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Autore: Fonissa    19/06/2017    1 recensioni
{Questa Fanfiction partecipa all'iniziativa "Artist Meet Artist" a cura di Fanwriter.it}
[OttavianoxRachel] [AU|Highschool] [Accenni: Percabeth, Jasper, Frazel, Solangelo, Tratie, ClarissexChris, Charlena, Thaluke, Caleo]
Tutta la scuola sa che ci sono due gruppi che si disprezzano. Il primo è formato dai classici amici che amano ridere e scherzare, il secondo da quelli che per un motivo o per un altro non sono simpatici agli altri.
Nel primo c'è Rachel, nel secondo c'è Ottaviano.
Ma per uno strano scherzo del destino, si ritroveranno a dover passare del tempo insieme.
Dal testo:
Il professore iniziò ad annunciare le coppie che avrebbero collaborato.
“Ottaviano e Rachel” disse all’improvviso.
Il ragazzo per poco non si strozzò con la sua stessa saliva. Poteva andargli bene chiunque, ma non proprio una di loro.
Del canto suo, di certo Rachel non stava gioendo. Tra tutti i ragazzi di quel gruppo, lui era quello che sopportava di meno.
Non sapevano che quello era solo l’inizio.
Genere: Angst, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Octavian, Quasi tutti, Rachel Elizabeth Dare
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Tic tac, tic tac.
Il rumore delle lancette dell'orologio era l'unica cosa udibile in quel momento nella stanza di Rachel. Era lì, a gambe incrociate sul letto, gli occhi verdi spalancati fissavano il muro davanti a lei, le labbra erano una linea dritta, il viso non sembrava mostrare alcuna emozione. Da quanto tempo era in quella posizione? Forse minuti, forse ore. Si era semplicemente alzata dal tavolo della cucina, aveva salito le scale e si era chiusa nella sua camera. Non una parola, non un urlo, non una lacrima. Vuoto, solo quello. Un immenso vuoto, come un buco nero, le era nato nel petto, risucchiando qualsiasi tipo di emozione. Il telefono si illuminava di continuo a causa dei messaggi dei suoi amici, agitati anche loro dalla notizia di quella mattina. Qualcuno iniziò a bussare alla porta, forse una cameriera. Nulla di questo attirò l'attenzione di Rachel. Com'era possibile tutto ciò? Quella notte, Ottaviano era stato a fianco a lei, proprio su quel letto, e guardandola con quegli occhi color ghiaccio che forse non si sarebbero mai più riaperti. Nemmeno questo pensiero riuscì a smuovere l'animo di Rachel. Era come se respirasse solo perchè il suo corpo glielo imponeva. Non riusciva a realizzare di non poter più vedere Ottaviano, di non ridere piú insieme a lui, di non sentire il sapore della sue labbra... di non fare più l'amore con lui. Semplicemente, non era possibile che loro due fossero separati.
Non possiamo stare lontani. Pensava, mentre finalmente si alzava dal letto, iniziando a togliersi il pigiama e prendendo dei vestiti a caso dall'armadio.
In questo momento, dovremmo stare vicini. Si diceva, e prendendo il suo cellulare, usciva dalla sua stanza, scendendo le scale sempre più velocemente, fino a ritrovarsi a correre verso la porta d'ingresso, ignorando le domande delle cameriere.
Avevamo detto che non ci saremmo mai più lasciati. Affermava a voce bassa, mentre correva schivando chiunque incontrasse sulla strada, andando verso l'ospedale in cui era ricoverato Ottaviano.
Ci arrivò dopo mezz'ora, con il fiato corto, la gola secca e le gambe doloranti. Ma non le importava, non quando le mancava cosí poco per rivederlo. Entrò, ritrovandosi nell'ingresso insieme ad altre persone che aspettavano e infermiere e dottori che correvano da una parte all'altra. Stava per andare verso il banco informazioni, quando sentì una voce chiamarla.

"Tu...tu sei Rachel Dare."

Si girò di scatto, incrociando gli occhi con il padre di Ottaviano.

"Si, sono io. Sono qui per Ottaviano." disse, con un filo di voce. Deglutì a vuoto quando osservò per bene l'aspetto dell'uomo: i capelli arruffati, gli occhi, rossi e umidi, contornati da occhiaie, le mani tremanti. Appoggiata alla sua spalla c'era una donna, la madre di Ottaviano, che dormiva.

