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Autore: Hell Storm    13/06/2017    1 recensioni
Da bambina papà mi diceva che dove c'era la luce, c'era la vita, la speranza ... e il pericolo. Solo nel 2077 mi fu ben chiaro il vero significato di quelle parole, quando le bombe caddero e il mondo bruciò. Io e altri miei commilitoni ci salvammo nascondendoci fra le mura della nostra base, ma quando uscimmo alla luce, il nostro mondo non c'era più. Rimasti soli e a guardia di uno dei più grandi tesori prebellici della storia, decidemmo di fondare il primo insediamento della Zona Contaminata. Un faro di speranza in un oceano di morte e buio che avrebbe attirato altri superstiti in cerca di aiuto e di conseguenza anche intere legioni di mostri nati dalle radiazioni e predoni senza scrupoli.
Io sono il sorvegliante Rocket Earp. Noi siamo i fondatori di Beacon City. La Zona Contaminata è il nostro mondo. E questa ... è la nostra storia.
Genere: Avventura, Azione, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio
Note: Cross-over, Otherverse | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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White Flat cade!

La terra tremò e il mondo si sgretolò

 

 

27/12/2077 D.C.

 

Stati Uniti d’America/Commonwealth dei Quattro Stati

Colorado/Contea di Las Animas/A dieci miglia dalla base di White Flat

Ore 09:21

 

37°62’54.71”N 104°44’86.93”O

 

I vertibird volavano indisturbati sulla Zona Contaminata. Sotto le loro fusoliere la terra era marcia e irradiata, mentre sopra i cieli continuavano ad essere oscurati dalle coltri di cenere, impedendo ai raggi solari di illuminarci la via.

La squadra Vault stava viaggiando a bordo del V1 e del V2 con la stessa formazione di due giorni fa. Solo che con loro viaggiavano anche la squadra Coyote del sottotenente Grant e i Rattlesnakes di Lopez. I Rattlesnakes erano a bordo del V1, mentre i Coyote sul V2. Earl Flores si era unito alla nostra squadra di sua spontanea volontà. Alla nostra squadra avrebbe fatto molto comodo una persona con la sua esperienza in superficie. Pure Atom aveva deciso di seguirci in missione, ma dubitavo che fosse al corrente dei rischi e dei possibili pericoli che ci attendevano.

-Quindi per eliminare un ghoul ferale bisogna sparargli dritto in testa?- Ci chiese uno dei Rattlesnakes.

-No. Puoi sparargli anche al torace per ucciderli e alle gambe per farli cadere, ma fargli saltare le cervella e di sicuro il modo migliore per abbatterli.- Gli rispose Bud alla radio.

-E per quanto riguarda i non ferali?- Chiese Lopez fissando il nostro pilota.

Isaac gli rispose mostrandogli il dito medio, ma senza distogliere lo sguardo dai comandi.

Lopez era nato con un umorismo cinico e sprezzante che in certi casi lo rendevano un pizzico antipatico. Ciò nonostante, ognuno di noi cercava di sopravvivere a modo suo, quindi era sopportabile.

-Comunque questa storia non mi piace.- Commentò il marconista dei Rattlesnakes.

-Cioè?- Gli chiesi aspettandomi una sequela di lamentele.

-Insomma … stiamo per raggiungere una base che forse non esiste più, quando invece potremmo starcene belli comodi nel P1 a fare il solito lavoro di routine.-

Qualcuno si era svegliato con il piede sbagliato quella mattina.

-La gloria è una lauda ricompensa, che spesso va conquistata mettendo a dura prova lo spirito degli uomini.- Gli rispose Grant attraverso la radio.

Le parole del poeta guerriero non risollevarono del tutto l’umore dei presenti. Ci pensò Earl a mettere ben in chiaro il motivo della missione.

-E se la giù ci fosse ancora qualcuno? E se la giù ci fossi tu?- Gli chiese.

Il marconista non poté controbattere. Forse una cassa di munizioni non sarebbe valsa tutta quella fatica, ma per un gruppo di commilitoni dispersi nella Zona Contaminata, si poteva anche rischiare.

Passarono altri tre minuti prima che il silenzio nella cabina venisse spezzato.

-Red, questa dovresti vederla.- Disse Isaac scrollandomi la spalla.

Tolsi lo sguardo dalla schermata dal mio Pip-Boy, mi alzai di poco dallo schienale del copilota e guardai attraverso le feritoie blindate della cabina. Per un attimo credetti che fossimo finiti in un una sorta di ambientazione infernale e lugubre al tempo stesso.

Le pianure a nordovest non erano come quelle della contea di Boise. Li la luce si mischiava con le particelle radioattive nelle nuvole e generava una cortina di nebbia giallognola dall’aspetto tutt'altro che salutare.

-Dentro cosa stiamo volando scusa?- Chiesi al pilota.

-La temperatura e la velocità del vento sono più alti rispetto a casa nostra.-

-Secondo i GPS dei vertibird dovremmo essere vicini all’epicentro del sisma scatenatosi ieri sera.- Ci informò Spectrum.

-Qualche idea Mr. B?- Chiese Isaac al suo collega.

-No. Certe cose non le vedi a casa mia. Forse solo nel cielo inquinato di Pechino o Linfen. Le turbolenze però stanno aumentando.-

-D’accordo ci abbassiamo.-

I due vertibird si inclinarono verso il suolo fino a raggiungere una quota abbastanza riparata dalle turbolenze e al tempo stesso senza grattare il terreno.

Mi volati un attimo per vedere se gli altri si fossero preparati per lo sbarco. Non mancava più molto alla base. Controllato il mio equipaggiamento usai la radio per comunicare con il V2.

-Coyote qui Vault. Stiamo per raggiungere White Flat quindi preparatevi. Armi cariche, zaini in spalla e ricordatevi l’addestramento. Atterriamo, scendiamo, V1 e V2 ripartono, portiamo a termine la missione e finiamo con il recupero. Passo.-

-Ricevuto Vault. Noi siamo pronti. Passo.-

-Anche noi Vault.- Mi informò Lopez da dietro.

La radio emise dei suoni di interferenza, dandomi l’idea di un malfunzionamento. Ma invece accadde qualcosa di incredibile.

