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Autore: ClaryWonderstruck    15/06/2017    3 recensioni
[ Il cielo sembrava un’estesa massa di luci vorticanti, di scie circolari che si inondavano le une sulle altre in un concatenarsi quasi eterno. Vigilavano sulla cittadina mercantile che dormiva quieta, nel silenzio della notte, accompagnando i loro sogni con il brillare delle stelle che vi si specchiavano ... ]
[ ... Marinette avrebbe potuto osservare quel dipinto per ore, per giorni, rimanendone rapita come la prima volta]
E se i dipinti di Van Gogh non fossero stati l'unica fonte di luce, quella notte ? Si sa, la luna è compagna dei felini che si aggirano in cerca di compagnia.
Genere: Avventura, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Alya, Gabriel Agreste, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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NB: Saaaalve mie coccinelle di primavera (?), oggi sono in vena di cambiamenti.
Vi assillo anche a inizio capitolo ( lo so che sotto sotto mi volete bene comunque ),
perchè accadranno cose
interessanti. Non vi scandalizzate ;)
E non abbiate paura, non sono
così sadica.
Non ancora.
Buona lettura



Je vois la vie en Noir
 
 
 
 
 
 



Sulla carta rovinata da macchie di carboncino, Marinette premeva ferocemente alcuni gessetti colorati, costruendo un vero e proprio groviglio di fitti rami intersecati. Più aggiungeva colori sulla carta, sporcandosi completamente le palme delle mani, più pregava che l'idea l'avrebbe finalmente convinta. 
Ma non lo faceva mai.
Non riusciva a darle quel senso di completezza e sincera soddisfazione che solitamente le sue bozze rievocavano. 
Così, invece di gettare l'ennesimo foglio nel cestino, era stata capace di continuare a scarabocchiare senza meta, riproducendo nero su bianco quello che le urlava nella testa. 
Quando veniva colta da troppi pensieri contemporaneamente traduceva la frustrazione in ampi disegni circolari dal segno pastoso e grossolano. 
Ammettere che la sua scrivania ne fosse piena, non la spaventava neppure un po'.
Se quella medicina le alleviava anche solo apparentemente il turbine di questioni irrisolte, opprimenti, allora preferiva macchiarsi le dita ed impegnarsi a sfogare lo stress su qualcos'altro. 
 
Aveva passato una settimana infernale
Dopo l'ultima assenza strategica dall'accademia, i genitori l'avevano praticamente chiusa in casa con l'obbligo di lavorare alla pasticceria durante il suo tempo libero. Ergo niente Alya, niente Adrien e niente Chat. Ciò significava provare, però, a riconnettersi con le memorie delle precedenti proprietarie del miraculous in santa pace, senza distrazioni esterne. 
Le erano bastati venti minuti per capire che la meditazione non faceva per lei e che possedeva la pazienza delle persone anziane in fila alle poste. 
Confinata in casa non poteva nemmeno minacciare o supplicare Finn di aiutarla un altro pochino. Sapeva che il prezzo sarebbe stato molto alto, ma non poteva farne a meno.
Papillon doveva essere fermato ad ogni costo
 
In tutto questo quadretto disperato, Marinette non riceveva visite "feline" da un tempo che le pareva interminabile. 
Da una parte non le dispiaceva acquistare secondi utili ad inventare una scusa plausibile per le scoperte appena pervenute, dal momento che solo Ladybug aveva conversato con Finn. Infatti non poteva dirgli proprio tutto considerando cosa ci fosse in ballo, ma nemmeno nascondergli bellamente la realtà dei fatti ignorandone le conseguenze. 
Se la meritava quanto lei. 
Forse qualcosa gli era capitato - si ripeteva spesso scarabocchiando delle orecchie da gatto sui bloc-notes. Finiva sempre per ricoprirle con strati di nero indelebile, per poi scriverci qualcosa con la tempera bianca. 
 
Le dava l'illusione di poter cancellare i suoi sentimenti esattamente come ricopriva le pagine scure di bianchetto. Certo che continuare a pensarci ancora e ancora rendeva fallimentare ogni suo tentativo. 
Tentativi che affondavano come la sua meditazione e la speranza di cavarne qualcosa. Tikki d'altro canto aveva fatto questo segretissimo voto del silenzio inviolabile, astenendosi dal commentare persino quando la ragazza si faceva prendere da raptus di rabbia fulminei. 
 
