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Autore: Elison95    14/06/2017    1 recensioni
‘ 𝓅𝑒𝓇 𝓅𝓊𝓃𝒾𝓇𝑒 𝑔𝓁𝒾 𝓊𝑜𝓂𝒾𝓃𝒾 𝒹𝑒𝒾 𝓁𝑜𝓇𝑜 𝓅𝑒𝒸𝒸𝒶𝓉𝒾 𝒾𝓃𝒻𝒾𝓃𝒾𝓉𝒾
𝒹𝒾𝑜 𝓂𝒾 𝒽𝒶 𝒹𝒶𝓉𝑜 𝓆𝓊𝑒𝓈𝓉𝒶 𝓅𝑒𝓁𝓁𝑒 𝒸𝒽𝒾𝒶𝓇𝒶,
𝓆𝓊𝑒𝓈𝓉𝒾 𝓁𝓊𝓃𝑔𝒽𝒾 𝒸𝒶𝓅𝑒𝓁𝓁𝒾 𝓇𝒶𝓇𝒾
𝒸𝒽𝑒 𝑒𝓈𝓈𝑒𝓇𝑒 𝓊𝓂𝒶𝓃𝑜 𝓅𝑜𝓉𝓇𝑒𝒷𝒷𝑒 𝓅𝓊𝓃𝒾𝓇𝓂𝒾?
𝓂𝑒𝓏𝓏𝑜 𝓋𝑒𝓈𝓉𝒾𝓉𝒶 𝒹𝒾 𝓆𝓊𝑒𝓈𝓉𝒾 𝒸𝒶𝓅𝑒𝓁𝓁𝒾
𝒹𝒶𝓁 𝒸𝑜𝓁𝑜𝓇𝑒 𝓇𝑜𝓈𝓈𝑜 𝓅𝒶𝓁𝓁𝒾𝒹𝑜,
𝒹𝒶𝓁 𝓉𝑒𝓉𝓉𝑜 𝒹𝑒𝓁𝓁𝒶 𝓅𝒶𝑔𝑜𝒹𝒶 𝓋𝑒𝒹𝑜 𝒾 𝓅𝑒𝓉𝒶𝓁𝒾 𝒹𝑒𝒾 𝒸𝒾𝓁𝒾𝑒𝑔𝒾,
𝒸𝒶𝒹𝑜𝓃𝑜 𝓃𝑒𝓁 𝓋𝑒𝓃𝓉𝑜 𝒹𝒾 𝓅𝓇𝒾𝓂𝒶𝓋𝑒𝓇𝒶.
𝓈𝒸𝓇𝒾𝓋𝑒𝓇𝑜' 𝓁𝒶 𝓂𝒾𝒶 𝒸𝒶𝓃𝓏𝑜𝓃𝑒 𝓈𝓊𝓁𝓁𝑒 𝓁𝑜𝓇𝑜 𝒶𝓁𝒾.
𝒾𝓃𝑔𝒶𝓃𝓃𝑒𝓇𝑜' 𝒾 𝓋𝒾𝓋𝒾 𝑒 𝒹𝑒𝓈𝓉𝑒𝓇𝑜' 𝓈𝒸𝑜𝓂𝓅𝒾𝑔𝓁𝒾𝑜 𝓉𝓇𝒶 𝒾 𝓂𝑜𝓇𝓉𝒾.
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: AU | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Scolastico, Sovrannaturale
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Act VI ; Weeping specter. 