-… in avvicinamento da sudest! Ehi voi identificatevi! In veloce avvicinamento da sudest!-

-Chi parla?!-

-Base aerea di White Flat. E voi chi siete?-

-Squadre di recupero di Bo…- Per poco non rovinai la nostra copertura. - Siamo tre squadre di recupero provenienti da Beacon City. Abbiamo ricevuto il vostro S.O.S..-

-NO ASPETTATE! VIRATE SUBITO! DANNAZIONE SMITH DI A LOOTAH DI NON …-

La trasmissione terminò quando il vertibird venne colpito da un proiettile di contraerea. Il colpo ci fece sobbalzare tutti quanti. Anche Isaac ne rimase sbigottito. Solo che lui, a differenze di noi, non si preoccupava dei danni allo scafo. Ciò che lo aveva spaventato era il lento spegnimento degli strumenti. Le luci, la console, il motore. Tutto si stava spegnendo. Soltanto gli allarmi separati dal circuito principale erano rimasti in funzione.

-CHE SUCCEDE!- Urlò da dietro uno dei Rattlesnakes.

-Ci hanno colpito con un arma ad impulsi elettrici!- Spiegò Isaac.

Il ghoul era sicuramente spaventato, ma ciò non lo distrasse. Il suo cervello stava già elaborando ogni possibile soluzione.

-NE SEI SICURO?!- Gli chiesi cercando di rimanere il più tranquilla possibile.

Isaac indicò un punto alla mia sinistra. Attraverso la feritoia laterale vidi il V2 virare a sinistra ed evitare tre sfere azzurre e accecanti provenienti da un qualche punto più avanti.

-V2, qui V1! Andatevene, ripeto …- Ordinai alla radio.

-È inutile Red!- Mi fece notare Isaac.

Fissai il microfono come una stupida, rimettendolo poi a posto dopo averlo maledetto.

-SPECTRUM! QUALCHE IDEA?!- Chiesi sovrastando l’allarme di stallo e i gridolini di Nick.

-SE NON HA L’ALIMENTAZIONE NON POSSO CONTROLLARLO!-

-Cazzo!- Pensai.

-DIPENDE TUTTO DA ISAAC!-

-Isaac? Tesoro della mamma, tu sai cosa fare?!- Chiesi cercando di non farmela sotto.

-SENZA LA FORZA DEI MOTORI SIAMO PRATICAMENTE UN CARRO ARMATO VOLANTE! PER UNA PROCEDURA DI RIAVVIO NON ABBIAMO TEMPO! DEVO SFRUTTARE TUTTA LA FORZA DI INERZIA RIMANENTE! VOI STATE FERMI E TENETEVI STRETTI!-

Lasciai che il pilota si desse anima e corpo alle procedure di atterraggio. Le sue braccia erano tese come corde di un violino e il suo volto un miscuglio di determinazione e concentrazione. Alle nostre spalle udii la preghiera di uno dei passeggeri. Forse Dio l’avrebbe udita in mezzo a tutto quel casino.

-LA PISTA! VEDO LA PISTA DI ATTERRAGGIO!- Esclamò il pilota. -CI SIAMO PROPRIO SOPRA!-

La foschia ci aveva impedito di vedere con chiarezza il suolo durante il volo, ma per nostra fortuna le luci rosse di posizione la segnavano con chiarezza anche a quell’altitudine.

-Credi di poterci far atterrare?- Chiesi speranzosa.

-Ti assicuro che stiamo per atterrare, in un modo o nell’altro! Non abbiamo più spinta per un altro tentativo! La nostra unica possibilità è di atterrare senza farci male!-

Isaac aveva allineato il muso del Vertibird con il rettilineo della pista. Stava per inclinare leggermente la cloche, ma qualcosa lo bloccò.

-Merda. Il carrello. ROCKET DOBBIAMO FAR SCENDERE IL CARRELLO MANUALMENTE!-

-COSA?! E COME?!- Stavo già ipotizzando di aprire il portellone, scivolare sotto la fusoliera e prendere a calci il carrello cercando di non cadere.

Isaac però estrasse da sotto il sedile una manovella di metallo simile a quelle che venivano usate per accendere le prime automobili del ventesimo secolo.

-Inseriscila in quel buco e girala in senso orario fino a sentire lo scatto!- Mi spiegò Isaac indicandomi un foro vicino al portellone all'altezza dei sedili posteriori.

Mi slacciai la cintura, afferrai la manovella e scattai verso il portellone. Inserii la manovella come una chiave nella sua serratura e iniziai a girarla. Il meccanismo faceva un po' di forza, ma sentire gli ingranaggi muoversi mi rassicurò. L’esatto opposto delle scosse che mi fecero attorcigliare le budella.

-STIAMO PERDENDO QUOTA TROPPA IN FRETTA! ABBIAMO MENO TEMPO DEL PREVISTO!- Ci informò Isaac.

-Ti prego carrellino, scendi più in fretta!- Implorai.

Guardai fuori dalla feritoia del portellone e mi accorsi che la terra ingiallita si stava avvicinando sempre di più. Proprio quando pensai che non sarei mai riuscita a far scendere le ruote fino in fondo la manopola si bloccò di scatto.

-CE L’HO FATTA!!!- Esultai.

-PRONTI ALL’IMPATTO!- Urlò Isaac.

Non ebbi neppure il tempo di tornare a sedermi che le ruote avevano già assorbito parte dell’impatto. Il rimbalzo fece sobbalzare bruscamente il velivolo e tutto ciò che al suo interno non era stato ben assicurato. Rimasi per un’istante a mezz’aria, con i piedi staccati dal pavimento e le braccia alla ricerca di un appiglio. Quando tornai per terra sbattei bruscamente con la pancia contro la paratia destra del vertibird, accusando dei dolori lancinanti agli addominali.

L’apparecchio fece una parabola lunga e abbastanza alta da farmi sbattere la nuca al secondo impatto. L’elmetto mi protesse il cranio, ma il cervello venne comunque scosso.

Il terzo impatto fu per nostra fortuna l’ultimo. Le sospensioni non ci fecero rimbalzare nuovamente, dando così ad Isaac la possibilità di manovrare il velivolo in tranquillità.

-CE L’ABBIAMO FATTA!- Affermò il pilota.

-Isaac sei un asso!- Si complimentò Nick.

-URRÀ!- Esultò Lopez.

-Grande.- Dissi io con filo di voce.

Appena il vertibird terminò di vibrare, Nick si slacciò la cintura e venne in mio soccorso un stimpak pronto all’uso. Avvicinò la siringa al mio collo e mi inietto il super composto farmaceutico. Un mix di antidolorifici fece svenire tutti i dolori, compreso quello dell’ago che non avvertì minimamente. Gli ematomi e il mal di testa causati dalle colluttazioni iniziarono a svanire e in breve tempo potei rialzarmi.

