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Autore: Scythe_Master_Branwen    12/06/2017    1 recensioni
Sono passati tre anni dal matrimonio tra Chris Redfield e Jill Valentine, quando Chris è costretto a ripartire in missione (Resident Evil 6) dopo un lungo periodo di congedo. Qualche mese dopo il suo ritorno, tuttavia, decide di tornare sul campo.
Nel frattempo, una talpa all'interno dell' B.S.A.A. mette a repentaglio la riuscita della missione di Chris, mettendolo in un pericolo mortale dal quale solo Jill potrà salvarlo.
Disclaimer: Jill Valentine e Chris Redfield, così come gli altri personaggi qui presenti sono di proprietà di Shinji Mikami e della CAPCOM. Questa storia è stata scritta semplicemente per la passione che ho per la saga di Resident Evil e per l'amore che provo per Jill e Chris, pertanto non ha fine di lucro e il Copyright si ritiene inviolato. Questa storia, così come i personaggi di Garrison e di Damian (comparirà in uno dei prossimi capitoli), sono, tuttavia, di mia invenzione, pertanto non è possibile fare riferimento a questo racconto o a questi personaggi in altre storie, a meno che non mi venga richiesto o io non dia specificatamente il mio permesso.
Inoltre, avverto che, a parte il primo capitolo, il resto della storia è ambientato dopo Resident Evil 6
Genere: Azione, Sentimentale, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Chris Redfield, Jill Valentine, Leon Scott Kennedy, Nuovo Personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Leon era distrutto. Alla DSO era stata una giornata estremamente faticosa.
Dopo il rivelato tradimento di Simmons, la lotta contro la Neo-Umbrella e l’elezione del nuovo Presidente degli Stati Uniti, alla divisione di sicurezza c’erano un gran numero di cose da sistemare.
Non dormiva da quarantotto ore consecutive; aveva detto ad Hannigan di avvertirlo se ci fossero stati problemi, ma in cuor suo sperava di potersene stare tranquillo almeno qualche ora.
Si versò un bicchiere di Whisky che trangugiò in un attimo e si stese sul letto del suo appartamento, senza nemmeno togliersi i vestiti di dosso, cercando di riposare un po’.
Appena toccò il cuscino si addormentò. Ma il suo sonno era destinato a non essere tranquillo. Si ritrovò di nuovo a Tall Oaks. Lui ed Helena stavano fronteggiando un’orda di infetti, schiena contro schiena, sparando all’impazzata. Poi lo vide. Adam Benford. Il Presidente. Il suo amico. -Signor Presidente!- gli gridò Leon, ma lui non poteva sentirlo, poiché era in mezzo a quell’esercito di mostri, trasformato anche lui, oramai, in una di quelle creature -Presidente, la prego!! Non me lo faccia fare!!- riprovò inutilmente puntandogli contro la pistola, mentre quello si avvicinava sempre di più -Presidente!- il dito sul grilletto che tremava. Il Presidente sempre più vicino -PRESIDENTE!!!- gridò disperato Leon mentre apriva il fuoco.
Si svegliò di soprassalto, con la fronte imperlata di sudore e il fiato corto, il suono dello sparo ancora nelle orecchie. Sentì la porta del suo appartamento cigolare e si rese conto che il colpo che aveva sentito non era quello nel sogno: qualcuno aveva sparato alla serratura della porta per aprirla.
Leon afferrò al volo la calibro 22 che teneva nel cassetto e si appiattì contro il muro, restando in ascolto: udì dei passi felpati scricchiolare appena sul parquet e una sicura venire tolta da un’arma.
Strinse così tanto la pistola che le nocche gli sbiancarono, poi trasse un respiro profondo e si affacciò dal bordo del muro, con l’arma pronta al fuoco; contò tre uomini e iniziò a sparare: il primo venne colto totalmente alla sprovvista, e il proiettile gli attraversò il cranio, trapassandolo da parte a parte e conficcandosi nella parete dietro di lui, ma il secondo e il terzo furono più veloci e si misero al riparo, sparandogli addosso. Leon ebbe a malapena il tempo di appiattirsi di nuovo contro il muro, prima che un quarto uomo gli si parasse davanti e lo disarmasse con una facilità imbarazzante; si maledì per non aver controllato meglio la situazione prima di uscire allo scoperto.
L’altro uomo estrasse un grosso coltello da combattimento e tentò un affondo, ma Leon fu più veloce, schivò il colpo e, prendendo il braccio del suo assalitore, glielo torse, facendogli cadere l’arma di mano, per poi tirargli un diretto sul naso; l’uomo barcollò all’indietro, inciampando nel tavolino dietro di lui e cadendo a terra, stordito. Gli altri due aprirono il fuoco, ma Leon aveva percorso la distanza che li separava da lui con un balzo, facendogli mancare il bersaglio e contrattaccando, costringendoli in un combattimento corpo a corpo.
Quegli uomini erano professionisti, si vedeva dal loro stile di lotta, fluido e privo di esitazioni, ma per quanto fossero bravi, Leon lo era di più: mise KO uno dei due con un calcio in pieno volto, che lo mandò a sbattere contro il muro, ma il secondo prese la bottiglia che aveva lasciato lì poco prima e gliela spaccò sulla testa, mandando schegge di vetro in ogni direzione.
Leon indietreggiò, con un taglio causato dalla bottiglia che gli faceva colare il sangue negli occhi. L’altro uomo ne approfittò per cercare di colpirlo nuovamente, ma lui riuscì a bloccarlo in tempo, usando lo slancio del suo nemico per buttarlo fuori dalla finestra.
Il vetro si frantumò e l’uomo cadde di sotto con un grido.
Leon stava per tirare un sospiro di sollievo, quando si ricordò dell’aggressore con il coltello. Si girò, ma era troppo tardi. L’altro si era già rialzato e aveva preso la sua pistola, che esplose un colpo subito dopo, centrandolo al fianco sinistro; nonostante il dolore lanciante, Leon riuscì ad afferrare il coltello del suo aggressore e a lanciarglielo in pieno petto, uccidendolo all’istante.
Stremato dalla lotta, Leon si accasciò contro il letto, strappando un pezzo del lenzuolo e usandolo come fasciatura provvisoria per la ferita sul fianco, poi guardò nelle tasche del giubbotto del cadavere che aveva di fianco, cercando possibili indizi sulla sua identità.
Frugò per un po’, finché non trovò un telefono con un messaggio criptato al suo interno -Dannazione...- mormorò.
Prese il suo palmare e scaricò le informazioni cifrate, poi chiamò chi poteva aiutarlo -Hannigan- disse -Leon! Che succede?- esclamò lei, notando il suo tono di voce -Lascia perdere, ti sto inviando delle informazioni cifrate. Ho bisogno di una decrittazione- proseguì lui -Dammi solo un momento-
Passarono pochi secondi, poi Hannigan parlò di nuovo -Le abbiamo decrittate- Leon aprì il file che la donna gli aveva mandato e iniziò a leggere. Quando finì, si alzò di scatto e corse alla sua moto, parcheggiata vicino alla palazzina -Leon?! Che sta succedendo? Cos’erano quei file?- insistette Hannigan al telefono -Ti aggiornerò più tardi- rispose secco lui -ora devo andare- chiuse la chiamata e partì in direzione del Quartier Generale della B.S.A.A.
Doveva avvertirli. Erano in pericolo.