"Non ti faranno entrare senza il permesso di un genitore." sospirò Erick, anche lui con la voce flebile.

"Allora me lo dia! Non ho tempo da perdere, devo vederlo."

Erick sgranò gli occhi, assumendo un'espressione stupita.

"Ci tieni davvero così tanto a lui? Non vi ho mai visti insieme, se non quella sera in cui c'era anche tuo padre. Certo, non sono mai stato un genitore modello, ma conosco i suoi amici."

Rachel strinse i pugni, mordendosi il labbro. Forse, non avrebbero dovuto nascondersi così tanto. Ormai non era nemmeno sicura che avrebbero potuto dire a tutti di loro, un giorno, Forse, avrebbe dovuto limitarsi a parlarne come uno splendido ricordo, a bassa voce, ai suoi amici, invece di urlarlo insieme a Ottaviano al mondo intero.

"Non può nemmeno immaginare quanto io tenga a vostro figlio." esclamò, fissando l'uomo. Questo abbozzò un sorriso, alzandosi cercando di non svegliare la moglie e mettendo un braccio intorno alle spalle di Rachel.

"Vieni, ti faccio vedere dove si trova."

Camminarono per qualche minuto nei corridoi bianchi e freddi dell'ospedale. Solo in quel momento, passando davanti a un grosso orologio, Rachel notò l'orario: le sette di sera. Quanto tempo era rimasta chiusa in camera sua? Non si era nemmeno accorta di aver saltato il pranzo e dell'arrivo della sera.

"Eccoci, siamo arrivati." La voce di Erick la riportò alla realtà. Si erano fermati davanti a una porta bianca, uguale a tutte le altre in quel corridoio, con sopra il numero 258. Davanti a essa stava un'infermiera. L'uomo ci scambiò qualche parola che Rachel non sentí, troppo impegnata a osservare quella porta, l'unica cosa che la separava da Ottaviano. L'infermiera rivolse un sorriso alla ragazza, poi la condusse dentro. E lo vide.
Ottaviano era steso su un lettino, la maggior parte del corpo era fasciato, vari fili lo collegavano ad alcune macchine e una maschera faceva in modo che respirasse. Rachel si avvicinò, facendo una smorfia nel notare i vari lividi e graffi che aveva sul volto, rendendolo quasi irriconoscibile. Con gli occhi chiusi, sembrava stesse dormendo.

"Si...si riprenderà?" chiese, non distogliendo gli occhi dal ragazzo. Il sorriso dell'infermiera vacillò.

"È ancora troppo presto per dirlo."

Rachel annuì, sospirando. Si era aspettata una risposta del genere.

"Posso restare da sola con lui?"

"Solo per qualche minuto."

"Okay, va bene."

Non appena la donna si chiuse la porta alle sue spalle, Rachel si permise di crollare. Le ginocchia prima tremarono, poi cedettero facendola cadere a terra, il viso poggiato sul torace di Ottaviano, le mani che stringevano con forza le lenzuola. Alcune lacrime solitarie iniziarono a uscire, poi ne arrivarono sempre di più, fino a quando non si trasformarono in un pianto disperato. Rachel tremava e singhiozzava, mentre provava a dire qualcosa a Ottaviano, quasi dimenticando che il ragazzo non poteva sentirla.

"Avevi promesso di non lasciarmi... -riuscì a sussurrare dopo qualche secondo, seppur ancora scossa dai singhiozzi- stupido, stupido! Come hai potuto farti investire?! Come hai potuto ridurti in questo stato?! Non avrei mai dovuto farti venire da me di notte, dovevo immaginarlo che era troppo pericoloso..."

La ragazza alzò i viso, puntando gli occhi su quello del fidanzato, mentre gli accarezzava una mano,

"Ti prometto che usciremo insieme da questo ospedale. È appena accadrà, riuniremo tutti i nostri amici e metteremo le cose in chiaro. Noi stiamo insieme, ci amiamo, e lo dovranno accettare, che gli piaccia o no. Si risolverà tutto."

Rachel accarezzò il viso ad Ottaviano, per poi lasciargli un leggero bacio sulla fronte. Qualche secondo dopo entrò l'infermiera, comunicandolo che era ora di andare. Rachel lanciò un ultimo sguardo al ragazzo, prima di andarsene senza guardarsi in dietro. Quando fu fuori dall'ospedale, decise che quella sera non aveva il coraggio di stare da sola a casa. Prese il cellulare, ignorandolo i più dei cento messaggi dei suoi amici che parlavano di Ottaviano e chiedendo chi potesse ospitarla per quella notte.