-Grazie Nick, ne avevo proprio bisogno. Isaac, com’è …-

-OH CAZZO!!!- Imprecò Isaac.

Il pilota frenò così bruscamente da far schiantare me e Nick contro gli schienali dei due sedili. Se non fosse stato per lo stimpak di poco prima, l’ennesimo scontro mi avrebbe spinta a strangolare Isaac.

-Isaac! Si può sapere cosa ti prende oggi?!- Chiesi quando il vertibird si fermò.

Mi rialzai aggrappandomi al poggiatesta e guardai il pilota in faccia. Isaac aveva lo sguardo fisso sulle feritoie del vertibird. Incuriosita dalle circostanze, fissai anch’io l’orizzonte. Per un istante pensai che la nebbia avesse inghiottito la pista, ma guardando meglio capii che a meno di due metri dal muso del convertiplano l'asfalto non c’era più.

-Com’è la davanti?- Chiese Lopez.

-È meglio se usciamo a vedere.- Gli risposi sperando di aver visto male.

Isaac, Spectrum, Lopez ed io uscimmo dal portellone di destra. Come aprimmo il portello, il contatore geiger del Pip-Boy cominciò a ticchettare. Oltre ad essere macabra, la nebbia aveva anche un livello di radiazioni sufficiente a provocare danni seri in caso di esposizione prolungata. Lopez fece segno ai suoi di stare fermi, mentre Nick ed Earl iniziarono la procedura di riavvio.

Arrivata a terra ebbi una fifa pazzesca a guardare la spaccatura. Davanti al vertibird non c’era più niente. La pista e la terra sottostante erano letteralmente scomparse, lasciando al loro posto il vuoto assoluto. Anche gli altri impallidirono vedendo una simile distruzione.

Lopez ebbe abbastanza fegato da avvicinarsi al bordo del crepaccio. Avrebbe voluto guardare più da vicino, ma spostandosi troppo in avanti fece crollare un frammento di asfalto di circa un metro. Subito il capo squadra fece retro front, lasciando il frammento precipitare nel vuoto.

Restammo fermi come delle statue attendendo il boato che però non arrivò mai. Anche se il vento aveva nascosto il tonfo, era ovvio che il burrone fosse bello profondo.

-Isaac, se non fosse stato per te, a quest’ora saremmo finiti in quel abisso.- Ringraziai.

-Dovete anche ringraziare le sospensioni modificate e i freni nuovi. Se Baatar ed io non gli avessimo cambiati, ci saremmo sfracellati al primo impatto.-

-Belle modifiche.- Si congratulò Spectrum.

-Si, ma … la base dov’è finita?- Chiese Lopez scrutando la nebbia nel vuoto.

-Nello stesso posto dove l’hanno costruita.- Disse Isaac indicando una serie di strutture dietro al vertibird.

Girammo dietro al velivolo e guardammo con i binocoli gli edifici della base. A circa trecento metri da noi si ergeva sul lato destro della pista la torre di controllo e gli edifici annessi. La nebbia ci impediva di esaminarne la stabilità, ma una cosa era certa. Avevano la luce e la stavano usando per cercarci con i fari.

-Ostili?- Mi chiese Lopez imbracciando il suo fucile d’assalto.

-Credo che siano state le loro difese ad abbatterci.- Gli rispose Isaac. -Secondo te Red?-

-Forse. Sarà meglio procedere comunque con intenzioni pacifiche. Avranno pensato che fossimo dei malintenzionati.- Ipotizzai.

-Anche adesso!- Disse qualcuno alle nostre spalle.

Votandoci si scatto scoprimmo di essere tenuti sotto tiro da uno sconosciuto a meno di cinque metri. Il tizio indossava una maschera antigas e una mimetica che lo faceva apparire come uno spaventapasseri. Impugnava un fucile di precisione con diverse modifiche già puntato contro la testa di Lopez. Prima di fare lo stesso con la sua arma, il soldato ebbe un ripensamento.

-Identificatevi!- Ordinò lo sconosciuto.

Anche se la maschera ne attutiva il tono, intuì che a parlare fosse una donna.

-Prima voi!- Gli rispose Lopez.

La donna fece un fischio acuto. Al suo “comando”, una ventina di mirini laser trafissero l’aria da più direzioni. Tutti convergerono su di noi. Temendo che le maniere di Lopez potessero farci ammazzare, decisi di prendere la parola.

-Siamo esploratori di Beacon City.- Dissi alzando le mani cercando di apparire il meno aggressiva possibile. -Abbiamo ricevuto la vostra richiesta di soccorso e ci siamo messi subito in moto. Non avete nulla da temere.-

La donna abbassò lentamente il fucile. Sì avvicinò a passo lento, facendo risuonare le placche metalliche degli stivali sull’asfalto. Si fermò a pochi centimetri da me. Mi sentivo a disagio nell’avere quello spaventapasseri ad esaminarmi da capo a piedi. E la situazione non migliorò quando la donna si tolse la maschera. Se una lince si fosse trasformata in una persona, quella sarebbe stata sicuramente la donna davanti a me. Di qualche hanno più vecchia di me e Amelia. Carnagione scura e capelli corvini. Il suo sguardo emanava ostilità a tutti i presenti.

-Mentirmi è il modo migliore per farsi seppellire una lama nella fronte.- Mi avverti la donna.

-Ok Rocket, calma e sangue freddo. Ricordati i manuali e i testi sulla comunicazione per essere più eloquenti in certe situazioni.-

-Ascolta, non siamo venuti qui per farvi del male. Noi vogliamo solo portarvi al nostro insediamento, dove …-

La donna astrasse dalla fondina un revolver di grosso calibro, la cui canna mi finì sotto alla bocca. Se avesse sparato, le mi cervella sarebbero volate in aria.

-Noi non andiamo proprio da nessuna parte.- Mi ringhio lei dandomi dei colpetti di canna al mento. -Specialmente con quella vostra carretta da quattro soldi.-

-Sentimi bene Regina degli Straccioni!- Le rispose secco Isaac. -Quello che Red ha detto è vero! E se ti azzardi a farle del male o a dire qualcos'altro sul mio apparecchio, ti ficcherò la tua faccia da culo tra le piastre di raffreddamento del mio uccellone. Poi vedremo …-

Il pilota si interruppe quando un coltello da combattimento gli passò a pochi millimetri dalla gola. Uno dei compagni della donna era scivolato dietro di noi senza che ce ne accorgessimo e ora stava minacciando Isaac con la sua lunga lama.