 «Se non sei in vena di presentazioni, dovremmo passare direttamente agli inviti? …Magari il solito invito a cena.» Il suo ghigno scoprì il canino appuntito che sembrò spiccare nella penombra del corridoio di quel dormitorio maschile, illuminato solo dal chiarore della luna piena che traspariva dalle grandi finestre. Indietreggiai lentamente, quasi come temessi che l’altro potesse accorgersene.
L’avevo sentito nei corridoi della scuola qualche giorno prima, se un vampiro ti mordeva poteva privarti per giorni delle tue forze, trasformandoti nella stessa razza della creatura stessa… ma questo sempre se lo faceva con moderazione, quegli occhi che avevo di fronte invece, mi fecero pensare che quella volta sarei semplicemente morta.
   «Conviene lasciarmi in pace, le volpi adoro la carne fresca.» Cercai di avere un tono minaccioso, evidentemente non ci riuscii affatto visto che lui se la rise passandosi subito dopo la lingua contro le labbra carnose.
   «Dev’essere un vero peccato…» Disse sparendo poco dopo dalla mia visuale, mi guardai ovunque fino a che sentii il respiro gelido alle mie spalle. «…Visto che la mia è carne putrefatta da tempo.» Sussurrò al mio orecchio, la sua mano fu più veloce delle mie gambe che tentarono di scappare un secondo dopo, con essa infatti mi afferrò il collo stringendolo con forza – il respiro mancò sin da subito mentre mi sentivo i piedi lontani dal pavimento. Graffiai le sue mani scalciando per liberarmi con scarso successo; mi annusò profondamente accennando un sorriso desideroso di chissà quali atrocità.
   «Così profumata…» Disse portando avanti quel tono di voce per niente affidabile, mi leccò la guancia quando ormai sentivo di star perdere coscienza a causa del respiro che mancava. Sentii la sua bocca spalancarsi contro una porzione di epidermide scoperta, tra l’incavo del collo e la spalla – almeno fino a che una forma indefinita non si scaraventò contro di noi facendo cadere entrambi, me contro la finestra su cui delle crepe si formarono per la violenza dello scontro e Thomas, insieme a quell’essere che l’aveva colpito, dall’altra parte del corridoio.
Mi toccai il collo tentando di riprendere tutto il fiato perso mentre assottigliavo lo sguardo con la speranza che mi tornasse vivida anche la vista. Thomas era sovrastato da un animale? A primo impatto mi parve una sorta di cane o magari un lupo dalle grosse dimensioni, ne sentivo i ringhi di entrambi intenti a difendersi reciprocamente dagli attacchi. Quando misi a fuoco l’immagine, mi resi conto che quello era Marek ed ancora una volta sembrava avesse preso sembianze diverse.
   «Marek…» Bisbigliai il suo nome incredula, sollevandomi da lì sentendo il rumore di qualche crepa che si sgretolava ancor di più. Mi sentivo come quel vetro; rotto, fragile. Illuminata per metà solo da quella luna piena – timida a tratti per via delle nubi notturne. Marek si voltò di scatto, mise un’espressione quasi dispiaciuta letta da quegli occhi color ambra che mi tennero inchiodata a lui per diversi secondi. Thomas lo spintonò via approfittando di quel momento di debolezza, il corpo di Marek volò verso la mia direzione, colpì il vetro rompendolo del tutto; mi sentii disgregare allo stesso modo.
Afferrai in tempo il tessuto della sua maglia aggrappandomi ad essa e volando dal terzo piano insieme a quel corpo adesso eccessivamente caldo, dalla pelle dura e gli occhi colorati. Mi prese tra le sue braccia proteggendo del tutto il mio corpo, quando toccammo suolo i piedi di Marek attutirono alla perfezione il colpo.
  «EIREEN!» La voce di Dorothèe giungeva allarmata da qualche metro da noi, con lei vi era qualcun altro ma non mi ci impegnai a capire chi fosse.
   «Che diavolo ci facevi lì?» La voce di Marek tuonò facendomi sussultare, le mani poggiate contro il suo petto tremarono appena. «Non sai usare i tuoi poteri… ED ERI LI’?»
   «Ero venuta a dirti che quello di stamattina non era l’unico libro che stavo cercando.» Mi allontanai di un passo, le sue urla non mi aiutavano, ci soppesammo qualche istante poi Dorothèe una volta avvicinatasi cominciò a toccarmi ovunque per accertarsi che stessi bene. Con lei c’era Uriel; ero più confusa del solito.
  «Che diavolo ci fai qui.» Marek ammonì l’altro ragazzo, che si limitò a guardare in alto dove Thomas attendeva il secondo round osservandoci dalla finestra. Marek tentò di balzare nuovamente alla finestra, ma fu interrotto dalle luci forti delle torce che alcuni guardiani notturni ci piantarono addosso, prendendoci in flagrante.
Avevamo appena dato il via ad una catena d’eventi problematici.
 