Da: Will
A: Rachel
Puoi venire da me, non ci sono nemmeno i miei genitori, sono in viaggio per il week and.

Rachel osservò il messaggio sorridendo. Non era la prima volta che diceva all'improvviso di non voler dormire a casa, eppure trovava sempre qualcuno disposto a ospitarla. Non era nemmeno raro che una ragazza andasse a dormire a casa di un ragazzo, o viceversa. Ormai tutti loro erano come una grande famiglia, non vedevano nessuna ambiguità.

Da: Rachel
A:Will
Grazie mille, ora arrivo.

Fortunatamente per le sue gambe, casa Solace non era molto lontana dall'ospedale. Arrivò in pochi minuti, e Will l'accolse con il solito sorriso che lo caratterizzava, un pantalone di tuta e una maglietta a maniche lunghe sbiadita.

"Scusa per l'orario." disse Rachel, entrando in casa.

"Non devi scusarti, e poi non é nemmeno molto tardi, non ho ancora cenato. Tu hai mangiato?"

La ragazza si strinse lo stomaco. Aveva saltato il pranzo, e ora inizia a a sentire i lamenti della sua pancia.

"Sto morendo di fame."

"Mh... -Will squadrò Rachel dalla testa ai piedi- serata pizza?"

Rachel sorrise. Per loro, la serata pizza consisteva nello stare a lamentarsi dei propri problemi seduti sul divano mangiando. Certo, questa volta non avrebbe potuto dire tutti i suoi problemi, ma almeno si sarebbe distratta per qualche ora.

"Vada per la pizza."

"Perfetto, cerco il numero della pizzeria e la ordino."

Fu così che i due si ritrovarono sul divano del salone, con i cartoni di pizza sulle ginocchia incrociate, a discutere animatamente della prof di matematica.

"Ma ti rendi conto -diceva Will- mi ha messo solo una misera C all'interrogazione! Non mi meritavo almeno una B?"

La rossa rise, rischiando di affogarsi con la pizza.

"Mh... Forse una B-."

"B-?! Seria?"

"Ti dirò, forse anche una C+"

Will incrociò le braccia al petto, facendo finta di essere offeso. Rachel rise ancora, trascinando il ragazzo con lei in pochi secondi. Quando entrambi si furono calmati, Will assunse un'espressione più seria.

"Hai sentito cos'è successo ad Ottaviano?"

A Rachel sembrò che il cuore le salisse in gola per poi scendere dritto nelle scarpe. Posò la fetta che stava per mangiare, abbassando lo sguardo.

"Si, ho sentito."

Era ovvio che prima o poi qualcuno ne avrebbe parlato, ma aveva sperato di rimandare il più possibile. Non sapeva se sarebbe riuscita a reggere una conversazione su ciò, dovendo anche far finta che la cosa non la toccasse.

"In realtà, mi è dispiaciuto. Certo, mi stava antipatico, ma certe cose non dovrebbero accadere a nessuno. E poi, personalmente, non ci eravamo mai parlati..."

Rachel sentì un brivido freddo correrle lungo la schiena, come se qualcuno la stesse pugnalando da dietro.

"Non... Non ne parlare al passato, c'è la possibilità che si riprenda."

"Oh, giusto. Comunque, hai letto quel che hanno scritto Frank, Piper e Leo?"

"Non ho proprio visto i messaggi sul gruppo, scusami. Che hanno detto?"

"A quanto pare, le cose per loro sono diventate più facili con i loro fratelli, ma non sanno se è un bene o un male. Clarisse ha preso a pugni il muro della cucina, Beckendorf è rimasto come congelato e Silena e Drew sono scoppiate in un pianto disperato. Ora sono tutti chiusi nelle proprie camere e non escono da questa mattina. Piper non lo ammetterà mai, ma secondo me un pò è preoccupata, in fondo sono pur sempre le sue sorelle."

"Mi dispiace per loro, si sentiranno proprio male..."

Come me. Aggiunse Rachel nella sua testa.

"Già. Io non so come reagirei se dovesse succedere a uno di noi..."

"Oh, non dirlo ti prego! Cambiando argomento... sono venuta qui talmente di fretta che non ho portato niente con me."