La tipa tornò a fissarmi con il suo sguardo assai poco pacifico. Ero sicura che anche Lopez fosse tenuto sotto tiro. Per Spectrum, beh … troppo difficile da dire, ma di sicuro lui non avrebbe potuto fare molto.

D’un tratto la radio alla cintura della donna gracchio.

-Marion! Hai trovato quelli dell’aereo?- Chiese qualcuno alla radio.

-Si Hughes, sempre se quell’affare si può definire un aereo.- Gli rispose la donna impugnando l’apparecchio.

Isaac non sembrò apprezzare i riferimenti al suo vertibird.

-Non sparare! Ripeto non sparare!- La voce era quella del tipo con cui avevamo parlato prima dell'atterraggio.

-E perché non doveri?- Ironizzò lei facendo dei piccoli cerchi davanti ai miei occhi con la sua pistola.

-Tuo fratello maggiore è con loro.-

-Bud?!- Chiese lei scioccata.

 

Confermata la nostra identità fummo finalmente trattati con la giusta ospitalità. Il vertibird venne trainato da un muletto nel garage della struttura di comando. Seguimmo il velivolo fin dentro all’edificio dove altri sopravvissuti ci stavano aspettando. Fu molto rassicurante vedere che dopo la scoperta del fratello dato per morto nessuno ci aveva più puntato un’arma addosso.

Il V2 atterrò sulla piazzola mobile del tetto e fatto scendere con una piattaforma mobile fino al piano terra. Il primo a scendere dal vertibird fu Bud, che toltosi il casco, corse subito verso sua sorella. I due si diedero un grandissimo abbracciò. Temetti che Bud avrebbe stritolato la sorella con le sue braccia meccaniche.

-Yáʼátʼééh atsilí.- Lo salutò lei.

-Yáʼátʼééh hádí.- Le rispose lui.

Anche gli altri sopravvissuti in mimetica andarono a rendere omaggio a Bud. Quelli rimasti in disparte erano veri soldati con l’uniforme dell’esercito americano. Alcuni di loro si erano messi a spruzzare il decontaminante sui due vertibird.

-Ragazzi, vi presento mia sorella. Marion Hunt.-

-Piacere di conoscervi. Ehi, per quanto riguarda l’ha fuori … scusateci.- Finalmente un pizzico di ospitalità. -Gli ultimi che ci hanno fatto visita ci hanno dato parecchi grattacapi.-

-Di che genere?- Le chiesi.

-Sciacalli, ghoul e dei predoni ben organizzati.-

-Conoscete i ghoul?- Chiese Tony.

-Si, purtroppo. Con noi c’erano quattro impiegati Vault-Tec con quei Pip cosi hai polsi. Hanno identificato quegli abomini come ghoul ferali. Anche da voi ci sono dei Vault-Tec?-

-Uno solo.- Dissi alzando il braccio con il Pip-Boy.

-Ah … fico.- Si complimentò Marion.

-Come avete fatto ad arrivare fin qui?- Domandò Bud.

-Ti ricordi il venditore di mezzi usati appena fuori dalla riserva? Per nostra fortuna aveva il parcheggio pieno di autobus ancora integri e funzionanti.-

-E per le radiazioni?-

-Abbiamo vagato alla ceca per due giorni. Poi abbiamo trovato le indicazioni per la base e una volta arrivati i medici ci hanno curato con il RadAway. Ancora mezza giornata l’ha fuori e saremmo sicuramente morti.-

-Ce l’hanno fatta tutti?- Continuò Bud.

-Non abbiamo perso nessuno prima di arrivare alla base. Poi i ghoul e l’Orda hanno ammazzato Hall, Peterson, il padre degli Evans e altri nove soldati della base.-

Per Bud fu impossibile nascondere il dolore. Non si mise a piangere, ma la morte dei suoi amici era pur sempre un brutto colpo.

-Hai per caso detto l’Orda?- Chiesi insospettita.

-Si. Li conoscete anche voi?-

Mi voltai verso il resto del gruppo e notai che anche gli altri erano arrivati alle mie stesse conclusioni.

-Altro che il Red Oasis. Quei predoni sono arrivati fin qua su.- Disse Tony.

-E se ci sono riusciti significa che sono ben organizzati.- Dedusse Isaac.

-Marion, dobbiamo parlare subito con chi è al comando.- Dissi rivolgendomi all’indiana.

-Seguitemi allora. Se volete potete lasciare qualcuno con i vostri aerei.-

-Tranquilli. I navajo non ti prendono alle spalle.- Ci tranquillizzò Bud.

-E del davanti che ti devi preoccupare.- Scherzò Marion.

Bud non riuscì a trattenersi dal ridere. Al contrario noi visi pallidi non riuscimmo a capirne il lato ironico. Decidemmo comunque di lasciare i membri della squadra Coyote e metà della Rattlesnakes nell’hangar. Solo per essere più veloci.

La sorella di Bud ci condusse lungo il corridoio che collegava l’hangar al quartier generale della base. L’ungo la strada incontrammo un paio di soldati e altri quattro nativi americani della tribù. Arrivati alla camera di decontaminazione, Nick pose un paio di domande a Bud.

-Scusa Bud, ma la tua tribù è composta solo da navajo?-

-No. Ci sono anche famiglie appartenenti ad altre tribù.-

-E sono tutti combattenti come tè?-

-Magari.- Gli rispose il gigante con un pizzico di spregio.

-Bud!- Lo rimproverò la sorella.

-Che ho detto?-

-In gran parte siamo esperti di sopravvivenza e vita selvaggia. Ma alcuni di noi hanno conservato le abilità dei nostri antenati guerrieri.- Spiegò la donna.

-Tipo prendere dei soldati alle spalle e fargli lo scalpo prima ancora che se ne accorgano.- Pensai.

Terminata la decontaminazione arrivammo alle porte dell’ascensore principale. Quando il montacarichi arrivò a terra fummo accolti dal secondo comitato di benvenuto.

-Bud! Fratello.- Disse l’uomo in testa al gruppo.