Dopo venti minuti buoni a graffiare praticamente sulla tela, Marinette si decise a buttare finalmente il tenebroso quadretto realizzato. Non era particolarmente articolato, solo estremamente buio: una foresta in contro luce che spezzava i raggi creando a terra pozze di ombre dense come sangue. 
 
Armandosi di pazienza, scese le scale che conducevano nella pasticceria di famiglia, lavandosi prima accuratamente le mani inzaccherate di colore. 
Oggi era la volta del bancone, se lo sentiva nelle vene. 
La madre le rifilava le ordinazioni tutte le volte che Marinette si cacciava disgraziatamente nei guai. Questo perché sapeva perfettamente le difficoltà nell'approcciare i clienti senza compiere un disastro dopo l'altro, soprattutto se si trattava della figlia. 
 
Quando si infilò il grembiule rosa sopra la tuta da ginnastica si sentì improvvisamente agitata. Dovette, tuttavia, simulare un tenero sorriso ai genitori, i quali nel frattempo si preparavano per fare acquisti al mercato della frutta. 
L'avrebbero abbandonata a se stessa. 
Non appena il campanello attaccato alla porticina trillò rumorosamente, Marinette poté buttare via una quantità di fiato inimmaginabile. Era rimasta in apnea per tutto il tempo di attesa, sperando che i genitori non avessero notato quell'evidente immobilità.
 
Sembrava uno spaventapasseri mosso dal vento. Tentennava e indugiava se qualcuno si soffermava davanti l'insegna del negozio, pregando segretamente che avesse di meglio da fare che torturarla. 
Peccato che i clienti abituali si fecero sentire praticamente subito, richiedendo pacchi e pacchi di dolciumi e paste da portar via. Gestire tutto quel lavoro da sola iniziava a scombinarle i pensieri, rischiando di indurla a perdere di vista qualche dettaglio fondamentale.
Doveva velocizzarsi e mantenere una qualità alta, lo sapeva. Nonostante ciò, il suo cervello funzionava come un velocista su pista: rendeva il massimo per una quantità di tempo limitata, come un corridore fa nelle gare di velocità, perdendo lo smalto quando si trattava della resistenza. 
Al lavoro non poteva permettersi di essere Usain Bolt, doveva procedere con cautela e stringere i denti.  
 
Servì una fila di clienti infinita, pesando e incartando vassoi colmi di colori e profumi diversi. 
Non aveva ancora distrutto mezza cucina, perciò poteva ritenersi abbastanza soddisfatta, e poi lavorare la strappava via dalle solite questioni incomplete. 
 
Verso l'ora di pranzo iniziò a pulire il bancone da capo a fondo, lucidando il vetro che esponeva i prodotti della pasticceria. Immersa nel meticoloso processo anti-germi, non prestò molta attenzione a chi fosse entrato nel negozio. 
 
<< Posso fare qualcosa per lei? >> domandò tirando fuori il muso dagli scaffali. La cordialità si spense volteggiando come foglie nude al vento quando un paio di pupille color pece incontrarono il suo sguardo.
Se avesse tenuto chiusi gli occhi forse si sarebbe risparmiata un incontro del genere. 
 
Finn picchiettò le dita sul bancone, sistemandosi la felpa scura per cercare un accendino. 
 
<< Buttercup, che casualità!  >> 
 
Il ghigno di piacere che gli si dipinse in faccia le ricordava le indecifrabili e pericolose smorfie tipiche dei super cattivi. Tipo Joker, o il Dottor Octopus. 
Doveva smetterla di rimanere sveglia per leggere i fumetti dei supereroi - si ripeté. 
 
<< Ma tu non hai nient'altro da fare? Tipo persuadere gente a caso? >> 
 
In quell'esatto momento, quando la scortesia fuoriusciva dalla sua bocca come un fiume in piena, rientrarono i genitori pieni di buste e sacche pesanti. 
"Ma una Cristo di volta che mi aiuti, no eh? " gridò Marinette a se stessa, ingoiando l'orgoglio con estrema difficoltà. Non poteva permettersi altre tre settimane di reclusione perché qualcuno non le andava a genio. 
Finn era un cliente. Sgradevole ed egoista, ma pur sempre un cliente. 
 
<< Dovresti aver capito ormai che non agisco senza un movente valido >> bisbigliò fingendo di dover scegliere uno dei prodotti esposti. 
Marinette prese a mostrargli meccanicamente tutti i dolci impilati, sperando che i genitori le dessero campo libero ora che le serviva davvero. 
Rimasero ad ispezionarla salutando il cliente gentilmente, per poi ritirarsi nelle camere al piano di sopra. 
 