   «Molto male signorina Cester, molto male signorina Bardou… mi pare di avervi avvisate che non avremmo fatto nessuna eccezione in quanto punizioni da riservare a chi disobbediva le poche e per giunta oneste regole della Saint Bàra. Per quanto riguarda voi, signor Vanomrigh e signor Kowalski… non mi aspettavo nulla di meglio. Danneggiare la struttura e gironzolare oltre il coprifuoco… inammissibile.» La signorina Malefica, per gli sconosciuti signorina Packard, bofonchiava da diversi minuti mentre percorrevamo l’ampio corridoio del palazzo in cui si tenevano le lezioni, per raggiungere gli uffici dell’apice si impiegavano circa quindici minuti. Di tanto in tanto occhieggiavo Marek che nemmeno una volta si voltò verso di me – per quanto riguardava Dorothèe ed Uriel, non ero riuscita a scoprire perché si trovassero insieme… ma in quel momento mi parve un’informazione irrilevante.
   «Sedetevi qui e non combinate altri guai.» Ci indicò le sedie in quella ampia stanza, dove ero già stata il primo giorno di scuola. «Vi assicuro che ci sarà molto lavoro da fare per voi, mi consulterò col rettore e vi farò avere notizia.» Sorrise in modo raccapricciante, sparendo oltre la porta.
   «Perché eravate insieme?» Fui la prima a parlare, voltandomi verso la mia compagna di stanza ed Uriel – che non mi guardò.
   «Dovevamo chiarire alcuni punti…» Farfugliò Dorothèe. Calò il silenzio per altri minuti interminabili.
   «…Tu perché eri nel dormitorio maschile?»
   «Cercava me, Uriel.» Marek mi precedette, i due si guardarono lanciandosi saette immaginarie.
   «Andrò dritta al punto…» Malefica interruppe il momento di tensione facendo subito ritorno dalla presidenza, ne fui quasi lieta. «Uno spirito è fuggito dalla Caed Dhu e sapete perché? Perché ogni qualvolta un portale viene oltrepassato un po’ dell’equilibro tra un mondo e l’altro si scuote provocando ferite temporali. Degli studenti hanno disobbedito passandovi all’interno, visto che vi abbiamo sorpresi in cortile non è stato facile risalire ai colpevoli.» Dorothée mi aveva parlato anche dei portali, per quanto ne sapeva erano sorte di varchi che apparivano in un punto preciso nel cortile dell’accademia, poco lontano dalla Caed Dhu. Collegavano l’isola immaginaria su cui si trovava la nostra accademia, al mondo reale. Ma il fatto era che quella sera nessuno di noi vi era entrato. «Il vostro compito sarà quello di riportarlo da noi… entro ventiquattrore.»
Le ultime parole furono dette con malignità e al contempo felicità. Sentii poco dopo Marek schiarirsi la voce.
   «Le punizioni dovrebbero essere date in base all’atto commesso e dubito che le due studentesse qui presenti abbiano fatto qualcosa che meriti tanto.»
   «Non è compito suo, signor Kowalski decidere cosa è consono e cosa non lo è. Andrete stanotte, questo è tutto. Il prossimo portale si aprirà tra quarantacinque minuti.» La donna ci fece segno d’uscire, la linea piatta delle labbra e l’espressione severa fecero tacere tutti.
I due ragazzi decisero di dividerci in due gruppi, Dorothèe sarebbe rimasta ai piedi della Caed Dhu con Uriel a quanto pareva c’era la possibilità che lo spettro tornasse in qualche modo all’accademia, mentre io e Marek invece decidemmo di oltrepassare il portale. A decidere quelle coppie furono Dorothèe ed il vampiro con cui avevo ancora molte cose da chiarire.
   «Dovremmo arrivare in un tempio, dovrò uscire da lì in fretta però… non avere paura e raggiungimi all’ingresso delle mura.» Marek spezzò il silenzio, mentre ci eravamo allontanati dagli altri due aspettando che il portale si aprisse.
   «Prima è successo qualcosa vero?... C’era qualcosa di diverso in te.» Biascicai, preferii non incontrare quegli occhi che sapevo stessero continuando ad omettere cose che necessitavo sapere. «Ma ovviamente non lo dirai.»
   «Perché dovrei farlo? Non ne ho nessun obbligo.» Disse secco.
   «Come io non avrei avuto nessun obbligo di stare in coppia con te.» Mi voltai, mi accorsi che anche lui adesso mi guardava abbastanza intensamente. Il portale in quel momento mandò un bagliore accecante: l’apertura era appena comparsa.
   «Pensiamo solo allo spettro.» Parlò a bassa voce, poi con uno strattone deciso mi spinse all’interno del portale. In un battito di ciglia eravamo stati catapultati dall’altra parte.
Marek era uscito dal tempio in meno di un nano secondo, diceva di non poter stare troppo a lungo in certi luoghi. Mi sentii le gambe intorpidite, come se avessi appena fatto un salto alto senza il riscaldamento di consuetudine. Mi alzai a fatica dal pavimento, sentii un lieve venticello alle spalle ma quando mi voltai non scorsi niente dietro di me.
Il tempio era buio e non riuscivo quasi a vederne le caratteristiche, non sapevo nemmeno in quale città o continente ci trovassimo. Avanzai verso il grande portone, i miei passi erano lenti e pesanti, come se caricassi un enorme peso sulla schiena, la curvai infatti sentendomi affaticata e stanca.
   «Marek…» Continuavo a mormorare il suo nome, cosa stava succedendo esattamente? Caddi con le ginocchia al suolo, ormai pochi centimetri mi separavano dall’imponente porta di legno, allungai la mano senza riuscire però a toccarla.
   «Non andrai da nessuna parte, mia dolce kumiho.»
Una voce lontana mi fece rabbrividire.