-Russell!-

Bud strinse la mano a quello che, da quanto avevo capito, doveva essere suo fratello. L’altro gli rispose dandogli una bella pacca sul torace dell’armatura atomica. Guardandolo con più attenzione notai che l’unica differenza tra i due era la corporatura. Esclusa l’armatura.

-Quindi loro sono con te?- Chiese indicandoci.

-Si. La squadra Rattlesnakes, Coyote e Vault.-

-Ehi, scusatemi per prima.- Disse un altro dei pelle rossa nel gruppo. -Credevo che foste uno di quegli avvoltoi.-

-Lootah?! Mi stupisce che il secondo tu non l’abbia beccato.- Scherzò Bud.

-Ci hai colpito te?- Gli chiese Isaac.

-Si.- Gli rispose il cecchino con dispiacere e mostrandogli la sua arma.

Un fucile di precisione ad energia, fabbricato però con pezzi di altri fucili e apparecchiature. Eppure quell’affare aveva spento un vertibird.

-Non male, ma la prossima volta ricordati di chi è quel vertibird.-

Capite le circostanze, Isaac era già pronto a dimenticarsi dell’equivoco. L’indiano apprezzò il gesto.

-Per curiosità. Posso sapere come avete fatto a progettare una simile arma?- Gli chiese Spectrum.

Tutti i presenti, esclusi i membri delle tre squadre, rimasero confusi nel sentire un eyebot con un cappello porre simili domande.

-Chi è che comanda quel robot?- Chiese Russell confuso.

-E perché ha un cappello?- Continuò la sorella.

-Spiacente ragazzi. Abbiamo un lavoro da portare a termine.- Gli interruppi. -Chi è che comanda qui?-

-Per adesso la base è sotto il comando del generale Foster. Ma dopo quello che ha fatto non c’è più nessuno sano di mente che lo voglia seguire.-

-Cioè?-

-Ve ne parleremo al centro di controllo.-

Prendemmo l’ascensore per i piani alti con metà del comitato di benvenuto. Con noi erano rimasti il fratello e la sorella di Bud, il cecchino e altri due pelle rossa. Gli altri erano tornati all’hangar a svolgere i loro compiti di routine.

-Quindi voi siete la famiglia di Bud?- Chiesi.

-Già. Io, Marion e Bud siamo nati in una riserva a tre giorni di cammino da qui.- Mi spiegò Russell. -Nostra madre è morta qualche anno fa e nostro padre … beh lui è la mente di tutto.-

-In che senso?-

-George Hunt, capo Serpente Bianco, ci ha spinti a partire verso un posto sicuro. Quando siamo arrivati qui ha barattato la nostra mano d’opera per la sicurezza della base. Se non fosse stato per nostro padre a quest’ora staremmo tutti marcendo nelle nostre vecchie case in attesa dei soccorsi.-

-Scusa, hai detto: barattato?- Chiese Tony incuriosito.

-Quando siamo arrivati il generale Foster non voleva farci entrare. Diceva che la base era un’area interdetta ai civili.-

-Stai scherzando?- Chiese Nick sconcertato.

-Magari. Comunque nostro padre e altri militari nella base sono riusciti a convincerlo alla fine. Se non lo avesse fatto questo posto sarebbe stato sicuramente conquistato già da un mese.-

-Il capo Hunt ha dovuto lavorare come un matto per far funzionare le apparecchiature in questa base.- Disse Lootah.

-È lui che ha creato quell’arma?- Gli domandò Spectrum.

Lo scienziato non si interessava molto alla sua copertura.

Lootah annuì senza porsi altre domande sull’identità del robot.

-Straordinario.- Si complimentò Spectrum.

-Hey Bud. Non mi hai ancora detto come sono andate le cose la da voi a Boise …-

Prima che Russell potesse finire, Bud gli diede una manata sul petto per bloccarlo. Il colpo lo avrebbe dovuto scombussolare, ma grazie alla sua corporatura il fratello incassò il colpo come se a darglielo fosse stato un ragazzino.

-Russell … esclusi i nostri famigliari … in quanti sanno da dove veniamo noi?- Chiese Bud.

Il fratello si guardò un attimo in torno. Lootah stava cercando di capire il significato della domanda. Al contrario Marion sembrava aver già capito dove Bud voleva andare a parare.

-Nessun altro.- Gli rispose il fratello con tono serio.

-Bene. Per adesso nessuno deve sapere da dove veniamo. Passaparola.- Ordinò Bud.

Russell annuì. Poi controllò se anche la sorella e Lootah avessero ricevuto il messaggio. Si voltò a guardare anche gli altri due pelle rossa all’altro lato dell’ascensore. Erano presi da una conversazione privata e quindi non potevano aver sentito le parole di Bud. Russell fece un cenno con la testa, indicando a Lootah di iniziare il passaparola. Era di importanza vitale proteggere la nostra copertura.

Appena arrivati in cima, Lootah e gli altri due indiani andarono a spargere la voce. Russell e sua sorella invece ci fecero strada verso la sala del controllo aereo.

I corridoi erano affollati dalle famiglie di nativi rifugiatisi nella base. Ogni tanto si vedevano dei sacchi a pelo e i giochi di qualche bambino. Due di questi stavano facendo guidare ad un orsetto un camioncino di Nuka Cola. Un quattordicenne li vicino stava pulendo l’otturatore di un fucile da combattimento. Da bambini a soldati in un batter d’occhio purtroppo.

Mi accorsi anche di un fatto interessante. Il camioncino giocattolo continuò a correre fino in fondo al corridoio. Strano visto che non era radiocomandato. Anche gli latri ci fecero caso.

-Per caso l’edificio è inclinato?- Chiese Earl.

-Magari fosse solo l’edificio. L’intera piana si sta inclinando e tra non molto cadrà.- Gli rispose Russell.

-Aspetta. Come hai detto scusa?- Gli chiese Bud.

-Ve ne parleremo appena saremmo arrivati.- Tagliò corto il fratello.

Lungo la strada si fermarono in molti a salutare Bud. Si vedeva che il soldato era un membro riconosciuto della tribù. Ma anche noi eravamo motivo di interesse per la gente. Eravamo la novità del momento.

Quando arrivammo trovammo la sala di controllo parecchio affollata. Molti dei presenti erano indiani vestiti con uniformi da combattimento prive di gradi. Poi cerano gli addetti alla sicurezza e i membri della polizia militare, facilmente riconoscibili dalla fascia nera da braccio degli MP. Gli operatori e gli addetti al controllo aereo erano quelli in minoranza. Metà di loro non era neppure ai terminali.