<< Definisci "valido", perché non trovo alcuna spiegazione giustificabile >> sputò non appena si ritrovò da sola col diavolo. 
 
Finn si sentiva come un giovane Dio che volava sopra le strade osservando la gente correre e disperarsi.
 
<< Sai Creamy, non sei esattamente nella posizione per parlare di segreti e scuse legittime >> 
 
Marinette si slacciò il grembiule sospirando a fondo. La testa le pesava manco l'avesse ripescata dal fondo dell'oceano. 
 
<< Vuoi ricattarmi? Manipolarmi? Parla, perché sto iniziando davvero ad avere le tasche piene delle tue apparizioni. >> 
 
<< La persuasione non funziona con tutti Sugar, ci sono alcune menti difficili da piegare >> spiegò osservando la silhouette della ragazza << E poi se avessi voluto, l'avrei già fatto, non ti pare ? >> 
 
Non aveva tutti i torti - si disse affliggendosi la pelle delle braccia. Quando proprio non ce la faceva a sopportare una situazione, spingeva forte le unghie contro qualsiasi cosa le capitasse a tiro. Che questa volta fosse stata se stessa non cambiava la sostanza. 
 
<< Sono stanca, Finn. Sii diretto >> 
 
<< Sono venuto per comprare, nessuna minaccia velata. Però mi fa piacere tenerti così sulle spine >> ammise osservandole sta volta i capelli mossi << Come va con la meditazione a proposito? >> 
 
L'alzata di spalle che ne conseguì fu abbastanza significativa. 
 
<< Potrei darti una mano. Ad un giusto prezzo >> 
 
"Ah, ecco perché sei venuto."
 
<< Non ci tengo ad essere in debito con un losco ricattatore >> rifiutò prontamente << Ora puoi dirmi cosa vuoi dal bancone? >> 
 
Sorridendo sotto i baffi, Finn sembrava sicuro che prima o poi Marinette avrebbe ceduto alla sua proposta. 
 
<< Cambierai idea, sono un tipo paziente >> 
 
"Io non proprio"
 
 


***
 
 



 
 
Gli scatti vivaci dei flash, così come le lampade accecanti poste intorno al telone bianco, intontivano la mente già annebbiata ed assonnata di Adrien, il quale  posava per una campagna di profumi da uomo, senza maglietta e cosparso di un liquido a tratti insopportabile. Sembrava gli avessero gettato addosso un intera tinozza di fragranza tanto era il prurito che gli causava. 
Le narici sature di profumo non distinguevano più le sfumature di odori circostanti, cosa che lo affaticava persino nelle pose più confacenti al suo fisico. 
 
Il padre dirigeva il servizio gridando ogni tanto qualche consiglio sulle espressioni che Adrien doveva rievocare. Lo spingeva a concentrarsi come se tutta la sua vita fosse dipesa da quegli scatti per la TV. 
Niente di meno veritiero. 
Soprattutto detto da un uomo scarno di emozioni, asettico e privo di qualsiasi spinta paterna. 
Dopo ogni scatto veniva ricoperto di attenzioni e lusingato per la sua forma fisica, senza essere interpellato riguardo la sua salute. 
A nessuno importava cosa pensasse una bella testolina famosa e ricca. 
A nessuno fatta eccezione per Marinette. 
La sua preziosa perla fortunata che sicuramente avrebbe visitato una volta conclusa quella sessione interminabile di photoshooting. 
Nei momenti in cui ripensava alla giovane in compagnia di Finn, la camera riusciva a catturare i suoi sguardi più intensi e feroci: bucava lo schermo trasmettendo una scia di sentimenti quasi folgoranti. 
Adrien s'asciugò il volto con una bottiglietta d'acqua prima di vedere il risultato finale. 
Non erano per niente male considerando il suo stato d'animo e poi tutti ne parevano ampiamente entusiasti. Escludendo il padre, che annuiva meccanicamente senza dar peso al talento indiscutibile del figlio. Dubitava avesse conservato un minimo di coscienza in quell'abito elegantemente tirato a lucido. 
 
<< Per oggi è finita, Adrien >> annunciò la segreteria sorridendogli con gli occhi. Il suo sguardo contornato dalla montatura degli occhiali la rendeva molto più matura della sua effettiva età, benché non fosse tanto più vecchia di Finn. 
 
<< Sono finalmente libero? >> 
 
La speranza con cui pronunciò quelle parole scaldò il cuore della segretaria. 
 