 
 
 
 
 
 
 
 
Marek.
 
 
Qualcosa mi turbò. Il vento portò alle narici l’odore della volpe e anche di qualcos’altro, unito alla flebile voce di Eireen che sembrava chiamarmi. Sbarrai gli occhi voltandomi con lentezza, che diavolo stava succedendo adesso? Perché quella tonta non appariva? Mossi un passo arrestandomi subito dopo, sentivo il terrore innaturale invadermi la pelle, chiusi gli occhi muovendone un altro; li aprii, le pupille rosse come il sangue, mentre i movimenti divennero man mano più veloci fino alla grande porta d’ingresso che come mi aspettavo era bloccata. Scossi la testa muovendo qualche passo indietro; era una fortuna il fatto che avessi bevuto sangue prima di partire, come se sapessi già che avrei avuto bisogno di tutte le mie capacità quella notte. Una sola pedata e la porta si schiantò con un rombo infernale, facendo apparire la giovane kumiho in ginocchio e alle spalle… che accidenti aveva alle sue spalle?
Un ringhio cupo proruppe dal mio petto, il segreto era dimenticare ogni cosa avessi attorno e concentrarmi solo su ciò che mi stava di fronte. Magari capendo anche cosa fosse.
Optai per l’ipotesi dello spirito, vi era una leggenda popolare secondo cui le volpi non potevano entrare nei tempi, ma non ricordavo con esattezza… perché non studiavo mai in classe?
Lo spirito sembrava voler avvolgere Eireen completamente, la quale inerme e per un qualche motivo a me sconosciuto sembrava persino sprovvista di qualsiasi volontà. Un balzo in avanti e la mia mano era già serrata sul polso della volpe, la strattonai dandole un leggero slancio che la fece finire contro di me; ammortizzai l’urto continuando a guardare lo spirito, andando lentamente indietro. La mia pelle cominciava a bruciare; lì non vi era luna piena che mi facesse dimenticare fisiologicamente dei miei poteri di vampiro, le capacità da licantropo mi sarebbero servite in quel momento. 
Presi in braccio lei nell’attimo in cui lo spettro si slanciò contro di me, arrivando quasi ad afferrare i capelli della giovane prima che mi lanciassi fuori da lì. Avevo sempre odiato i templi, e ora avevo pure una doppia motivazione. Mi rannicchiai fuori le mura con lei ancora tra le braccia, era più pallida del solito.
   «Com’è che devo sempre avere dei rivali quando si tratta di te?» Mormorai, per fortuna lei non mi sentì.
   «Andiamo via di qui…» Sussurrò al mio orecchio stringendo le braccia attorno al mio collo. Eravamo come fuoco e ghiaccio, noi eravamo proprio così. La sua temperatura corporea fin troppo calda e la mia fin troppo fredda, caratterizzavano anche i nostri temperamenti.
Eravamo del tutto opposti, eppure ci attraevamo proprio per quello.
Da quel momento in poi decisi di ascoltare tutte le lezioni scolastiche che riguardavano lei.
La feci scendere dalle mie braccia ed allora cominciai a pensare con lucidità, il primo step era concluso ma mi chiedevo se avessimo dovuto temere il secondo.
   «Posso fiutare lo spirito che cerchiamo, ma non assicuro di beccare quello giusto, questo posto pulula di spettri e quello nel tempio ne è un pallido esempio. Quindi si ricorre al piano B: la fortuna. Dai fascicoli che Malefica ci ha dato… io ed Uriel abbiamo letto che lo spettro era uno studente dell’accademia, ma prima di esserlo però era una persona comune e viveva qui. Cosa faresti tu da morta se tornassi nella tua città natale, Eireen?»