Appena entrammo nella sala si voltarono tutti. Bud era di sicuro l’attrazione principale, ma anche il resto della squadra Vault e gli altri due capi squadra attiravano l’attenzione dei presenti.

-Amici!- Salutò a gran voce Bud. -Sono felice che vi siate salvati. Siamo giunti fin qui per portarvi in un luogo sicuro.-

-E dov’è questo luogo sicuro?- Chiese un anziano tra la folla.

Il vecchio si alzò da una poltrona vicina alla mappa nel centro della stanza. Man mano che si avvicinava, potei vedere che il vecchio era un pelle rossa. Sugli ottanta, con i segni dell’età avanzati e un abbigliamento da civile che lo faceva apparire fuori posto.

-Padre.- Lo salutò Bud facendogli un cenno con la testa in segno di rispetto.

-Bud. Mi fa piacere vedere che le mie preghiere siano state ascoltate.-

I due erano sicuramente felici di essersi rincontrati. Eppure c’era una sorta di distacco tra loro.

-Red, ti presento Brian Hunt. Anche detto Serpente Bianco. Capo tribù navajo della riserva indiana nel sud del Colorado e … mio padre.-

-È un onore conoscerla, signore.- Dissi allungandogli la mano.

-Il sentimento è reciproco, Spirit.- Mi rispose lui stringendomi la mano.

-Ehm no papà, lei è Rocket Earp. Comandante della squadra Vault.- Lo corresse Bud.

-Capelli rossi, carnagione chiara e vestito blu. Non c’è dubbio, questa è Spirit. Quanto è vero che quello dietro di lei è il Dr. Spectrum.- Concluse il padre di Bud.

Mi voltai sperando di vedere una targhetta identificativa attaccata al telaio di Spectrum. Ma l’unica cosa che vidi sul robot, fu il suo berretto invernale.

-Come fa a saperlo?- Chiese Lopez da in fondo la fila.

-Ammetto che all’inizio non ci ho fatto molto caso, ma quando ho visto un eyebot col cappello emanare luce blu mi sono insospettito.- Spiegò il vecchio. -L’indizio più importante è stato sentirlo parlare con quella sua voce e il particolare interesse per le nuove tecnologie. Ho calcolato le probabilità, esaminato le incognite, fatto due più due e ho ottenuto subito la conferma.-

-Complimenti. Le faccio i miei più sinceri complimenti.- Si congratulò Spectrum. -Mi dica … come ha fatto a riconoscere la mia voce?-

-Poco più di mezzo secolo fa ho presentato la mia tesina sull’impiego della robotica nel campo dell’esplorazione spaziale. Mi sono riascoltato gli olonastri delle sue precedenti presentazioni riguardanti la creazione e il mantenimento delle intelligenze artificiali e da allora non le ho ancora dimenticate.-

-Caspita, non mi sarei mai aspettato di imbattermi in un altro ricercatore in simili circostanze.-

-Signori, capisco che un brainstorming per voi sia un evento speciale, ma abbiamo pur sempre una missione da portare a termine.- Gli interruppi.

-Anche perché non credo che il tempo sia dalla nostra parte.- Si intromise uno degli operatori. -Sono Leonard Hughes, addetto alle comunicazioni. Scusatemi per prima, ma non sono riuscito a informarvi in tempo.-

-Eri quello alla radio. Stavi parlando con noi poco prima dello spegnimento.- Intuì Isaac.

-Si. Scusatemi ancora per non avervi informati delle nostre difese. Le faccio i miei complimenti pilota. Non ho mai visto qualcuno far atterrare un velivolo di quelle dimensioni con i motori in avaria.-

-Grazie. Questione di pratica.-

-Cos’è che ha detto riguardo al tempo?- Gli chiesi.

L’operatore ci fece segno di seguirlo fino alla mappa al centro della sala. La mappa mostrava l’intera area di White Flat. Una buona porzione di deserto era occupata da questa piana bianca sulla quale gli ingegneri dello Zio Sam avevano costruito la base. Vidi anche che la base era quasi circondata da un’enorme mezza luna disegnata in nero. Se era quello che pensavo … allora eravamo davvero sull’orlo di un precipizio.

-White Flat sta cadendo.- Confermò Hughes.

-Intende la base?- Chiese Nick.

-No. L’intera piana sta collassando.- Disse Hughes indicando i confini tra il bianco della piana e il marrone del deserto. -White Flat è un enorme disco di granito formatosi sopra a delle grotte sotterranee. Le acque accumulatesi nei secoli hanno scavato un'intricata struttura di grotte a spugna. Questa struttura è sempre stata in grado di sostenere il granito della piana, fino a quando le nostre bombe non l’hanno disintegrata.-

-Cosa?!- Continuò Nick.

Hughes posiziono lungo la mezza luna cinque bottiglie vuote di Nuka Cola.

-Cinque missili intercontinentali erano stati collocati a più di mille metri sotto terra. L’idea era che deviando il flusso termico lungo le grotte, i satelliti nemici non gli avrebbero individuati nelle fasi di preparazione al decollo. La cosa assurda è stata farli partire senza aver effettuato tutti i controlli di sicurezza.-

-E il colpo vi è esploso in canna.- Ne dedusse Spectrum.

-Quello nel silos due è esploso per primo, causando un effetto catena e sgretolando le nostre fondamenta naturali come con dei grissini.-

-Ma i miei sismografi hanno avvertito le scosse solo ieri.- Fece notare Spectrum.

-Infatti Foster ha provato a lanciarli ieri pomeriggio.-

-Il vostro generale? Perché avrebbe dovuto farlo?- Gli chiese Isaac.

-Per vendicare la nostra nazione!- Gli rispose qualcuno all’entrata della sala.

L’uomo vestiva con un uniforme da generale di brigata, facilmente riconoscibile dalle due stelle poste una per spalla. Quando passò davanti a Earl, Tony e Amelia, i tre si misero sull'attenti e gli fecero il saluto. Bud si risparmiò le formalità.

-E lei sarebbe?- Gli chiesi anche se la domanda era abbastanza retorica.

-Generale Edgar Foster, comandante della base di White Flat.- Si dipingeva come il paladino della giustizia e difensore della democrazia, ma a parer mio, quello era solo un pallone gonfiato. -La informo che le sue direttive di missione sono cambiate.-

-La nostra missione prevede il recupero del personale e di quante più risorse possibili, quindi penso che …-

-Lei non deve pensare! Lei deve soltanto obbedire!- Mi urlò in faccia.