 

Jill era disperata. Le comunicazioni con Chris e i suoi uomini si erano interrotte di colpo e non erano più riusciti a ricontattarli.
Le squadre di soccorso della B.S.A.A. si stavano preparando e nel giro di un’ora sarebbero partite verso l’ultima posizione nota di Chris.
Le dissero che Leon stava venendo curato: era fuori pericolo, ma aveva perso molto sangue e si sentiva debole.
Mentre si dirigeva in sala ricreazione si sentì chiamare -Jill!-, si voltò e vide Claire Redfield correrle incontro. Claire era la sorella minore di Chris e i due erano molto uniti, perciò era logico che qualcuno l’avesse chiamata per dirle che il fratello era disperso. Le due donne si abbracciarono forte. Entrambe disperate. Entrambe in lacrime.
-Jill cosa è successo a Chris? Dimmi che sta bene, ti prego!- singhiozzò Claire -Non lo so Claire. Io...- Jill si rimise a piangere.
Fu così che Leon le trovò, strette l’una all’altra.
Quando le due donne lo videro lo raggiunsero -Leon! Dovresti essere a riposare- lo rimproverò Jill notando le fasciature e le medicazioni -Non posso- rispose lui -devo...- una gamba gli cedette e Jill e Claire lo fecero sedere -Cosa intendevi dire prima con “è una trappola”?- gli chiese Jill.
Leon tirò fuori il palmare dalla tasca e glielo porse -Guarda tu stessa- le disse con un filo di voce. Jill e Claire accesero il dispositivo e lessero il file che Leon aveva lasciato aperto:

 

“La prima fase del piano è riuscita. Le B.O.W. sono state rilasciate con successo in Afghanistan e la B.S.A.A. ha inviato Chris Redfield ad investigare, come previsto. Mentre voi vi occuperete di Leon Scott Kennedy, le nostre forze intercetteranno la squadra della B.S.A.A.”

 

Jill era incredula. Iniziò a tremare, mentre Claire sbiancò di colpo -Dobbiamo salvarlo- riuscì a dire -Devo trovarlo. Non sa contro cosa dovrà combattere- fece per correre via, ma Leon la bloccò -Aspetta! Se chi ha scritto questo messaggio sapeva che avevate mandato Chris in Afghanistan, vuol dire che è una talpa all’interno della B.S.A.A.!- Jill si fermò e rifletté -Claire. Claire!- chiamò bruscamente l’amica, distogliendola dai suoi pensieri -Avverti la sala di controllo che c’è un infiltrato, digli di attivare i protocolli di sicurezza- poi si girò a guardare Leon -Che ti serve?- le chiese -Non appena la struttura sarà sigillata, cerca di scoprire chi è la talpa- rispose lei -Ricevuto-
Jill non era mai stata così determinata. Dopo aver lasciato istruzioni a Leon e Claire, corse all’armeria e si preparò.
Indossò alla svelta una delle sue vecchie uniformi della B.S.A.A. che Barry e Chris avevano tenuto lì per lei, e prese le armi: un paio di pistole calibro 22, una mitragliatrice leggera MP5, un fucile d’assalto M4A1 e una manciata di granate. Stava per andare, quando in un angolo dell’armadietto vide il suo vecchio berretto blu scuro; si fermò per un momento, in preda ai ricordi, la Magione di Spencer, Wesker che teneva Chris per il collo, il vetro in frantumi e poi il baratro. A Jill tremavano le mani, voleva andare via, ma notò una lettera vicino al cappello, la prese e la aprì; All’interno c’era una foto che Chris aveva scattato poco prima della loro partenza per l’ultima missione nella quale Jill aveva indossato quegli abiti e quel cappello. Quella che avrebbe dovuto essere la loro ultima missione contro l’Umbrella e che invece aveva tramutato i successivi tre anni di Jill in un incubo. Insieme alla foto c’era un messaggio da parte di Chris:

 

“Mia cara Jill, quando il Comando ti diede per morta, sette anni fa, convinsi Barry e gli altri a lasciare intatte le tue cose e a tenerle dentro questo armadietto. Il perché? Non lo so. Per quanto avessi cercato di andare avanti dopo la tua scomparsa, non ci riuscii mai. Nel mio cuore nutrivo la flebile speranza che tu fossi ancora viva e questo pensiero continuava a darmi la forza per andare avanti. Jill, noi non ci siamo mai arresi, abbiamo continuato a combattere anche in situazioni disperate. Un giorno avremo la pace che ci meritiamo, ma dobbiamo continuare a lottare per poterla ottenere. Non arrenderti ora amore mio, come non mi sono arreso io all’idea che tu fossi morta. Con Amore, Chris”

 

Jill finì di leggere il messaggio, si infilò la foto in tasca, prese il berretto e lo indossò.
Le Squadre di Soccorso stavano per decollare quando Jill le raggiunse e salì a bordo dell’aereo con loro.
-Ti troverò, ovunque tu sia- sussurrò rinnovando la promessa che aveva fatto a Chris -Lo giuro-

   
 
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