La parola “morta” accanto al suo nome non mi piaceva per niente, soppesai comunque quelle parole volgendole uno sguardo interrogativo.
   «Ma certo… tornerei a casa mia! Dopotutto gli studenti lì si sentono in prigione no? Non fanno altro che parlare del “mondo esterno”» simulò le virgolette con due dita agitandole nell’aria fresca della notte. «Quindi le soluzioni sono semplici. O tornerei a casa mia, o nella mia vecchia scuola.» Sembrò essersi ripresa del tutto.
   «Esatto. Andremo a casa sua, sui fascicoli c’era anche l’indirizzo per fortuna.» Sì, ma come muoversi? Di certo non potevo mettermi a saltare per i palazzi con lei in spalle, se qualcuno ci avesse scoperti quella sarebbe stata solo la prima di una valanga di punizioni. «Dovrebbero esserci autobus notturni.» Constatai a voce alta, le afferrai il polso trascinandola in una corsa perdifiato verso la fermata più vicina, e per ironia o semplice fortuna il mezzo sembrò arrivare nel perfetto istante in cui ci fermammo. Ci salimmo senza indugiare oltre; era praticamente deserto, la dirottai verso gli ultimi sedili.
   «Dimmi cosa è accaduto prima.» Mi parlò non appena riprese fiato, stavo imparando a capire che la piccola volpe non demordeva facilmente.
   «Cosa intendi? Ho solo aggredito Thomas prima che ti risucchiasse via ogni goccia di sangue.»
Non mi credette, glielo lessi negli occhi vagamente delusi.
   «Eri caldo, la tua pelle sembrava così dura ed avevi gli occhi di un colore che non avevo mai visto. Tu corri veloce, ma non ringhi come un lupo, non ti reggi su quattro vampe… tu non…» Si bloccò, parlarne ad alta voce le fece probabilmente capire chi fossi. Il pensiero che potesse avere paura di me, mi rendeva inquieto.
   «Succede nelle notti di luna piena.» Introdussi dopo uno sconsolante respiro. «Sono nato come un vampiro, Eireen. Il mio destino era già segnato per metà… mi cibo di sangue, alle volte ne ho così tanta voglia che temo di poter sterminare metà dell’accademia.» Mi voltai a guardare il suo volto, mi osservava aspettando che mi aprissi completamente a lei – non vi era alcun terrore nei suoi occhi. «…Ma possiedo metà anima, io sono un ALP. Mi nutro anche dei respiri e dei sogni delle persone dormienti, non voglio che i miei bricioli di umanità scompaiano del tutto, se questo dovesse accadere… sarò costretto ad restare metà lupo e metà vampiro per sempre.»
   «Cosa significa… tu, tu hai detto di esser nato vampiro… come puoi adesso…?»
   «Una donna diede il mio respiro in dono ad una strega, perché avevo interrotto uno dei sogni della sua preziosa nipote… ma per qualche motivo non riesco a ricordare niente di quella notte. La strega mi rese un licaone, se riuscirò a resistere al desiderio di mangiare carne umana nei giorni di luna piena, per vent’anni, mi libererò di questa mezza razza. Me ne rimangono pochi da scontare.»
Risi senza gioia, mi sentii improvvisamente nudo, evitai di guardarla – non volevo conoscere la sua espressione in un momento simile. Eireen non capiva che il suo profumo, la sua bellezza e la sua carne pregiata erano droga per esseri orridi come me, come Uriel e forse anche come Dorothèe.
   «Avresti dovuto essere chiaro sin da principio.» Voltandomi scorsi il suo sorriso, gentile e per niente pretenzioso. Per niente impaurito, per niente falso. Pensai fosse il suo potere più grande.
 