Vidi che alle spalle del generale Bud si stava trattenendo dal ripetere lo sgarro che lo aveva portato davanti alla corte marziale. Sapevo che non lo avrebbe rifatto davanti alla sua gente, nonostante la situazione fosse parecchio tesa.

-Allora mi dica. Quali sarebbero i miei nuovi ordini?- Chiesi con un tono di sfida.

-Evacuare me e il mio staff con il vostro vertibird e poi procedere con l'evacuazione dei civili restanti.-

Il vecchio bastardo stava cercando di sfruttare i suoi gradi per potersela filare da quell’inferno. Inutile dire che a nessuno degli altri presenti al cosa piacesse. Neppure ai tecnici e agli MP della base.

-Spiacente generale, ma come impiegata della Vault-Tec non sono autorizzata a prendere ordini da lei.- Più o meno. -E cosa più importante, rispondo soltanto ai miei superiori.-

-Per questo ci sono io.- Disse un altro uomo.

Il tizio era sbucato tra le persone alle mie spalle, ma ero sicura che fosse stato presente già al nostro arrivo. A giudicare dal suo completo con giacca e cravatta, doveva trattarsi di un manager di alto livello. Vedendo l’ingranaggio cucito sulla camicia di seta e il Pip-Boy che il tizio portava al braccio, capii subito per chi lavorasse. Vault-Tec.

-Il signor Jackson è un rappresentante del consiglio Vault-Tec.- Ci informò il generale. -Era qui di passaggio per valutare la possibile collocazione di un Vault nelle caverne di White Flat, ma per motivi di forza maggiore ha dovuto prolungare la sua permanenza.-

-E allora?- Chiese Earl.

-E allora può cancellare le mie autorizzazioni, scaricarsi i dati della memoria nel suo Pip-Boy e bloccarmelo ad oltranza.- Spiegai. -In pratica può ancora licenziarmi.-

-I vantaggi di essere un buon dipendente Vault-Tec.- Affermò Jackson con un antipatico tono allegro.

Vidi che il suo Pip-Boy non era un 3000. Era più piccolo del mio, fatto appositamente per gli uomini d’ufficio, ma ero certa che le sue applicazioni potevano aggirare le contromisure anti hackeraggio del mio Pip-Boy senza troppi problemi.

-Se lei non soddisferà le mie richieste, il suo superiore le toglierà tutti i privilegi Vault-Tec.- Mi ricattò il generale.

All’udire tali parole, Spectrum fece scattare la sicura del cannoncino laser posto sotto al suo telaio. Il puntatore laser andò a posizionarsi sul Pip-Boy di Jackson.

-Se lei o il generale proverete solo a sfiorare il Pip-Boy di Earp, vi ionizzo uno ad uno.- Li minacciò lo scienziato.-

-Non state li impalati imbecilli! Eliminate questa ferraglia parlante!- Sbraitò il generale agli MP.

Il padre di Bud fece un fischio secco con le dita. In risposta a quell’ordine tutti i membri della tribù spianarono il loro intero arsenale contro il generale. Decine di Colt, 9mm, 22mm, 10mm, winchester a ripetizione, carabine, fucili d’assalto, fucili a pompa, doppiette, fucili laser e altrettante diverse armi vennero puntate contro quella mezza sega di Foster. Gli MP non provarono neppure a estrarre le armi. O avevano capito per quale squadra fosse meglio giocare, oppure avevano deciso di non prendere più ordini da una simile persona.

Il generale non se lo aspettava e l’espressione sul suo volto passo da severa a impaurita in un batter d’occhio.

-Che storia è mai questa Hunt? Mi ripagate così dopo che vi ho offerto rifugio e …-

-Non saremmo mai voluti arrivare a questo generale, ma lei sta mettendo la sua vita e quella dei suoi ufficiali davanti a quella di tutti noi. E sta anche minacciando Spirit, uno scienziato di fama mondiale e la loro missione.- Lo accusò il capo indiano. -Quindi la prego … lasci che queste persone ci portino in salvo.-

Per un attimo pensai che Foster si sarebbe messo a frignare come una ragazzina isterica. Ma il generale preferì darsi alla ritirata.

-FATE COME CAZZO VI APRE!- Strillò incamminandosi verso l’uscita. -Sarà un piacere scrivere un rapporto dettagliato sulle imprese di questi fenomeni da baraccone!-

Jackson scelse di seguire il generale. Forse lo avrebbe confortato con un bell’abbraccio, rafforzando il rapporto con il bastardo e garantendosi ancor di più la sua protezione.

Quando mi passo vicino gli altri puntarono l’arsenale di armi contro di lui.

-Ehi, calma gente. Sto solo passando.- Ci rispose lui senza togliersi quell’espressione allegra dal viso.

Era normale per i manager e i dirigenti del colosso apparire in pubblico sempre sorridenti e pronti a promuovere i valori della Vault-Tec. Ma quel Jackson, con quel suo finto sorriso da televenditore, sembrava più una serpe in seno.

-Quel tipo non mi piace.- Commentò Nick appena il dirigente uscì.

-Perché si veste meglio di tutti noi messi assieme o perché stava per fare scaccomatto al Sorvegliane?- Gli chiese Amelia.

-Amelia!- La rimproverai.

Nessuno doveva sapere l'ubicazione della nostra base, figuriamoci la mia vera professione. Amelia sembrò comprendere il suo errore.

-Allora. Volete vedere il nostro piano?- Mi chiese Hughes.

-Piano?- Chiesi.

L’operatore posizionò delle puntine sulla mappa. Una verde sul centro di controllo aereo, una rossa e una gialla ai capi della pista di atterraggio e una blu sull’ultimo hangar, cioè all’altro capo della base.

-A sudest, verso la fine della pista, c’è un hangar con dentro un bombardiere tattico mai decollato per problemi al motore. Il blu è il nostro biglietto per la fuga di massa.-

-Ci abbiamo lavorato appena siamo arrivati. Gli abbiamo riparato i motori e svuotato la stiva dalle bombe. Ora è pronto a partire.- Continuò il capo.

-E la fregatura?- Domandai.