Will si alzò, posando il cartone della pizza vuoto sul tavolino davanti a loro.

"Tranquilla, ti prendo uno dei pigiami di mia madre. Possiamo anche andare a dormire dopo, ti vedo molto stanca..."

"Si, diciamo che sono stanca."

Will la guardò per qualche secondo, ma non aggiunse altro. Era questo che Rachel apprezzava particolarmente di Will, sapeva quando era il momento giusto di chiedere e quando invece era meglio stare zitti.

Thalia si alzò di scatto non appena sentì il telefono squillare incessantemente per la quarta volta. Guardo l'orario: mezzogiorno e mezza. Come al solito, si era svegliata tardi. Sapeva che Jason doveva uscire con Piper quella mattina, mentre sua madre era sicuramente dispersa a casa di qualche sua amica, a smaltire i postumi della sbornia. Era così da quando i suoi genitori si erano separati, poco dopo il tradimento di Luke. Guardò il telefono, trovando il nome di Annabeth. Curiosa di sapere perchè la stessa chiamndo così insistentemente, rispose.

"Fammi indovinare, ti sei svegliata solo ora." esclamò la voce agitata della bionda.

"Come sempre. Tu piuttosto, perchè mi hai chiamato quattro volte? Cos'è successo?"

"Ovviamente non hai visto il telegiornale del mattino... accendi la televisione e guarda quello di mezzogiorno, tra poco daranno il servizio."

"Servizio? Telegiornale? Di cosa diavolo stai parlando?"

"Accendi la TV adesso! Fidati!"

Thalia prese il telecomando da un cumulo di panni sporchi, cercando tra i vari canali il telegiornale. E quando lo trovò, per poco non le cadde il telefono da mano. Dall'altra parte, Annabeth aspettava in silenzio. Quando il servizio finì, ci furono vari secondi di silenzio, alla fine interrotti da Annabeth.

"Hai visto?"

"Si..." rispose con voce flebile l'altra, gli occhi ancora puntati sulla televisione che ora stava annunciando il meteo.

"Non ci posso credere che sia successa una cosa del genere. Mi sento terribilmente in colpa per l'altro gruppo, non oso immaginare come si senta."

"L'altro gruppo... oh mio dio! Hai ragione! Annabeth scusa, ma ora ho un impegno, ci sentiamo dopo."

Senza nemmeno attendere una risposta, attaccò. Come aveva fatto a non pensarci? Doveva andare subito da lui, sapere come l'aveva presa. Ma proprio mentre stava cercando qualcosa di pulito da mettere, qualcuno bussò alla porta. Corse ad aprire, trovandosi il proprio fidanzato di fronte a sè. Dopo lo stupore iniziale, lo trascinò dentro, mentre sentiva la rabbia farsi strada.

"Sei pazzo?! Qualcuno avrebbe potuto vederti! Mio fratello sarebbe potuto essere a casa!"

"Thalia... ormai non mi interessa più. Che mi scoprano pure." rispose l'altro, affondando il viso nelle mani. Thalia si morse il labbro, mentre entrambi si sedevano sul divano.

"Com'è potuto succedere?"

"Non lo so... teoricamente dovevamo tutti uscire di nascosto per vederci e andare in qualche bar, ma Ottaviano ha detto che si sentiva male e che non sarebbe uscito. Ci ha anche mentito, capisci? Non ho idea di dove sia stato, quella non è una zona che tendiamo a frequentare, voi ci state spesso..."

"Capisco... non sai niente delle sue condizioni?"

"Abbiamo provato a chiamare i genitori, ma non rispondono."

"Saranno scioccati..."

"Infatti abbiamo deciso di aspettare qualche giorno e poi andare in ospedale. Fa strano, sai? E' strano non sapere se rivedrai più un tuo amico. Forse a voi sembra uno stronzo egoista, e di fatto non ha mai cercato di cambiare la sua apparenza, ma in realtà ci tiene ai suoi amici, a noi."

"Non ne dubito."

Thalia prese una mano del ragazzo, mentre con l'altra gli spostava i capelli biondi dagli occhi azzurri, ormai arrossati, per poi pecorrer con il dito la cicatrice che aveva lungo l'occhio. Era un vizio che aveva sempre avuto, fin da quando erano poco più che bambini e si erano appena conosciuti.

"Devi stare tranquillo Luke, vedrai, andrà tutto bene."

"Si, ne sono certo."


 

 

  
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