autore: Crilu_98    12/06/2017    4 recensioni
Secondo capitolo de "The Walker Series" - non è necessario aver letto la prima storia.
Mark ed Elizabeth Walker sono fratelli ma non si vedono da dieci anni, da quando un terribile incidente ha cambiato per sempre le loro vite. Elizabeth è una ragazza insicura e tormentata dai sensi di colpa che all'improvviso è costretta a lasciare la cittadina di campagna dove ha sempre vissuto e a raggiungere San Francisco per salvare il fratello. Aiutata da uno scontroso gentiluomo dalle origini misteriose, da una risoluta ereditiera poco convenzionale e da un impacciato pescatore italiano, Elizabeth dovrà fronteggiare un intrigo molto più grande di lei. Un complotto che potrebbe diventare la miccia di un'incontrollabile rivolta operaia...
Genere: Azione, Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo | Contesto: Il Novecento
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'THE WALKER SERIES '
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-Cosa penseresti di me, se ti dicessi che questo non è il primo uomo che ho ucciso?-
 
Ponderai con calma la mia risposta, senza osare distogliere lo sguardo da quello quasi folle di Connor: gli occhi color ambra risplendevano di una luce febbrile e tormentata.
-Vengo da un territorio selvaggio, la violenza non mi stupisce. Mio padre è stato in guerra e ci sono delle persone che lo considerano ancora un assassino per questo…-
Price scosse la testa, sbuffando irritato.
-No. Io ho ucciso a sangue freddo, guardando negli occhi l'uomo a cui ho sparato. Cosa mi dici di questo?-
Piegai il capo di lato, con uno strano ronzio nelle orecchie: ero stanca, sconvolta e quell'aspetto di Price non mi piaceva. Nonostante fosse prepotente, ombroso e la maggior parte delle volte anche sgarbato, Connor era il mio unico punto fermo in quella città, un solido ponte di collegamento tra me e Mark; mi ero affidata a lui un po' per necessità e un po' perché l'uomo che avevo intravisto sotto la sua maschera di impertinenza mi era sembrato degno di fiducia.
-Cosa è successo?- chiesi quindi, decisa a saperne di più.
Pensavo che lui si sarebbe opposto, che se ne sarebbe andato o che semplicemente non avrebbe risposto alla mia domanda; invece iniziò a raccontare come se avesse aspettato quel momento da tutta una vita.
-Il mio vero nome è… O per meglio dire era… Connor Lennox. Sono il figlio cadetto di un duca inglese, ma non credo che questa notizia ti sorprenderà, non è un segreto da queste parti. Nessuno sembra capire la mia simpatia per questi rivoluzionari, ma la verità è che sono stato un ribelle fin da ragazzino; questa realtà non mi piace e non mi vergogno di ammetterlo, così come non mi vergognavo dei miei natali pur mischiandomi alla gente comune. Quando ero più giovane sognavo un mondo giusto, nuovo, una società egualitaria… Ora continuo a lottare più per abitudine che per reale convinzione. Dunque, ero e sono un ribelle, cosa che risultava inaccettabile al mio aristocratico padre: mi proibì qualsiasi lettura, arrivando a confinarmi nelle mie stanze affinché non avessi altri contatti pericolosi con il mondo esterno! La sua ambizione, però, lo portò a cercare anche di inserirmi tra i miei pari, dove avrei potuto contrarre un matrimonio vantaggioso per la sua carriera politica…-
-Di solito questo è un ruolo che spetta alle donne!- commentai, con un mezzo sorriso. Connor piegò un angolo della bocca, imitandomi senza allegria.
-Quando si trattava di potere, mio padre non faceva distinzioni tra maschi e femmine, o tra familiari ed estranei: eravamo tutti sacrificabili. Per mia sfortuna, scoprii che quella società che tanto disprezzavo poteva soddisfare i miei istinti più bassi, ovvero la passione per il gioco, per l'alcool, per le donne… Divenni un uomo molto diverso dal ragazzo sognatore e pieno di ideali che ero stato. Una sera incontrai una donna di qualche anno più vecchia di me, bellissima, arguta, raffinata e… Sposata. E non con un vecchio barboso che la guardava a malapena, ma con un suo prestante coetaneo! Ho avuto modo di riflettere molto su questa faccenda, nel corso degli anni, ed ora ti posso dire che lei era annoiata dal lusso, dal marito e dalla vita. Perseguiva un piacere dopo l'altro, compiacendosi delle sue conquiste ma stancandosi velocemente di ogni uomo che aggiungeva alla sua lista di amanti. Quando la incontrai… Più o meno sei anni fa… Non la pensavo a questo modo, anzi, la credevo follemente innamorata di me. Non posso affermare che da parte mia fosse amore, probabilmente era invece solo un capriccio giovanile; fatto sta che il marito di questa gentildonna, irritato dalla mia costante presenza in casa sua e dalle voci del ton londinese, mi sfidò a duello.-
Sobbalzai, irrigidendomi sulla sedia su cui ero adagiata: iniziavo a capire come sarebbe andata a finire quella storia.
-Ci sfidammo all'alba di un giorno nebbioso, in mezzo ad un prato; lui era furioso, io spavaldo. Sparammo la prima volta, ma entrambi i colpi andarono a vuoto. La seconda sentii un bruciore diffuso sul petto e strabuzzai gli occhi, convinto di stare per morire… Invece era solo un graffio, mentre l'altro uomo era a terra, agonizzante.-
Si interruppe, emettendo un verso a metà tra la risata ed il singhiozzo.
-Ho ucciso un uomo per gioco… Per niente. Per qualcosa di vago, di indefinito, per qualcosa che ho perso o che forse non ho nemmeno mai avuto! Dio, si può essere più sciocchi?
Mio padre schiumava di rabbia: mi diseredò, ma la misericordia di mia madre lo convinse ad esiliarmi in America con qualche bene. Ad ora, vivo della carità di quella santa donna che si priva di una parte della sua rendita annua per mantenermi…-
La sua voce si spense con un ansito incerto e rimanemmo in silenzio a lungo. I suoi occhi erano più limpidi ora che aveva ultimato la sua confessione, ma non per questo l'aspetto di Connor era più rassicurante. Aveva ancora i capelli scompigliati ed il volto rigato del sangue di Jefferson; fu per quello che, quando si avvicinò in cerca di una mia reazione, io sobbalzai. Non avevo mai sopportato la vicinanza del sangue.
Lui, ovviamente, interpretò male quel gesto e a nulla valsero i miei richiami, i miei tentativi di trattenerlo: in pochi istanti stava già correndo per le scale, ferito ed instabile, diretto chissà dove.
 