<< Cerca di rientrare in orario, non posso coprirti per sempre >> continuò abbassando il tono di un'ottava. Adrien annuì energicamente, ringraziando come meglio poteva l'unica presenza gradevole della casa. 
 
Ora doveva solo raggiungere la sua lady. 
 
 
 
 
Marinette lavorava dietro il bancone della pasticceria sistemando qualche carta nella cassa laterale. Intravederla dietro le trame delle tende ricreava un'atmosfera vellutata che ricordava i vecchi bistrot degli anni venti. L'ambientazione del locale in sé, così delicato e ordinato in linea perfettamente parigina, contribuiva a renderla una fata irraggiungibile. 
 
Indossava una tuta, nessun abbigliamento che potesse sorprenderlo un po', tuttavia sapeva vestire un'aria completamente ammaliante. 
Se avesse continuato ad osservarla in quel modo l'avrebbe stropicciata, ne era certo. E poi la gente si sarebbe fatta qualche domanda dato che indossava un costume nero in lattice. 
 
Aprì la porta ruotando il cartellino verso la scritta "Désolé, nous sommes fermés.", così da evitare qualsiasi intrusione poco desiderata. 
La ragazza non l'aveva proprio visto entrare, tant'è che se ne stava di spalle a contare accuratamente le monetine guadagnate. 
Chat allora richiamò l'attenzione su di sé tossendo veementemente. 
 
 << Finn, ti ho detto di levarti dai->> 
 
Il fiato le si spezzò in gola, sostituito da un saluto silenzioso. 
Quel Finn non la smetteva di perseguitarla persino a lavoro e ad Adrien non piaceva assolutamente. La pasticceria era l'unico posto dove sperava non avrebbe avuto coraggio di mettere piede e invece bazzicava persino su campo minato.
Non voleva chiamarla gelosia:  lui era Chat Noir, non poteva invidiare qualcuno palesemente al di sotto dei suoi livelli. 
 
<< Nahh, sono quello bello >> rispose raggiungendola dietro il bancone. Nei panni di Adrien si sarebbe sognato certe avventatezze. 
 
Marinette allungò un braccio per inserire le ultime banconote nella cassa, finendo con l'avvicinarsi un po' troppo al super eroe. Tutt'un tratto l'aria delicata di face tesa ed elettrica. 
 
<< Pensavo che le clausole del patto fossero chiare, Chat. Non puoi piombare qui così! Ti rendi conto del rischio che corriamo? >> tuonò Marinette a braccia conserte, esasperata. 
Adrien avrebbe voluto tanto agire d'istinto. 
Avrebbe desiderato più di qualsiasi altra cosa dimenticare le circostanze e fare quello che ultimamente gli ronzava nella testa costantemente. Poi però ripensava alla fragilità di Marinette, alla faccenda delle identità e soprattutto agli strani sogni che lo tormentavano, ridimensionandosi volontariamente. 
 
<< Mi togli tutto il divertimento principessa >> 
 
Adrien vide Marinette tentennare, traballare appesa ad un filo. Non era solo una sua sensazione, lo sapeva. Benché spesso avessero condiviso qualche stretta di mano, un paio di abbracci amichevoli ed anche qualche tocco fuggevole, niente li aveva mai spinti ad una tale vicinanza. 
Una distanza misurata tramite l'eco dei respiri. 
 
<< Andiamo su. Stare qui è pericoloso >> ordinò la ragazza allontanandosi di scatto. 
Ogni lasciata è persa - gli ripeteva in testa una vocina sgradevole e perversa. 
<< Avrei comunque la pausa pranzo ... >> aggiunse indicandogli le scale. 
Dovevano fare piano, molto piano per scampare l'eventualità di incappare nei genitori della giovane. 
Fortunatamente sonnecchiavano entrambi appollaiati sul divano, senza quindi prestare riguardo ai galeotti che s'accingevano a salire le scalette.
 
Una volta entrati, Chat cadde sul materasso della ragazza in posizione supina, mentre Marinette scelse di rannicchiarsi sulla sedia girevole antecedente la scrivania.
 
<< Che fine avevi fatto? >> domandò flebilmente Marinette, nascondendo il viso tra le gambe. 
Il modo supplichevole con cui lo disse stupì Adrien immediatamente. Non era da lei comportarsi così. 
 
<< Dovevo sbrigare delle cose. È tremendamente difficile essere così irresistibili >> ammise concedendosi un pizzico di umorismo. 
 