-Noi siamo qui.- Disse Hughes indicando la puntina verde. -E per arrivarci dovrete passare per la pista.-

-Ok?-

-La puntina rossa è nel punto più caldo. A cento metri dalla fine della pista c’è l'entra della base, dove la terra non è crollata. É da li che i ghoul vengono a farci visita.-

-Aspetta.- Lo interruppe Isaac. -Sulla pista abbiamo trovato solo voi.-

-Voi siete atterrati qui.- Spiegò Marion picchiettando sulla pedina gialla, cioè quella a fianco del centro di controllo. -La zona gialla ci ha permesso di creare una linea difensiva con un margine ristretto di perdite. Se voi foste atterrati nella zona rossa, ne avreste investiti almeno una ventina prima di fermarvi ed esserne circondati.-

Isaac non ebbe da ridire.

-Quindi usiamo un blindato o un carro armato per farci strada fino all’hangar?- Domandai speranzosa.

-Si, se gli unici due corazzati ancora utilizzabili non fossero bloccati nell’hangar con il bombardiere.- Mi rispose Russell.

-Potremmo usare i vertibird.- Suggerì Nick.

-E se la fuori ci fosse ancora l’Orda? E se avessero anche loro armi antiaeree? Potremmo perdere i nostri unici mezzi di fuga.- Fece notare Baatar.

-Allora chiamiamo la cavalleria. Usiamo i trasmettitori.- Continuò Nick.

-Si potrebbe fare.- Disse uno degli altri tecnici. -Se nell’ultimo scontro l’Orda non avesse distrutto la nostra parabola e danneggiato i controlli del radiofaro. I messaggi di quell’affare non si possono più modificare.-

Stavo per perdere ogni speranza, quando finalmente Hughes mi diede la risposta.

-Temo che vi toccherà passare sotto terra.-

-Sotto terra?-

Il tecnico sovrappose alla mappa una pellicola con delle linee e qualche scarabocchio.

-Il nostro Lootah passa ogni mattina appollaiato sopra alla torre di guardia al checkpoint della base. E come fa a raggiungerla se questa è nella zona rossa?-

-Tunnel sotterranei.- Intuì Amelia.

-Bingo! Uno di manutenzione che passa sotto alla pista e porta all’entrata. Due che ci collegavano ai siti di lancio e che ora portano al vuoto totale. E l’ultimo è quello parallelo alla pista, che passa sotto ad ogni hangar e che li collega fra di loro.-

-Ecco la strada per la libertà.- Pensai.

-E perché temi che dovremmo passare per di là?- Gli chiese Nick.

-Beh … ecco …-

-Il Mishipeshu! La sotto c’è il Mishipeshu!- Rispose terrorizzato un cinquantenne indiano.

Il tipo non aveva detto nulla fino a quel momento. Ma quella domanda lo aveva sconvolto.

-No … un Uktena. Avete sentito il suo ruggito.- Lo corresse una ragazza altrettanto spaventata.

-Ma di cosa state parlando? Ragazzi?- Chiese Bud guardandosi attorno.

Gli impavidi e coraggiosi indiani si erano chiusi in un silenzio carico di timore. Perfino Russell e Marion non avevano il coraggio di parlarne.

-È successo l’ultimo giorno … quando abbiamo terminato di lavorare al bombardiere.- Iniziò a raccontare il padre di Hunt. -Stavamo tornando attraverso il tunnel. Arrivati alla porta blindata Sanchez e Williams sono tornati verso l’hangar a prendere una cassa di razioni alimentari. Solo che mentre gli aspettavamo è successo qualcosa.-

Il vecchio aveva qualche problema nel raccontare le vicende di quel giorno.

-Un’esplosione? Un attacco?- Gli domandai incoraggiandolo a continuare.

-Urla, spari … ruggiti.-

-Sanchez era un veterano.- Continuò uno degli MP. -Indossava un’armatura atomica T51 in quel momento. Lo abbiamo sentito gridare come un disperato alla radio. L’ultima cosa che ci ha detto è stata: CHIUDETE LA PORTA!!! CHIUDETE LA PORTA!!!-

-Abbiamo chiuso la porta stagna e passato l’intera notte a sorvegliarla.- Lo sostituì Russell. -La mattina dopo … stavamo per inviare dei soccorsi, ma proprio quando stavamo per sollevare la porta, abbiamo udito dei passi dall’altro lato.-

-Dei passi?- Chiese Amelia.

-Grossi e pesanti. Seguiti da degli stridii, come se qualcuno o qualcosa stesse graffiando l’acciaio. Dopo quel giorno, abbiamo perso ogni speranza di passare per il tunnel.-

Dovemmo ammetterlo. Quel racconto aveva fatto gelare il sangue anche a noi nuovi arrivati. Non potevamo biasimare i superstiti per non aver tentato di rientrare in quel tunnel. Chi sa che cosa poteva esserci la dentro?

-Qualche idea Doc?- Chiesi.

-Solo qualche ipotesi.- Mi rispose Spectrum. -Nessuna delle quali però combacia con tutte le informazioni in nostro possesso.-

-L’alternativa sarebbe farci strada tra i ghoul in superficie?-

-Si, ma senza i carri armati, ci metteremo un sacco di ore.- Mi spiego Marion. -E questo solo mettendo tutte le nostre forze in campo per un attacco in massa verso i cancelli. Poi c’è Lootah, che non ne è sicuro al cento per cento, ma un paio di giorni fa, quando la nebbia era meno fitta, gli è apparso di vedere con il binocolo la console esterna fatta a pezzi.-

-Quella per aprire le porte blindate dell’hangar?- Chiese Isaac amareggiato.

-Si. Forse distrutta nell’ultimo attacco dei predoni.-

-Secondo voi quanto tempo abbiamo prima che le cose si mettano male per davvero?- Chiesi riferendomi a tutti i possibili pericoli in quella base maledetta.

In risposta alla mia domanda arrivò una scossa di terremoto. Le lampade appese al soffitto iniziarono a dondolare, le sedie con le ruote si spostarono di qualche centimetro e due delle bottiglie di Nuka Cola sulla mappa caddero per terra. Le bottiglie rotolarono verso di noi, fino a raggiungere i miei stivali e a sbatterci contro. Mi accorsi anche che la stanza si era inclinata ancora di più.

-A questo posto non resterà più di qualche giorno.- Commentò Russell.

-Facciamo anche meno di due o uno.- Lo corresse il padre.

Fu allora che presi una decisione rischiosa.

-Ci potreste mostrare dove si trova l’entrata di questo vostro tunnel?- Chiesi estraendo la mia 10mm.

   
 
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