Non uscii di casa per un giorno intero, torcendomi le mani nell'attesa che Connor tornasse. Avevo provato a tenermi impegnata, ma i miei pensieri tornavano sempre a concentrarsi su quegli occhi addolorati che si velavano di furore.
"Dove sarà adesso?" mi chiesi, angosciata, quando vidi che la notte iniziava a calare e di Price non c'era traccia. Senza neanche formulare un programma logico afferrai cappotto e cappello e mi avventurai tra i moli di Fisherman's Wharf alla ricerca dell'unica persona che mi poteva aiutare.
-Sa dirmi dove abita Antonio Iaconi?- chiesi ad una vecchietta incartapecorita che fissava il mare con occhi vacui da uno dei moli. Dovetti scandire più volte la domanda prima che lei mi indicasse una serie di casupole con l'indice nodoso; la ringraziai con un cenno del capo e mi avviai freneticamente verso le dimore dei pescatori, scrutando con lo sguardo le masse di lavoratori che tornavano a casa in quel momento.
Fu Tony a venirmi incontro, accompagnato da un altro ragazzo italiano che non conoscevo.
-Lui è Giacomo: è arrivato da poco, non parla l'inglese molto bene… Per questo sta con me.- mi spiegò con un sorriso.
-Tony, non abbiamo molto tempo: Price è scomparso da ieri sera!-
-Scomparso?- ripeté lui, rabbuiandosi -In che senso? Temi che l'abbiano preso per la… Per ciò che ha fatto ieri?-
-No, se ne è andato. Noi… Ecco… Stavamo parlando poi lui si è arrabbiato perché io…-
Una scintilla di rabbia attraversò le iridi verdi del ragazzo:
-Ti ha forse molestata in qualche modo?-
-Santo cielo, no! E' tutt'altra storia, Tony… Ti prego, aiutami a ritrovarlo!-
Lui sbuffò, scambiando con Giacomo qualche parola in italiano, poi mi sorrise con la sua solita aria gioviale:
-Stai accumulando favori su favori: fra un po' ti toccherà di nuovo uscire con me!-
Io ridacchiai, ma non risposi: in quel momento la preoccupazione per Connor sovrastava qualsiasi altra emozione.
Entrammo in ogni bettola e in ogni osteria che incontrammo: ero sicura, infatti, che Price si fosse rintanato da qualche parte a bere. Le altre opzioni – che si fosse rifugiato in qualche bordello o che stesse sperperando il suo poco denaro al tavolo da gioco – non le volevo neanche prendere in considerazione.
Finalmente lo trovammo disteso per terra vicino al porto, con il fiato che puzzava tremendamente di alcool e privo di conoscenza; i due ragazzi lo trasportarono fino all'appartamento mentre io masticavo improperi poco signorili nei confronti di quell'aristocratico inglese da strapazzo.
Appena entrati in casa Tony si voltò verso di me con aria confusa:
-Dove lo mettiamo?-
Sebbene da quando fossi arrivata Connor dormisse sul divano, non esitai nell'indicargli la camera da letto. Ma mentre lo adagiavano sul materasso Giacomo mi squadrò in modo approfondito e vagamente accusatorio, prima di borbottare qualcosa nella sua lingua natia; Tony si irrigidì e gli rispose a denti stretti, poi fece per congedarsi.
-Cosa ha detto il tuo amico?- domandai, forse un po' troppo vivacemente. Il ragazzo sembrava restio nel rispondermi:
-Ha chiesto se per caso voi due siete sposati…-
-E  che hai risposto?-
-Che non sono affari suoi!-
Io ridacchiai ancora, sentendo montarmi dentro un principio di isteria, ma Tony era serio:
-Dimmi la verità, Elizabeth: dormite insieme?-
Dovetti far ricorso a tutta la mia pazienza per non mollargli uno schiaffo e cacciarlo fuori di casa. Da parte sua, Tony sembrava già pentito di avermi posto quella domanda e si affrettò ad aggiungere:
-Voglio dire, ci sono i suoi abiti qui e nella casa non ci sono altre stanze da letto, quindi…-
-Per l'ultima volta: tra me e Connor non c'è niente! Siamo costretti a questa convivenza forzata di cui farei volentieri a meno! E lui dorme sul divano!-
Il ragazzo meditò un attimo su quelle parole, poi, prima di varcare la porta, disse:
-Sappi che da noi sarai sempre la benvenuta!-
Sospirai, adagiandomi un attimo contro il muro del corridoio prima di andare a verificare le condizioni di Price. Sorprendentemente, lo trovai con gli occhi aperti, anche se non era del tutto lucido; prima che potessi aprire bocca ringhiò:
-Convivenza forzata, eh?-
Chiedendomi perché si fosse soffermato proprio su quelle parole, mi sedetti sulla sponda del letto e lo ignorai:
-Come ti senti?-
Connor mi fissò attentamente, poi si fece forza sui gomiti con un gemito di dolore e si chinò verso di me:
-Sono piuttosto irritato, piccola tigre!-
-Ah, tu sei irritato?- sibilai, incrociando le braccia al petto. -Sei sparito per un giorno intero, Connor!-
-Sì, ma tu mi sei venuta a cercare! Perché eri preoccupata, vero, Lizzie? Vero che eri preoccupata per me? Sì, tu lo sei, tu a me ci tieni… Anche se meno di quanto tieni a quell'italiano incapace!-
-Cosa stai blaterando?-
-Cose senza senso, sono ubriaco, no? Ma forse un po' di senso lo hanno, almeno per me… E visto che sono ubriaco e non ci ricorderemo di questa conversazione, domani mattina, ti dirò un segreto!-
Connor sorrise e l'espressione felice distese i tratti severi del suo volto, rendendolo più giovane.
-Fin dal momento in cui sei apparsa sulla mia porta, Elizabeth Walker, ho ammirato ogni aspetto di te. Le tue contraddizioni, la tua bellezza, la tua inesperienza… Sai, probabilmente mi sono innamorato di te. Buffo, no? Ho girato i bordelli di tutto il mondo e infine ad insegnarmi l'amore è una ragazzina sprovveduta del Wyoming, ah!-
Si sporse ancora, mentre io ero come paralizzata, incapace di muovermi; Connor sfregò la testa contro la mia spalla come un gatto, con le braccia mi circondò la vita.
-Hai un profumo così buono…- bisbigliò, giocando con i miei capelli -Queste notti l'ho sognato spesso, ad occhi aperti… Mentre ti immaginavo nella stanza accanto, intenta a spogliarti o a dormire con quella deliziosa camicia da notte… Sì, perdonami, mia cara, non ho resistito: ti ho spiato, ma ti giuro su quello che vuoi che non ho messo piede in questa stanza mentre tu riposavi! Sei così bella, così diversa da me! Forse è per questo che ti voglio così disperatamente!-
D'improvviso, mentre io iniziavo quasi ad abituarmi al suo calore e al suo tocco, Connor si lasciò ricadere sui cuscini.
- Me ne sono reso conto ieri sera, sai? Quando Jefferson stava per spararti non ci ho visto più! Farei di tutto per te, sacrificherei la mia vita senza pensarci un istante e la cosa mi spaventa… Per questo non posso sopportare il tuo disprezzo. Potrei sopportare la tua esasperazione, la tua rabbia, forse anche la tua indifferenza… Ma il disprezzo no, proprio no! Perché, vedi, ti voglio come non ho mai voluto una donna in tutta la mia vita e ti amo come nessuno ti potrà mai amare, in questo mondo o nel prossimo.-
Stava ormai scivolando nel sonno, quando lo udii sussurrare:
-Ma non potrò mai averti… Perché sei la pura sorellina di Mark, mentre io sono un assassino…-
 
 
Angolo Autrice:
Ecco il mio capitolo preferito : D
Connor è un personaggio difficile da trattare ed essendo così chiuso e scostante l'unica trovata che mi è venuta in mente per fargli dire ciò che pensava era farlo ubriacare xD
Spero comunque di non aver esagerato e che il cambiamento non risulti troppo repentino… Ma non preoccupatevi, dal prossimo capitolo tornerà ad essere il solito mascalzone irriverente di sempre, anche se spero di essere riuscita a rendervelo un po' più simpatico ahahah xD
Queste "confessioni" sono un vero e proprio punto di svolta per questo personaggio, quindi che ne dite del suo passato turbolento? E come pensate che reagirà Elizabeth?
Alla prossima
 
Crilu 
   
 
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