Lanciandogli un cuscino dritto in faccia, Marinette rese chiara la sua posizione.
 
<< Hey, prenditela con la genetica, non posso farci niente! >> 
 
<< Ed io che mi ero persino preoccupata. Come non detto, sei il solito egomaniaco >> borbottò ruotando assieme alla sedia. 
 
<< Preoccupata? >> domandò di getto << Non mi dire che ti stai veramente affezionando a un randagio! >> 
 
<< Sono animalista. E poi non mi hai più fatto sapere nulla riguardo le ricerche >>
 
Ah giusto - si disse Chat sedendosi a quattro di bastoni - doveva proprio renderla partecipe delle ultime scoperte.
Cosa aveva esattamente scoperto? 
Beh, nulla di troppo eclatante dall'ultima conversazione prima dell'attacco all'ospedale. 
Sapeva che Finn aveva perso il suo miraculous, conservandone qualche potere sparso quà e là, ma il resto delle informazioni ancora viaggiava sospeso in un vuoto sorprendentemente vasto. 
Cercò di spiegarle ciò che aveva intuito, aspettandosi una sua interpretazione geniale dei fatti.
Eppure Marinette non parlava, annuiva confermando le tesi di Chat senza aggiungere chiarimenti o semplici puntualizzazioni. 
"Evidentemente Finn ha spifferato qualcosa"
Perché non dirglielo? 
Poi ricordò il minuscolo dettaglio riguardo la trasformazione della ragazza, ipotizzando che Finn avesse sputato il rospo con Ladybug e non con la giovane stilista che  lui fingeva di conoscere. 
 
Mantenere salde le identità stava diventando un compito arduo. Un nido ingarbugliato di menzogne che si ricollegavano le une alle altre creando una gabbia fitta e oscura impossibile da districare.
 
Forse doveva parlarne con Ladybug.
Certo, sembrava assurdo trattare la stessa persona come se avesse posseduto due cervelli, ma era il massimo che poteva fare per agevolare la sua situazione.
 
<< Credo che Alya sia stata persuasa dai suoi poteri. Non credo che affrontarla porterà a qualcosa, non era in lei >> 
 
Chat Noir concordò fin da subito. Ringraziava il cielo che non avessero ancora fatto esplodere la bomba a scuola, altrimenti sarebbe andato tutto in fumo inutilmente. 
 
<< Devo avvisare Adrien! >> esclamò poi toccando lo schermo del cellulare. 
Sentire il suo nome carico di entusiasmo stuzzicò il suo appetito felino. Era tremendamente piacevole ascoltarla parlottare ed interpellarlo come se lui non si fosse trovato proprio di fronte a lei. 
<< Compagni di classe, uh?> domandò Chat tornando alla comoda posizione precedente. Gli piaceva guardare gli adesivi a forma di stelle attaccati alle pareti della stanza. Lo facevano sentire tanto piccolo e insignificante, quanto illuminato di immensa eternità. 
 
<< Sono la mia famiglia >> ribattè la fanciulla con decisione << Anche se ultimamente li sento distanti. Hai presente quando sai che qualcosa non va ma fingi di ignorarlo ? >>
 
Il supereroe stava per ribattere con qualcosa di troppo personale. Mantenere un distacco emozionale anche quando si riferiva direttamente a lui non si era rivelata un'idea fattibile. 
 
<< Parlagliene. Schiarisciti le idee Principessa, non puoi affrontare Papillon se prima non risolvi i tuoi demoni >> 
 
Così come lui avrebbe dovuto fare con i suoi sogni. 
Predicava bene e razzolava male, questo era il problema principale di Chat Noir. 
 
<< Vado a farmi la doccia. Devo riflettere >> dichiarò come se fosse rimasta sola con i propri pensieri. << Cerca di non ficcanasare nel mio armadio, sta volta >> 
 
"Beccato al quadrato"
 
 
 
Sta volta non s'azzardò a violare la privacy di Marinette, era troppo preso a combattere con i sensi di colpa per concentrarsi su altro. Sarebbe mai arrivato il fatidico momento di togliersi la maschera e mettersi completamente a nudo? 
Teoricamente non gli era consentito nemmeno di pensarle certe cose viste le restrizioni imposte dal miraculous, però in pratica gli piaceva sperare. 
Sperava di poterla osservare senza rimpianti, senza venire puntualmente interrotto da qualche lontano eco fastidioso. Così avrebbe fatto tutto ciò che si torturava a trattenere continuamente.
Chat si sentiva ferocemente frustrato e confuso: delle volte vedeva tutto di Marinette, altre solo la maggior parte, pochi stralci, oppure il nulla. 
Non esisteva una via di mezzo per loro.
Potevano cambiare anche faccia e voce, atteggiamenti ed espressioni, tuttavia conoscevano l'altro come melodie incise nel flusso delle loro coscienze, e ciò non sarebbe mutato. 
 
