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Autore: Emmastory    13/06/2017    2 recensioni
Dieci anni. Questo l'esatto lasso di tempo trascorso dall'ultima battaglia contro i famigerati Ladri, esseri ignobili che paiono aver preso di mira la bella e umile Aveiron, città ormai divenuta l'ombra di sè stessa poichè messa in ginocchio da fame, miseria, dolore e distruzione. Per pura fortuna, Rain e il suo gruppo hanno trovato rifugio nella vicina Ascantha, riuscendo a riprendere a vivere una vita nuova e regolare, anche se, secondo alcune indecisioni del suo intero gruppo, tutto ciò non durerà per sempre. Come tutti ben sanno, la guerra continua, e ora non ci sono che vittime e complici. (Seguito di: "Le cronache di Aveiron: La guerra continua)
Genere: Avventura, Azione, Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Le cronache di Aveiron'
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Le-cronache-di-Aveiron-VI-mod
 
 
Capitolo XL

Tregua insperata

Passarono le ore, e aprendo finalmente gli occhi, mi scoprii in un luogo conosciuto. Una stanza dalle pareti bianche, e un letto dalle lenzuola dello stesso colore. Confusa, mi guardai intorno, e poco dopo realizzai di essere arrivata in ospedale. Non sapevo ancora chi mi ci avesse portato, ma c’ero, e mi sentivo al sicuro, nonché molto meglio. Alzando lo sguardo, notai che la porta della stanza dove riposavo era chiusa, ma proprio in quel momento, vidi la maniglia abbassarsi. Appena un attimo più tardi, qualcuno fece la sua comparsa sulla scena, e nell’istante in cui i nostri occhi si incrociarono, lo chiamai per nome. “Stefan! Grazie al cielo sei qui!” Dissi, guardando il mio amato negli occhi e ringraziando il cielo che fosse ancora vivo. “Non potevo certo lasciarti da sola lì fuori.” Rispose, stringendomi in un delicato abbraccio e mostrando un debole sorriso. “Sei un eroe.” Sussurrai al suo indirizzo, stringendolo a me e sfiorandogli le labbra con le mie. “Ogni promessa è debito, e lo sai.” Queste furono le sue ultime parole, che pronunciò appena prima di baciarmi. Innamorata di lui come il primo giorno, lo lasciai fare e approfondii quel bacio, ma non appena ci staccammo, gli afferrai un polso. “Aspetta.” Lo pregai, desiderando solo di stare con lui ancora per qualche minuto. “Non posso, c’è qualcun altro che vuole vederti.” Mi disse, con voce calma e fare tranquillo. “Cosa? E chi?” non potei fare a meno di chiedere, confusa e stranita dalle sue parole. Per tutta risposta, Stefan si allontanò da me, e riaprendo la porta della stanza, lasciò entrare gli altri due ospiti. Inizialmente, non riuscii a riconoscerli, ma bastò un attimo, e un ricordo si fece spazio nella mia mente. Un uomo e una donna, entrambi attempati e dai capelli grigi. Mi concessi del tempo per pensare, e con il minimo sforzo, collegai i vari indizi. Solo allora, tutto mi fu chiaro. Caleb e Carla. Marito e moglie, ci avevano aiutato e offerto ospitalità durante uno dei nostri viaggi nell’ormai spoglia Aveiron, e stando ai miei ancora  nitidi ricordi, avevano assistito alla nascita di Rose. Sorridendogli, li salutai, e non appena furono abbastanza vicini, li abbracciai. “Grazie, grazie di tutto, davvero.” Dissi, non volendo che mostrar loro quanto fossi grata per tutto ciò che avevano fatto per me. “Non ringraziare noi, è stato tutto merito suo.” Mi rispose il signor Caleb, indicando il mio Stefan con il solo uso dello sguardo. Ancora attonita, lo guardai a mia volta, e in quel preciso istante, lui mi regalò un sorriso. Di lì a poco, i nostri due amici ci lasciarono da soli, e non appena fummo sicuri di esserlo, ci baciammo ancora. “Mi hai salvata.” Soffiai, guardandolo negli occhi e scivolando poi nel silenzio. “L’ho fatto per proteggerti, e poi, voliamo insieme…” disse, lasciando intenzionalmente in sospeso quella frase. “O non voliamo affatto.” Risposi, completandola e stringendogli una mano. Fu quindi questione di un attimo, e con il silenzio sovrano della stanza, ci abbracciammo per l’ennesima volta, innamorati e felici. Rilassata e calma come mai prima, mi addormentai cullata dal battito del suo cuore, e in un completo stato di pace e ordine mentale, sentii quella frase innumerevoli volte. Pensandoci, ricordai che era stato proprio Stefan a dedicarmela, quando nel giorno del nostro definitivo viaggio verso la bella e pacifica Ascantha, mi diede in regalo una catenina dalla quale pendeva una finta ala d’angelo. Nel mio sonno, imparai una preziosa lezione, che presto identificai come verità. Contrariamente a molte altre donne, vittime di violenza, sfortuna, e miseria, ero fortunata, e avere un uomo del calibro di mio marito al mio fianco poteva apparire come una benedizione. Ad essere sincera, ero di quest’avviso, e da quanto avevo modo di vedere, molte erano le persone orgoglioso e al contempo gelose di me. Come ben sapevo, Stefan non avrebbe mai guardato o mostrato interesse per un’altra donna, e dato il mio animo romantico ne ero felice. In altre parole, averlo accanto mi riempiva di gioia, facendomi quindi sentire al sicuro, e nonostante i tempi che correvano, sapevo di poter contare su di lui in ogni occasione, specialmente ora, in un atteso periodo di tregua insperata. Almeno per ora, la guerra sembrava essersi arrestata, e onestamente, nessuno di noi avrebbe potuto chiedere di meglio.
   
 
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