Il viaggio durò mezzora e per me valse come un solo schifosissimo secondo, il tempo con lei sembrava sempre volare e ogni volta che l’avevo accanto mi sentivo scisso tra le mie emozioni e i sentimenti foschi che accompagnavano costantemente il mio cammino. Stringendole la mano avrei potuto congelarla con la mia temperatura? Se avesse mai poggiato il capo sulla mia spalla, essa sarebbe stata troppo dura? Perché non potevo far battere il mio cuore più veloce ogni volta che lei mi accarezzava od urtava per sbaglio? Non ricordavo neppure più che sensazioni si provassero ad avere un anima integra, eppure lei era l’unica a farmi sentire un pallido bagliore di ciò che si provava in certe circostanze. Era gioia e dolore insieme, ogni volta che la mano della volpe mi accarezzava, sembrava dirmi “questo è tutto ciò che ti sei perso sino ad ora”.
Eravamo in un quartiere che sembrava non avere molte luci, le case erano silenziose e non vi era anima viva. C’erano parecchie abitazioni abbandonate a loro stesse, ci insediammo tra alcune sostenendole il gomito quando inciampava in pezzi di macerie lungo il cammino – città fantasma era il nome di quel posto, ne ero certo.
Eireen cominciò a guidarmi senza rendersene nemmeno conto, il suo fiuto era infallibile e lei nemmeno lo sapeva.
 «Sento qualcosa di riprovevole.»
Biascicò, ogni nostro passo produceva un rumore sordo e sinistro, arrivammo nei pressi di una porta, anch’essa vecchia e malconcia. Gli spiriti erano tutti eccessivamente prevedibili, anche loro restavano attaccati da morti a ciò che più avevano amato in vita; il problema però si poneva, così come per i vampiri, quando tutto ciò che possedevi spariva e moriva a differenza tua che restavi qui solo frustato e disperato.
   «Qualsiasi cosa succeda non aver paura, non parlerà come me o te. Quindi mantieni la calma.» Lei annuì, ancora una volta la sua tranquillità mi sorprese; sembrava diversa dai primi giorni di scuola.
Quando aprimmo la porta di una delle stanze di quella casa in cui eravamo entrati, l’unica luce all’interno della camera era quella di una lampada ad olio posta sopra una panca impolverata; un dondolo si muoveva scricchiolando contro le assi del pavimento. Lo spettro era lì, non era seduto ma più accucciato come una scimmia. Ci bloccammo a qualche metro di distanza, l’essere voltò appena il capo, coperto da lunghi capelli neri, gli occhi incavati nelle orbite sembravano volerci raggelare. Urlò, ed Eireen, dall’udito così sensibile fu costretta a tapparsi le orecchie con le mani.
   «SMETTILA, SMETTILA!» Fece infastidita. Si curvò con la schiena cercando di proteggere il suo udito, la presi facendola scontrare contro il petto fino a che lo spirito non smise di urlare. La sentii tremare, si allontanò aveva lo sguardo vacuo ed il respiro corto. Si voltò verso lo spettro che imperterrito ricominciò ad assordarci facendomi scoprire i denti – gli ringhiai contro con troppa frustrazione, la fiammella della lampada si mosse come se un’improvvisa folata di vento fosse entrata nella camera, ma neppure un granello di polvere si era mosso.
   «Dille che possiamo darle ciò che vuole.» Parlai a bassa voce, non volendo rompere l’equilibrio di quel momento, Eireen era ferma dinanzi a me, quando lo spettro si voltò si guardarono negli occhi per lungo tempo.
   «Dice che non si fida.» La voce della volpe era come entrata in trance. Non riuscivo a muovermi, quasi pareva che la negatività della figura maligna mi indebolisse. «BASTA!» Urlò Eireen, lo spettro smise all’istante. «Se il tuo corpo è realmente nella Caed Dhu, noi ti ci porteremo. Veniamo da lì.» Continuò. Lo spettro allora si mosse nella stanza in modo confuso, andò a circondare il corpo di Eireen, poi il mio e strusciò infine sul pavimento rompendosi in un pianto agghiacciante, assordante.
Fu allora che la volpe si voltò verso di me, alcune gocce di sangue uscirono dalle sue orecchie, mi avventai contro di lei prendendola tra le braccia prima che venisse meno nelle gambe.
   «Diche che può aprire un portale o qualcosa del genere, non… non riesco più a sentirla…»

Il nuovo portale si aprì di colpo proprio come lei aveva pre-annunciato, presi Eireen tra le braccia e lo attraversai insieme allo spettro; ero sempre più convinto che quelle punizioni nascondessero molto più di lezioni disciplinari.
   
 
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