Imbottigliato tra le infinite riflessioni, s'accorse troppo tardi di un suono cadenzato in procinto di varcare l'entrata. Riconosceva il rumore di tacchi quando ne sentiva ( era immerso nel mondo della moda quotidianamente dopotutto), e quello sembrava proprio il tipico ticchettio appartenente a bassi tacchi. 
 
Scattando in piedi ad una velocità impressionante, cercò di adocchiare un posto plausibile dove nascondersi senza rischiare la denuncia per molestie sessuali. 
Peccato che la camera di Marinette fosse dannatamente spoglia per ritagliarsi una nicchia abbastanza grande. L'armadio, tra l'altro, custodiva mille scatole di ricordi ammassate le une sulle altre che occupavano tutto lo spazio disponibile. 
Pensò di potersi infilare sotto il letto, ma era troppo basso perché potesse impiegarlo come nascondiglio. 
L'unica soluzione celere che gli venne in mente fu quella di precipitarsi in bagno, incrociando le dita che Marinette non si trovasse in condizioni imbarazzanti. 
Beh, una parte di lui desiderava tutt'altro, ma non era il caso esternarlo quando rischiava una ciabattata in pieno volto. 
L'affanno con cui si catapultò nel bagno fu sufficiente ad allarmare la ragazza, la quale massaggiava la folta chioma bluette ribelle con una buona dose di shampoo.
Chat vide solo la sua testa insaponata  sbucare da dietro la tenda che separava la vasca con il resto del bagno, ma gli bastò per sentirsi trafitto da parte a parte.
 
<< Che diavolo stai facendo?!?!!>> esclamò Marinette silenziando un urlo di estrema incredulità. 
Chat deglutì provando a dosare le parole << C'era tua madre. Sono entrato nel panico! >> 
 
Marinette era furiosa e decisamente paonazza. 
 
<< Non potevi uscire dalla finestra? >> replicò aspramente, coprendosi il corpo con ossessiva scrupolosità. 
<< Mi avrebbe visto. Giuro che me ne andrò non appena... >>
 
Ma la conclusione della frase si spense esattamente come la sua rabbia al suono di una voce femminile.
 
<< Tesoro ti sistemo i panni puliti sul lavandino! >> annunciò la madre della fanciulla, sembrando tremendamente prossima alla porta. 
 
Marinette allora guardò Chat accettando di fare probabilmente la cosa più sconsiderata che non avesse mai compiuto in diciotto anni di vita. 
 
<< Lanciami quell'asciugamano ed entra >> gli ordinò in tono irrevocabile. 
 
Per quanto Adrien ne rimase piacevolmente colpito, non aspettò un altro secondo ed obbedì agli ordini della regina coccinella. Riuscì a chiudersi la tenda alle spalle poco prima arrivasse la madre di Marinette a sistemare il bagno. 
 
Ora respirava a tratti, distando pochi millimetri da una Marinette mezza svestita e  completamente fradicia. 
Per quanto fosse bella e distraente, Chat non poteva permettersi certi pensieri 
Piccole goccioline d'acqua le ricadevano sulla fronte, lungo il collo, sotto il busto precariamente avvolto da un asciugamano destinato alla pulizia delle mani. 
Ora respirava ? 
Cercava di guardarla negli occhi il più possibile, benché ogni centimetro del suo corpo lo richiamasse a sé come una falena schianta sulla luce delle lanterne. 
Marinette era una dolce creatura che lo spingeva contro il suo buon senso, contro la ragione. 
<< Shhh ... >> lo intimò la giovane, tenendo le orecchie ben aperte per capire gli spostamenti della madre. 
 
Ancora maneggiava in bagno evidentemente. 
 
La sua lady lo avrebbe reso folle. 
Malgrado Adrien fosse un bravo ragazzo, perdere un tantinello la ragione in certe circostanze era inevitabile. D'altronde alla sua età alcuni chiodi fissi non potevano non toccarlo. 
 
Il colpo di grazia arrivò solo quando un lembo dell'asciugamano sostenuto da Marinette rischiò di scivolarle dalla presa. Chat lo recuperò prontamente, contribuendo a mantenere coperto il suo corpo minuto ( sebbene avesse preferito altre dinamiche ). 
Doveva darsi una regolata e zittire la vocina della sua maliziosa coscienza. Quello era il suo giorno fortunato, alto che gatto nero!
Se per lui era difficile trattenersi in quelle condizioni, chissà per lei cosa doveva essere stato. 
 




 
***
 



 
 
 
Marinette non sentiva più il sangue affluire in molte zone: a partire dai piedi, fin sopra le gambe, le braccia e persino in testa. Solo pompate massicce che dalle arterie sembravano ricacciare il liquido nuovamente nel cuore senza ossigenare il resto del corpo. La cassa toracica sembrava una stanza vuota dove l'eco dei battiti tuonava ferocemente seguendo il ritmo delle gocce sopra di lei. 
Aveva chiuso il soffione della doccia, ma ancora perdeva qualche residuo d'acqua che s'affaticava a scivolarle lungo il collo nudo. 
Tremava, lo percepiva, eppure cercava di rallentare il respiro entrando di tanto in tanto in apnea. 
Chat le faceva quest'effetto. 
Non era il semplice imbarazzo della scena a mandarle in tilt i circuiti, ma la paura che i suoi battiti selvaggi avrebbero potuto raggiungere le sue orecchie in qualche modo. Erano così forti e netti. 
 
<< Hai finito ? >> le parole le uscirono di bocca come un soffio leggero << Posso sistemare io mamma >> 
 
Mentre parlava si trovò ad osservare Chat più intensamente di prima. Aveva lottato per evitare il suo sguardo e purtroppo dovuto alzare bandiera bianca.
Non poteva evitare di incastrarsi fra i suoi pensieri. 
Reggeva il panno in sacro silenzio, comunicando a Marinette emozioni che neppure lei stessa riusciva a decifrare. 
Più che per eccessiva intimità, Marinette si sentiva fuori luogo a causa dell'estrema vulnerabilità. Dipendeva totalmente dal suo volere, dalla sua presa e dai suoi occhi. 
In quel momento avrebbe voluto prenderlo a calci e picchiarlo con qualche oggetto contundente, ma un'altra parte di se stessa sarebbe rimasta piacevolmente in quelle condizioni ferme nel tempo.
 
"Marinette non farti venire strane idee. Lui è Chat "
 
Proprio perché lui era Chat non se ne vergognava. Sentirsi sul punto di sciogliersi rientrava nelle controindicazioni del patto firmato. Non avrebbe mai pensato che una volta speso tutto quel tempo insieme, poi sarebbe effettivamente caduta nella trappola. 
Chat si era ricucito uno spazietto fra le toppe di mille delusioni, fungendo da collante a pezzi quasi sbrindellati. 
 
<< Si, e poi useresti lo spazzolino di tuo padre! Anzi, già che ci sei ti aspetto così pulisco la doccia per bene >> obiettò in vena scherzosa.
 
Non c'era nulla di divertente nelle sue battute. 
Voleva davvero sciogliersi come la strega cattiva del Mago di Oz, almeno l'avrebbe scampata.
Chat non riusciva a mantenere una faccia seria dopo quell'ennesima botta di sfortuna sfacciata. Se ne stava lì, praticamente capace di sentire il suo respiro su pelle, a sorridere beffardamente.
 
<< Ti taglierò la coda >> ringhiò mimando con le labbra.
Chat puntò lo sguardo verso il lembo dell'asciugamano che teneva stretto fra le dita. Le sue intenzioni erano chiare: mai minacciare qualcuno che sta salvando il tuo bellissimo di dietro dal diventare una luna scoperta. 
 
<< Laverò tutto io prima di pranzo. Sto... riflettendo! >> disse ancora cercando di sembrare più convincente. 
Allora la mamma ridacchiò divertita << Non starai mica pensando ad un certo compagno di classe biondo? Adrien ? >> 
 
Gli occhi di Marinette si congelarono come ghiacciai. Non le stava accadendo davvero. 
 
<< Ho capito! Ti lascio fantasticare >> borbottò poi aprendo la porta del bagno << Ahh la gioventù! >> 
 
Così, quando furono certi della sua sparizione, rimasero a fissarsi sbigottiti. La ragazza non riusciva a pensare una singola cosa sensata, era totalmente kaputt. Out. K.O. Hasta la fiesta. 
 
<< Infierire sarebbe molto crudele >> iniziò Chat sotto voce << Ma se volevi trascinarmi nella doccia con te, avresti potuto chiedermelo prima >> 
 
Marinette gli tirò uno schiocco in fronte con la mano disponibile << Dammi quel lembo ed esci dalla doccia, maniaco >>
 
 
Passarono alcuni istanti di incertezza, ed alla fine Chat s'avvicinò leggermente all'orecchio di Marinette per sussurrarle qualcosa( stando attento a non scivolarle sopra ovviamente ).
 
<< Ringrazia che sia un gatto per bene. È davvero difficile allontanarti così... stai contraddicendo le tue parole con sottili espressioni >> 
 
Sganciata la bomba atomica, Marinette poté solo accettare di buon grado l'altra estremità dell'asciugamano senza fiatare. 
 
<< T-ti sbagli. Forse il vapore della doccia ti fa salire meno ossigeno al cervello. Si chiama scienza >> sentenziò osservandolo uscire egregiamente dalla doccia dove lei ancora tremava tutta. 
Balzò a terra con grazia, mettendo ancora una volta in mostra le sue grandi abilità. 
<< Si chiama inutile negazione, Princess, ed hai anche arricciato il naso >> cominciò raddrizzandosi del tutto << Non lo dirò al misterioso compagno di classe, rilassati. >> 
 
Marinette aprì la bocca per rispondere, ma le uscì solo un rantolio senza senso.
 
<< Mi spieghi perché quando sono con te il karma mi detesta ? >> 
 
<< Per la stessa ragione che lo fa girare dalla mia parte. >>
 
Quando poi Marinette ebbe finito di sistemarsi, Chat si trovava ancora a girovagare nella sua stanza senza meta, completamente preso dai gingilli che decoravano le pareti della sua stanza. Coperta da un velo di imbarazzo si piazzò di fronte al gatto ignorando i mille avvertimenti che le perforavano le tempie. 
 
<< Peccato >> disse Chat voltandosi di scatto << Quasi ti preferivo prima >> 
 
<< Esci dalla finestra. Adesso >> asserì tradita da uno sguardo impacciato. Sentiva che avercelo ancora tra i piedi le avrebbe causato danni permanenti alla corteccia celebrale. Non riusciva più a guardare direttamente quei fari verdi, quelle iridi tanto intense quanto indecifrabili.
 
Un comportamento inusuale che determinò una risposta altrettanto atipica. Chat le scompigliò la chioma mantenendo in vita quel gioco del silenzio così frustrante per Marinette, saltando poi oltre il balcone come un'ombra notturna. Al suo posto solo il ricordo del tocco e un vuoto simile ad un fantasma ricalcante le sue sembianze. 
 
<< Tikki, dobbiamo parlare di molte cose. Basta nasconderti >> 
 
Il piccolo kwami svolazzò scivolando fuori le coperte del letto, leggermente assonnato e affaticato dalle ultime trasformazioni. 
 
<< Finn mi ha detto dei ricordi. È possibile oppure devo considerarla come una grossa balla? >> 
 
La confusione che aveva provato poco prima verso Chat era stata convertita in determinazione per concludere ciò che si era imposta. Se nulla nella sua vita andava per il verso giusto, sarebbe stata lei a guidarla secondo la strada corretta. 
 
Nemmeno Tikki, destabilizzata dalla sua richiesta, avrebbe potuto dissuaderla completamente. 
 
<< Marinette ... >> iniziò il kwami, dosando le parole con le pinze << Non credo sia una buona idea >> 
 
Scattò come una molla << Sono arcistufa di questa storia. Finn è un criminale bugiardo dalle tendenze perverse; Chat mi nasconde qualcosa sul suo passato, ma come biasimarlo? Non faccio che mentirgli anche io. E Adrien? Lui non riesco proprio a capirlo >> scivolò a terra contro la parete di poster << Basta bugie. Voglio la verità Tikki, e se non sarai tu a dirmela proverò con tutti i mezzi a disposizione >> 
 
<< Ho fatto un giuramento che non posso sciogliere, Marinette. Inoltre penso che certe cose passate debbano rimanere tali >> 
Schivando lo sguardo apprensivo di Tikki, la super eroina si strinse le ginocchia al petto passando in rassegna le mille battaglie che avevano già segnato parte della sua adolescenza. Quanti segni e cicatrici avrebbe dovuto ancora sopportare per dire basta? 
 
<< Farò a modo mio. Tikki, trasformami! >> 
 
  
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